La sanatoria paesaggistica permanente per qualsiasi abuso. Il Dubbio e la Speranza

di Marcellino Bottone

 

Un recente intervento del dr. Massimo Grisanti, apparso sulla rivista giuridica on line Lexambiente.it1, offre lo spunto per una serie di considerazioni sull’annoso problema dei rapporti tra disciplina urbanistico-edilizia e obiettivi di tutela paesaggistica.





IL CASO/FATTISPECIE

L’intervento del dr. Grisanti, finalizzato alla rappresentazione di un dubbio Siamo in presenza di una inconsapevole (?) e devastante nuova sanatoria ?2 evidentemente inquietante, parte dall’analisi di un “caso” operativo:

Poiché quando l’edificio – urbanisticamente abusivo – è stato realizzato (ad esempio nel 1980, entro la fascia di 150 dal fiume) NON sussisteva l’obbligo di dotarsi di autorizzazione paesaggistica perché la zona non era ancora vincolata, è possibile negare il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e quindi del permesso in sanatoria ?”

Insomma :

In presenza di un edificio costruito in assenza dell’ordinario, e quindi preventivo, titolo abilitativo edilizio prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico (per decreto oppure ex lege, come nel caso delle categorie di beni ex Legge Galasso oggi art. 142 del Codice del Paesaggio) è possibile ottenere il permesso in sanatoria ?”





L’ARGOMENTO

L’argomento che, secondo l’Autore, indurrebbe a temere un devastante cedimento al “saniamo tutto e così sia …3 si fonda – sinteticamente – sulle seguenti proposizioni:

  1. Se si richiede la sanatoria di un edificio costruito nel 1980, in assenza di titoli edilizi, su un’area che è stata sottoposta a tutela paesaggistica – supponiamo – nel 2010, non dovrebbero valere le “esclusioni” di cui all’art. 167 del “Decreto  Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 - Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”;

 

  1. Infatti, l’art. 167. c. 4, del Codice, laddove disciplina “le species di abusi ammessi ad accertamento di compatibilità paesaggistica – non consente l’accertamento, per gli interventi cosiddetti maggiori ovverosia quelli determinanti creazione di superfici utili o volumi, solamente qualora siano stati realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica;

 

  1. Ma poiché la costruzione abusiva è stata realizzata “prima” dell’imposizione dei limiti di tutela e sanabilità paesaggistica, è evidente che non dovrebbe subire il veto di una preclusione normativa altrimenti destinata :

Decreto  Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 - Capo IV - Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela - Art. 146. Autorizzazione - 1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.



  • L’art. 167 del Decreto  Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in definitiva, si applica agli abusi successivi all’individuazione del bene paesaggistico, perché altrimenti si affermerebbe il paradosso che una violazione edilizia eseguita nel 1980 quando non costituiva anche un abuso sotto il profilo paesaggistico (perché mancava il relativo vincolo), si trasforma in violazione paesaggistica nel 2010 per mera conseguenza di un riconoscimento “valoriale” postumo e molto, molto tardivo, di un contesto territoriale.



  • Da qui la conseguenza finale: se l’art. 167 del Decreto  Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 non si applica agli abusi eseguiti prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico, non vi sono limitazioni alla sanabilità (edilizia) degli stessi.





QUESTIONI

Sperando di aver tradotto fedelmente il dubbio dell’Autore, è chiaro che viene in rilievo il tema del rapporto tra diverse discipline autonome nel loro incedere ma convergenti nel dirigersi verso lo stesso, più ampio orizzonte, della tutela e sviluppo del territorio.

Trattasi di un tema che, naturalmente, può dispiegarsi sotto le più disparate prospettive analitiche ed essere maneggiato con tecniche molto sofisticate: irriducibili, evidentemente, agli strumenti applicativi e maneggevoli necessari agli operatori sul fronte.

Ma restando su un piano “operativo”, cosa si può derivare dal dubbio Siamo in presenza di una inconsapevole (?) e devastante nuova sanatoria ?“ .

  1. se si condivide che la disciplina di tutela paesaggistica si applica agli abusi commessi in vigenza di un vincolo individuato ope legis o da un Piano4, non dovremmo temere di essere in presenza di una ”nuova sanatoria”, poiché – evidentemente – TUTTE le leggi di tutela paesaggistica che hanno preceduto l’attuale Codice disponevano per il futuro e – dunque – nulla opponevano (esattamente come oggi) a che fosse sanabile un abuso già commesso prima della loro emanazione ;



  1. Dalla precedente osservazione si ricava la necessità di assumere una diversa prospettiva, mettendo in campo una preliminare delimitazione tra diversi approcci analitici: distinguendo, così, la sanabilità di un abuso tout court dalla sanabilità come problema di compatibilità e di incidenza sul valore di ciò che viene legittimamente (ma anche amorevolmente, faticosamente, con impegno civile, con l’arte e la passione per il benessere collettivo,ecc… ) costruito.



  1. In pratica, quando si “sana” un abuso si completa un percorso in cui viene ricondotto a “conformità” ciò che non lo era, sottoponendo ad un processo di adattamento ed integrazione ai valori attuali ciò che costituiva un disvalore;



  1. la sanatoria di abusi “consistenti” commessi prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico, in questi termini, costituisce un processo del tutto analogo a quello ordinario previsto dal Codice per gli abusi “minori”, con la conseguenza che possiamo individuare come elemento differenziale nella “questione” sanabilità non i “modi” per ammetterla o respingerla ma il “come”;



  1. a partire da questa prospettiva il contenuto dell’art. 167 del Decreto  Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 diventa irrilevante per la questione della sanabilità di abusi “consistenti” commessi prima del vincolo, perché è lo stesso art. 167 a definire il suo reale ed effettivo campo di applicazione :1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza… … ” ;



  1. i limiti dell’art 167, dunque, si applicano agli abusi eseguiti in quei contesti in cui il bene paesaggistico sia stato individuato, definito, circoscritto, pianificato, organizzato, ecc…, rispetto al quale – cioè – ha senso la stessa connotazione qualitativa e quantitativa di “violazione”, e per capire se sia fondato il “timore” che ciò abbia come conseguenza la possibilità di una sanatoria indiscriminata degli abusi commessi prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico bisogna guardare altrove;



  1. un altrove che possiamo individuare nello stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio all’art. 145 :

Art. 145. Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione

1. La individuazione, da parte del Ministero, delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione, costituisce compito di rilievo nazionale, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di principi e criteri direttivi per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali.

2. I piani paesaggistici possono prevedere misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico.

3. Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.

4. I comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo.

5. La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo.”



Qui, infatti, troviamo affermati vari principi utili per trattare il tema che ci interessa:

  • il Principio di PREVALENZA : le norme di tutela paesaggistica assolvono ad un compito di rilievo nazionale, dunque impongono un rispetto ed una soggezione prioritaria rispetto ad ogni altra attività destinata ad incidere sull’assetto del territorio;

  • il Principio di ADEGUAMENTO : le norme di tutela non solo sono “prevalenti” su quelle urbanistiche, ma “IMPONGONO” che gli stessi strumenti urbanistici siano adeguati alle previsioni dei piani paesaggistici;



  1. sulla base di tali principi, dunque, possiamo immaginare l’esistenza di una linea maginot posta a cavallo tra le spinte di una sanatoria selvaggia e la rigidità di una condanna senza appello per reati non commessi: un luogo della mediazione inevitabile, comunque la si pensi, quando si decide che il futuro debba essere diverso dal passato. In questo purgatorio del trapasso, un abuso commesso prima dell’imposizione del vincolo è considerato (com’è giusto che sia) un non-abuso (rispetto al vincolo) ma la sua “ammissione” agli onori della conformità al bene paesaggistico tutelato soggiace all’obbligo di “adeguamento”: ed è rispetto a questo obbligo che si decide la sua sanabilità o meno.



  1. in questa prospettiva, quindi, il “caso” operativo di un edificio “urbanisticamente abusivo” perché ”è stato realizzato (ad esempio nel 1980, entro la fascia di 150 dal fiume)” quando “NON sussisteva l’obbligo di dotarsi di autorizzazione paesaggistica perché la zona non era ancora vincolata” :

  • non si risolve scegliendo di “negare il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e quindi del permesso in sanatoria” in base all’argomento “in quanto l’art. 167 del Codice lo vieta(infatti il divieto della norma si fonda sul presupposto della individuazione di beni da tutelare, piani e modalità operative, precedenti all’esecuzione di un intervento edilizio);



  • e nemmeno scegliendo di “assentire” sempre e comunque alla sanatoria di abusi per la ragione opposta (cioè assumendo che l’inesistenza del vincolo paesaggistico non comporti alcun onere attuale in capo a chi ha commesso abusi edilizi);



  • ma scegliendo di “ASSOGGETTARE” alle condizioni e modalità individuate per la tutela del paesaggio gli interventi eseguiti prima della statuizione di tali norme: e cioè scrutinare la sanabilità dell’edificio non già in rapporto ai limiti che il Codice dei beni culturali e del paesaggio ha posto per il futuro – come il divieto di costruire entro la fascia di 150 da un fiume5 (divieto che non potrebbe valere ora per allora) - , ma in rapporto ai vincoli imposti obbligando i Comuni all’adeguamento degli strumenti urbanistici. E’ per questa via, infatti, che si porrebbe un freno alla sanatoria sfrenata, visto che è possibile “ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda(DPR 380/01, “Art. 36 - Accertamento di conformità”) e che la traslazione del vincolo del Codice nello Strumento Urbanistico renderebbe NONconforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente“ l’abuso commesso nel 1980.





CONCLUSIONI

Il dr. Grisanti ha sollevato un dubbio serio, inquietante, un dilemma che molti operatori prima o poi si trovano tra le mani come un sudoku con il timer che segna la fretta di trovare soluzioni veloci a problemi che decadono dai processi alchemici di una Legislazione in continua caduta sotto la spinta di equilibrismi impossibili.



Per parte mia, mi accontenterei di aver individuato una speranza.





Geom. Marcellino Bottone



Piedimonte Matese - 27/07/2011

 

1 “La sanatoria paesaggistica permanente per qualsiasi abuso (analisi degli articoli 146 e 167 del D. Lgs. n° 42/2004 e ss.mm.ii.)” - di MASSIMO GRISANTI – 26 luglio 2011

2 Nel presente scritto le parti sottolineate si riferiscono alle espressioni “testuali” del dr. Grisanti

3 Sono parole mie e non del dr. Grisanti.

4 Non potrebbe essere altrimenti, visti i principi cristallini scolpiti nell’art.11 delle Codice Civile – Preleggi “LA LEGGE NON DISPONE CHE PER L’AVVENIRE… “; - nell’art. 25 della Costituzione ”NESSUNO PUO’ ESSERE PUNITO SE NON IN FORZA DI UNA LEGGE CHE SIA ENTRATA IN VIGORE PRIMA DEL FATTO COMMESSO…”; - nell’art. 2 del Codice Penale “NESSUNO PUO’ ESSERE PUNITO PER UN FATTO CHE, SECONDO LA LEGGE DEL TEMPO IN CUI FU COMMESSO, NON COSTITUIVA REATO …”

5 Art.142, comma 1, lett. c), del DLvo 42/2004 e s.m.i.