TAR Sicilia (CT) Sez. I sent. 673 del 6 aprile 2009
Beni Ambientali. Opere nella fascia di 150 metri dalla battigia
Nel vietare insediamenti che si trovano entro la fascia di 150 metri dalla linea della battigia, il legislatore ha inteso dettare una norma a tutela dell’ordinato assetto del territorio, quindi comprensiva (ma non esclusivamente), della tutela del paesaggio: è consentita, infatti, una deroga al vincolo nelle zone A e B dello strumento urbanistico, che sono quelle ove l’assetto del territorio è già definito e non è suscettibile di ulteriore modificazione, se non in senso conservativo; inoltre, cosa più importante, la stessa norma non si limita a fissare il limite di inedificabilità nei 150 metri dalla battigia, ma determina altresì, per le ulteriori estensioni in profondità, articolate prescrizioni in ordine alla volumetria assentibile, graduandone la quantità in proporzione all’allontanamento dal mare (ossia, entro i 500 metri l’indice di densità territoriale edilizia è pari, nel massimo, a 0,75 mc/mq; oltre i 500 m e fino a 1000, è pari a 1,50 mc/mq). Alla ratio di tutela della disposizione in esame, quindi, va ricondotta una concezione dell’assetto del territorio che prescinde da una sua essenziale connotazione solo paesaggistica o ambientale, dovendovi invece ravvisare la concorrenza di più esigenze di tutela ( non ultima quella del decoro e della uniformità del comprensorio, della protezione e della tutela della condizione orografica e geologica delle coste, di sicurezza pubblica e così via) com’è naturale per le disposizioni dello strumento urbanistico, entro cui si compendiano e trovano sintesi tutte le molteplici e variegate esigenze possibili del governo del territorio.
Beni Ambientali. Opere nella fascia di 150 metri dalla battigia
Nel vietare insediamenti che si trovano entro la fascia di 150 metri dalla linea della battigia, il legislatore ha inteso dettare una norma a tutela dell’ordinato assetto del territorio, quindi comprensiva (ma non esclusivamente), della tutela del paesaggio: è consentita, infatti, una deroga al vincolo nelle zone A e B dello strumento urbanistico, che sono quelle ove l’assetto del territorio è già definito e non è suscettibile di ulteriore modificazione, se non in senso conservativo; inoltre, cosa più importante, la stessa norma non si limita a fissare il limite di inedificabilità nei 150 metri dalla battigia, ma determina altresì, per le ulteriori estensioni in profondità, articolate prescrizioni in ordine alla volumetria assentibile, graduandone la quantità in proporzione all’allontanamento dal mare (ossia, entro i 500 metri l’indice di densità territoriale edilizia è pari, nel massimo, a 0,75 mc/mq; oltre i 500 m e fino a 1000, è pari a 1,50 mc/mq). Alla ratio di tutela della disposizione in esame, quindi, va ricondotta una concezione dell’assetto del territorio che prescinde da una sua essenziale connotazione solo paesaggistica o ambientale, dovendovi invece ravvisare la concorrenza di più esigenze di tutela ( non ultima quella del decoro e della uniformità del comprensorio, della protezione e della tutela della condizione orografica e geologica delle coste, di sicurezza pubblica e così via) com’è naturale per le disposizioni dello strumento urbanistico, entro cui si compendiano e trovano sintesi tutte le molteplici e variegate esigenze possibili del governo del territorio.
N. 00673/2009 REG.SEN.
N. 02723/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2723 del 2006, proposto da:
Boncoraglio Pietro, rappresentato e difeso dall'avv. Dario Sammartino, con domicilio eletto presso il suo studio, in Catania, via O. Scammacca, 37;
contro
Comune di Ispica (Rg), rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Paterniti La Via, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, viale XX Settembre,19; Commissione Edilizia Comunale di Ispica;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- del provvedimento 2006/C/3886/D del 15 giugno 2006, con cui il Responsabile della II Area del Comune di Ispica ha rigettato la richiesta di concessione edilizia, avanzata dal ricorrente per un insediamento nella contrada Marina-Marza;
- ove occorra, del parere della commissione edilizia comunale reso nella seduta dell’8 giugno 2006 (verbale n° 114), nonché della proposta del responsabile del procedimento n° 130 del 30 maggio 2006.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ispica (Rg);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18/12/2008 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Ricorre il sig. Boncoraglio Pietro, per avversare il diniego che il Comune ha opposto alla propria istanza per l’approvazione di un progetto di insediamento turistico da realizzare sul terreno di sua proprietà, sito in c.da Marza del Comune di Ispica, che è stato ritenuto in contrasto con il vincolo di cui all’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976.
Secondo il ricorrente, l’insediamento turistico, che si compone di capanni appoggiati al suolo destinati ad essere rimossi al termine della stagione balneare, con piazzole di sosta per i frequentatori, sarebbe funzionale al soggiorno marino, essendo prevista sia la collocazione nella spiaggia, sia l’accesso diretto al mare.
Il ricorrente espone anche di avere ottenuto, in un primo tempo, il n.o.ai sensi dell’art. 146 lett. “a” del Dlgs nr. 42/2004, con provvedimento prot. n° 1215 del 24 giugno 2003, ove si precisava che le strutture dovevano essere rimosse alla fine della stagione balneare. Tale n.o. sarebbe stato valevole anche ai fini del vincolo, posto dall’art. 15, lettera a), l.r. n° 78/1976.
Con un successivo provvedimento prot. n° 950 del 20 agosto 2004 la stessa Soprintendenza rilasciava un ulteriore nulla-osta, in relazione alla compatibilità dell’insediamento con la tutela archeologica del sito.
Ottenuta la duplice verifica di compatibilità dell’intervento con le caratteristiche naturalistiche e culturale dei luoghi, con la relazione del 20 gennaio 2005 il responsabile del procedimento presso l’Ufficio tecnico comunale di Ispica, nel riepilogare lo svolgimento dello stesso procedimento sin lì svolto, manifestava il proprio parere favorevole, facendo propria la menzionata prescrizione della Soprintendenza, e cioè che le opere fossero mantenute installate per non più di sei mesi l’anno.
Tuttavia, con nota prot. n° 1822 del 27 giugno 2005, la Soprintendenza annullava in autotutela i precedenti nulla-osta: pertanto, con ricorso n° 2116/2005, il signor Boncoraglio impugnava tale provvedimento, ottenendone l’annullamento con la sentenza nr. 708/2006, la quale però, respingeva la coeva domanda di risarcimento del danno.
A tale proposito, il ricorrente espone che la domanda di risarcimento veniva rigettata dal Tribunale per la ragione che, essendo trascorso poco tempo dall’adozione degli atti impugnati, non si erano prodotte lesioni alla posizione del ricorrente; e per la collaterale ragione che non era stata rilasciata la concessione edilizia. Infine, ed in via incidentale, la sentenza sollevava dei dubbi sulla classificazione dell’intervento tra le opere destinate alla diretta fruizione del mare.
Prendendo spunto da tale considerazione, il Comune rimetteva in discussione tutto il proprio precedente operato: con la proposta n° 180 del 30 maggio 2006, il responsabile del procedimento prendeva atto della sentenza del Tribunale ed esprimeva parere non favorevole al rilascio della concessione; a tale proposta, nella seduta dell’8 giugno successivo, si adeguava, facendola propria, la commissione edilizia comunale; ed infine, con l’impugnato provvedimento del 15 giugno 2006, il Responsabile della II Area rigettava la richiesta, motivando che l’opera non rientra tra quelle finalizzate alla diretta fruizione del mare.
Il sig. Boncoraglio ha dunque ritualmente impugnato tale diniego, lamentandone l’illegittimità per articolati motivi.
Con una prima censura lamenta la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 146 d. lgs. n° 42/2004 e 15 l.r. n° 78/1976; difetto di attribuzione, in subordine incompetenza; eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà ed irragionevolezza manifeste”: la valutazione della compatibilità del progetto con il vincolo di cui all’ all’art. 15, lett. a), l.r. n° 78/1976 spetterebbe alla Soprintendenza, che avrebbe espresso, in tal senso, il proprio giudizio favorevole, con il n.o. prot. n° 1215 del 24 giugno 2003 e prot. n° 950 del 20 agosto 2004.
Con un secondo argomento di censura, la parte ricorrente contesta la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 l.r. n° 78/1976; eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà ed irragionevolezza manifesta”, sostenendo la piena compatibilità del progetto con il vincolo di cui alla LR n. 78/1976.
Infine, con un terzo ordine di censure, il ricorrente si duole della “Violazione e mancata applicazione degli artt. 8 e segg., 11-bis l.r. n° 10/91”, posto che il ricorrente avrebbe dovuto essere edotto della nuova intenzione del Comune di respingere l’istanza.
Si è costituito il Comune, che resiste al ricorso, chiedendone il rigetto.
Alla camera di consiglio del 26.10.2006 la Sezione ha respinto la domanda cautelare con ordinanza nr. 1694/06, pubblicata il 31.10.2006 (confermata in appello dal CGA con ordinanza nr. 1021/06).
Le parti hanno scambiato memorie e documenti.
All’udienza pubblica del 18 dicembre 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
I) Con la prima censura, il ricorrente contesta la competenza del Comune a valutare la incidenza del progetto in ordine al vincolo di inedificabilità posto dall’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976, sostenendo che detta competenza spetterebbe alla Soprintendenza, la quale, peraltro, avrebbe già consumato il proprio potere con il rilascio dei nulla osta indicati in atti.
A giudizio del Collegio, che aderisce alle tesi difensive del Comune, la censura è infondata.
Rientra, infatti, nella competenza del Comune la valutazione della compatibilità di un progetto con il vincolo posto a tutela delle coste dalla disposizione di cui all’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976, posto che tale norma ha natura urbanistica, essendo principalmente rivolta a disciplinare la formazione degli strumenti di pianificazione generale dei Comuni e si differenzia,come tale, dalla disciplina di cui al Dlgs 42/2004 che, all’art. 142, comma 1, lett. “a”, sottopone a vincolo paesaggistico i territori costieri compresi entro i 300 metri dalla spiaggia.
Più precisamente, la disposizione in esame (peraltro collocata in un contesto di norme volte a regolamentare l’iniziativa turistica nel territorio regionale), sebbene volta alla tutela dell’ ambiente, dispone, a tali fini, obblighi di ordinata pianificazione urbanistica e per tale ragione ha, come proprie destinatarie principalmente le amministrazioni comunali (anche se, successivamente, con l’art. 2, comma 3 della L.R. 15/1991, le sono stati riconosciuti effetti precettivi diretti nei confronti dei privati: cfr. la ricostruzione dell’istituto che è stata operata dalla Sezione nella sentenza nr. 695 dell’8 maggio 2006).
In particolare, giova evidenziare che, nel vietare insediamenti che si trovano entro la fascia di 150 metri dalla linea della battigia, il legislatore ha inteso dettare una norma a tutela dell’ordinato assetto del territorio, quindi comprensiva (ma non esclusivamente), della tutela del paesaggio: è consentita, infatti, una deroga al vincolo nelle zone A e B dello strumento urbanistico, che sono quelle ove l’assetto del territorio è già definito e non è suscettibile di ulteriore modificazione, se non in senso conservativo; inoltre, cosa più importante, la stessa norma non si limita a fissare il limite di inedificabilità nei 150 metri dalla battigia, ma determina altresì, per le ulteriori estensioni in profondità, articolate prescrizioni in ordine alla volumetria assentibile, graduandone la quantità in proporzione all’allontanamento dal mare (ossia, entro i 500 metri l’indice di densità territoriale edilizia è pari, nel massimo, a 0,75 mc/mq; oltre i 500 m e fino a 1000, è pari a 1,50 mc/mq).
Alla ratio di tutela della disposizione in esame, quindi, va ricondotta una concezione dell’assetto del territorio che prescinde da una sua essenziale connotazione solo paesaggistica o ambientale, dovendovi invece ravvisare la concorrenza di più esigenze di tutela ( non ultima quella del decoro e della uniformità del comprensorio, della protezione e della tutela della condizione orografica e geologica delle coste, di sicurezza pubblica e così via) com’è naturale per le disposizioni dello strumento urbanistico, entro cui si compendiano e trovano sintesi tutte le molteplici e variegate esigenze possibili del governo del territorio.
In tale ottica, la compatibilità di un progetto con la disposizione in esame non implica, da parte del Comune, alcun giudizio di discrezionalità nell’apprezzamento dell’interesse pubblico protetto, essendo tale giudizio interamente già formulato dal legislatore che ha ammesso nell’ambito della distanza di 150 metri dalla spiaggia solo determinate tipologie di opere (quelle connesse alla fruizione del mare). In conseguenza, l’apprezzamento del Comune ha natura di esercizio vincolato del potere, non ha contenuti specializzati, come il giudizio della Soprintendenza, ed è limitato ad una mera valutazione tecnica della finalità del progetto proposto e delle sue caratteristiche, in funzione delle quali, laddove si riconoscano sussistere i presupposti di legge, il rilascio della concessione è atto dovuto, mentre, laddove tali presupposti non sussistano, l’istanza andrà respinta.
Pertanto, differente è l’oggetto dell’apprezzamento dell’interesse pubblico da parte del Comune, ex art. 15 L.R. cit. e da parte della Soprintendenza, ex art. 146 Dlgs 42/2004: quest’ultima dovrà valutare la compatibilità del manufatto progettato, nelle sue caratteristiche tipologiche e conformative, al “bene-valore” del paesaggio e dunque ne considererà l’inserimento nella costa in relazione al rapporto con il contesto, potendo formulare un giudizio di compatibilità o di incompatibilità congruamente motivato, a seconda di “come” l’intervento è progettato.
Il Comune, invece, è chiamato ad accertare solo la circostanza relativa al “se” l’intervento progettato corrisponda a quelli ammessi dal legislatore e dunque a tutelare, così, il “bene-territorio” (anche se, tramite esso, sarà tutelato parimenti l’ambiente ed il paesaggio che ne fanno parte) applicando gli strumenti della pianificazione urbanistica.
Inoltre, la Soprintendenza si esprime in ordine a progetti che sono localizzati entro i 300 metri dalla zona del litorale, mentre il Comune eserciterà il proprio potere di controllo per le zone diversamente graduate dal menzionato art. 15, in relazione alle diverse volumetrie e tipologie di opere ammissibili a seconda delle fasce di distanza dalla spiaggia.
Appare evidente, dunque, che i due tipi di poteri amministrativi in esame non sono assimilabili, sebbene concorrano, evidentemente, alla tutela “unitaria” dell’”unico” bene giuridico avente, però, duplice e distinto rilievo di interesse generale.
La censura è dunque infondata e come tale va respinta.
II) Nel merito della seconda censura si deve ritenere che il giudizio del Comune è corretto.
Infatti, dall’esame dei documenti in atti, emerge che l’intervento di parte ricorrente ha ad oggetto la realizzazione di 11 bungalow, di circa 25 mq di superficie ciascuno, suddivisi in ambienti interni e con fruizione di servizi quali rete idrica ed impianto fognario: pertanto costituisce una struttura ricettiva che non presuppone una fruizione collettiva e generale del mare.
Ai sensi dell’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976, possono essere realizzate nella fascia di 150 metri dalla battigia, solamente opere ed impianti volti a consentire “la diretta fruizione del mare”: questi ultimi, secondo la logica della disposizione, sono quelli connessi ontologicamente, ed in un rapporto di causalità strutturale necessaria, con la fruizione del mare, ovvero la cui destinazione d’uso sia “necessariamente” condizionata dalla localizzazione nel litorale e che, inoltre, siano destinate alla “collettività indifferenziata” degli utenti (cfr. TAR Catania, I, 19 luglio 2005, nr. 1165/05, con cui si è affermato tale principio, confermando anche il contenuto della prassi dell’Amministrazione regionale, come risultante dalla Circolare nr. 2/1992 dell’ARTA).
In questo senso, va esclusa la possibilità di realizzare all’interno della fascia di 150 metri dal mare, ai sensi dell’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976, insediamenti turistici ricettivi di qualsiasi genere, in quanto presuppongono un uso non aperto alla collettività, bensì avente natura residenziale e quindi limitata ad un numero predeterminato di utenti; ed inoltre le loro caratteristiche implicano che non devono necessariamente essere realizzati sulla costa, potendo anche essere localizzati oltre la fascia di inedificabilità, in quanto il loro rapporto spaziale con il litorale si pone non già in una relazione di necessarietà, ma di mera occasionalità volta ad incrementarne il valore d’uso.
In altri termini, realizzare un impianto residenziale in prossimità alla spiaggia ovviamente rende il progetto maggiormente redditivo, ma la localizzazione sul litorale non è “condicio sine qua non” dell’impianto, in relazione alla sua tipologia.
Per queste ragioni, il provvedimento impugnato appare sostanzialmente corretto e pertanto la censura va respinta.
III) La infondatezza delle prime due censure di gravame comporta che va respinta anche la terza doglianza, con cui si lamenta la violazione del precetto di cui all’art. 10 bis della l. 241/90, come recepita in Sicilia dalla L.R. 10/91.
In accoglimento della opposta eccezione di cui all’art. 21 octies della l. 241/90, ritualmente formulata dalla difesa comunale, dall’esame delle prime due censure emerge chiaramente che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso e quindi l’ eventuale preavviso di rigetto della istanza, e del conseguente eventuale apporto partecipativo da parte dell’interessato, non avrebbe potuto sostanzialmente mutare l’esito del procedimento stesso.
Il ricorso è dunque infondato e come tale va respinto.
IV) In ordine alle spese di lite, sussistono giuste ragioni per disporne la piena compensazione tra le parti: infatti, sebbene le censure proposte in ricorso sono infondate, va comunque riconosciuto alla parte ricorrente che quest’ultima aveva maturato una propria comprensibile aspettativa alla conclusione favorevole del procedimento, attesi i contenuti dei nulla osta inizialmente ottenuti dalla Soprintendenza circa il proprio progetto edilizio ed il conseguente preliminare parere favorevole del Comune (poi successivamente ritirato), e, dunque, ha condotto l’odierna azione giudiziaria non in maniera temeraria, ma sulla base di un comportamento contraddittorio, globalmente considerato, dell’Autorità.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania, Sez. Prima, rigetta il ricorso indicato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 18/12/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Zingales, Presidente
Rosalia Messina, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
N. 02723/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2723 del 2006, proposto da:
Boncoraglio Pietro, rappresentato e difeso dall'avv. Dario Sammartino, con domicilio eletto presso il suo studio, in Catania, via O. Scammacca, 37;
contro
Comune di Ispica (Rg), rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Paterniti La Via, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, viale XX Settembre,19; Commissione Edilizia Comunale di Ispica;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- del provvedimento 2006/C/3886/D del 15 giugno 2006, con cui il Responsabile della II Area del Comune di Ispica ha rigettato la richiesta di concessione edilizia, avanzata dal ricorrente per un insediamento nella contrada Marina-Marza;
- ove occorra, del parere della commissione edilizia comunale reso nella seduta dell’8 giugno 2006 (verbale n° 114), nonché della proposta del responsabile del procedimento n° 130 del 30 maggio 2006.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ispica (Rg);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18/12/2008 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Ricorre il sig. Boncoraglio Pietro, per avversare il diniego che il Comune ha opposto alla propria istanza per l’approvazione di un progetto di insediamento turistico da realizzare sul terreno di sua proprietà, sito in c.da Marza del Comune di Ispica, che è stato ritenuto in contrasto con il vincolo di cui all’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976.
Secondo il ricorrente, l’insediamento turistico, che si compone di capanni appoggiati al suolo destinati ad essere rimossi al termine della stagione balneare, con piazzole di sosta per i frequentatori, sarebbe funzionale al soggiorno marino, essendo prevista sia la collocazione nella spiaggia, sia l’accesso diretto al mare.
Il ricorrente espone anche di avere ottenuto, in un primo tempo, il n.o.ai sensi dell’art. 146 lett. “a” del Dlgs nr. 42/2004, con provvedimento prot. n° 1215 del 24 giugno 2003, ove si precisava che le strutture dovevano essere rimosse alla fine della stagione balneare. Tale n.o. sarebbe stato valevole anche ai fini del vincolo, posto dall’art. 15, lettera a), l.r. n° 78/1976.
Con un successivo provvedimento prot. n° 950 del 20 agosto 2004 la stessa Soprintendenza rilasciava un ulteriore nulla-osta, in relazione alla compatibilità dell’insediamento con la tutela archeologica del sito.
Ottenuta la duplice verifica di compatibilità dell’intervento con le caratteristiche naturalistiche e culturale dei luoghi, con la relazione del 20 gennaio 2005 il responsabile del procedimento presso l’Ufficio tecnico comunale di Ispica, nel riepilogare lo svolgimento dello stesso procedimento sin lì svolto, manifestava il proprio parere favorevole, facendo propria la menzionata prescrizione della Soprintendenza, e cioè che le opere fossero mantenute installate per non più di sei mesi l’anno.
Tuttavia, con nota prot. n° 1822 del 27 giugno 2005, la Soprintendenza annullava in autotutela i precedenti nulla-osta: pertanto, con ricorso n° 2116/2005, il signor Boncoraglio impugnava tale provvedimento, ottenendone l’annullamento con la sentenza nr. 708/2006, la quale però, respingeva la coeva domanda di risarcimento del danno.
A tale proposito, il ricorrente espone che la domanda di risarcimento veniva rigettata dal Tribunale per la ragione che, essendo trascorso poco tempo dall’adozione degli atti impugnati, non si erano prodotte lesioni alla posizione del ricorrente; e per la collaterale ragione che non era stata rilasciata la concessione edilizia. Infine, ed in via incidentale, la sentenza sollevava dei dubbi sulla classificazione dell’intervento tra le opere destinate alla diretta fruizione del mare.
Prendendo spunto da tale considerazione, il Comune rimetteva in discussione tutto il proprio precedente operato: con la proposta n° 180 del 30 maggio 2006, il responsabile del procedimento prendeva atto della sentenza del Tribunale ed esprimeva parere non favorevole al rilascio della concessione; a tale proposta, nella seduta dell’8 giugno successivo, si adeguava, facendola propria, la commissione edilizia comunale; ed infine, con l’impugnato provvedimento del 15 giugno 2006, il Responsabile della II Area rigettava la richiesta, motivando che l’opera non rientra tra quelle finalizzate alla diretta fruizione del mare.
Il sig. Boncoraglio ha dunque ritualmente impugnato tale diniego, lamentandone l’illegittimità per articolati motivi.
Con una prima censura lamenta la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 146 d. lgs. n° 42/2004 e 15 l.r. n° 78/1976; difetto di attribuzione, in subordine incompetenza; eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà ed irragionevolezza manifeste”: la valutazione della compatibilità del progetto con il vincolo di cui all’ all’art. 15, lett. a), l.r. n° 78/1976 spetterebbe alla Soprintendenza, che avrebbe espresso, in tal senso, il proprio giudizio favorevole, con il n.o. prot. n° 1215 del 24 giugno 2003 e prot. n° 950 del 20 agosto 2004.
Con un secondo argomento di censura, la parte ricorrente contesta la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 l.r. n° 78/1976; eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà ed irragionevolezza manifesta”, sostenendo la piena compatibilità del progetto con il vincolo di cui alla LR n. 78/1976.
Infine, con un terzo ordine di censure, il ricorrente si duole della “Violazione e mancata applicazione degli artt. 8 e segg., 11-bis l.r. n° 10/91”, posto che il ricorrente avrebbe dovuto essere edotto della nuova intenzione del Comune di respingere l’istanza.
Si è costituito il Comune, che resiste al ricorso, chiedendone il rigetto.
Alla camera di consiglio del 26.10.2006 la Sezione ha respinto la domanda cautelare con ordinanza nr. 1694/06, pubblicata il 31.10.2006 (confermata in appello dal CGA con ordinanza nr. 1021/06).
Le parti hanno scambiato memorie e documenti.
All’udienza pubblica del 18 dicembre 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
I) Con la prima censura, il ricorrente contesta la competenza del Comune a valutare la incidenza del progetto in ordine al vincolo di inedificabilità posto dall’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976, sostenendo che detta competenza spetterebbe alla Soprintendenza, la quale, peraltro, avrebbe già consumato il proprio potere con il rilascio dei nulla osta indicati in atti.
A giudizio del Collegio, che aderisce alle tesi difensive del Comune, la censura è infondata.
Rientra, infatti, nella competenza del Comune la valutazione della compatibilità di un progetto con il vincolo posto a tutela delle coste dalla disposizione di cui all’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976, posto che tale norma ha natura urbanistica, essendo principalmente rivolta a disciplinare la formazione degli strumenti di pianificazione generale dei Comuni e si differenzia,come tale, dalla disciplina di cui al Dlgs 42/2004 che, all’art. 142, comma 1, lett. “a”, sottopone a vincolo paesaggistico i territori costieri compresi entro i 300 metri dalla spiaggia.
Più precisamente, la disposizione in esame (peraltro collocata in un contesto di norme volte a regolamentare l’iniziativa turistica nel territorio regionale), sebbene volta alla tutela dell’ ambiente, dispone, a tali fini, obblighi di ordinata pianificazione urbanistica e per tale ragione ha, come proprie destinatarie principalmente le amministrazioni comunali (anche se, successivamente, con l’art. 2, comma 3 della L.R. 15/1991, le sono stati riconosciuti effetti precettivi diretti nei confronti dei privati: cfr. la ricostruzione dell’istituto che è stata operata dalla Sezione nella sentenza nr. 695 dell’8 maggio 2006).
In particolare, giova evidenziare che, nel vietare insediamenti che si trovano entro la fascia di 150 metri dalla linea della battigia, il legislatore ha inteso dettare una norma a tutela dell’ordinato assetto del territorio, quindi comprensiva (ma non esclusivamente), della tutela del paesaggio: è consentita, infatti, una deroga al vincolo nelle zone A e B dello strumento urbanistico, che sono quelle ove l’assetto del territorio è già definito e non è suscettibile di ulteriore modificazione, se non in senso conservativo; inoltre, cosa più importante, la stessa norma non si limita a fissare il limite di inedificabilità nei 150 metri dalla battigia, ma determina altresì, per le ulteriori estensioni in profondità, articolate prescrizioni in ordine alla volumetria assentibile, graduandone la quantità in proporzione all’allontanamento dal mare (ossia, entro i 500 metri l’indice di densità territoriale edilizia è pari, nel massimo, a 0,75 mc/mq; oltre i 500 m e fino a 1000, è pari a 1,50 mc/mq).
Alla ratio di tutela della disposizione in esame, quindi, va ricondotta una concezione dell’assetto del territorio che prescinde da una sua essenziale connotazione solo paesaggistica o ambientale, dovendovi invece ravvisare la concorrenza di più esigenze di tutela ( non ultima quella del decoro e della uniformità del comprensorio, della protezione e della tutela della condizione orografica e geologica delle coste, di sicurezza pubblica e così via) com’è naturale per le disposizioni dello strumento urbanistico, entro cui si compendiano e trovano sintesi tutte le molteplici e variegate esigenze possibili del governo del territorio.
In tale ottica, la compatibilità di un progetto con la disposizione in esame non implica, da parte del Comune, alcun giudizio di discrezionalità nell’apprezzamento dell’interesse pubblico protetto, essendo tale giudizio interamente già formulato dal legislatore che ha ammesso nell’ambito della distanza di 150 metri dalla spiaggia solo determinate tipologie di opere (quelle connesse alla fruizione del mare). In conseguenza, l’apprezzamento del Comune ha natura di esercizio vincolato del potere, non ha contenuti specializzati, come il giudizio della Soprintendenza, ed è limitato ad una mera valutazione tecnica della finalità del progetto proposto e delle sue caratteristiche, in funzione delle quali, laddove si riconoscano sussistere i presupposti di legge, il rilascio della concessione è atto dovuto, mentre, laddove tali presupposti non sussistano, l’istanza andrà respinta.
Pertanto, differente è l’oggetto dell’apprezzamento dell’interesse pubblico da parte del Comune, ex art. 15 L.R. cit. e da parte della Soprintendenza, ex art. 146 Dlgs 42/2004: quest’ultima dovrà valutare la compatibilità del manufatto progettato, nelle sue caratteristiche tipologiche e conformative, al “bene-valore” del paesaggio e dunque ne considererà l’inserimento nella costa in relazione al rapporto con il contesto, potendo formulare un giudizio di compatibilità o di incompatibilità congruamente motivato, a seconda di “come” l’intervento è progettato.
Il Comune, invece, è chiamato ad accertare solo la circostanza relativa al “se” l’intervento progettato corrisponda a quelli ammessi dal legislatore e dunque a tutelare, così, il “bene-territorio” (anche se, tramite esso, sarà tutelato parimenti l’ambiente ed il paesaggio che ne fanno parte) applicando gli strumenti della pianificazione urbanistica.
Inoltre, la Soprintendenza si esprime in ordine a progetti che sono localizzati entro i 300 metri dalla zona del litorale, mentre il Comune eserciterà il proprio potere di controllo per le zone diversamente graduate dal menzionato art. 15, in relazione alle diverse volumetrie e tipologie di opere ammissibili a seconda delle fasce di distanza dalla spiaggia.
Appare evidente, dunque, che i due tipi di poteri amministrativi in esame non sono assimilabili, sebbene concorrano, evidentemente, alla tutela “unitaria” dell’”unico” bene giuridico avente, però, duplice e distinto rilievo di interesse generale.
La censura è dunque infondata e come tale va respinta.
II) Nel merito della seconda censura si deve ritenere che il giudizio del Comune è corretto.
Infatti, dall’esame dei documenti in atti, emerge che l’intervento di parte ricorrente ha ad oggetto la realizzazione di 11 bungalow, di circa 25 mq di superficie ciascuno, suddivisi in ambienti interni e con fruizione di servizi quali rete idrica ed impianto fognario: pertanto costituisce una struttura ricettiva che non presuppone una fruizione collettiva e generale del mare.
Ai sensi dell’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976, possono essere realizzate nella fascia di 150 metri dalla battigia, solamente opere ed impianti volti a consentire “la diretta fruizione del mare”: questi ultimi, secondo la logica della disposizione, sono quelli connessi ontologicamente, ed in un rapporto di causalità strutturale necessaria, con la fruizione del mare, ovvero la cui destinazione d’uso sia “necessariamente” condizionata dalla localizzazione nel litorale e che, inoltre, siano destinate alla “collettività indifferenziata” degli utenti (cfr. TAR Catania, I, 19 luglio 2005, nr. 1165/05, con cui si è affermato tale principio, confermando anche il contenuto della prassi dell’Amministrazione regionale, come risultante dalla Circolare nr. 2/1992 dell’ARTA).
In questo senso, va esclusa la possibilità di realizzare all’interno della fascia di 150 metri dal mare, ai sensi dell’art. 15, lett. “a” della L.R. 78/1976, insediamenti turistici ricettivi di qualsiasi genere, in quanto presuppongono un uso non aperto alla collettività, bensì avente natura residenziale e quindi limitata ad un numero predeterminato di utenti; ed inoltre le loro caratteristiche implicano che non devono necessariamente essere realizzati sulla costa, potendo anche essere localizzati oltre la fascia di inedificabilità, in quanto il loro rapporto spaziale con il litorale si pone non già in una relazione di necessarietà, ma di mera occasionalità volta ad incrementarne il valore d’uso.
In altri termini, realizzare un impianto residenziale in prossimità alla spiaggia ovviamente rende il progetto maggiormente redditivo, ma la localizzazione sul litorale non è “condicio sine qua non” dell’impianto, in relazione alla sua tipologia.
Per queste ragioni, il provvedimento impugnato appare sostanzialmente corretto e pertanto la censura va respinta.
III) La infondatezza delle prime due censure di gravame comporta che va respinta anche la terza doglianza, con cui si lamenta la violazione del precetto di cui all’art. 10 bis della l. 241/90, come recepita in Sicilia dalla L.R. 10/91.
In accoglimento della opposta eccezione di cui all’art. 21 octies della l. 241/90, ritualmente formulata dalla difesa comunale, dall’esame delle prime due censure emerge chiaramente che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso e quindi l’ eventuale preavviso di rigetto della istanza, e del conseguente eventuale apporto partecipativo da parte dell’interessato, non avrebbe potuto sostanzialmente mutare l’esito del procedimento stesso.
Il ricorso è dunque infondato e come tale va respinto.
IV) In ordine alle spese di lite, sussistono giuste ragioni per disporne la piena compensazione tra le parti: infatti, sebbene le censure proposte in ricorso sono infondate, va comunque riconosciuto alla parte ricorrente che quest’ultima aveva maturato una propria comprensibile aspettativa alla conclusione favorevole del procedimento, attesi i contenuti dei nulla osta inizialmente ottenuti dalla Soprintendenza circa il proprio progetto edilizio ed il conseguente preliminare parere favorevole del Comune (poi successivamente ritirato), e, dunque, ha condotto l’odierna azione giudiziaria non in maniera temeraria, ma sulla base di un comportamento contraddittorio, globalmente considerato, dell’Autorità.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania, Sez. Prima, rigetta il ricorso indicato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 18/12/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Zingales, Presidente
Rosalia Messina, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO