Consiglio di Stato Sez. IV n. 10164 del 18 dicembre 2024
Urbanistica.Depositi di merci o di materiali su suolo inedificato

Il d.p.r. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1-lett. e), assoggetta a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica. In particolare, il medesimo art. 3, comma 1, alla lett. e.7) - considera come "nuova costruzione" la realizzazione di depositi di merci o di materiali su suolo inedificato. La qualificazione dell’intervento in termini di “nuova costruzione” postula, tuttavia, un “quid pluris” da individuarsi, appunto, nella permanente trasformazione del suolo mercé la destinazione non temporanea dell’area di sedime all’uso “deposito”, ancor più nei casi in cui tale “trasformazione” avvenga in zona a diversa destinazione urbanistica. Fattispecie relativa alla realizzazione di un deposito (stoccaggio) autoveicoli per la loro esposizione/vendita (id est, commercializzazione) che rappresenta un’opera oggettivamente finalizzata a soddisfare esigenze (di natura economica) non improvvise o transeunti; ricade in zona agricola di rilievo paesaggistico; è destinata, pertanto, a produrre quegli effetti sul territorio che la normativa urbanistica è rivolta a regolare, idonea, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore del contesto ambientale.

Pubblicato il 18/12/2024

N. 10164/2024REG.PROV.COLL.

N. 06474/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6474 del 2021, proposto dal sig. Bruno Belgioco e dalla società Grand Prix s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Michele Venturiello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Bologna, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Trentini, Caterina Siciliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonella Trentini in Bologna, piazza Maggiore,6;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Emilia-Romagna n. 828/2020 del 16 dicembre 2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bologna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2024 il consigliere Giuseppe Rotondo;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento del provvedimento prot. 3531342/2013 del 5 dicembre 2014 con il quale il Comune di Bologna ha annullato in autotutela il permesso di costruire, assentito in via tacita al sig. Bruno Belgico, il cui rilascio era stato chiesto con istanza P.G. n. 283614/2013.

2. Questi gli aspetti essenziali della vicenda:

a) il signor Belgioco chiedeva al Comune di Bologna, nel mese di marzo del 2013, un parere normativo circa la possibilità di destinare l'area de qua a deposito ed esposizione di autoveicoli usati;

b) l’intervento prospettato riguardava “la realizzazione di un'area, indicativamente di 700 mq da destinare all'uso richiesto, mediante finitura del terreno a ghiaia”, in particolare la finitura a ghiaia veniva precisato che rientrava nella “pavimentazione totalmente permeabile”,

c) il 28 giugno 2013, il Comune: i) qualificava l’intervento come di trasformazione permanente del suolo edificato, equiparato ad un intervento di nuova costruzione, quindi soggetto al permesso di costruire; ii) confermava che l'uso 2c) era soggetto a verifica di ammissibilità ai sensi dell’art. 71, comma 2, del R.U.E.; iii) precisava che l'intervento non era realizzabile perché il quarto comma dell'art. 71, comma 4, del RUE ammetteva interventi di sistemazione del suolo esclusivamente all'interno di un lotto virtuale che comprende l'area di sedime degli edifici esistenti e altra superficie di misura pari a quattro volte l'area di sedime;

d) in data 6 novembre 2013, il signor Belgioco chiedeva il permesso di costruire precisando che “la finitura rimarrà a terreno vegetale”;

e) il Comune lasciava decorrere il termine per l'assunzione del provvedimento finale, previsto dall'art. 18 della legge regionale 30 luglio 2013 n. 15 (135 giorni);

f) successivamente, il Comune, con atto 216557 del 24 luglio 2014, comunicava i seguenti motivi ostativi all’accoglimento della domanda di rilascio del permesso di costruire: “Art.71 comma 4 - Il progetto prevede la realizzazione di una strada di accesso e delle dotazioni di parcheggio pertinenziale richieste per l'uso all'art.30 del RUE; tali interventi comportano la realizzazione di pavimentazioni e percorsi carrabili che, come già indicato nella risposta del 28/06/2013 alla richiesta di parere normativo PG 66749/2013, risultano in contrasto con i disposti di cui all'art. 71 comma 4 del vigente RUE. La disciplina degli spazi aperti in ambito agricolo di rilievo paesaggistico prescrive, infatti, che le sistemazioni del suolo possano essere realizzate esclusivamente all'interno di un "lotto virtuale" individuato su area di proprietà del richiedente in misura pari a quattro volte l'area dì sedime degli edifici esistente; le sistemazioni al suolo nel lotto privo di edifici oggetto di intervento risultano quindi in contrasto con la disciplina del RUE nell'ambito.

Art. 71, comma 2, e art.29 – L’insediarsi dell'uso di progetto (deposito a cielo aperto - 2c) è soggetta verifica di ammissibilità ai sensi dell'art. 71 comma 2 lettera c) ed art.29 in riferimento agli impatti sulla mobilità e sul traffico, su rete ed impianti idrici, su reti ed impianti fognari, su rete ed impianti energetici e sul sistema di gestione dei rifiuti urbani; pertanto il progetto stesso è stato oggetto di verifica da parte dei Settori Mobilità Sostenibile e Ambiente ed Energia.

I Settori interessati hanno espresso i pareri di competenza.

Il Settore Ambiente ed Energia ha espresso parere negativo alla realizzazione del progetto in quanto lo stesso non rispetta le misure di sostenibilità dell'intervento perché privo degli elementi necessari ai fini del controllo e della gestione delle acque reflue ai sensi della Delibera della Giunta Regionale n.286/05; in particolare il progetto non prevede:

o la realizzazione di una idonea pavimentazione dell'area atta ad impedire percolazioni di acque meteoriche di dilavamento del terreno;

o la predisposizione di idonei sistemi di accumulo e trattamento delle acque di prima pioggia conformi alla Delibera della Giunta Regionale n.286/05 e Delibera della Giunta Regionale 1860/2006

o la realizzazione di reti separate, con recapito alla fognatura pubblica mista delle acque nere e delle acque bianche solo nel caso in cui risulti tecnicamente ed economicamente impossibile il loro riuso e/o la predisposizione di sistemi di drenaggio nel terreno”;

g) con atto P.G. n. 269360/2014, lo stesso ente denegava il permesso di costruire;

h) l'Amministrazione comunale, per dirimere ogni dubbio interpretativo sulla natura del proprio atto di diniego (impugnato dagli stessi appellanti innanzi al Tar con ricorso poi dichiarato improcedibile a seguito del sopravvenuto provvedimento hodie avversato), provvedeva ad annullare il permesso di costruire, assentito in via tacita, mediante il provvedimento P.G. n. 351342 del 5 dicembre 2014.

3. Avverso tale ultimo provvedimento insorgeva il sig. Belgioco, che proponeva ricorso innanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna, sede di Bologna (nrg 117/2015).

3.1 Il ricorso veniva affidato ai seguenti motivi.

I) Violazione dei principi generali in materia di atti di secondo grado: il Comune non poteva procedere a una semplice rettifica del diniego ma doveva adottare un provvedimento di secondo grado.

II) Incompetenza del funzionario firmatario del provvedimento: l’impugnato atto non recava gli estremi della delega rilasciata dal direttore del settore edilizia.

III) Violazione dell’art. 18, commi 4 e 5, della legge n. 241 del 1990 con riferimento all’art. 6 della legge regionale n. 15 del 2013: mancata richiesta di parere alla commissione per la qualità architettonica ed il paesaggio.

IV) Illegittimità dei motivi di diniego fondati sulla asserita inammissibilità dell’intervento per contrasto con la normativa del R.U.E., segnatamente:

a) erronea applicazione alla fattispecie dell’art. 71, comma 4 (relativo al “lotto virtuale”);

b) violazione art. 104, 29 secondo comma, e 71 n. 2, lett. b) del RUE, violazione dell'art. 18, comma 5, della legge regionale 30 luglio 2013 n. 15, violazione dell'art. 24, comma 6 e 7 del regolamento edilizio, eccesso di potere in ordine alla sostenibilità dell’uso C2

IVa) Con riguardo alla “lotto virtuale” (sopra, punto IV, lett. a), l’art. 71, comma 2 del RUE ammetterebbe l’insediamento di depositi e stoccaggio a cielo aperto, senza la necessità di insediare alcun edificio; il successivo comma 4, opposto dal Comune a motivo del diniego, non sarebbe pertinente alla fattispecie in quanto riguarderebbe gli interventi di sistemazione del suolo mediante “pavimentazioni, piscine, autorimesse interrate” purché all’interno di un lotto virtuale di arre di proprietà del richiedente, che comprende obbligatoriamente l’area di sedime del fabbricato esistente per una superficie ulteriore grande quattro volte l’area di sedime medesima. Nell’area interessata all’intervento denegato non vi sono fabbricati esistenti, per cui neppure esiste la necessità di preservare un rapporto pertinenziale tra edifici e area scoperta, da qui la inapplicabilità dell’art. 71, comma 4 del RUE al caso di specie.

IVb) Con riguardo alla censura relativa alla sostenibilità dell’uso C2 (sopra, punto IV, lett. b), parte appellante sostiene;

a) la piena compatibilità, quindi ammissibilità, del progetto rispetto alle caratteristiche dell’area affermandone la conformità all’uso ammesso;

b) le criticità avanzate nei confronti del progetto sarebbero state palesate solo in sede di riesame, ciò che non avrebbe consentito all’appellante di integrare la propria relazione di ammissibilità del progetto;

c) deficit della motivazione in relazione alla mancata indicazione dei parametri della mobilità locale in ragione dei quali il progetto andasse variato per esigenze del traffico;

e) neppure il parere preventivo si sarebbe espresso sulla incompatibilità del progetto rispetto al problema di percolazione delle acque reflue, meteoriche, di dilavamento e prima pioggia: si tratterebbe di contestazioni non rilevate nel parere preventivo quindi ritenute dal Comune irrilevanti; in ogni caso, si tratterebbe di rilievi infondati.

V) Violazione dei principi generali del diritto urbanistico:

a) l'art.29. comma 2, del RUE, nello stabilire che determinati interventi sono rimessi ad una “speciale istruttoria”, derogherebbe alla disciplina urbanistica che stabilisce che la ricognizione della sostenibilità degli interventi debba essere effettuata dagli strumenti urbanistici generali e non dai titoli

attuativi.

3.2. Si costituiva, per resistere, il Comune di Bologna.

3.3. Il T.a.r., con sentenza 16 dicembre 2020, n. 828, respingeva il ricorso e condannava parte ricorrente al pagamento delle spese (euro 3.000,00).

4. Hanno appellato il Sig. Bruno Belgioco e la società Grand Prix s.r.l., che censurano la sentenza per i seguenti motivi.

I) Violazione e falsa applicazione della legge regionale dell’Emilia Romagna 24 marzo 2000 n. 20, nonché del Regolamento urbanistico edilizio del Comune di Bologna, limitatamente agli artt. 71 e 29, entrambi nel testo vigente al momento della richiesta, con riferimento all’ammissibilità dell’intervento edilizio richiesto. Carenza di motivazione dell’atto amministrativo e carenza di motivazione della sentenza impugnata (il motivo riprende

II) Violazione dell’art. 18, 4° e 5° c. con riferimento all’art. 6 della legge regionale n. 15/2013.

4.1. I suddetti motivi riprendono e riarticolano le censure dedotte in primo grado limitatamente ai motivi sopra rubricati al n. 3.1-III (mancata richiesta di parere alla commissione per la qualità architettonica ed il paesaggio) e 3.1-IV (violazione del RUE) soltanto sui quali, pertanto, si dovrà trattenere lo scrutinio di legittimità riproposto in appello.

4.2. Si è costituito, per resistere, il Comune di Bologna che eccepisce l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi.

Parte resistente reitera, altresì, le eccezioni di inammissibilità del ricorso, estese ora anche all’appello, sia per carenza d’interesse all’impugnazione che in ragione del fatto che l’appello non supererebbe la prova di resistenza.

4.3. Con ordinanza presidenziale n. 241/2024, è stato chiesto alle parti di manifestare la permanenza dell’interesse alla decisione del ricorso.

4.4. Con nota depositata in data 12 marzo 2024, parte appellante ha confermato il proprio interesse alla decisione.

4.5. In data 9 settembre 2024, il Comune di Bologna ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a.

5) All’udienza del 10 ottobre 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. Preliminarmente, il Collegio esamina le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa del Comune appellato.

6.1. Le eccezioni di inammissibilità per mancanza di specificità dei motivi come anche quella di carenza di interesse, sono entrambe infondate.

6.2. Quanto alla prima, il collegio osserva che l’impugnazione contiene una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa, che confuta e contrasta le ragioni addotte dal primo Giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale, come mezzo di gravame a critica libera, mantiene inalterata la sua diversità rispetto alle impugnazioni e critica vincolata.

6.2. In ordine alla seconda eccezione, il Collegio osserva che i rilievi di parte resistete attengono piuttosto al merito della controversia.

6.3. Quanto alla terza eccezione, essa sarebbe suscettibile di positivo apprezzamento. Il sig. Belgioco non ha, infatti, impugnato i nuovi strumenti urbanistici (PUG e RE) vigenti dal settembre 2021, sicché, ove anche fondati i motivi di gravame, egli comunque non potrebbe realizzare ora gli interventi in ragione delle sopravvenute disposizioni urbanistiche.

6.4. Residuerebbe, se del caso, un interesse strumentale alla trattazione del gravame in funzione eventualmente risarcitoria.

6.5. Le considerazioni che precedono possono, tuttavia, ritenersi superate in ragione del fatto che l’appello, allo scrutinio di merito, s’appalesa comunque infondato.

7. Con il primo motivo, parte appellante censura la motivazione della sentenza in relazione alla esistenza del “lotto virtuale” e alla errata applicazione da parte del giudice territoriale della pertinente fonte normativa.

Il Comune prima e il T.a.r. poi, hanno ritenuto conferente alla fattispecie la disciplina recata dall’art. 71, comma 4, del R.U.E.

7.1. Di diverso avviso parte appellante, che ritiene ascrivibile la fattispecie al diverso paradigma dell’art. 71, comma 2, del medesimo regolamento.

8. La censura è infondata.

9. Il d.p.r. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1-lett. e), assoggetta a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica.

In particolare, il medesimo art. 3, comma 1, alla lett. e.7) - considera come "nuova costruzione" la realizzazione di depositi di merci o di materiali su suolo inedificato.

La qualificazione dell’intervento in termini di “nuova costruzione” postula, tuttavia, un “quid pluris” da individuarsi, appunto, nella permanente trasformazione del suolo mercé la destinazione non temporanea dell’area di sedime all’uso “deposito”, ancor più nei casi in cui tale “trasformazione” avvenga in zona a diversa destinazione urbanistica.

9.1. Nel caso di specie, la realizzazione del deposito (stoccaggio) autoveicoli per la loro esposizione/vendita (id est, commercializzazione):

- rappresenta un’opera oggettivamente finalizzata a soddisfare esigenze (di natura economica) non improvvise o transeunti;

- ricade in zona agricola di rilievo paesaggistico;

- è destinata, pertanto, a produrre quegli effetti sul territorio che la normativa urbanistica è rivolta a regolare, idonea, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore del contesto ambientale.

10. Appurata la natura dell’intervento nonché la sua finalizzazione ad una utilità prolungata nel tempo e, pertanto, l'astratta idoneità dello stesso a compromettere i valori urbanistici e ambientali di riferimento e contesto, il Collegio osserva che già nel parere del 28 giugno 2013 il Comune rappresentava agli istanti che l'intervento richiesto fosse da considerare come “trasformazione permanente del suolo edificato” e, quindi, soggetto a permesso di costruire in quanto equiparato a costruzione.

11. Nessun elemento di novità istruttoria, sotto il profilo qualificativo dell’intervento, risulta pertanto introdotto ex novo nei motivi ostativi, tantomeno nel provvedimento finale che al contenuto di quei motivi si riporta integralmente; tant’è che, successivamente al suddetto parere, gli istanti hanno chiesto il rilascio del permesso di costruire, per complessivi 10820 mq, di cui 1.170 mq destinati alla viabilità per l'accesso al lotto e la restante parte soggetta a livellazione e compattazione del terreno.

12. Vuoi che si trattasse di “inghiaiatura” (come contestato dal parere), vuoi che si trattasse di compattazione del terreno (come rettificato successivamente dagli esponenti), la consistenza dell’opera resta la stessa in termini di trasformazione del suolo, per quanto sopra chiarito (v. par. 9). così come qualificato anche dalla l.r. n. 15/2013 (punto G dell’allegato).

13. Sul punto, il Comune ha anche chiarito che il “compattamento del terreno naturale modifica le caratteristiche fisiche ed è assimilabile alla posa in opera di un conglomerato debolmente cementato che, rispetto ad una pavimentazione in conglomerato sciolto, (ghiaia) riduce in modo significativo la permeabilità del soprasuolo”.

14. Da qui, osserva il Collegio, la capacità di impatto dell’intervento sul terreno in termini di trasformazione delle sue caratteristiche funzionali e ontologiche.

14.1. Trasformazione avallata dagli elaborati di progetto da cui si evince l’esecuzione di lavori quali la strada laterale di accesso la fondo e la realizzazione di parcheggi.

15. Orbene, appurato che l’intervento in questione consiste nella realizzazione di un’opera da qualificarsi come nuova costruzione, il Collegio ritiene che il Comune abbia fatto buon governo dell’art. 71, comma 4, del RUE.

16. La prefata norma disciplina gli interventi realizzabili, nell’ambito urbanistico che qui interessa, “sugli spazi aperti” a condizione, ovvero soltanto se comportino la realizzazione di pavimentazioni, piscine, pertinenze e autorimesse pertinenti ad edifici esistenti.

17. Nel caso di specie, nessun edificio è esistente sicché l’art. 71, comma 4, si pone come norma di sbarramento alla realizzazione dell’intervento manipolativo del terreno, in assenza del presupposto rappresentato, appunto, dal vincolo di pertinenzialità con un edificio preesistente.

18. Parte appellante sostiene che dovrebbe trovare applicazione al caso di specie l’art. 71, comma 2, del R.U.E.

19. Sennonché, il Collegio osserva che la norma evocata dagli esponenti disciplina un diverso ambito oggettivo, quello relativo alla “Disciplina degli usi” del terreno, che è concetto diverso dalla “Disciplina degli interventi sugli spazi aperti” (art. 71, comma 4).

20. Se è vero, infatti, che l'uso: “deposito e stoccaggio a cielo aperto” è ammesso in tale area, altrettanto vero è, in via dirimente, che nella stessa area la norma applicata dal Comune non ammette nuove costruzioni (tale è, come sopra chiarito, l’intervento postulato dagli appellanti), se non legata ai fondi di aziende agricole.

21. Ragion per cui, è irrilevante l’uso (art. 71, comma 2 del RUE) che gli appellanti intendono praticare atteso che l’opera che si vuole realizzare è, appunto, da qualificare come nuova costruzione e, in quanto tale, afferente ontologicamente e funzionalmente alla rubrica “Disciplina degli interventi sugli spazi aperti”, normata dal successivo comma 4 dell’art. 71.

22. In altri termini, se la nuova costruzione sullo spazio aperto fosse stata di natura pertinenziale, ovvero connessa ad edificio preesistente, quindi funzionale al fondo agricolo, essa sarebbe stata assentibile a norma dell’art. 71, comma 4, del R.U.E.

23. Diversamente, trattandosi di nuova costruzione, avulsa dal contesto agricolo e priva di rapporto pertinenziale, la stessa legittimamente non ha trovato assenso.

24. Le considerazioni che precedono sarebbero di per sé sufficienti a sostenere la legittimità del provvedimento impugnato, basandosi lo stesso su una pluralità di motivi ognuno idoneo, ove immune da vizi, a sostenere autonomamente la validità dell’atto.

25. Ad ogni modo e comunque, anche il secondo motivo di appello è infondato.

26. Il parere normativo chiesto dagli appellanti al Comune ha riguardato la fattibilità dell’insediamento dell’uso 2c dell’art. 71, comma 2, RUE, soggetto a verifica di ammissibilità.

26.1. Il Comune, nel riscontrare la richiesta di parere, ha qualificato l’intervento come “nuova costruzione” e, sulla scorta di tale qualificazione, ha condizionato l’opera, non solo alla verifica di ammissibilità urbanistica sotto il profilo della “Disciplina degli usi” in ambito agricolo bensì, anche al rispetto del comma 4 del medesimo art. 71, indicando in questa norma una possibile, autonoma ragione preclusiva alla realizzabilità dell’intervento.

27. Sono, pertanto, infondate in fatto le doglianze degli appellanti riguardo una mancata, consapevole partecipazione procedimentale dovuta a omissioni comunicative del Comune.

28. Nel merito delle ragioni ostative alla sostenibilità dell’intervento, ove pure riconducibile al paradigma dell’art. 71, comma 2, del RUE, il Collegio osserva che il Settore mobilità sostenibile, nel proprio parere istruttorio reso sull’istanza degli appellanti, aveva rilevato che la verifica dell'impatto sulla mobilità e sul traffico non era stata affrontata, nella relazione tecnica di accompagnamento al progetto, in modo adeguato.

29. Parte appellante sostiene che l’istruttoria in parte qua sarebbe stata inadeguata e insufficiente,

29.1. Sul punto il Collegio condivide le considerazioni svolte dal Comune laddove questo evidenzia che, mentre nella relazione descrittiva del progetto si dichiarava l’assenza di una variazione del traffico indotto rispetto alla situazione attuale, una tale affermazione non risultava supportata da alcuna valutazione in merito.

29.2. L’art. 29 del RUE richiede, al riguardo, “una circostanziata relazione tecnico-illustrativa che documenti, analiticamente con riferimento alle singole condizioni, le specifiche soluzioni adottate e gli elaborati di progetto in cui queste si evidenziano”.

29.3. Gli appellanti non possono, pertanto, lamentare che sarebbe stato onere del Comune fornire le necessarie indicazioni sugli standard prestazionali richiesti per il traffico, spostando sull’amministrazione un incombente normativamente gravante sugli istanti.

29.4. Le osservazioni tecniche di merito, portate a confutazione delle conclusioni negative rassegnate dal Settore mobilità sono, per il resto, inammissibili poiché impingono nel merito delle valutazioni riservate alla sfera di discrezionalità tecnica dell’amministrazione.

30. Altrettanto negativo è stato il parere espresso dal Settore ambiente ed energia quanto ai profili idrici e fognari.

30.1. Parte appellante reputa l’impatto dell’intervento del tutto irrilevante a tali fini, rappresentando, altresì, la violazione dell'art. 39 del d.lgs. n. 152 del 1999.

31. I rilievi sono infondati.

31.1. In disparte la circostanza che l’art. 39 sopra citato è stato abrogato dall’art. 175 del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152, il Collegio osserva che il parere del Settore ambiente ed energia è stato reso ai sensi dell’art. 8 della delibera di Giunta regionale n. 286/2005, con la quale sono state indicate le modalità di gestione delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne.

31.2. Il Settore, con una valutazione espressione della propria discrezionalità tecnica, immune da vizi logici, ha osservato che “le acque meteoriche ricadenti sull'area desinata ad esposizione di veicoli usati, possono dilavare sostanze come olii, idrocarburi e metalli presenti sulle carrozzerie e sui motori degli autoveicoli usati ivi depositati, tali acque perdono la loro natura di acque meteoriche e si caratterizzano come acqua di scarico che pertanto, non possono essere smaltite su terreno”.

31.3. Da qui, la logica e ragionevole necessità di approntare accorgimenti che impediscano percolamenti di acque meteoriche di dilavamento sul terreno consistenti in una idonea pavimentazione, nella predisposizione di sistemi di accumulo e trattamento delle acque di prima pioggia, nella realizzazione di reti separate e la predisposizione di sistemi di drenaggio del terreno.

31.4. Le contrarie considerazioni svolte dagli appellanti impingono, anche in questo caso, nell’esercizio della discrezionalità tecnico-valutativa sindacabile con la tecnica dell’eccesso di potere.

31.5. Tuttavia, le divisate valutazioni appaiono immuni dai rubricati vizi, tenuto conto della loro opinabilità (insindacabilità della scelta valutativa operata dall’amministrazione) nonché della assenza di macroscopici vizi di logicità e ragionevolezza.

32. In conclusione, per quanto si qui argomentato, l’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

33. Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il sig. Bruno Belgioco e la società Grand Prix s.r.l., in solido fra loro, al pagamento delle spese processuali che si liquidano, in favore del Comune di Bologna, in euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre accessori di legge e spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore

Luca Monteferrante, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere