Corte Costituzionale Ordinanza n. 281 del 24 luglio 2003
giudizio di legittimità
costituzionale della legge della Regione Emilia-Romagna del 15 luglio 2002, n.
16 recante “Norme per il recupero degli edifici storico-artistici e la
promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio”,
promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 12
settembre 2002, depositato in Cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 58
del registro ricorsi 2002.
ORDINANZA
  N. 281
ANNO
  2003
REPUBBLICA
  ITALIANA
IN
  NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
  CORTE COSTITUZIONALE
composta
  dai signori:
-
  Riccardo             
  CHIEPPA      
  Presidente
-
  Gustavo              
  ZAGREBELSKY    
  Giudice
-
  Valerio              
  ONIDA             
  “
-
  Carlo                
  MEZZANOTTE        
  “
-
  Fernanda             
  CONTRI            
  “
-
  Guido                
  NEPPI MODONA      
  “
-
  Piero Alberto        
  CAPOTOSTI         
  “
-
  Annibale             
  MARINI            
  “
-
  Franco               
  BILE              
  “
-
  Giovanni Maria       
  FLICK             
  “
-
  Francesco            
  AMIRANTE          
  “
-
  Ugo                  
  DE SIERVO         
  “
-
  Romano               
  VACCARELLA        
  “
-
  Paolo                
  MADDALENA         
  “
ha
  pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel
  giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione
  Emilia-Romagna del 15 luglio 2002, n. 16 recante “Norme per il recupero
  degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica
  e paesaggistica del territorio”, promosso con ricorso del Presidente del
  Consiglio dei ministri, notificato il 12 settembre 2002, depositato in
  Cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 58 del registro ricorsi 2002.
    
  Visto l’atto di
  costituzione della Regione Emilia-Romagna;
    
  udito nell’udienza
  pubblica del 6 maggio 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
    
  uditi l’avvocato dello
  Stato Giorgio D’Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri e
  l’avvocato Carlo Albini per la Regione Emilia-Romagna.
Ritenuto
  che,
  con ricorso notificato il 12 settembre 2002 e depositato il 17 settembre 2002,
  il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso
  dall’Avvocatura dello Stato ha impugnato la legge della Regione
  Emilia–Romagna 15 luglio 2002, n. 16 (Norme per il recupero degli edifici
  storico–artistici e la promozione della qualità architettonica e
  paesaggistica del territorio), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della
  Regione Emilia-Romagna n. 101 del 15 luglio 2002;
che
  il ricorrente propone una ricostruzione delle disposizioni della legge
  regionale impugnata evidenziando preliminarmente che nell’intero testo per
  quanto riguarda la tutela dei beni culturali e ambientali si “accantonano la
  competenza legislativa esclusiva e le competenze amministrative dello
  Stato”, mentre per quanto  riguarda
  la valorizzazione verrebbero “declassate” le forme di cooperazione fra
  Stato e Regione previste dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di
  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti
  locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).
che,
  secondo l’Avvocatura dello Stato, le norme della legge regionale ritenute
  lesive della competenza statale costituzionalmente garantita sarebbero in
  particolare gli artt. 1, 2, comma 1, lett. a),
  b), c),
  d), g),
  l), 3, comma 2, 5, 7, 9 e 10, che
  contrasterebbero con i principi di cui all’art. 117, comma secondo, lettere l)
  e s), e comma terzo della
  Costituzione prevedendo procedure e interventi lesivi della competenza
  legislativa amministrativa dello Stato in materia di tutela e valorizzazione
  dei beni culturali e dei beni ambientali;
che
  la legge impugnata, secondo l’Avvocatura dello Stato, contrasterebbe con
  l’art. 117, secondo comma, della Costituzione, lettera l)
  e s), in quanto gli artt. 1 e 2,
  comma 1, lettera b), d)
  e g) - prevederebbero interventi di
  “recupero”, nonché la “realizzazione di interventi su edifici e luoghi
  di interessi storico–artistico”  effettuati
  ad opera della Regione mediante un programma dalla stessa deliberato,
  invadendo gli ambiti di competenza statale 
  in materia di beni culturali e ambientali (d.lgs. 29 ottobre 1999, n.
  490 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e
  ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352);
che
  questi interventi verrebbero effettuati, infatti, per la tutela di beni
  culturali (art. 2 lett. d) e su
  opere d’arte presenti in edifici di interesse storico– architettonico
  (art. 2 lett. g), materie la cui
  competenza è riservata allo Stato che la eserciterebbe anche attraverso
  specifiche autorizzazioni. Analogo discorso varrebbe per gli interventi di
  “eliminazione di opere incongrue” (art. 2 lett. m),
  per i quali sarebbe prevista esplicita riserva allo Stato(art. 149, comma 3,
  lett. b) del d.lgs. 112 del 1998);
che
  inoltre, la legge regionale impugnata violerebbe l’art. 117, secondo comma
  della Costituzione, lettera l) e s)
  in quanto all’art. 3 si prevederebbe  un
  “programma regionale” che definirebbe gli obiettivi e “le politiche
  generali per la tutela e la valorizzazione dei beni”; agli art. 5 e 7 nella
  procedura finalizzata allo scrutinio delle domande volte ad ottenere
  contributi e nel relativo procedimento amministrativo non sarebbe prevista la
  presenza di organi del Ministero dei beni ed attività culturali anche
  relativamente alla stipula di eventuali convenzioni con il soggetto privato
  proprietario di edificio sottoposto ad intervento (artt. 21, comma 1 e 2; 
  23 – 29, 151 - 153 del d.lgs. n. 490 del 1999); 
che
  l’art. 9 prevederebbe per edifici “qualificati o da qualificarsi” beni
  culturali ordinanze del Sindaco “a salvaguardia non della incolumità (come
  già previsto dall’ordinamento), ma del decoro e dell’ornato pubblico”;
  la limitazione delle proprietà pubbliche e private avverrebbe quindi su
  valori “opinabili e soggettivi” in violazione dell’art. 117, secondo
  comma della Costituzione lettera l);  
  
che
  l’art. 10 prevederebbe nel caso di opere incongrue su edifici “qualificati
  o da qualificarsi” beni culturali “l’eliminazione” e
  “l’espropriazione” in assenza di accordo con i proprietari e in tal caso
  quindi prevederebbe l’espropriazione senza “l’avallo di una legge
  statale”, in contrasto con i principi dell’art. 117, secondo comma della
  Costituzione, lettera l).
Considerato
  che gli artt. 5 e 7 della legge regionale impugnata, successivamente
  all’introduzione del presente giudizio, sono stati modificati dalla legge
  della Regione Emilia–Romagna 25 novembre 2002, n. 31 (Disciplina generale
  dell'edilizia) e pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna del 26 novembre 2002, n.
  163; 
che
  l’Avvocatura dello Stato ha depositato in data 12 febbraio 2003, atto di
  rinuncia al ricorso, al quale ha fatto seguito l’atto di accettazione della
  Regione Emilia–Romagna, depositato in data 17 aprile 2003(conformemente a
  quanto deliberato dalla Giunta con atto del 9 aprile 2003, n. 588);
che,
  ai sensi dell'art. 25, ultimo comma, delle norme
  integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia
  al ricorso, seguita dalla relativa accettazione della controparte, produce
  l'effetto di estinguere il processo.
PER
  QUESTI MOTIVI
LA
  CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
  estinto
  per rinuncia accettata dalla controparte il processo relativo al ricorso
  promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti della legge
  della Regione Emilia–Romagna 15 luglio 2002, n. 16 (Norme per il recupero
  degli edifici storico–artistici e la promozione della qualità
  architettonica e paesaggistica del territorio).
Così
  deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
  l'8  luglio 2003.
Riccardo
  CHIEPPA, Presidente
Ugo
  DE SIERVO, Redattore
Depositata
  in Cancelleria il 24 luglio 2003.
                    



