TAR Campania (NA) Sez. VIII sent. 2161 del 24 aprile 2009
Beni Culturali. Vincolo di tutela indiretta.
Se è vero che la imposizione dei vincoli previsti dalla legge 1089 del 1939 consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, la stessa soggiace a precisi limiti, enucleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell’azione amministrativa, onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale potesse trasformarsi in una vincolatività generale ed indifferenziata; nel principio di proporzionalità e congruità del mezzo rispetto al fine perseguito, nella specifica valutazione dell’interesse pubblico “ particolare” perseguito e nella necessità che nella motivazione provvedi mentale sia chiaramente espressa l’impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto. Nel caso in cui il vincolo indiretto si risolva anche nella inedificabilità di determinate aree, va evidenziata la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa e sorretta da adeguata istruttoria, trattandosi evidentemente di imporre ai destinatari un sacrificio di notevole intensità. In questi ultimi casi, allora, il contenuto del provvedimento con cui la P.A. fa uso del potere di imposizione del vincolo in parola deve essere definito sulla base di concrete esigenze di tutela da estrinsecarsi con una motivazione che sia necessariamente congrua e dettagliata, sì da rendere conoscibili le valutazioni fatte dall’Amministrazione e nel contempo dia contezza delle ragioni del sacrificio delle posizioni dei privati pure coinvolti nella definizione del rapporto in questione.
Beni Culturali. Vincolo di tutela indiretta.
Se è vero che la imposizione dei vincoli previsti dalla legge 1089 del 1939 consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, la stessa soggiace a precisi limiti, enucleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell’azione amministrativa, onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale potesse trasformarsi in una vincolatività generale ed indifferenziata; nel principio di proporzionalità e congruità del mezzo rispetto al fine perseguito, nella specifica valutazione dell’interesse pubblico “ particolare” perseguito e nella necessità che nella motivazione provvedi mentale sia chiaramente espressa l’impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto. Nel caso in cui il vincolo indiretto si risolva anche nella inedificabilità di determinate aree, va evidenziata la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa e sorretta da adeguata istruttoria, trattandosi evidentemente di imporre ai destinatari un sacrificio di notevole intensità. In questi ultimi casi, allora, il contenuto del provvedimento con cui la P.A. fa uso del potere di imposizione del vincolo in parola deve essere definito sulla base di concrete esigenze di tutela da estrinsecarsi con una motivazione che sia necessariamente congrua e dettagliata, sì da rendere conoscibili le valutazioni fatte dall’Amministrazione e nel contempo dia contezza delle ragioni del sacrificio delle posizioni dei privati pure coinvolti nella definizione del rapporto in questione.
N. 02161/2009 REG.SEN.
N. 04650/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4650 del 2007, proposto da:
Gicom S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Cicala, con domicilio eletto presso Giuseppe Cicala in Napoli, viale Margherita,67 c/o Avv.Todisco;
contro
Ministero dei Beni Culturali e Paesaggistici, Soprintendenza Beni Aa.Aa.Aa. e Storici Caserta e Benevento, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Arpaia, con domicilio eletto presso Giuseppe Arpaia in Napoli, Avv.Ra dello Stato - via Diaz N.11; Comune di Succivo;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
DECRETO N. 67 DEL 04/05/2007 DI DIVIETO DI COSTRUIRE A RIDOSSO DI UN'AREA INEDIFICABILE SOTTOPOSTA A VINCOLO DIRETTO.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dei Beni Culturali e Paesaggistici;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soprintendenza Beni Aa.Aa.Aa. e Storici Caserta e Benevento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/03/2009 il dott. Antonio Ferone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 27.07.07 e depositato il 02.08.07, la Gicom spa, in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Damiano Salvatore, ha impugnato il decreto n. 67 del 4 maggio 2007 della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania- Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il quale venivano dettate determinate prescrizioni nei confronti di immobili siti nel Comune di Succivo di proprietà della predetta società ed in particolare si imponeva il divieto di costruire volumi fuori terra ad una distanza inferiore a 100 metri dal centro di una torre angolare denominata Teverolaccio, si disponeva che i volumi edilizi da realizzare immediatamente a ridosso della predetta fascia potevano avere un’altezza non superiore alla gronda di m. 4,50 e che tutti i progetti di trasformazione dello stato dei luoghi- comprese le trasformazioni dell’assetto colturale e della vegetazione arborea, dovevano essere sottoposti al parere preventivo della competente Soprintendenza.
Ha impugnato, altresì, il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Caserta e Benevento richiamato nel decreto innanzi citato, nonché i verbali del Comitato Regionale di Coordinamento del 02.05.2006 e del 24.04.2007, in uno a tutti gli atti preordinati, connessi e conseguenti.
La società ricorrente premette:
di essere proprietaria di un terreno della estensione di circa 235 mila mq. individuato nel N.C.T. del Comune di Succivo al fg. 4 particelle 37 e 158;
che tale terreno si trova in prossimità di un casale denominato Teverolaccio , costituito da una torre, una chiesetta ed alcune case oggetto di un vincolo di tutela diretta imposto nel 1993;
che su parte della proprietà della ricorrente, per una superficie di circa 48 mila mq. è stato imposto un vincolo di tutela indiretta, ai sensi dell’art. 45 del D Lg.vo n. 42/2004.
Avverso tali provvedimenti è insorta la società Gicom che ha affidato il gravame ai seguenti motivi:
I) violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 97 Cost., nonché dell’art. 45 del D. Lg.vo 22.01.2004 n. 42; eccesso di potere per difetto di istruttoria; irragionevolezza e illogicità manifesta; violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza; illogicità e ingiustizia manifesta;
II) ancora violazione delle norme sub I) ; eccesso di potere per illogicità delle scelte progettuali; difetto istruttorio e carenza e/o insufficienza della motivazione ( art. 3 L. 241/90); giustificazione incongrua e perplessa;
III) violazione e falsa applicazione della legge 07.08.1990 n. 241 e s.m.i.; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento;
IV) violazione dell’art. 45 del D.Lgvo n. 42/2004;
V) violazione dell’art.42, comma 3, della Costituzione- soppressione del diritto di proprietà.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che ha depositato documentazione e memoria difensiva con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 9 marzo 2009 la causa è stata trattenuta per essere decisa.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere pertanto respinto.
Le censura articolate con il primo e secondo motivo possono essere trattate congiuntamente e ritenute prive di pregio.
Il vincolo di tutela indiretta ai sensi dell’art.45 del D. lg.vo n. 42/2004 volto a proteggere un bene culturale non in quanto tale, ma evitando, come dice la norma, che” ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, intende , quindi, mantenere al bene in parola la sua cornice, che non di rado è parte integrante del suo fascino e della sua bellezza; ed, a tal fine, come tale, il vincolo in parola può assumere il più vario concreto contenuto, dato che può prescrivere, sempre in base alla lettera della legge, “ distanze”, “misure” ed “altre norme”, fra le quali pacificamente si comprende l’inedificabilità di certe aree o le altezze massime dei fabbricati da realizzare in prossimità del bene tutelato.
La giurisprudenza, anche con riferimento a norme previgenti di contenuto identico a quella qui applicabile, ha pertanto avuto cura di precisare i limiti entro i quali l’amministrazione può imporre il vincolo in questione, che in astratto, data la potenziale indeterminatezza dei concetti coinvolti di “ prospettiva”, “ luce”, “ ambiente”e “ decoro”, potrebbe assumere ampiezza ed intensità notevoli, tali da sacrificare in modo particolarmente intenso la posizione di privati.
In linea generale il Consiglio di Stato- si cita per tutte sez. VI 20.09.2006 n. 4866-, ha allora affermato che “ se è vero che la imposizione dei vincoli previsti dalla legge 1089 del 1939 consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, la stessa soggiace a precisi limiti, enugleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell’azione amministrativa, onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale potesse trasformarsi in una vincolatività generale ed indifferenziata; nel principio di proporzionalità e congruità del mezzo rispetto al fine perseguito, nella specifica valutazione dell’interesse pubblico “ particolare” perseguito e nella necessità che nella motivazione provvedi mentale sia chiaramente espressa l’impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto”.
Con riferimento poi al caso in cui il vincolo indiretto si risolva anche nella inedificabilità di determinate aree, si è evidenziato la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa e sorretta da adeguata istruttoria, trattandosi evidentemente di imporre ai destinatari un sacrificio di notevole intensità.
In questi ultimi casi, allora, il contenuto del provvedimento con cui la P.A. fa uso del potere di imposizione del vincolo in parola deve essere definito sulla base di concrete esigenze di tutela da estrinsecarsi con una motivazione che sia necessariamente congrua e dettagliata, sì da rendere conoscibili le valutazioni fatte dall’Amministrazione e nel contempo dia contezza delle ragioni del sacrificio delle posizioni dei privati pure coinvolti nella definizione del rapporto in questione.
Ebbene, pare al Collegio che l’ordito motivazionale del provvedimento impositivo del vincolo in contestazione risponda esattamente ai canoni giurisprudenziali sopra illustrati se è vero che:
la relazione storico- artistica allegata al provvedimento di vincolo con una dettagliata ricostruzione fornisce gli elementi concreti della valenza storico- architettonica dell’immobile denominato “ il Teverolaccio”, venendo così ribadito il valore culturale del predetto compendio immobiliare;
sono evidenziate circostanze di fatto dalle quali è ben dato evincere la sussistenza di situazione di adiacenza e soprattutto di complementarietà dell’area circostante il complesso immobiliare, appunto in funzione strumentale al bene monumentale stesso, sì da costituire un unico ambito culturale cui assicurare la più efficace protezione;
la descrizione dello stato dei luoghi è circostanziata e permette di rilevare come l’imposizione del vincolo, nella sua completa formulazione, in particolare, con la visuale integrale dell’intero sito, assicuri l’integrità e la visibilità del compendio immobiliare, oltreché l’integrità dell’ambiente circostante ed il decoro.
La dovizia di notizie, dati e fatti illustrativi del sito, frutto di una indagine istruttoria compiuta con sufficiente cura, è tale, invero, da conferire al provvedimento impositivo quei necessari requisiti di adeguatezza se non di esaustività che la giurisprudenza ha fermamente richiesto, molto probabilmente a compensazione del sacrificio arrecato agli interessi dei privati pure essi meritevoli di tutela, ma pur sempre secondari rispetto a quelli pubblici sottesi alla tutela di che trattasi.
Ma la motivazione posta a sostegno della scelta del vincolo regge anche con riferimento al rispetto del principio di proporzionalità prospettato da parte ricorrente soprattutto in relazione alla parte del vincolo che stabilisce la non edificabilità delle aree poste a distanza minore di 100 metri dal complesso immobiliare tutelato.
Orbene, vero è che il sacrificio del privato deve essere ridotto al minimo, ma ciò sempre in rapporto alle esigenze di tutela del bene culturale: e allora, se, come nella specie, sono ben messi in evidenza l’importanza del bene oggetto della tutela, le sue tipiche caratteristiche e le esigenze di conservare queste valenze storico- artistiche, è del tutto logico, oltreché giustificato, che la destinazione e la utilizzazione urbanistico- edilizia dell’area sia recessiva rispetto alle ragioni fondanti dell’apposizione del vincolo.
E ciò, senza voler porre in evidenza la peraltro decisiva circostanza che l’area in questione nel piano regolatore vigente all’epoca dell’apposizione del vincolo è a destinazione agricola, sicchè con il vincolo si tende a confermare e rafforzare la scelta a suo tempo fatta dall’Amministrazione Pubblica laddove ha inteso tutelare il carattere agricolo dell’area con una destinazione coerente.
Occorre dunque concludere sul punto che il provvedimento recante il vincolo indiretto è sorretto da una autonoma ed esaustiva motivazione che dà adeguata contezza delle ragioni poste a fondamento della scelta, costituendo il percorso logico- giuridico attraverso cui si è messi in condizione di comprendere il perché della necessità di assicurare la tutela indiretta dell’area, senza che da tanto possa evincersi una indebita e quindi illegittima compressione delle facoltà dominicali e comunque di utilizzo riposte in capo alla ricorrente; e ciò ovviamente a maggior ragione per le prescrizioni che concernono l’altezza massima dei fabbricati oltre la fascia dei 100 metri e l’ulteriore prescrizione di acquisire il parere della Soprintendenza competente in occasione di progetti di modificazione delle aree sottoposte al vincolo.
Prive di pregio sono poi le considerazioni svolte sul fatto che in provincia di Caserta non risultano adottate misure così restrittive nemmeno per la via Appia o per il Palazzo Reale di Caserta, in quanto si tratta di situazioni e di contesti assolutamente non comparabili con quelle oggetto dell’intervento contestato ed in particolare l’una in quanto ricade in un contesto urbano risalente alla fine del ‘700 e adeguatamente tutelato in un raggio di cinquecento metri e l’altra ( la via Appia) in situazione di evidente degrado proprio a causa della mancata previsione di una adeguata fascia di rispetto.
Quanto, poi, alla censura introdotta con il terzo motivo va sottolineato che i presupposti , le ragioni del provvedere e le norme cui è stata data applicazione risultano esternati nella relazione allegata al decreto di vincolo e comunque nello stesso provvedimento riportate ( tant’è che la ricorrente ha ampiamente articolato le opposte tesi) e ciò esclude che la misura adottata incorra nel dedotto vizio di violazione della legge 241/90 per violazione del principio della partecipazione.
Risulta in particolare che a seguito della comunicazione di avvio del procedimento i soggetti interessati- in primis la società ricorrente- hanno svolto numerosi rilievi e formulate ampie considerazioni, tutte prese in esame dall’Amministrazione procedente e ritenute, con puntuali argomentazioni, non sufficienti a modificare l’operato di quest’ultima.
Va, infine, precisato che le censure prospettate con il quarto e quinto motivo risultano assolutamente inesplicate e quindi improduttive, limitandosi ad affermare pretese violazioni dell’art. 45 del D Lg.vo e dell’art. 42 della Costituzione senza però offrire apporti e profili argomentativi idonei a suffragare le assunte violazioni.
In conclusione, pertanto, il ricorso si appalesa infondato e deve essere conseguentemente respinto, mentre sussistono giusti motivi per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania- Napoli- sezione ottava, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 09/03/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Antonio Ferone, Presidente, Estensore
Renata Emma Ianigro, Primo Referendario
Olindo Di Popolo, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
N. 04650/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4650 del 2007, proposto da:
Gicom S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Cicala, con domicilio eletto presso Giuseppe Cicala in Napoli, viale Margherita,67 c/o Avv.Todisco;
contro
Ministero dei Beni Culturali e Paesaggistici, Soprintendenza Beni Aa.Aa.Aa. e Storici Caserta e Benevento, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Arpaia, con domicilio eletto presso Giuseppe Arpaia in Napoli, Avv.Ra dello Stato - via Diaz N.11; Comune di Succivo;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
DECRETO N. 67 DEL 04/05/2007 DI DIVIETO DI COSTRUIRE A RIDOSSO DI UN'AREA INEDIFICABILE SOTTOPOSTA A VINCOLO DIRETTO.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dei Beni Culturali e Paesaggistici;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soprintendenza Beni Aa.Aa.Aa. e Storici Caserta e Benevento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/03/2009 il dott. Antonio Ferone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 27.07.07 e depositato il 02.08.07, la Gicom spa, in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Damiano Salvatore, ha impugnato il decreto n. 67 del 4 maggio 2007 della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania- Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il quale venivano dettate determinate prescrizioni nei confronti di immobili siti nel Comune di Succivo di proprietà della predetta società ed in particolare si imponeva il divieto di costruire volumi fuori terra ad una distanza inferiore a 100 metri dal centro di una torre angolare denominata Teverolaccio, si disponeva che i volumi edilizi da realizzare immediatamente a ridosso della predetta fascia potevano avere un’altezza non superiore alla gronda di m. 4,50 e che tutti i progetti di trasformazione dello stato dei luoghi- comprese le trasformazioni dell’assetto colturale e della vegetazione arborea, dovevano essere sottoposti al parere preventivo della competente Soprintendenza.
Ha impugnato, altresì, il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Caserta e Benevento richiamato nel decreto innanzi citato, nonché i verbali del Comitato Regionale di Coordinamento del 02.05.2006 e del 24.04.2007, in uno a tutti gli atti preordinati, connessi e conseguenti.
La società ricorrente premette:
di essere proprietaria di un terreno della estensione di circa 235 mila mq. individuato nel N.C.T. del Comune di Succivo al fg. 4 particelle 37 e 158;
che tale terreno si trova in prossimità di un casale denominato Teverolaccio , costituito da una torre, una chiesetta ed alcune case oggetto di un vincolo di tutela diretta imposto nel 1993;
che su parte della proprietà della ricorrente, per una superficie di circa 48 mila mq. è stato imposto un vincolo di tutela indiretta, ai sensi dell’art. 45 del D Lg.vo n. 42/2004.
Avverso tali provvedimenti è insorta la società Gicom che ha affidato il gravame ai seguenti motivi:
I) violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 97 Cost., nonché dell’art. 45 del D. Lg.vo 22.01.2004 n. 42; eccesso di potere per difetto di istruttoria; irragionevolezza e illogicità manifesta; violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza; illogicità e ingiustizia manifesta;
II) ancora violazione delle norme sub I) ; eccesso di potere per illogicità delle scelte progettuali; difetto istruttorio e carenza e/o insufficienza della motivazione ( art. 3 L. 241/90); giustificazione incongrua e perplessa;
III) violazione e falsa applicazione della legge 07.08.1990 n. 241 e s.m.i.; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento;
IV) violazione dell’art. 45 del D.Lgvo n. 42/2004;
V) violazione dell’art.42, comma 3, della Costituzione- soppressione del diritto di proprietà.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che ha depositato documentazione e memoria difensiva con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 9 marzo 2009 la causa è stata trattenuta per essere decisa.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere pertanto respinto.
Le censura articolate con il primo e secondo motivo possono essere trattate congiuntamente e ritenute prive di pregio.
Il vincolo di tutela indiretta ai sensi dell’art.45 del D. lg.vo n. 42/2004 volto a proteggere un bene culturale non in quanto tale, ma evitando, come dice la norma, che” ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, intende , quindi, mantenere al bene in parola la sua cornice, che non di rado è parte integrante del suo fascino e della sua bellezza; ed, a tal fine, come tale, il vincolo in parola può assumere il più vario concreto contenuto, dato che può prescrivere, sempre in base alla lettera della legge, “ distanze”, “misure” ed “altre norme”, fra le quali pacificamente si comprende l’inedificabilità di certe aree o le altezze massime dei fabbricati da realizzare in prossimità del bene tutelato.
La giurisprudenza, anche con riferimento a norme previgenti di contenuto identico a quella qui applicabile, ha pertanto avuto cura di precisare i limiti entro i quali l’amministrazione può imporre il vincolo in questione, che in astratto, data la potenziale indeterminatezza dei concetti coinvolti di “ prospettiva”, “ luce”, “ ambiente”e “ decoro”, potrebbe assumere ampiezza ed intensità notevoli, tali da sacrificare in modo particolarmente intenso la posizione di privati.
In linea generale il Consiglio di Stato- si cita per tutte sez. VI 20.09.2006 n. 4866-, ha allora affermato che “ se è vero che la imposizione dei vincoli previsti dalla legge 1089 del 1939 consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, la stessa soggiace a precisi limiti, enugleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell’azione amministrativa, onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale potesse trasformarsi in una vincolatività generale ed indifferenziata; nel principio di proporzionalità e congruità del mezzo rispetto al fine perseguito, nella specifica valutazione dell’interesse pubblico “ particolare” perseguito e nella necessità che nella motivazione provvedi mentale sia chiaramente espressa l’impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto”.
Con riferimento poi al caso in cui il vincolo indiretto si risolva anche nella inedificabilità di determinate aree, si è evidenziato la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa e sorretta da adeguata istruttoria, trattandosi evidentemente di imporre ai destinatari un sacrificio di notevole intensità.
In questi ultimi casi, allora, il contenuto del provvedimento con cui la P.A. fa uso del potere di imposizione del vincolo in parola deve essere definito sulla base di concrete esigenze di tutela da estrinsecarsi con una motivazione che sia necessariamente congrua e dettagliata, sì da rendere conoscibili le valutazioni fatte dall’Amministrazione e nel contempo dia contezza delle ragioni del sacrificio delle posizioni dei privati pure coinvolti nella definizione del rapporto in questione.
Ebbene, pare al Collegio che l’ordito motivazionale del provvedimento impositivo del vincolo in contestazione risponda esattamente ai canoni giurisprudenziali sopra illustrati se è vero che:
la relazione storico- artistica allegata al provvedimento di vincolo con una dettagliata ricostruzione fornisce gli elementi concreti della valenza storico- architettonica dell’immobile denominato “ il Teverolaccio”, venendo così ribadito il valore culturale del predetto compendio immobiliare;
sono evidenziate circostanze di fatto dalle quali è ben dato evincere la sussistenza di situazione di adiacenza e soprattutto di complementarietà dell’area circostante il complesso immobiliare, appunto in funzione strumentale al bene monumentale stesso, sì da costituire un unico ambito culturale cui assicurare la più efficace protezione;
la descrizione dello stato dei luoghi è circostanziata e permette di rilevare come l’imposizione del vincolo, nella sua completa formulazione, in particolare, con la visuale integrale dell’intero sito, assicuri l’integrità e la visibilità del compendio immobiliare, oltreché l’integrità dell’ambiente circostante ed il decoro.
La dovizia di notizie, dati e fatti illustrativi del sito, frutto di una indagine istruttoria compiuta con sufficiente cura, è tale, invero, da conferire al provvedimento impositivo quei necessari requisiti di adeguatezza se non di esaustività che la giurisprudenza ha fermamente richiesto, molto probabilmente a compensazione del sacrificio arrecato agli interessi dei privati pure essi meritevoli di tutela, ma pur sempre secondari rispetto a quelli pubblici sottesi alla tutela di che trattasi.
Ma la motivazione posta a sostegno della scelta del vincolo regge anche con riferimento al rispetto del principio di proporzionalità prospettato da parte ricorrente soprattutto in relazione alla parte del vincolo che stabilisce la non edificabilità delle aree poste a distanza minore di 100 metri dal complesso immobiliare tutelato.
Orbene, vero è che il sacrificio del privato deve essere ridotto al minimo, ma ciò sempre in rapporto alle esigenze di tutela del bene culturale: e allora, se, come nella specie, sono ben messi in evidenza l’importanza del bene oggetto della tutela, le sue tipiche caratteristiche e le esigenze di conservare queste valenze storico- artistiche, è del tutto logico, oltreché giustificato, che la destinazione e la utilizzazione urbanistico- edilizia dell’area sia recessiva rispetto alle ragioni fondanti dell’apposizione del vincolo.
E ciò, senza voler porre in evidenza la peraltro decisiva circostanza che l’area in questione nel piano regolatore vigente all’epoca dell’apposizione del vincolo è a destinazione agricola, sicchè con il vincolo si tende a confermare e rafforzare la scelta a suo tempo fatta dall’Amministrazione Pubblica laddove ha inteso tutelare il carattere agricolo dell’area con una destinazione coerente.
Occorre dunque concludere sul punto che il provvedimento recante il vincolo indiretto è sorretto da una autonoma ed esaustiva motivazione che dà adeguata contezza delle ragioni poste a fondamento della scelta, costituendo il percorso logico- giuridico attraverso cui si è messi in condizione di comprendere il perché della necessità di assicurare la tutela indiretta dell’area, senza che da tanto possa evincersi una indebita e quindi illegittima compressione delle facoltà dominicali e comunque di utilizzo riposte in capo alla ricorrente; e ciò ovviamente a maggior ragione per le prescrizioni che concernono l’altezza massima dei fabbricati oltre la fascia dei 100 metri e l’ulteriore prescrizione di acquisire il parere della Soprintendenza competente in occasione di progetti di modificazione delle aree sottoposte al vincolo.
Prive di pregio sono poi le considerazioni svolte sul fatto che in provincia di Caserta non risultano adottate misure così restrittive nemmeno per la via Appia o per il Palazzo Reale di Caserta, in quanto si tratta di situazioni e di contesti assolutamente non comparabili con quelle oggetto dell’intervento contestato ed in particolare l’una in quanto ricade in un contesto urbano risalente alla fine del ‘700 e adeguatamente tutelato in un raggio di cinquecento metri e l’altra ( la via Appia) in situazione di evidente degrado proprio a causa della mancata previsione di una adeguata fascia di rispetto.
Quanto, poi, alla censura introdotta con il terzo motivo va sottolineato che i presupposti , le ragioni del provvedere e le norme cui è stata data applicazione risultano esternati nella relazione allegata al decreto di vincolo e comunque nello stesso provvedimento riportate ( tant’è che la ricorrente ha ampiamente articolato le opposte tesi) e ciò esclude che la misura adottata incorra nel dedotto vizio di violazione della legge 241/90 per violazione del principio della partecipazione.
Risulta in particolare che a seguito della comunicazione di avvio del procedimento i soggetti interessati- in primis la società ricorrente- hanno svolto numerosi rilievi e formulate ampie considerazioni, tutte prese in esame dall’Amministrazione procedente e ritenute, con puntuali argomentazioni, non sufficienti a modificare l’operato di quest’ultima.
Va, infine, precisato che le censure prospettate con il quarto e quinto motivo risultano assolutamente inesplicate e quindi improduttive, limitandosi ad affermare pretese violazioni dell’art. 45 del D Lg.vo e dell’art. 42 della Costituzione senza però offrire apporti e profili argomentativi idonei a suffragare le assunte violazioni.
In conclusione, pertanto, il ricorso si appalesa infondato e deve essere conseguentemente respinto, mentre sussistono giusti motivi per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania- Napoli- sezione ottava, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 09/03/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Antonio Ferone, Presidente, Estensore
Renata Emma Ianigro, Primo Referendario
Olindo Di Popolo, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO