Ecoreati: il nuovo delitto di impedimento del controllo. Primi appunti

di Gianfranco AMENDOLA

Una delle poche novità positive introdotte dalla legge n. 68/2015 sugli "ecoreati" è certamente costituita dal nuovo art. 452-septies c.p. (Impedimento del controllo) a norma del quale "salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, negando l'accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l'attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro, ovvero ne compromette gli esiti, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni".

Diciamo subito che, a nostro sommesso avviso, il dato generale più rilevante connesso con questa novità è costituito dal giusto rilievo che finalmente il legislatore attribuisce all'opera di controllo in campo ambientale, estesa opportunamente, anche a rischio di debordare dall'oggetto della legge n. 68, al settore della sicurezza e dell'igiene del lavoro.

Rilievo tanto più importante in quanto costituisce una decisa inversione di tendenza rispetto agli ultimi orientamenti dei governi dell'emergenza economica dove i controlli sulle imprese erano stati liquidati e ridotti a mere formalità da espletare, d' accordo con le imprese da controllare, in modo da recare alle stesse il minimo intralcio possibile. Basta leggere, in proposito, il D. L. n. 5/2012 convertito con legge n. 35/2012 ("Disposizioni in materia di semplificazione e di sviluppo") il cui art. 14 ("Semplificazioni dei controlli sulle imprese") impone, tra l'altro, la "eliminazione di attività di controllo non necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici", il "coordinamento e programmazione dei controlli da parte delle amministrazioni in modo da ..... recare il minore intralcio al normale esercizio delle attività dell'impresa..", e la " collaborazione con i soggetti controllati al fine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità". E meno male che la legge di conversione ha eliminato l'aggettivo "amichevole" riferito a "collaborazione", che era inserito nel testo del decreto legge; e che ne sono stati esclusi almeno i controlli "in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro".

Intendiamoci, ovviamente non basta oggi prevedere finalmente una sanzione penale per chi impedisce i controlli. Perchè bisognerebbe, contestualmente, affrontare il gravissimo problema della carenza di uomini, di mezzi e, spesso, di adeguata professionalità e preparazione, degli organi preposti ai controlli ambientali e di sicurezza sul lavoro.

Ma, comunque, qualcosa si è fatto e si è lanciato un segnale importante. Ed è giusto riconoscerlo anche se, fino ad oggi, non sembra che la dottrina se ne sia accorta.

Ciò premesso, è anche opportuno rimarcare, sempre in positivo, che questa ipotesi criminosa è tutta italiana, in quanto non è prevista tra le ipotesi di reati ambientali dettati dalla UE, cui si è data esecuzione con la legge n. 68/2015.

E peraltro si collega direttamente alla ben più limitata ipotesi contravvenzionale prevista per l'inquinamento idrico dall'art. 137, comma 8, D. Lgs. 152/06 secondo cui "il titolare di uno scarico che non consente l’accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all’articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell’arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale"1. Ipotesi, di fatto, ormai superata visto che il diniego di accesso2 oggi viene configurato, appunto, come delitto (e, quindi, costituisce più grave reato)3.

Passando, finalmente, ad un sommario esame della fattispecie in esame, appare evidente, in primo luogo, quanto ai soggetti, che non si tratta di reato proprio in quanto, opportunamente, il delitto può essere commesso da "chiunque" e non soltanto dal titolare di un insediamento produttivo4.

Ben più problematica risulta, invece, la precisazione delle condotte punibili. La norma, infatti, sembra prevedere, a prima vista, una fattispecie di reato a forma vincolata, "poiché l'impedimento deve realizzarsi negando o ostacolando l'accesso ai luoghi, ovvero mutando artificiosamente lo stato dei luoghi"5. Tuttavia, in tal modo non si tiene conto che la norma incriminatrice contiene anche, dopo una virgola ed un <<ovvero>>, una seconda parte incentrata sul fine di evitare la compromissione degli esiti dell'attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro. E pertanto "la disposizione sembrerebbe affiancare alle condotte punibili espressamente tipizzate, un reato di evento a forma libera, volto alla repressione di qualsiasi condotta dotata di efficacia causale rispetto all’evento “compromissione degli esiti” dell’attività di vigilanza e controllo"6.

In altri termini, l'art. 452-septies c.p. nella prima parte punisce chi impedisce, intralcia o elude l'attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro attraverso le condotte tipizzate di: a) diniego d'accesso; b) predisposizione di ostacoli, c) immutazione artificiosa dello stato dei luoghi. Nella seconda parte, invece, vieta, senza alcuna tipizzazione, qualsiasi condotta che, in qualsiasi modo, comprometta i risultati della predetta attività di vigilanza e controllo. Ed è appena il caso di evidenziare che trattasi anche di due diverse fasi temporali in quanto la prima (a forma vincolata) attiene al controllo, la seconda (a forma libera), invece, a quella, successiva (ma collegata), alla effettuazione del controllo, tesa ad evitare la compromissione dei risultati conseguiti.

E pertanto, opportunamente la dottrina ha osservato che "le applicazioni pratiche, avuto riguardo al tenore letterale della disposizione, paiono molteplici,perché vanno dal mero diniego di accesso ai luoghi ove deve essere effettuato il controllo, a comportamenti che rendono più difficoltoso il controllo o lo eludono, cosicché potrebbero rientrare nella fattispecie in esame condotte frequenti e ben note a chi opera nel settore della tutela penale dell'ambiente, quali, ad esempio, la predisposizione di bypass degli scarichi, il sottrarre alla vista una massiccia diluizione degli stessi, la mirata riduzione dell'attività di un impianto, l'occultamento di specifiche attività incidenti sul carico inquinante di un determinato processo produttivo e, finanche, il rifiuto della doverosa e necessaria collaborazione che determini le conseguenze descritte dalla norma in esame"7. Cui possiamo aggiungere, continuando l'esemplificazione, anche l'occultamento di documentazione esistente presso l'azienda, il girobolla e l'informativa falsa o carente circa l'attività dell'azienda (necessaria per impostare e valutare correttamente i controlli, rischiando, altrimenti di compromettere gli esiti degli stessi).

A questo proposito, un dubbio può porsi rispetto al delitto di frode processuale (art. 374 c.p.) che prevede anche esso una immutazione artificiosa dello stato dei luoghi o delle cose e delle persone nel corso di un procedimento penale (comma 2), ma si tratta con tutta evidenza di contesti totalmente diversi dato che il delitto in esame tutela, di regola, l'attività di controllo nella fase delle indagini; e peraltro, il principio di specialità e la clausola espressa apposta al delitto di cui all'art. 374 c.p. (che lo esclude qualora il fatto sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge) sembrano sufficienti a risolvere ogni dubbio.

Di contro, la clausola di sussidiarietà ("salvo che il fatto costituisca più grave reato") presente nell'art. 452-septies rende, con tutta evidenza, applicabile, in caso di resistenza a pubblico ufficiale, l'art. 337 c.p. che prevede la pena (più grave) della reclusione da 6 mesi a 5 anni.

Oggetto della tutela penale è "l'attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro". La dizione è tale da ricomprendere qualsiasi attività di vigilanza e controllo nei settori della tutela dell'ambiente e della sicurezza e igiene del lavoro, effettuata a qualsiasi titolo e da chiunque; e, quindi, non limitata solo alle violazioni del D. Lgs 152/06 e del D. Lgs. 81/2008 nè circoscritta solo agli organi pubblici ivi previsti8. In particolare, a nostro sommesso avviso, vi rientra qualsiasi attività di vigilanza e controllo nei settori della tutela dell'ambiente e della sicurezza e igiene del lavoro effettuata dalla polizia giudiziaria, anche, ad esempio, con riferimento a norme del codice penale utilizzate a difesa dell'ambiente o della salute dei lavoratori quali l'art. 674 o l'art. 437 c.p.

Quanto alla estensione al campo della sicurezza ed igiene del lavoro, da taluno considerata anomala9, è appena il caso di ricordare che, in realtà, trattasi di settore strettamente collegato a quello della tutela ambientale non solo perchè, di fatto, nelle realtà industriali non può scindersi la tutela della salute dentro e fuori la fabbrica, ma anche perchè, sotto il profilo giuridico, vi sono numerosi punti di contatto. Non a caso, è proprio la stessa legge n. 68 /2015 a introdurre nel D. Lgs 152/06 una parte sesta-bis contenente una disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale, ricalcata pedissequamente da quella prevista dal D. Lgs 758/1994 in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Ed anche la giurisprudenza spesso accomuna i due settori, ad esempio in tema di delega di funzioni.

Infine, quanto all'elemento soggettivo, il delitto è punito solo a titolo di dolo. Ed è appena il caso di ricordare, in proposito, la costante giurisprudenza della suprema Corte la quale esclude ogni rilevanza dell'errore di diritto da parte di coloro che, come gli imprenditori, svolgono in modo professionale attività normativamente regolate, i quali sono tenuti a conoscere con diligenza la disciplina del settore.

1 Cfr. art. 129 D. Lgs. 152/06, a norma del quale "l’autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico"

2 In realtà, le condotte previste dalle due norme incriminatrici non sono esattamente coincidenti in senso letterale, in quanto la contravvenzione si riferisce a chi "non consente l'accesso" ed il delitto a chi "nega l'accesso". Cfr. in proposito, PARODI, GEBBIA, BORTOLOTTO e CORINO, I nuovi delitti ambientali, in Il penalista, Milano, giugno 2015, pag. 45, i quali osservano che le condotte previste dal delitto "non pare possano ricomprendere anche una vera e propria opposizione fisica, che in qualche modo, invece, può essere compresa nella dizione dell'art. 137, comma 8..."; ma mettono contestualmente in evidenza che, comunque, in ogni caso l'opposizione fisica rientra nell'ambito del delitto di cui all'art. 337 c.p. (v. appresso).

3 Ovviamente, per fatti commessi prima dell'entrata in vigore del delitto in esame, rimarrà applicabile, come legge più favorevole, la contravvenzione di cui all'art. 137, comma 8, citato nel testo.

4 Si noti, in proposito, che il delitto in esame non rientra nel catalogo dei reati presupposto delineato dal nuovo art. 25-undecies D. Lgs. 231/2001per le responsabilità di impresa.

5 In questo senso cfr. la relazione, a cura di MOLINO, dell'Ufficio del Massimario della Cassazione, settore penale, luglio 2015, pag. 24

6 DI FRESCO in Trattato di diritto penale diretto da CADOPPI, CANESTRARI, MANNA e PAPA, riforme 2008-2015, UTET 2015, pag. 1055

7 RAMACCI, Prime osservazioni sull'introduzione dei delitti contro l'ambiente nel codice penale e le altre disposizioni della legge 22 maggio 2015 n. 68, in www.lexambiente.it , 8 giugno 2015

8 Si noti, in proposito, che la stessa legge n. 68/2015, inserendo nel D. Lgs 152/06 una parte sesta-bis relativa alla disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale, delinea i soggetti addetti a controllo e vigilanza, accomunando organi di vigilanza, organi accertatori e la polizia giudiziaria (nuovi art. 318-ter e segg.).

9 TELESCA, Osservazioni sulla l. n. 68/2015 recante "disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente", ovvero i chiaroscuri di un'agognata riforma in www.dirittopenalecontemporaneo.it , 17 luglio 2015, secondo la quale " non si comprende, ad onor del vero, per quale ragione nel contesto di una norma dedicata alla tutela dell’ambiente venga inserito un settore totalmente diverso "