La Suprema Corte sull’ambito di applicazione della “causa di non confiscabilità” di cui all’art.  452 undecies c.p.

di Edoardo LICATA

  1. (Introduzione)

Con la pronuncia n. 15965 depositata il 25 maggio 2020, la Suprema Corte ha per la prima volta valutato la possibilità di applicare l’istituto premiale di cui all’ultimo comma dell’art. 452 undecies c.p. alle ipotesi contravvenzionali previste dal D.L.vo. n.152/2006 in materia ambientale. Ad avviso della difesa ricorrente, il principio di uguaglianza e quello del favor rei avrebbero dovuto estrinsecarsi nella disapplicazione della confisca alle ipotesi previste dall’ultimo comma art. 260 ter del D.L.vo. n.152/2006, anche in assenza di una specifica previsione normativa.

Nel ritenere inammissibile il ricorso proposto, la Suprema Corte ha comunque analizzato nel merito le tesi difensive - sconfessandole – e fornendo la propria interpretazione circa il rapporto intercorrente tra l’ipotesi della confisca prevista dal Codice penale e quella prevista dal D.L.vo. n.152/2006 in materia ambientale.

  1. (Disamina delle argomentazioni su cui era fondato il ricorso (criticità costituzionali derivanti da una disparità di trattamento; univocità delle fattispecie e della funzione punitiva che accomuna le ipotesi di confisca previste dal Codice dell’ambiente e dal Codice penale).

Oltre alle questioni di legittimità costituzionale sopramenzionate, dichiarate poi manifestamente infondate, le tesi difensive vertevano primariamente su una asserita univocità delle fattispecie disciplinate rispettivamente dal Codice penale e dal “Codice dell’ambiente”, individuando quale elemento discriminante la sola gravità - intesa in termini di offensività al bene giuridico tutelato - delle condotte sanzionate. Pertanto, sarebbe irrazionale la previsione di cause di esclusione della confisca a situazioni ab origine più gravi, non suscettibili di essere estese alle ipotesi contravvenzionali disciplinate dal Codice dell’ambiente.

Allo stesso modo, secondo il ricorrente, oltre a non sussistere diversità di interessi tutelati, dovendosi individuare nell’ambiente l’unico bene giuridico leso dalle condotte incriminate , un ulteriore elemento di irrazionalità, derivante dalla diversità di trattamento, sarebbe stato costituito dall’ analogia sussistente tra l’ipotesi codicistica della confisca e quella disciplinata nel D.L.vo. n.152/2006 , entrambe sottese, secondo il ricorrente, a finalità eminentemente punitive.

  1. (Disamina delle argomentazioni sottostanti al rigetto (diversità delle funzioni della confisca, nel codice dell’ambiente punitiva in quello penale ripristinatoria)

Invero, ad avviso della Suprema Corte, è proprio la diversa funzione che il legislatore ha inteso attribuire all’istituto della confisca nel Codice penale a giustificare l’inapplicabilità della c.d. “causa di non confiscabilità” alle ipotesi di cui al D.L.vo. n.152/2006 . Tale conclusione troverebbe fondamento in due diversi argomenti testuali di natura normativa, ravvisabili, da un lato, nella previsione di cui all’art. 452 undecies c.3 c.p., in forza del quale i beni confiscati devono essere messi “nella disponibilità” della pubblica amministrazione e sottoposti ad un vincolo di destinazione di scopo (i.e. la bonifica dei luoghi), dall’altro, proprio nella previsione di una causa di non operatività della confisca nell’ipotesi in cui l’imputato abbia provveduto alla messa in sicurezza dello stato dei luoghi e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino degli stessi. La clausola di cui al c.4 permetterebbe dunque di qualificare la confisca come strumento alternativo e sussidiario per rimuovere una situazione pericolosa piuttosto che come una sanzione afflittiva 1.

  1. (Commento sulle argomentazioni espresse dalla Suprema Corte : sia l’ipotesi della confisca prevista dal Codice penale sia l’ipotesi prevista dal codice dell’ambiente hanno funzione punitiva. Tuttavia, l’efficacia deterrente dipende dall’onerosità delle operazioni di messa in ripristino dei luoghi, pertanto la causa di non confiscabilità non può essere estesa alle ipotesi più lievi del codice dell’ambiente).

Ebbene, nonostante la Cassazione escluda che l’ipotesi codicistica della confisca possa configurare una sanzione sostanzialmente penale, non può non rilevarsi come il legislatore abbia inteso rafforzare la tutela apprestata al bene giuridico ambiente ricorrendo allo schema tipico delle cause sopravvenute di non punibilità personali, premiando colui che, dopo aver integrato una delle ipotesi menzionate dall’art. 452 undecies c.p., si adoperi al fine di porre rimedio alle conseguenze dannose derivanti dalla commissione del reato con condotte riparatorie di segno opposto. È evidente che un meccanismo simile non troverebbe giustificazione, specialmente in termini di efficacia preventiva della sanzione, se applicato anche alle ipotesi meno gravi previste dal codice dell’ambiente in cui il ripristino dei luoghi inquinati è di gran lunga più agevole.

Il fatto che il legislatore abbia inteso attribuire all’istituto della confisca una funzione eminentemente preventiva emerge altresì dall’analisi dell’iter legis con cui è stato introdotto il titolo VI bis del Codice penale dedicato ai delitti contro l’ambiente.

La l. 22 maggio 2015, n. 68 ha infatti recepito le proposte di quanti, in sede europea 2, invocavano il ricorso al diritto penale come strumento per assicurare adeguati livelli di tutela dell’ambiente , specialmente rispetto alle ipotesi connotate da maggiore disvalore offensivo.

Proprio in un’ottica di contrasto all’accumulo di capitali illeciti, visti i legami fra reati ambientali, criminalità organizzata e criminalità economica, si è ritenuto che la confisca potesse essere la risposta più idonea, insieme alle pene principali “classiche”, a dissuadere i soggetti da propositi criminosi. Tale finalità viene in particolare perseguita colpendo i responsabili dei reati elencati nell’art. 452 undecies c.p. in ciò che gli è più caro: i proventi illecitamente perseguiti.

Benché la Suprema Corte riconosca una funzione eminentemente risarcitoria-ripristinatoria alla confisca ex art. 452 undecies c.p., è innegabile che il soddisfacimento delle prescrizioni necessarie ad impedirne l’operatività (i.e. messa in sicurezza dello stato dei luoghi e l’eventuale bonifica) comporti per l’imputato un impiego di denaro e risorse tali da connotare la confisca di un carattere afflittivo tipicamente sanzionatorio . In altre parole, limitando l’operatività del sistema premiale alle sole ipotesi codicistiche, il legislatore, da un lato, ha incentivato l’imputato ad intraprendere post delictum comportamenti ripristinatori rispetto alle gravissime condotte elencate nell’art. 452 undecies c.p. c.1, dall’altro, ha garantito la funzione general-preventiva negativa della norma, subordinandone la disapplicazione al soddisfacimento di condizioni molto gravose per l’imputato 3.

Tale ultima considerazione non vale invece per le ipotesi contravvenzionali previste dal Codice dell’Ambiente, la cui minore lesività si rifletterebbe in un più agevole ripristino dello status quo ante dei luoghi inquinati e in una minore efficacia deterrente. Per le stesse ragioni, anche la procedura di estinzione del reato prevista dagli artt. 318- bis e ss. del Codice dell’Ambientepuò trovare applicazione solo per quelle ipotesi “ che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette” (art. 318 bis D.L.vo. n.152/2006), dovendo a fortiori escludersi che a tali ipotesi possa essere applicata la clausola di cui all’ art. 452 undecies c.p. in cui è elemento imprescindibile la lesione al bene giuridico ambiente, quantomeno nella forma di pericolo concreto.

In conclusione, difficilmente sembra potersi attribuire una funzione univoca all’istituto della confisca in ambito ambientale , connotata, al contrario, da una natura “potenzialmente polifunzionale4. Tale considerazione trova fondamento su tre diversi argomenti testuali di natura normativa che si articolano, in primo luogo, nella previsione diun’ipotesi di confisca obbligatoria per equivalente (452undecies c.2), da cui si dovrebbe evincere la natura prettamente sanzionatoria – afflittiva della confisca, in secondo luogo, in forza del “ vincolo di destinazione” incombente sui beni confiscati, l’istituto parrebbe assumere i crismi di uno strumento funzionale a garantire il ripristino delle condizioni ambientali dei luoghi inquinati, infine, la presenza di una “ causa di non confiscabilità” induce a ritenere ferma la volontà del legislatore di dissuadere il reo dal reimpiegare i proventi ottenuti dalla commissione del reato in altre azioni criminose .

1 Sulla natura e le finalità perseguite dall’istituto della confiscaex art. 452 undecies c.p., Codice penale commentato a cura di Emilio Dolcini e Giorgio Marinucci, IPSOA, Gruppo Wolters Kluwer, 2011

2 Sulle peculiarità del diritto penale ambientale Vercher, Some reflection on the use of criminal law for the protection of the environment , in www.defensesociale.org, Riv. 2002, 103

3 In relazione all’ipotesi di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata la Suprema Corte ha di recente evidenziato che “La confisca obbligatoria dell’area destinata a discarica deve essere disposta anche qualora essa sia stata sottoposta a bonifica in quanto tale circostanza, sebbene possa eventualmente comportare il venire meno delle esigenze di cautela (art. 321, comma 1, c.p.p.) non ha alcun rilievo per le ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 321 c.p.p. ” Cassazione Penale, sez. III, 19.11.2019 (dep.13.1.2020), n. 847 in Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Economia n. 1-2/2020

4 Pierdonati Marco “Confisca e delitti ambientali” in Diritto penale e processo, 2017, n. 1, IPSOA, p. 91

-----------------------------------------------------------------
La sentenza commentata è leggbile qui