Cass. Sez. III n. 32527 del 1 settembre 2010 (Ud 28 apr. 2010)
Pres. Lupo Est. Marini Ric. PM in proc. Brini ed altri
Elettrosmog. Costruzione ripetitore telefonico e titolo abilitativo.
Se il Pubblico Ministero, relativamente alla costruzione di un ripetitore telefonico con antenna,  ha contestato la violazione dell’art.44 d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 per essere assenti le autorizzazioni previste dall’art.87 del Codice delle comunicazioni, risulta errata l’interpretazione sottesa alla apodittica motivazione di una sentenza ove si afferma che le opere in questione potevano essere realizzate con la semplice presentazione di una D.i.a., dovendo invece il giudicante accertare che le previsioni contenute negli artt.87 e ss. del d.lgs. 1 agosto 2003, n.259 siano state rispettate e che le opere siano state realizzate al termine della procedura in precedenza esaminata.
L’affermazione del corretto principio di diritto e la corretta applicazione della legge al caso concreto costituiscono per l’organo della pubblica accusa un interesse attuale anche nella ipotesi che all’accoglimento del ricorso debba conseguire la pronuncia di estinzione del reato per prescrizione in sostituzione della sentenza pienamente liberatoria pronunciata in sede di merito sulla base di un’errata applicazione della legge sostanziale.
UDIENZA del 05.05.2010
SENTENZA N. 714
REG. GENERALE N. 8741/2010
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
 Dott. Lupo Ernesto                                  Presidente
 Dott. Lombardi Alfredo Maria                    Consigliere
 Dott. Fiale Aldo                                      Consigliere
 Dott. Marini Luigi                                    Consigliere est.
 Dott. Sarno Giulio                                   Consigliere 
 
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 Sul ricorso proposto dal PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI  TIVOLI nel procedimento nei confronti di:
 BRINI ILIO, nato a Cortona il xx xx xxxx
 MALPASSUTO GIORGIO, nato a Torino il xxxxx
TRIPOLI FILIPPO, nato a San Giuseppe Jato il xxxx
MADONIA ANNA MARIA, nata a Palermo il xxxx
 Avverso la sentenza emessa in data 23 Aprile 2009 dal TRIBUNALE DI TIVOLI,  SEZIONE DISTACCATA DI CASTELNUOVO DI PORTO, che ha assolto gli imputati con la  formula "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato" dalla  imputazione concernente l'art.44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 e l'art.87 del  d.lgs. n.259 del 2003.
 Fatto accertato il 4 Settembre 2004.
 Sentita la relazione effettuata dal Consigliere LUIGI MARINI
 Udito il Pubblico Ministero nella persona del CONS. GIOVANNI D'ANGELO, che ha  concluso per il rigetto del ricorso.
 Udito il Difensore, Avv. SUSANNA CARRARO, IN SOSTITUZIONE DELL'AVV.MASSIMO BIFFA  E L'AVV.FULVIO SIMONI, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso o il  rigetto dello stesso.
 RILEVA
 I Sigg.TRIPOLI e MADONIA, quali titolari del terreno, e i Sigg.BRINI e  MALPASSUTO, quali esecutori dei lavori, sono stati tratti a giudizio per  rispondere del reato previsto dall'art.44, lett.b) del d.P.R. 6 giugno 2001,  n.380 per avere, in assenza di autorizzazioni, realizzato e posizionato un  ripetitore telefonico, sormontato da antenna di altezza di circa 18 metri e  annesso contenitore di gasolio.
 Con la sentenza impugnata il Tribunale ha ritenuto che per la realizzazione  delle opere sia "sufficiente l'inoltro della d.i.a. all'ente locale competente".
 Ricorre il Pubblico Ministero lamentando violazione dell'obbligo di motivazione  ed errata applicazione della legge, ai sensi dell'art.606, lett.b) e c) c.p.p.,  posto che il Tribunale ha omesso di valutare il contenuto dell'art.87 del d.lgs.  n.259 del 2003 e di accertare, come invece avrebbe imposto la contestazione, se  le opere siano state. o meno eseguite al termine del perfezionarsi della  procedura prevista dal citato art.87. Poiché nel caso in esame tale procedura  non si è perfezionata, sussiste la violazione contestata e il Tribunale ha  applicato in modo errato le disposizioni di legge così come interpretate  costantemente dalla Corte di legittimità.
 In favore delle posizioni BRINI e MALPASSUTO in data 11 aprile 2010 è stata  presentata una memoria con la quale si chiede:
 a) dichiararsi inammissibile il ricorso per carenza d'interesse ex art.568,  comma quarto c.p.p., per essere il reato comunque prescritto;
 b) dichiararsi non applicabile la disposizione di cui all'art.44 d.P.R. 6 giugno  2001, n.380, che può trovare riferimento alla sola assenza del titolo  autorizzativo del "permesso di costruire" come disciplinato dal medesimo d.P.R.  n.380 del 2001 e non a diverso titolo autorizzativo: l'art.87, comma secondo,  opera riferimento alla sola D.i.a e il nuovo comma 2-bis dell'art.44 citato  rinvia esclusivamente alla D.i.a prevista dal comma terzo dell'art.22;
 c) la stessa giurisprudenza aveva negli anni scorsi affermato che  l'autorizzazione urbanistica è assorbita all'interno della procedura ex art.87  citato; l'introduzione di un diverso orientamento violerebbe oggi il principio  di legalità.
 OSSERVA
 Il ricorso è fondato.
 Lamenta il ricorrente che la stringatissima motivazione della sentenza  assolutoria non affronta in alcun modo il contenuto dell'art.87 del D.Lgs. 1  agosto 2003, n.259, con la conseguenza di affermare in modo errato il principio  secondo cui la realizzazione di ripetitori telefonici muniti di antenna può  essere preceduta dalla semplice presentazione della d.i.a..
 L'interpretazione della disciplina concernente l'installazione di "ripetitori"  telefonici, come introdotta dal codice delle comunicazioni elettroniche (in  particolare, artt.86 e ss. del d.lgs. 1 agosto 2003, n.259) è stata oggetto di  plurime decisioni di questa Corte, a partire dalle sentenze n.19236 e n.41598  del 2005 per giungere alle sentenze n.9631 del 2006 e 42525 del 2008, ed è stata  affrontata anche dalla Corte costituzionale con le decisioni n.129 del 28 marzo  2006 e n.203 del 18 maggio 2006.
 Le decisioni citate consentono di affermare che le disposizioni presenti  nell'art.87 del d.lgs. 1 agosto 2003, n.259 contengono una deroga al regime  ordinario del Testo Unico in materia edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n.380),  deroga che la Corte costituzionale ha ritenuto possa essere condivisa  all'interno di un complessivo bilanciamento tra i principi costituzionali;  tuttavia, da questo regime non risulta affatto escluso che l'ente territoriale  conservi un potere di valutazione circa la compatibilità delle opere necessarie  per l'installazione del ripetitore con le regole in materia urbanistica e  ambientale.
 In sostanza, il rilascio del permesso di costruire, altrimenti necessario, viene  sostituito dal rilascio delle autorizzazioni come previste dal citato art.87 al  termine della specifica procedura ivi disciplinata, con la conseguenza che il  mancato rispetto di queste disposizioni rende le opere abusive e suscettibili di  sanzione ai sensi dell'art.44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380.
 Tale conclusione, del resto, non si pone in contrasto con il principio di  legalità delle ipotesi incriminatrici: una lettura sistematica delle  disposizioni contenute nel settimo e nell'ottavo comma dell'art.87 e dell'art.98  del citato decreto legislativo del 2003 impone di considerare che:
 a) l'approvazione dell'istanza in sede di conferenza dei servizi "sostituisce ad  ogni effetto gli atti di competenza delle singole Amministrazioni", così che gli  interessi tutelati e i presupposti propri di tali atti vengono fatti propri  dalla stessa approvazione;
 b) ciò è tanto vero che l'approvazione non produce effetti, qualora vi sia  dissenso manifestato da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, o  storico-artistica o alla tutela della salute, fino a quando la decisione finale  non sia assunta dal Consiglio dei Ministri;
 c) le violazioni delle procedure ora ricordate e delle relative garanzie sono  soggette alle sanzioni previste dal successivo art.98 "salvo che il fatto non  costituisca reato": va, dunque, escluso che la disciplina introdotta con gli artt.86  e 87 comportino la inapplicabilità delle sanzioni previste dall'art.44 del  d.P.R. 6 giugno 2001, n.380.
 E dunque, se questa è l'interpretazione corretta delle disposizioni contenute  nel citato art.87 e se il Pubblico Ministero aveva contestato la violazione  dell'art.44 d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 per essere assenti le autorizzazioni  previste dall'art.87 medesimo, risulta errata l'interpretazione sottesa alla  apodittica motivazione della sentenza impugnata là dove afferma che le opere in  questione potevano essere realizzate con la semplice presentazione di una D.i.a.,  dovendo invece il giudicante accertare che le previsioni contenute negli artt.87  e ss. del d.lgs. 1 agosto 2003, n.259 siano state rispettate e che le opere  siano state realizzate al termine della procedura in precedenza esaminata.
 La sentenza andrebbe, pertanto, annullata con rinvio al giudice del merito per  un nuovo esame alla luce delle considerazioni qui svolte.
 Tuttavia, come correttamente rilevato in sede di ricorso, i reati sono estinti  per decorso dei termini prescrizionali, ed in tal senso la Corte deve  pronunciare.
 A tale proposito si rileva che non può accogliersi la richiesta di  inammissibilità del ricorso del Pubblico Ministero per carenza di interesse:  l'affermazione del corretto principio di diritto e la corretta applicazione  della legge al caso concreto costituiscono per l'organo della pubblica accusa un  interesse attuale anche nella ipotesi che all'accoglimento del ricorso debba  conseguire la pronuncia di estinzione del reato per prescrizione in sostituzione  della sentenza pienamente liberatoria pronunciata in sede di merito sulla base  di un'errata applicazione della legge sostanziale.
 P.Q.M.
 Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per  prescrizione.
Così deciso in Roma il 28 Aprile  2010
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  01 sett. 2010
                    



