Tribunale di Palermo Sez. III civile ordinanza 20 febbraio 2004
Pres. Monteleone Rel. De Gregorio
Ordinanza cautelare che respinge il reclamo proposto
dalla Questura di Palermo avverso una precedente ordinanza ex art. 700 c.p.c. Il
provvedimento impone alla Questura la rimozione delle proprie (numerose) antenne
ubicate in prossimità degli immobili dei ricorrenti, pur in assenza del
superamento dei limiti di esposizione alle onde elettromagnetiche previsti dalla
legge 36/2001 e dal D.I. 381/98 (oggi D.P.C.M. 8 luglio 2003).
Viene applicato il principio di precauzione nel campo delle cosiddette
radiofrequenze, pur non essendovi un'immediata lesione del diritto e nonostante
le rilevanti esigenze di ordine pubblico evidenziate dalla Questura.
Si ringrazia per la segnalazione l'Avv. Alessandro Palmigiano
IL
TRIBUNALE DI PALERMO
SEZIONE
III CIVILE
Riunito
in Camera di consiglio e composto dai Sigg.ri Magistrati
Dott.
Angelo Monteleone
Presidente
Dott.
Giuseppe De Gregorio
Giudice rel.
Dott. Fabio Cosentino
Giudice
O R D I N A N Z A
sul
reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. depositato in data 02/2/2004 da Ministero
dell'Interno - Questura di Palermo (Avvocatura dello Stato), avverso l'ordinanza
ex art. 700 c.p.c. dei 29/31.12.2003, nel procedimento cautelare n° 1585/2005
R.G. promosso dalla Sarno Lucio e Viola Vincenzo (avv. Alessandro Palmigiano)
nei confronti dell'odierno reclamante.
Letti gli
atti e sciogliendo la riserva assunta all'udienza in Camera di Consiglio del
13.2.2004, osserva:
Il
reclamo del Ministero dell'Interno (di seguito MINISTERO) è infondato, per
quanto appresso specificato.
Preliminarmente,
è da disattendere la eccezione dei resistenti di intempestività della
proposizione del suddetto reclamo.
Al
proposito è bene sottolineare che il termine "breve" di cui all'art.
739, 2°
comma, c.p.c. ( che si applica anche ai reclami cautelari, giusto il rinvio
operatovi dall'art. 669 terdecies c.p.c.)
- e cioè il termine di dieci giorni "dalla notificazione" (se il
provvedimento reclamando "è dato in confronto di più parti") - opera
esclusivamente nell'ipotesi in cui del provvedimento medesimo sia stata eseguita
la notificazione su istanza di una delle parti: non anche, invece, allorquando
la comunicazione-notificazione sia avvenuta ad opera, o su istanza, del
cancelliere (chè, in tal caso, opererà il termine "lungo" di cui
all'art. 327 c.p.c., la previsione del quale ha portata generale).
Il
principio citato, invero, è stato affermato dalle Sezioni Unite della
Cassazione, con sentenza del 29 aprile 1997 (n° 3670), in cui si legge che
"la notificazione del provvedimento … è idonea a far decorrere il
termine di dieci giorni per la proposizione del reclamo, unicamente
quando sia stata effettuata ad istanza di una delle parti".
Nella
specie, non consta - nemmeno in termini di mera allegazione - che l'ordinanza
reclamata sia stata oggetto di una notificazione ad impulso di parte: l'unica
notificazione che risulta essere stata eseguita è stata infatti disposta dalla
cancelleria di questo Tribunale, sicché il citato termine di dieci giorni non
è stato mai operante.
Sempre in
linea preliminare, va pure disattesa l'eccezione da ultimo proposta (anzi,
meramente accennata, nel corso della discussione de cui alla udienza innanzi al
Collegio del 13 febbraio 2004) dal Ministero, di difetto di giurisdizione del
Giudice Ordinario. Premesso che l'Avvocatura non ha nemmeno sommariamente
indicato i presupposti del dedotto difetto, per la risoluzione della questione
è necessario inquadrare il merito della controversia, e cioè essenzialmente
quali sono le condotte denunziate e la tutela richiesta.
E sin dal
ricorso introduttivo, Lucio Sarno e Vincenzo Viola, quali proprietari terrieri
degli immobili siti all'ultimo piano dello stabile del cittadino corso Vittorio
Emanuele n° 492, confinante con la parte retrostante degli edifici dove sono
ubicati gli uffici della Questura, in Piazza Vittoria n° 8, deducevano che sul
tetto di quest'ultimo palazzo sono installate stazioni radio base, con
numerosissime antenne, poste a pochi metri di distanza dalla terrazza di
proprietà del Sarno e dall'appartamento del Viola.
Affermando
la elevata pericolosità di tali antenne (con emissione di onde
elettromagnetiche ben al di sopra dei limiti di legge), potenzialmente foriere
di gravissimi danni ai ricorrenti e alle loro famiglie, chiedevano
l'eliminazione delle stesse, o, in subordine l'adozione di opportuni
accorgimenti atti a fare cessare il superamento del limite consentito per le
emissioni. Nulla veniva aggiunto dalla difesa erariale che - con difesa assai
scarna, in verità - si limitava a contestare genericamente le avverse pretese e
a chiederne il rigetto.
Ora,
allorché la domanda trovi fondamento in un comportamento meramente materiale
della p.a. (in questo caso, posizionamento delle antenne: senza che la
resistente-odierna reclamante abbia mai fatto riferimento a provvedimenti che
disponessero la collocazione, né precisato esattamente tutti gli usi cui dette
sono adibite) lesivo di diritti soggettivi, questa può essere condannata ad un facere,
non ritenendosi operanti, in tale circostanza, i limiti ai poteri del
giudice ordinario di cui all'art. 4, 1. n. 2248 del 1865, all. E.
In altri
termini, ed anche a mente delle previsioni della legge 205 del 2000 (sul riparto
di giurisdizione) sussiste la giurisdizione del giudice ordinario nei confronti
della p.a. proprio quando il comportamento perseguito della medesima non si
ricolleghi ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell'ambito e
nell'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti (di
fronte ai quali le posizioni soggettive del privato hanno natura non di diritto
soggettivo, bensì di interessi legittimi, tutelabili, quindi, davanti al
giudice amministrativo), ma si concreti e si risolva in una mera attività
materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi
formali.
Ne
consegue che solo ove dette azioni siano proposte in relazione a comportamenti
attuati in esecuzione di poteri pubblici o comunque di atti amministrativi, va
dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cassazione
civile, sez. un., 17 aprile 2003, n. 6189): circostanza, quest'ultima neppure
dedotta nel caso di specie.
Venendo
al merito, va in primis evidenziato
che le questioni in tema di antenne, elettrosmog e danno alla salute vanno
risolte alla luce della Legge quadro sulla protezione da esposizione a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici n° 36 del 22.02.2001 (pubblicata
in G.U. 55 del 7/3/2201), come peraltro già evidenziato dalle parti. In ordine
ai limiti di esposizione, l'art. 4, comma II, lett. a) di tale legge rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, ora entrato in vigore: trattasi del Dpcm del 18 luglio 2003
(pubblicato su G.U. n° 199 del 28/8/2003), in cui i limiti di esposizione
e valori di attenzione (art. 3 II comma Dpcm in esame, e relativa
tabella) ricalcano le disposizioni di cui al Decreto Interministeriale n°
381/98 - Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di
radiofrequenza compatibili con la salute umana - emanato in attuazione della
delega contenuta nell'art. 1, comma 6, lett. a), n° 15, della legge 249/1979.
In
particolare, l'art. 4 II comma del Decreto interministeriale citato prevede che,
in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore,
non devono essere superati i seguenti valori, indipendentemente dalla frequenza:
6 V/M per il campo elettrico, 0,0 16A/m per il campo magnetico e per le
frequenze comprese tra 3 mhz e 300 ghz, 0,10 W/m² per la densità di potenza;
come detto, questi valori di attenzione sono oggi riproposti del Dpcm attuativo
della legge quadro (segnatamente, alla tabella 2 del decreto).
Dal
provvedimento impugnato emerge che : 1) dalle rilevazioni effettuate dal centro
di ricerche sistemi elettrici di potenza del C.N.R. - Università di Palermo
(organo particolarmente qualificato, e della cui attendibilità non è dato
dubitare) risulta accertato il superamento dei valori di attenzione, e per
percentuali elevatissime (alcune rilevazioni hanno dato conto di valori
superiori del 200% di quelli massimi: cfr. relativa documentazione prodotta dai
ricorrenti in prime cure); 2) la CTU espletata non ha dato conto di tale
superamento, ma emerge dall'elaborato del CTU che le potenzialità dell'impianto
sono tali da consentire facilmente il superamento dei valori di attenzione; 3)
è certa, e documentata dalle fotografie in atti, la particolare
vicinanza delle antenne (ivi comprese quelle definite dal CTU come omnidirezionali,
ovvero quelle la cui potenzialità di segnale può interessare i locali dei
ricorrenti) dalle abitazioni tanto di Sarno che di Viola; 4) la parte resistente
non in alcun specificato e documentato se e quali antenne sono effettivamente
indispensabili per le attività d'Istituto; 5) nessuno degli accorgimenti
tecnici adottabili è tale da scongiurare il pericolo di inquinamento
atmosferico ad eccezione della rimozione delle antenne (ovvero dalla
sostituzione delle stesse, e magari
dalla allocazione in punti maggiormente distanti dalle abitazioni).
Ciò
posto, le doglianze del Ministero si incentrano, essenzialmente, sull'assenza di
periculum, contestando che l'astratta idoneità delle apparecchiature a
superare i limiti elettromagnetici potesse condurre all'accoglimento della
pretesa cautelare.
Ed in
ogni caso, deduce : la regolarità degli impianti, anche in ragione di
misurazione disposte dalla Unità Sanitaria Locale; la particolare rilevanza
degli stessi, destinati all'espletamento del servizio pubblico cui è
preordinata l'attività della Questura.
Per
affrontare compiutamente le questioni poste al vaglio del Collegio, va premesso
che la tutela cd. anticipatoria, quale quella chiesta e accordata nel caso di
specie (laddove, cioè, il contenuto del provvedimento cautelare è idoneo ad
anticipare in toto gli effetti della decisione di merito) rappresenta uno
degli strumenti cautelari vigenti nel nostro ordinamento, accanto ai
provvedimenti cautelari conservativi. Tale distinzione, nata in dottrina, ha
avuto l'esplicito avallo del legislatore della riforma del diritto processuale
societario, laddove gli artt. 23, co. 1° e 5°, e 24 co. 4°, del D.lvo 5/2003,
attribuiscono appunto rilevanza alla distinzione, finora meramente teorica, tra
provvedimenti cautelari anticipatori e provvedimenti cautelari conservativi, in
funzione della sopravvivenza degli effetti dei medesimi nel caso in cui il
giudizio di merito non sia instaurato o si estingua; dette ipotesi estreme
(provvedimenti d'urgenza totalmente anticipatori della pronuncia di merito),
oltre che nella prassi giurisprudenziale, si intravedono anche in talune norme
sostanziali, come ad esempio nei casi previsti dall'art. 1469
sexies c.c..
Ciò
detto, è evidente che per potersi adottare un provvedimento tanto incisivo
sulle posizioni giuridiche soggettive in considerazione, queste ultime devono
essere vagliate attentamente, e il bilanciamento di interessi deve essere tale
per cui rispetto ad un gravissimo pericolo può giustificarsi l'adozione di una
cautela estrema.
Tornando
proprio alla tematica dell'inquinamento atmosferico da elettrosmog (o,
secondo altra interpretazione, delle immissioni di campi elettromagnetici), non
può sottacersi che il vaglio del Decidente deve essere quanto mai rigoroso,
nell'ottica della tutela del bene salute cui la normativa di riferimento è
preordinata. Non è un caso, difatti, che la legge-quadro 36 del 2001 sia
intitolata "sulla protezione da esposizione a campi elettromagnetici,
magnetici ed elettromagnetici", a riprova della necessità di proteggere
la popolazione dalle immissioni moleste; che il decreto del
Presidente del consiglio dei Ministri sia stato adottato all'esito di una
istruttoria in cui sono intervenuti il Ministro della Salute e il Comitato
internazionale di valutazione per l'indagine sui rischi sanitari derivanti
dall'esposizione ai campi elettromagnetici; che oggetto della normativa sono gli
impianti per qualsiasi uso, civile, militare e di forza di polizia, a riprova
della particolare pregnanza che viene assegnata alla salute anche rispetto ad
altri valori primari della collettività (quali la sicurezza pubblica, la
sicurezza nazionale etc.). Ed i limiti adottati nascono dai risultati raggiunti
dalla comunità scientifica sugli effetti acuti e cronici dell'esposizione,
valorizzando comunque le ancora insoddisfacenti (dal punto di vista
quantitativo) conoscenza mediante una scelta di cautela (adottando, cioè,
criteri rigorosi, che possano attenuare al massimo il rischio di esposizioni
pericolose).
In tema
di competenza, la legge del 2001 ha
attributo (art. 4 ult. comma), ai comuni il potere di adottare un regolamento
per "assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli
impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici.
La legge
quadro si conclude, poi, con la previsione di apposite sanzioni amministrative -
salvo che il fatto non costituisca reato - per coloro che superino i limiti di
esposizione e di attenzione mediante decreto del Presidente del Consiglio del
ministri, nonché non rispettino le caratteristiche tecniche degli impianti e la
localizzazione dei tracciati (art. 15 comma 1 e 2).
Ad esse
si applica poi la sanzione accessoria ed obbligatoria - in caso di inosservanza
delle prescrizioni previste ai fini della tutela dell'ambiente e della salute -
della sospensione degli atti autorizzati accordati ed in caso di recidiva quella
della revoca degli atti suddetti (art. 15 comma 4).
Significativa
è, infine, la previsione in base alla quale per le sanzioni pecuniarie previste
dalla legge quadro non è ammesso il pagamento in misura ridotta ai sensi
dell'art. 161.
24 novembre 1981 n°689 (art. 15 comma 7).
A fronte
di tale quadro normativo e degli obiettivi
perseguiti dal Legislatore, vanno poi letti taluni arresti
giurisprudenziali, volti appunto a tale massimizzazione della tutela.
Particolarmente
importante, per il caso in esame, risulta la pronuncia del Supremo Collegio n°
9893/2000, per cui la tutela giudiziaria del diritto alla salute in confronto
della p.a. può essere preventiva e dare luogo a pronunce inibitorie se, prima
ancora che l'opera pubblica venga messa in esercizio nei modi previsti, sia
possibile accertare, considerando la situazione che si avrà una volta iniziato
l'esercizio, che nella medesima situazione è insito un pericolo di
compromissione per la salute di chi agisce in giudizio (nel caso affrontato,
veniva in rilievo la costruzione di un elettrodotto a distanza di circa 30 metri
da un'abitazione, il cui proprietario chiese che fosse accertata la pericolosità
dell'opera ed il danno derivante per l'esposizione ai campi elettromagnetici).
Nel caso
dell'immobile della Questura, emerge dalla CTU espletata che quelle contestate
sono antenne che producono onde elettromagnetiche cd. ad alta frequenza, che si
irradiano nell'ambiente circostante sia sul piano orizzontale che su quello
verticale. E sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, a distanza dalla
sorgente, i campi elettromagnetici si distribuiscono su superficie sempre più
ampie, e l'intensità di essi diminuisce man mano che essi si propagano (cfr.
relazione del CTU). Dunque, è evidente che la concentrazione massima delle
radiazioni si ha appunto nei luoghi immediatamente vicini alle antenne, quali le
abitazioni Sarno e Viola, posizionate a ridosso dell'edificio della Questura, e
a pochi metri da esso.
Tornando
all'elemento del periculum, tre sono le valutazioni che consentono di
confermare il provvedimento impugnato. 1) La prima nasce proprio dalle
considerazioni che emergono dalla CTU: se è vero, come peraltro invocato dalla
difesa erariale, che l'esperto nominato dal Giudice non ha registrato alcun
superamento dei valori di legge, è pur vero che questi ha sottolineato
l'idoneità degli impianti a tale superamento. In altre parole, è emerso che le
antenne in uso alla Questura potenzialmente possono superare i valori di cui
(oggi) al Dpcm luglio 2003. 2) Il CTU ha quindi confermato che i risultati del
Ce.Ri.S.E.P. - CNR dell'Università di Palermo sono veritieri, nel senso della
idoneità di quegli impianti a raggiungere quegli enormi valori registrati prima
dell'instaurazione del contraddittorio. E' dunque evidente che quei risultati,
non precisamente e inequivocabilmente contestati dal Ministero, sono
attendibili, e confermano l'assunto dei resistenti, secondo cui il pericolo non
è meramente astratto, ma concreto. 3) Il Ministero
non ha prodotto alcun documento, atto autorizzativo, certificato tecnico,
etc., dal quale desumere la piena conformità degli impianti ai requisiti di
legge. Ma vi è di più: non ha documentato in alcun modo che sia stato seguito
l'iter amministrativo-sanitario (limitandosi a dire che la USL 6 ha
eseguito delle misurazioni, senza specificare quando, a che titolo, etc.)
normativamente imposto (anche dalla legge 36/2001, per quanto dinanzi ricordato)
prima dell'installazione di antenne omnidirezionali ad alta frequenza, quali
quelle posizionate sui tetti dell'edificio della Questura.
In
definitiva, potendosi inquadrare la fattispecie in esame nell'alveo dell'art.
844 c.c. sulle cd. immissioni intollerabili (tali potendosi considerare, ormai
per costante interpretazione, anche quelle non direttamente percepibili dai
sensi dell'essere umano, ma comunque lesive per la sua salute: cfr., per tutte,
Cassazione SS.UU. 15 ottobre 1999 n° 10186), il superamento dei valori imposti
dalla Legge, con attività che risulta essere meramente materiale da parte
dell'Amministrazione, in uno al sostanziale silenzio della reclamante su
quest'ultimo profilo, non possono che condurre alla conferma dell'impugnata
ordinanza, anche in punto di statuizione sulle spese di lite - che, ai sensi
dell'art. 669 septies c.p.c. vanno liquidate solo in caso di
provvedimento ante causam di diniego -.
P.Q.M.
Visti gli
artt. 669 terdecies e 700 c.p.c. ;
Ogni
contraria istanza, eccezione e difesa disattese;
rigetta
il reclamo proposto da Ministero dell'Interno avverso l'ordinanza del G.D. del
Tribunale di Palermo resa in data 29-31/12/2003, che per l'effetto conferma.
Spese al
merito.
Così
deciso in Palermo nella Camera di Consiglio della III Sezione Civile del
20.2.2004.
F.to Il
Giudice Estensore f.to
Il Presidente