Cass. Sez.
III sent.. 40827 del 10112005 (ud. 6 ottobre 2005)
Pres. De Maio Est. Fiale
Ric. Carretta
Rifiuti – Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
1.
Le condotte sanzionate dall’articolo 53bis del D.Lv. 22 del 1997 si
riferiscono a qualsiasi gestione dei rifiuti (anche attraverso attività di
intermediazione e commercio) che sia svolta in violazione della normativa
speciale disciplinante la materia, sicché esse non posso intendersi ristrette
alla definizione di gestione di cui all’articolo 6, comma primo
lett. d), del D.Lgs. n, 22-1997, né limitate ai soli casi in
cui l'attività venga svolta al di fuori delle prescritte autorizzazioni.
2. Non può porsi in discussione
la sussistenza dell’elemento dell’allestimento di mezzi e attività
continuativamente organizzate, a fronte di una struttura organizzativa di tipo
imprenditoriale, idonea ed adeguata o realizzare l'obiettivo criminoso preso di
mira. Tale struttura non deve essere destinata in via esclusiva alla commissione
di attività illecite
3. Il termine “ingente” ha un chiaro
significato semantico nel linguaggio comune e deve riferirsi all'attività
abusiva nel suo complesso cioè al quantitativo di rifiuti
complessivamente gestito attraverso la pluralità di operazioni (le quali,
singolarmente considerate, potrebbero riguardare anche quantità modeste) e non
può essere desunto automaticamente dalla stessa organizzazione e continuità
dell’attività di gestione dei rifiuti
4. Il reato ipotizzato è
punibile a titolo di dolo specifico, in quanto
la norma richiede in capo all'agente il fine
di conseguire un "profitto ingiusto". Tale profitto non deve
necessariamente assumere natura di ricavo patrimoniale ben potendo lo
stesso essere integrato dal mero risparmio di costi o dal perseguimento di
vantaggi di altra natura. Non è affatto necessario, però, ai fini della
configurazione del reato, l’effettivo conseguimento di tale vantaggio
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. GUIDO DE MAIO
1.Dott.VINCENZO TARDINO
2.Dott.MARIO GENTILE
3.Dott.ALDO FIALE
4.Dott.AMEDEO FRANCO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARRETTA MAURO Nato a Reggiolo il 02/04/1942, legale rappresentante della s.r.l
"Niagara"
avverso l'ORDINANZA del 03/03/2005 del TRIBUNALE PER IL RIESAME DI VENEZIA
Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. ALDO FIALE
Udito Pubblico Ministero in persona del dott. F. SALZANO
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore, avv.to Fabio Anselmo, il quale ha concluso chiudendo
l'accoglimento del ricorso
FATTO E DIRITTO
Il G.I.P. del Tribunale di Venezia, con provvedimento del 16.2.2005, disponeva
(tra l'altro) - in relazione ad ipotesi di reato qualificate come attività
organizzate per il traffico illecito di rifiuti, ex art. 53 bis del D.Lgs. n.
22/1997 - il sequestro preventivo di:
- due stabilimenti della s.p.a. "C. & C.", per la produzione di conglomerato
cementizio di derivazione, siti in Malcontenta di Mira e Pernumia;
- del cantiere della nuova linea ferroviaria di alta capacità della R.F.I., sito
in Arino di Dolo (ove il conglomerato cementizio di derivazione prodotto dalla
"C. & C.", risulta essere stato immesso);
- del cantiere del cavalcavia Camerini - Giucciardini, sito in Padova (ove il
conglomerato cementizio di derivazione prodotto dalla "C. & C.", risulta essere
stato immesso);
- degli impianti della s.r.l. "Niagara", siti in Poggio Renatico (fornitrice di
fanghi, anche pericolosi, utilizzati dalla "C. & C.", per la produzione di
conglomerato cementizio di derivazione).
In relazione a questi ultimi impianti, lo stesso G.I.P. consentiva che
l'attività proseguisse pur dopo il sequestro, "con la verifica e vigilanza di
tutte le operazioni di gestione dei fanghi prodotti, a cura del personale della
P. G. delegato dalla Procura di Venezia".
La s.p.a. "C. & C." è un'impresa legittimata a gestire attività di recupero di
rifiuti non pericolosi, a carattere prevalentemente organico (classificati come
R5 e come R13) in forma c.d. semplificata per la produzione di "conglomerati
cementizi".
Detta attività viene svolta presso gli stabilimenti di Pernumia e di Malcontenta
di Mira, ove viene altresì esercitata attività di stoccaggio di rifiuti
destinati ad impianti di recupero diversi da quelli gestiti dalla "C. & C.".
Dai primi accertamenti effettuati presso gli stabilimenti della s.p.a. "C. & C."
è emerso che:
- lo stato degli impianti di Pernumia è tutto diverso da quello descritto dalla
società nell'ambito del procedimento finalizzato al rilascio dell'autorizzazione
alla sua realizzazione;
- solo una minima parte dei rifiuti ricevuti da entrambi gli impianti poteva
essere utilizzata per la produzione di conglomerati cementizi;
- il prodotto derivante dal trattamento effettuato presso gli impianti di
Pernumia e di Malcontenta di Mira non era costituito da conglomerato cementizio
"pronto per l'utilizzo presso cantieri edili";
- i quantitativi di cemento e di sabbia realmente acquistati dalla s.p.a. "C. &
C." erano notevolmente inferiori rispetto ai quantitativi minimi necessari per
porre in essere il processo produttivo di realizzazione dell'impasto (nella
misura costantemente indicata dai gestori degli impianti alla P.A. ed agli
inquirenti).
In una consulenza tecnica disposta dal P.M. è stato evidenziato, quindi, che
quanto prodotto dalla s.p.a. "C. & C." non è in alcun modo classificabile come
"conglomerato cementizio", perché la società, nei processi di inertizzazione di
fanghi e rifiuti, inserisce quantità di cemento, sabbia e additivi in quantità
insufficienti a produrre il conglomerato medesimo e la miscelazione risulta
scadente, in quanto connotata da evidente disomogeneità del materiale.
Sono stati prelevati diversi campioni del prodotto in oggetto e, attraverso le
analisi effettuate sugli stessi, è stata rilevata la presenza di idrocarburi
policiclici aromatici in concentrazioni elevate; i test di cessione effettuati
hanno evidenziato, inoltre, che i valori pertinenti ad alcuni metalli pesanti
(particolarmente il rame) superavano i limiti definiti dal D.M. 5.2.1998.
Ulteriori ed analoghe analisi sono state effettuate su campioni di fanghi
trattati dalla s.r.l. "Niagara" - prelevati sia presso gli impianti di
trattamento siti in Poggio Renatico, sia dai cumuli di stoccaggio rinvenuti
presso gli insediamenti della "C. & C."
Il sequestro degli impianti in Poggio Renatico della s.r.l. "Niagara" è stato
disposto previo accertamento che quella società - esercente attività di
trattamento di rifiuti speciali anche pericolosi - aveva conferito alla s.p.a.
"C. & C." 3.000 tonnellate di fanghi, nell'anno 2003 e di oltre 1.000 tonnellate
nell'anno 2004.
Il Tribunale di Venezia, con ordinanza del 3.3.2005, rigettava l'istanza di
riesame proposta nell'interesse di Carretta Mauro, quale rappresentante legale
della s.r.l. "Niagara", condividendo le argomentazioni svolte al riguardo dal
G.I.P., secondo le quali, in particolare:
a) i fanghi conferiti dalla s.r.l. "Niagara" alla s.p.a. "C. & C." non avrebbero
potuto circolare con il codice "1908 (..) " di cui all'Allegato "D" del D.Lgs.
n. 22/1997 (rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento di acque reflue,
non specificate altrimenti), dovendo, invece, imporsi ad essi l'attribuzione del
codice "1902 (..)", (prescritto per i residui da specifici trattamenti
chimico-fisici di rifiuti industriali).
Detti rifiuti, pertanto - non essendo il codice "1902 (..)" inserito al punto
12.8 dell'Allegato 2 (fanghi da trattamento acque di processo) - non potrebbero,
già solo per questo, essere avviati al recupero;
b) i fanghi medesimi, inoltre - che per la loro composizione non potevano essere
destinati al riutilizzo - non avrebbero potuto essere in alcun modo conferiti ad
un gestore della classe della s.p.a. "C. & C." (legittimata, come si è detto,
unicamente all'esercizio di attività di recupero di rifiuti non pericolosi, in
regime c.d semplificato);
c) anche qualora si ammettesse la legittimità della qualificazione con il codice
"1908 (..)", i fanghi della s.r.l. "Niagara" non risponderebbero, comunque - per
superamento dei limiti normativi - alle caratteristiche del rifiuto come
specificamente imposte al punto 12.16.2 del D.M. 5.2.1998 (secondo cui deve
trattarsi di fanghi di natura prevalentemente inorganica con contenuto in acqua
inferiore al 70%, frazione organica inferiore al 30%, cromo totale inferiore a
1.000 ppm, cromo VI inferiore a 1 ppm; piombo inferiore a 1.500 ppm; arsenico,
cadmio e mercurio inferiori a 1 ppm in totale; solventi aromatici e clorurati
inferiori a 220 ppm);
d) i fanghi conferiti dalla s.r.l. "Niagara" avrebbero, peraltro, anche
concentrazioni superiori ai limiti consentiti per idrocarburi e la società
medesima avrebbe sistematicamente ed irrazionalmente omesso di verificare detta
componente analitica;
e) la s.r.l. "Niagara" avrebbe sistematicamente effettuato controlli inadeguati
sui rifiuti conferiti alla s.p.a. "C. & C.", in ordine ai parametri di cui al
punto 12.16.2 del D.M. 5.2.1998 (e particolarmente su arsenico, mercurio e
solventi clorurati), pur essendo una costante ed attenta verifica razionalmente
imposta dalla tipologia dei processi produttivi dai quali quei residui
provenivano (lavorazioni meccaniche con ineluttabile componente di oli e di
grassi di origine industriale).
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Carretta, il quale
ha eccepito:
1. violazione dell'art. 321 c.p.p., in quanto il sequestro degli impianti della
s.r.l. "Niagara" sarebbe stato disposto dal G.I.P. in carenza di espressa
richiesta del P.M. di adozione della misura cautelare;
2. violazione ed erronea applicazione dell'art. 53 bis del D.Lgs. n. 22/1997,
per l'insussistenza - nella fattispecie concreta - degli elementi costitutivi di
tale reato;
3. la insussistenza di un "periculum in mora" effettivo e concreto, tenuto anche
conto che, dall'8 ottobre del 2004. gli impianti della "C. & C." sono chiusi e
la società "Niagara" non conferisce più alcun rifiuto agli stessi ma effettua
conferimenti solo in discarica;
4. la illegittima imposizione, con il provvedimento di sequestro, di un obbligo
di "facere" consistente nell'imposta esecuzione di controlli generali sul ciclo
industriale di produzione fanghi della società "Niagara".
Il ricorso deve essere rigettato perché infondato.
1. L'eccezione procedimentale
Infondata è, anzitutto, la doglianza di pretesa violazione dell'art. 321 c.p.p.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, il giudice può disporre il
sequestro preventivo solo su richiesta del P.M. e sulla base degli elementi
dallo stesso presentati (vedi Cass.; Sez, V, 1,4.1999, n, 1050; Sez. III,
25.11,1994, n, 2594).
Nella specie, la richiesta rivolta dal P.M. al in data 21.12.2004 conteneva una
diffusa esposizione degli elementi di prova acquisiti in relazione agli illeciti
ascritti agli organi societari della "Niagara" s.r.l. (foll. 101-102 e 107-108)
e - pur non ricomprendendo (evidentemente per mera omissione della relativa
trascrizione), nella formulazione dell'istanza finale di sequestro preventivo,
lo stabilimento di Poggio Renatico di detta società - formulava comunque
implicitamente detta istanza allorquando rilevava (al fol, 122), proprio in sede
di esposizione delle ragioni che imponevano l'applicazione della misura di
cautela reale agli impianti e siti in precedenza individuati, che "lo
stabilimento di Poggio Renatico della Niagara s.r.l. costituisce una vera e
propria mina vagante nel panorama del traffico dei rifiuti, fuoriuscendo
continuativamente da esso ingenti quantitativi di rifiuti (anche pericolosi)
artatamente classificati con codici di comodo e caratterizzati in maniera
incompleta".
2. Il "fumus" del delitto di cui all'art. 53 bis del D.Lgs. n. 22/197.
Il delitto previsto dall'art. 53 bis del D.Lgs. n. 22/1997 (introdotto dalla
legge 23.3.2001, n. 93) riguarda chiunque, al fine di conseguire un ingiusto
profitto, abbia allestito una vera e propria organizzazione professionale con
cui gestire continuativamente, in modo illegale, ingenti quantitativi di
rifiuti.
La gestione dei rifiuti e le altre condotte previste come illecito devono
concretizzarsi in più operazioni ed intervenire attraverso allestimento di mezzi
e attività continuative organizzate ed entrambi gli aspetti devono configurarsi
cumulativamente (vedi Cass., Sez. III, 17.1.2002, Paggi).
Le condotte sanzionate, a giudizio di questo Collegio, si riferiscono a
qualsiasi "gestione" dei rifiuti (anche attraverso attività di intermediazione e
commercio) che sia svolta in violazione della normativa speciale disciplinante
la materia, sicché esse non possono intendersi ristrette dalla definizione di
"gestione" delineata dall'art. 6, 1° comma - lett. d), del D.Lgs. n, 22/1997, né
limitate ai soli casi in cui l'attività venga svolta al di fuori delle
prescritte autorizzazioni.
Nella vicenda in esame risulta correttamente verificata la sussistenza di tutti
gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice;
2.1 Lo svolgimento abusivo di una pluralità di operazioni di gestione dei
rifiuti si ricollega al reiterato conferimento di fanghi pericolosi e non
ricuperabili, classificati con un codice CER errato per giustificarne
surrettiziamente la ricuperabilità; fanghi che, comunque, non avrebbero potuto
essere in alcun modo conferiti ad un gestore della classe della s,p,a, "C, & C."
(legittimata unicamente all'esercizio di attività di recupero di rifiuti non
pericolosi, in regime c.d. semplificato),
L'Allegato "D" del D.Lgs. n. 22/1997 (che recepisce le direttive della
Commissione europea 2000/532 e 2001/573) distingue i fanghi prodotti;
- da trattamenti chimico-fisici di rifiuti industriali contenenti sostanze
pericolose (1902.05) e non contenenti sostanze pericolose (1902.06);
- dal trattamento biologico di rifiuti industriali contenenti sostanze
pericolose (1908.11) e non contenenti sostanze pericolose (1908.12);
- da altri trattamenti di rifiuti industriali contenenti sostanze pericolose
(1908,13) e non contenenti sostanze pericolose (1908,14),
Nella nozione di "altri trattamenti'' non possono comunque ricomprendersi -
tenuto conto della ratio della suddistinzione normativa, riconducibile alla
diversificazione dei profili inquinanti - quelli caratterizzati anche da
sub-procedimenti chimico-fisici.
2.2 Quanto al superamento dei parametri fissati dal D.M. 3.2.1998, le
contestazioni circa la ritualità (con particolare riguardo alle modalità dei
prelievi) e l'attendibilità delle analisi effettuate non possono trovare
ingresso in sede cautelare, né valgono ad escludere la sussistenza del "fumus"
del superamento medesimo.
2.3 Non può porsi in discussione, nella specie, la sussistenza dell'elemento
dello "allestimento di mezzi e attività continuativamente organizzate", a fronte
di una struttura organizzativa, di tipo imprenditoriale, idonea ed adeguata a
realizzare l'obiettivo criminoso preso di mira.
Tale struttura, giova evidenziarlo, non deve essere destinata in via esclusiva
alla commissione di attività illecite,
Le contestazioni riferite, poi, alla mancata verifica della componente analitica
degli idrocarburi e dei parametri di arsenico, mercurio e solventi clorurati si
pongono, nella prospettiva accusatoria, quale dato sintomatico, quanto meno,
della consapevole e volontaria accettazione del rischio di conferimento di
rifiuti pericolosi.
2.4 Correttamente è stata ravvisata la sussistenza dell'elemento della gestione
di "ingenti quantitativi" di rifiuti.
Il termine "ingente" ha un chiaro significato semantico nel linguaggio comune e
- a giudizio di questo Collegio - deve riferirsi all'attività abusiva nel suo
complesso, cioè al quantitativo di rifiuti complessivamente gestito attraverso
la pluralità di operazioni (le quali, singolarmente considerate, potrebbero
avere ad oggetto anche quantità modeste) e non può essere desunto
automaticamente dalla stessa organizzazione e continuità dell'attività di
gestione dei rifiuti (in senso conforme vedi Cass., Sez, Vi, 13,72004, n, 30373,
P.M. in proc. Ostuni).
Nella fattispecie in esame risulta che la s.r.l. "Niagara" aveva conferito alla
s.p.a. "C. & C," 3,000 tonnellate di fanghi, nell'anno 2003 e di oltre 1,000
tonnellate nell'anno 2004 e, a fronte di dati quantitativi di un'imponenza
oggettiva siffatta, non si pone sicuramente la necessità (prospettata dal
ricorrente) di "relativizzare tali dati assoluti" verificandone l'incidenza
sull'intera produzione di rifiuti riconducibile alla stessa s.r.l. "Niagara".
2.5 Il reato ipotizzato è punibile a titolo di dolo specifica, in quanto la
norma richiede in capo all'agente il fine di conseguire un "profitto ingiusto":
Tale "profitto" non deve necessariamente assumere natura di ricavo patrimoniale,
ben potendo lo stesso essere integrato del mero risparmio di costi o dal
perseguimento di vantaggi di altra natura.
Non è affatto necessario, però - ai fini della perfezione del reato -
l'effettivo conseguimento di un vantaggio siffatto.
Nella fattispecie in esame - tenuto conto che l'impresa che conferisce i fanghi
normalmente paga i propri conferimenti - un'ipotesi di profitto può
ragionevolmente ipotizzarsi non solo in un risparmio di costi nell'effettuazione
dei conferimenti ad una ditta riutilizzatrice piuttosto che ad un'altra, ovvero
ad un'impresa di gestione di una discarica, ma anche (e ciò, nella specie,
assume valenza pregnante) nella stessa possibilità di effettuare conferimenti
che non sarebbero possibili, ovvero richiederebbero costi maggiori, in
considerazione dell'effettivo grado di pericolosità dei rifiuti che si intende
conferire (onde il vantaggio connesso al mascheramento dei componenti effettivi
dei rifiuti medesimi).
La effettiva sussistenza del dolo non è questione da verificare in sede di
cautela reale, però più che evidente deve ritenersi, allo stato (la stessa
ordinanza impugnata palesa "la necessità di più approfondite stime" dei prezzi
del conferimento dei fanghi nel regime di mercato), l'ipotizzabilità razionale
anche dell'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice.
3. I limiti dell'accertamento incidentale domandato al Tribunale del riesame.
Alla stregua della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte Suprema,
nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di
sequestro: - la verifica delle condizioni di legittimità della misura da parte
del Tribunale non può tradursi in una anticipata decisione della questione di
merito concernente la responsabilità dell'indagato in ordine al reato o ai reati
oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra
fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante una valutazione
prioritaria ed attenta della antigiuridicità penale del fatto (Cass, Sez. Un.,
7.11.1992, ric Midolini);
- "l'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto
il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere
censurati in punto di fatto, per apprezzarne la coincidenza con le reali
risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di
verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica.
Il Tribunale, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere
l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni
difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni
aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro" (Cass., Sez.
Un., 29.1.1997, n. 23, ric. P.M. in proc. Bassi e altri).
4. Il "periculum in mora" e le prescrizioni imposte
4.1 Il "periculum in mora" che - ai sensi del l comma dell'art. 321 c.p.p. -
legittima il sequestro preventivo, deve intendersi come concreta possibilità,
desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto, che il bene
stesso assuma carattere strumentale rispetto all'aggravamento o alla protrazione
delle conseguenze del reato ipotizzato o alla agevolazione della commissione di
altri reati.
Nella fattispecie in esame, correttamente il Tribunale ha rilevato che il
conferimento ripetuto e non estemporaneo di rifiuti con codice di comodo
"evidenzia un comportamento stabilizzato nel tempo e quindi induce a reputare
una probabile ripetizione di tale condotta illecita" e che la libera
disponibilità dell'impianto può agevolare "la commissione di ulteriori reati
dello stesso tipo".
Detta valutazione:
- viene corroborata dalla circostanza che la s.r.l. "Niagara", anche dopo i
primi riscontri di polizia giudiziaria inerenti alla pericolosità del materiale
fuoriuscente dal proprio impianto, non aveva, modificata il consueto "modus
operandi",
- non può considerarsi inficiata dall'intervenuto sequestro degli stabilimenti
della s.p.a. "C. & C:", essendo emerso che la medesima s.r.l. conferiva anche ad
altri impianti (ad esempio la Inerteco e la Vallortigara Servizi Ambientali);
- non contrasta con la circostanza (meramente assertiva) secondo la quale
attualmente la s.r.l. "Niagara" effettuerebbe conferimenti soltanto in
discarica, trattandosi di decisione imprenditoriale comunque modificabile nel
tempo.
4.2 Il G.I.P., infine, con il provvedimento di sequestro in oggetto, non ha
imposto prescrizioni, né ha disciplinato lo svolgimento di una attività
imprenditoriale sostituendosi surrettiziamente all'autorità amministrativa: ha
soltanto consentito - con disposizione eccezionale di favore di cui la società
interessata non ha interesse a dolersi - che nello stabilimento sequestrato
(qualora gli organi societari ne ravvisino l'opportunità), la prosecuzione
dell'esercizio dell'attività di trattamento di rifiuti speciali anche pericolosi
possa eventualmente continuare "con la verifica e vigilanza di tutte le
operazioni di gestione dei fanghi, prodotti: a cura del personale della P.G.
delegato dalla Procura di Venezia":
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 127, 325 e 616 c.p.p:,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 6.10.2005.
Il Consigliere relatore.