Cass. Sez. III n. 2865 del 24 gennaio 2023 (UP 6 ott 2022)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Toninelli
Rifiuti.Sottoprodotti di origine animale

I sottoprodotti derivanti da animali idonei al consumo umano, ma ad esso non destinati per motivi commerciali o problemi di lavorazione o difetti di imballaggio o perché scaduti, possono certamente essere trattati ed impiegati come sottoprodotti, ma solo in quanto siano assicurati alla precise condizioni previste per tale destinazione; laddove invece tali condizioni vengano macroscopicamente disattese, correttamente detti materiali non possono che essere considerati come "rifiuti" e sottoposti alla relativa disciplina, esattamente come lo sarebbero e lo sono ove sin dall'inizio non destinati al recupero e riutilizzo, ma al contrario convogliati allo smaltimento

RITENUTO IN FATTO

        1. Il sig. Giovanni Francesco Toninelli ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 04/03/2022 del Tribunale di Milano che, in parziale accoglimento dell’appello cautelare del PM, ha disposto il sequestro preventivo delle somme di denaro nella diretta disponibilità delle società «Toninelli Fratelli Società Agricola SS» e «Lucra96 S.r.l.» fino alla concorrenza dell’importo di euro 949.040,00, corrispondente al profitto del reato di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen., e, in subordine, in caso di incapienza delle predette società, dei beni mobili ed immobili in disponibilità, tra gli altri, dell’odierno ricorrente per un valore equivalente a detto profitto.
                1.1. Con il primo motivo deduce l’insussistenza indiziaria del reato di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. osservando, in estrema sintesi, che i sottoprodotti di origine animale non possono essere sempre ed automaticamente considerati rifiuti ove soddisfino, come nel caso di specie, i requisiti stabiliti dall’art. 184-bis, d.lgs. n. 152 del 2006. I SOA-3, infatti, erano destinati ad essere utilizzati presso i biodigestori della società «Toninelli Fratelli Società Agricola SS», come pacificamente riconosciuto dallo stesso PM, società autorizzata allo spandimento del digestato (circostanza immotivatamente smentita dall’ordinanza impugnata). I SOA-3 trattati - afferma - risultano indiscutibilmente idonei alla produzione di biogas conformemente agli artt. 10 e 14, Reg. CE n. 1069/2009, ed erano sostanze delle quali i produttori non intendevano disfarsi. Alla stessa conclusione si perviene - afferma - alla luce del chiaro dettato dell’art. 52-bis, d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, che esclude il digestato dal novero dei rifiuti (in quanto sottoprodotto).
            1.2. Con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 321, cod. proc. pen., 240, 452-quaterdecies, comma quinto, cod. pen., in relazione alla sussistenza dell’elemento materiale del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti sotto il profilo dell’errata (ed immotivata) affermazione per la quale l’intero digestato sarebbe da considerare rifiuto e non la parte eventualmente inquinata da materiali non consentiti.
            1.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge in relazione all’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 452-quaterdecies, cod. pen.   
            1.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 240, 452-quaterdecies. 640-bis cod. pen., in merito alla quantificazione del profitto confiscabile.
            1.5. Con il quinto motivo deduce l’assenza di autonomia di giudizio del provvedimento impugnato.


CONSIDERATO IN DIRITTO

        2. Il ricorso è inammissibile.

        3. Avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge.
            3.1. Come più volte affermato da questa Corte, «in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di "violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 stesso codice» (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 - 01; si vedano, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611-01, e, in motivazione, Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno; tra le più recenti, Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119 - 01; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Rv. 257007-01; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Rv. 252430-01; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129 - 01).
            3.2. Motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, n.m.; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, cit.) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Rv. 252898-01); motivazione apparente, invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Rv. 196361 - 01), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Rv. 197465-01; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Rv. 213486-01; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Rv. 233270-01; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Rv. 250482-01) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Rv. 190883-01; Sez. 6, n. 25631 del 24/05/2012, Rv. 254161 - 01) e, più in generale, la motivazione che dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o che sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 - 01; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Rv. 260314, secondo cui la motivazione dell'ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio è meramente apparente - quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge - quando le argomentazioni in ordine al "fumus" del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto).
            3.3. Anche l'omesso esame di punti decisivi per l'accertamento del fatto, sui quali è stata fondata l'emissione del provvedimento di sequestro, si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 325, comma primo cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Rv. 264011; Sez. 1, n. 48253 del 12/09/2017, n.m.; Sez. 3, n. 38026 del 19/04/2017, n.m.; Sez. 3, n. 38025 del 19/04/2017, n.m.).
            3.4. In tal caso, però, è onere del ricorrente: a) allegare al ricorso l’elemento indiziario dirimente di cui eccepisce l’omesso esame; b) dare prova della sua effettiva esistenza tra gli atti trasmessi al tribunale del riesame o comunque della sua acquisizione nel corso dell’udienza camerale; c) spiegarne la natura decisiva alla luce sia della limitata cognizione del giudice del riesame (cui non può essere demandato un giudizio anticipato sulla responsabilità di chi chiede il riesame del provvedimento cautelare reale) sia del fatto che ai fini del sequestro preventivo sono sufficienti gli indizi del reato, non i gravi indizi di colpevolezza, con la conseguenza che il provvedimento, sopratutto quando adottato per le finalità cautelari di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., può riguardare anche beni di proprietà di terzi estranei al reato ipotizzato (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 14823 del 30/11/2016, dep. 2017, Lochi, n.m., secondo cui «poiché il c.d."effetto devolutivo" del riesame deve essere inteso nel senso che il tribunale è tenuto a valutare, indipendentemente dalla prospettazione del ricorrente, ogni aspetto relativo ai presupposti della misura cautelare (“fumus commissi delicti" e, nel sequestro preventivo," periculum in mora”) (Sez. 3, n. 35083 del 14/04/2016, Talano, Rv. 267508), il vizio denunciabile come violazione di legge deve riguardare l’omessa motivazione su questioni decisive sottoposte al Tribunale del riesame ed evincibili dagli atti ad esso trasmessi o dalle produzioni difensive (atti, compresi quelli investigativi, la cui esistenza il ricorrente ha comunque l’onere di provare nella loro fisica collocazione tra quelli a disposizione del Tribunale e allegare al ricorso)»).

        4. Orbene tutti i motivi, come si vedrà, ad onta della dedotta violazione di legge, sollecitano un vero e proprio scrutinio della tenuta logica della motivazione dell’ordinanza impugnata proponendone, di fatto, il riesame sotto il profilo della congruenza logica e coerenza estrinseca degli elementi indiziari posti a base della decisione assunta.
            4.1. Nel caso in esame si contesta al ricorrente, nella sua qualità di legale rappresentante della società «Toninelli Fratelli Società Agricola S.S.», di aver organizzato, negli anni 2018-2019, insieme con altre persone, un traffico illecito di rifiuti mediante l’illecita gestione abusiva di considerevoli quantità di rifiuti operando nel seguente modo: a) destinando ai due impianti di produzione della energia alternativa (biogas) della società del ricorrente, ed in assenza di autorizzazione, rifiuti trasformati dalla società «Lucra 96 S.r.l.»; b) spargendo sui terreni agricoli aziendali della «Toninelli Fratelli Società Agricola S.S.», come concime organico, tonnellate di direstato liquido e di separato solido in assenza delle prescritte autorizzazioni; c) rivendendo tonnellate di digestato liquido e di separato solido a ignari acquirenti che, inconsapevoli della tipologia del bene acquistato, li distribuivano sui propri terreni in assenza di autorizzazione.
            4.2. Dalla lettura dell’ordinanza impugnata risulta quanto segue: «LUCRA96 Srl disponeva di un impianto autorizzato al recupero di rifiuti speciali non pericolosi per la produzione di SOA-3 trattati [sottoprodotti di origine animale], ed era altresì autorizzata all'utilizzo dei citati prodotti all'interno degli impianti di biogas nonché al successivo spandimento di digestato R-10 sui terreni propri o di terzi. I due impianti di biogas della TONINELLI Fratelli Società Agricola 55 non risultavano autorizzati per il trattamento ed il recupero di rifiuti (SOA3 ai sensi dell'art. 185 co. 2 TUA) per la relativa alimentazione, né la società era autorizzata allo spandimento del digestato ottenuto dalla digestione anaerobica del prodotto immesso negli impianti, ai sensi dell'art. 208 TUA. Pur a fronte della formale presenza di autorizzazioni in capo a LUCRA, dagli accertamenti di PG è emerso che la stessa operava in difformità rispetto ad esse». In particolare, osserva il Tribunale, era stato accertato che i prodotti della lavorazione dei SOA-3 erano miscelati con rifiuti (imballaggi) e destinati agli impianti di biogas della Toninelli che non era autorizzata al loro trattamento. Nello specifico, era emerso che «a seguito delle attività di indagine realizzata dalla P.G. e dalla ATS il 10.4.2018, venivano accertate violazioni del regime autorizzatorio nella produzione del mangime destinato ai suini (denominato “yogurt"), presso la Lucra SRL, risultato prodotto mediante la triturazione e successiva spremitura meccanica dei SOA3 comprendenti gli involucri di detti alimenti, di carta vetro e plastica. Ciò risultava - afferma il Tribunale - sia dalla verifica diretta della PG, posto che nel vascone di triturazione venivano rinvenuti i prodotti ancora nelle confezioni, sia dalla documentazione contabile relative a materie prime ritirate dalla lucra con dicitura "da distruggere”». Nell’area antistante le vasche dei reflui zootecnici della Toninelli, erano stati rinvenuti «due cumuli di rifiuti eterogenei di circa 70 m3, consistenti in rifiuti organici frammisti a plastica, ovvero cumuli di "digestato" (in realtà SOA3 trattato in modo non autorizzato) proveniente dalla Lucra 96 srl (quantitativo di circa 74.600 kg.). In quell'occasione, venivano effettuati prelievi nel pozzetto di prima raccolta dei reflui zootecnici, che davano conto della presenza di materiale plastico (rapporto di prova numero 2018/259216); nonché di vetro nella misura del 5% su un campione di un kg., nel pozzetto di ispezione dei reflui (rapporto di prova numero 3556 del 16 luglio 2018 Arpa Brescia)». Nelle vasche di stoccaggio del digestato della Lucra96 erano stati rinvenuti pezzi di plastica; anche nell’area retrostante il capannone erano stati rinvenuti materiali estranei simili a quelli rinvenuti nell’area in disponibilità della Toninelli. In entrambe le verifiche sui terreni in disponibilità delle due società era stata riscontrata «la notevole presenza di materiali estranei (pezzi di plastica, vetro, gusci di mitili, pezzetti di alluminio) sostanze simili a quelle rinvenute nella massa di rifiuti sequestrata presso la cascina Viganone della Fratelli Toninelli non riconducibili alle normali pratiche agronomiche».
            4.3. Da questi elementi, il Tribunale ha tratto il convincimento che «l’attività posta in essere dalla Lucra96 e dalla Fratelli Toninelli (…) costituisca un'attività di trattamento di rifiuti. Infatti, presso la F.lli Toninelli è stata rinvenuta una massa di circa 70 m3 di rifiuti organici frammisti a plastica risultata essere il risultato di un'attività di gestione di rifiuti non autorizzata posta in essere tra Lucra 96 e l'azienda agricola suindicata, priva di qualunque autorizzazione ex art. 208 TUA; gli accertamenti svolti nell’immediatezza consentivano di verificare la movimentazione di digestato illegalmente prodotto, e trasferito dalla Lucra 96 alla Fratelli Toninelli, rinvenuti stoccati presso il sito di quest'ultima. Gli inquirenti individuavano poi elementi indicatiyi dello smaltimento irregolare di rifiuti speciali non pericolosi sulla base di quanto rinvenµto in terreni riferibili alle due aziende, ove veniva riscontrata una quantità significativa di materiali estranei alle normali pratiche agronomiche, costituiti in prevalenza da materiale plastico ceramica vetro alluminio e conchigliame, materiale analogo a quello rinvenuto e sequestrato il 12 giugno 2018. Su detti terreni della Toninelli era stato utilizzato come concime organico anche il digestato prodotto dall'impianto di biogas della Lucra 96, in mancanza di autorizzazione. Ebbene - prosegue il Tribunale -, alla luce degli elementi indicati, è evidente che un'attività di 'trattamento' di rifiuti sia stata svolta sia nell'ambito della Lucra 96, che ha trattato i SOA3 rendendoli impuri, e dunque trasformandoli integralmente in rifiuti; infatti nel limitato novero delle categorie riconducibili alla nozione, determinata dal legislatore comunitario, di SOA3, non sono certo riconducibili i materiali riscontrati dalla PG e dalle verifiche fin qui menzionate che indicano inequivocabilmente come presso la LUCRA venissero svolte attività di trattamento dei prodotti ritirati e qualificati come SOA, che invece avrebbero dovuto essere trattati in appositi stabilimenti prima del loro invio agli impianti di lavorazione finalizzati all'ottenimento di SOA3 trattati o prima della immissione in impianti di biogas. Le circostanze di cui si è fatto cenno finora univocamente depongono per il trattamento nel mangimificio dei prodotti alimentari, ritirati dalle industrie lattiero-casearie, che tuttavia non venivano prelevati dagli involucri in cui erano contenuti, ma venivano semplicemente triturati unitamente al loro contenuto, e pertanto destinati a far parte del ciclo produttivo dell'impianto di mangimificio. Tale indicazione è riscontrata [ribadisce il Tribunale] dalla visione diretta degli operanti del contenuto delle vasche di stoccaggio, nonché dalle analisi, ed inoltre dalla circostanza [che] in occasione dell'ispezione 12 giugno 2018 la macchina sconfezionatrice risultasse inoperante, e infine dalla circostanza che in precedenza, nei reflui dei suini venissero riscontrati percentuali di vetro e di plastica. Detta ipotesi è peraltro supportata dalla documentazione contabile circa i contratti di cessione e i documenti di trasporto dei prodotti lattiero caseari inviati alle aziende degli indagati, ove era posta la indicazione "da distruggere", in netto contrasto con quanto previsto dall'autorizzazione per l'attività del mangimificio, che come già rilevato, prevedeva l'impiego per la preparazione del mangime dei SOA3 costituiti da alimenti idonei al consumo umano e non destinati ad esso per problemi commerciali, di imballaggio».
            4.4. Il Tribunale stigmatizza «il sistematico ritrovamento di corpi estranei, quali plastiche, vetro, ceramica, metalli, ecc., sia a monte dell'impianto di produzione dei SOA-3 trattati, che a valle degli stessi, subito dopo tale lavorazione, e in ultimo anche nei campi dove è stato effettuato lo spandimento del digestato in questione [il che costituisce] elemento di continuità chiaramente apprezzabile; che ciò avvenisse con una certa regolarità - afferma il Tribunale - viene confermato dai DDT acquisiti delle materie in ingresso e dalle consegne conseguenti da LUCRA96 S.R.L. alla TONINELLI FRATELLI Soc. Agricola e anche alle altre società agricole che inconsapevolmente hanno ricevuto il medesimo prodotto inquinante. Tali considerazioni - aggiunge l’ordinanza impugnata - rilevano anche in relazione all'argomento difensivo circa la percentuale di tolleranza della FORSU, che è ultronea e non attinente al caso in esame poiché ciò che rileva è che tutto il ciclo di produzione dei SOA3 e del digestato è stato inquinato a monte, atteso che già alla fonte venivano utilizzati negli impianti prodotti che non potevano essere considerati come sottoprodotti di origine animale, bensì rifiuti».
            4.5. Appare, insomma, chiara la dimensione fattuale delle questioni poste dal Tribunale che è giunto alle conclusioni testé indicate in base ad un percorso motivazionale esistente, tutt’altro che apparente, men che meno astruso e privo di senso.

        5. Tanto premesso, osserva il Collegio:
            5.1. appare evidente la manifesta infondatezza del primo e del secondo motivo che si fondano, inammissibilmente, sulla sostanziale richiesta di rivalutazione del fatto posto dal Tribunale a fondamento della propria decisione mediante, altrettanto inammissibili, deduzioni di natura fattuale non consentite in questa sede;
            5.2. peraltro, in tema di gestione dei rifiuti, l'applicazione della disciplina dettata dall'art. 52, comma 2- bis, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e dal d.m. 25 febbraio 2016, nella parte in cui sottopone la massa, sia liquida che solida, risultante dal processo di biodigestione anaerobica, costituente il c.d. digestato, al regime dei sottoprodotti destinati ad uso agronomico e non a quello dei rifiuti, è subordinata alla prova positiva, gravante sull'imputato, della sussistenza delle condizioni previste per la sua operatività, in quanto ipotesi di esclusione da responsabilità, fondata su una disciplina avente natura eccezionale e derogatoria rispetto a quella ordinaria (Sez. 3, n. 56066 del 19/09/2017, Rv. 272428);
            5.3. i sottoprodotti derivanti da animali idonei al consumo umano, ma ad esso non destinati per motivi commerciali o problemi di lavorazione o difetti di imballaggio o perché scaduti, possono certamente essere trattati ed impiegati come sottoprodotti, ma solo in quanto siano assicurati alla precise condizioni previste per tale destinazione; laddove invece tali condizioni vengano macroscopicamente disattese, correttamente detti materiali non possono che essere considerati come "rifiuti" e sottoposti alla relativa disciplina, esattamente come lo sarebbero e lo sono ove sin dall'inizio non destinati al recupero e riutilizzo, ma al contrario convogliati allo smaltimento (Sez. 3, n. 46586 del 03/10/2019, Rv. 277280);
            5.4. l’elemento soggettivo richiesto ai fini della adozione dei provvedimenti cautelari reali non costituisce elemento essenziale posto che nell'esercizio della valutazione dell'elemento psicologico, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al "fumus" del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata, conseguendone che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell'elemento soggettivo del reato, purché esso emerga "ictu oculi" (ex plurimis, Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Rv. 270615);
            5.5. a non diversi rilievi si espone il quarto motivo che, oltretutto, sollecita una inammissibile interpretazione del contratto/convenzione tra GSE e la TONINELLI FRATELLI SOCIETA’ AGRICOLA;
            5.6. la manifesta infondatezza del quinto motivo emerge dalla stessa lettura del provvedimento impugnato da cui risulta una valutazione del quadro probatorio elaborata autonomamente dal Tribunale con riferimento a tutti gli atti essenziali, che non consente di ravvisare alcuna carenza di motivazione.

    6.  Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 06/10/2022.