Cass. Sez. III n. 27505 del 7 luglio 2008 (Cc 4 giu 2008)
Pres. Altieri Est. Teresi Ric. PM in proc. Daniele
Rifiuti. Limiti al potere di ordinanza
L\'art. 191 del d.lgs n. 152/2006, essendo una norma di natura eccezionale, è di stretta interpretazione ai sensi dell\'art. 14 delle preleggi. Poiché detta norma consente al sindaco in via straordinaria di emettere "qualora si verifichino situazioni di eccezionale e urgente necessità di tutela della salute pubblica e non si possa altrimenti provvedere....ordinanze contingibili e urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti anche in deroga alle disposizioni vigenti garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell\'ambiente", deve ritenersi, secondo un\'interpretazione letterale e logica delle disposizioni vigenti, che possono essere derogate soltanto quelle relative alle forme di smaltimento dei rifiuti, stante che la norma, che non è innovativa, ma semplicemente esplicativa della norma previgente, salva dalla deroga le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale "Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale. ... ". Il potere derogatorio che la norma attribuisce al sindaco per lo smaltimento dei rifiuti è, quindi, limitato alla disciplina vigente nella stessa materia e, conseguentemente i reati ipotizzati non sono scriminati dall\'ordinanza emanata
Osservava il GIP che l’indagato, nella qualità di sindaco di Ercolano, aveva legittimamente emesso, ai sensi dell’art. 191 d. lgs. n. 152/2006, l’ordinanza contingibile e urgente n. 16/2007 per l’istituzione di un sito di stoccaggio provvisorio [dal 21.12.2007 al 29.02.2008] di rifiuti solidi urbani in un’area ricadente nel perimetro del Parco nazionale del Vesuvio, non essendo necessaria la previa acquisizione del nullaosta paesaggistico e di quello dell’Ente Parco.
Il sindaco aveva previamente comunicato l’individuazione del sito di via Focone al Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, il quale aveva aderito all’iniziativa precisando che la realizzazione e la gestione del sito avrebbero potuto “essere autorizzate preferibilmente previa acquisizione dell’assenso dell’ Ente Parco del Vesuvio”.
Proponeva ricorso per cassazione il PM denunciando violazione di legge sulla disposta revoca del sequestro perché l’adozione dell’ordinanza contingibile e urgente non scrimina la condotta dell’organo che l’adotta per i reati previsti da normative in materia vincolistica e ambientale.
Aggiungeva che il sindaco non poteva avvalersi dei poteri straordinari conferiti al Commissario per l’emergenza rifiuti da varie ordinanze del PCM e che, nel caso di specie, il predetto doveva, ai sensi dell’art. 208, comma 7, d. lgs. n. 152/2006, acquisire preventivamente l’autorizzazione di cui all’art. 146, oltre che il nulla osta dell’Ente Parco, potendo derogare alla normativa vincolistica soltanto, con proprio provvedimento, il Commissario straordinario.
Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.
Il ricorso è fondato.
Premesso che il controllo della Corte deve essere limitato alla congruità e coerenza delle valutazioni compiute dai giudice di merito e che esse non si sottraggono al sindacato di legittimità se il processo formativo del convincimento sia stato condizionato da un procedimento induttivo contraddittorio o illogico, ovvero da un esame incompleto e impreciso, va puntualizzato che, nel procedimento incidentale di sequestro, l’imposizione della misura cautelare reale è subordinata al controllo del fumus commissi delicti, ossia all’accertamento dell’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito all’agente in una determinata ipotesi di reato, non occorrendo l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza.
Nello stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, il giudice, pur dovendosi limitare a una presa d’atto della tesi accusatoria, non può, però, prescindere dall’individuazione di concreti elementi di fatto da riferire alle previsioni normative, nella specie inerenti alle materie vincolistiche e ambientali, sicché su tale base fattuale deve essere operata la verifica dell’astratta possibilità di inquadrare i fatti attribuiti all’indagato nelle ipotesi di reato enunciate.
Ha affermato questa Corte che “l’ ordinanza contingibile e urgente che il sindaco può emanare in materia dl smaltimento dei rifiuti ai sensi dell’art. 13 del d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, ha come presupposti: a) una necessità eccezionale ed urgente di tutelare la salute pubblica o l’ambiente, b) la limitazione nel tempo, c) l’inevitabilità del ricorso a forme di gestione straordinaria; mentre ha come requisito di legittimità formale una motivazione adeguata, che renda conto dei presupposti concreti dell’ordinanza stessa.
A fronte di tale ordinanza il giudice penale deve verificare se ricorrono i presupposti che legittimano l’esercizio concreto della potestà sindacale, e se sussiste il requisito di legittimità di una motivazione adeguata” [Cassazione Sezione III, n. 12692/1998, Schepis, RV. 212181; conforme n. 3257/19980 RV. 210147; conforme n. 3878/2000 RV. 216213] e ancora che “in tema dl smaltimento dei rifiuti, compete al giudice penale il sindacato di legittimità sul potere del Sindaco di emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti ex art. 13 del d .lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che l’ordinanza di necessità non costituisce un titolo di legittimazione sostitutivo dell’autorizzazione regionale, bensì una causa speciale di giustificazione per quelle attività di smaltimento di rifiuti non autorizzate che diversamente integrerebbero un’ipotesi di reato” [Cassazione Sezione III n. 17414/2005, Manzoni, RV. 231637; conforme n. 3878/2000, RV. 216213; conforme n. 34298/2002 RV. 222505].
Tanto premesso, va rilevato che, nella specie, è stato ritenuto che l’ordinanza de qua fosse legittima [perché munita di adeguata motivazione sulla ricorrenza dei presupposti legittimanti l’esercizio concreto della potestà sindacale] e che essa scriminasse l’indagato dal reato paesaggistico e da quello in materia di aree protette.
Sul tema, la giurisprudenza di questa sezione ha superato l’iniziale contrasto affermando che l’ordinanza contingibile e urgente discrimina solo i reati previsti dalla normativa in materia di smaltimento di rifiuti e che non può discriminare i reati in materia ambientale [Cassazione Sezione III, n. 6199/1995, Liguori, RV. 202494; Cassazione Sezione III n. 12692/1998, Schepis, RV. 212182; Cassazione Sezione III n. 35551/2002, Certomà) come, invece, era stato, in precedenza, ritenuto nelle sentenze [Cassazione Sezione III, n. 01784/1997, Capuano, RV. 207072 e Sezione III, n. 1986/1995, Cima, RV. 201568] secondo cui “art. 12 del d.P.R. n. 91571992, nel riconoscere al sindaco la facoltà di emissione di ordinanze contingibili e urgenti, non pone limiti nel reperimento delle aree da destinare allo smaltimento dei rifiuti e perciò questi può agire, purché sussistano i presupposti per il provvedimento, anche in deroga alle nonne poste a tutela di altri interessi, ivi comprese le disposizioni introdotte dalla legge 8 agosto 1985 n. 431”.
Quest’ultima tesi non può essere condivisa perché la suddetta nonna ora trasfusa nell’art. 191 del d. lgs n. 152/2006, essendo di natura eccezionale, è di stretta interpretazione ai sensi dell’art. 14 delle preleggi.
Poiché detta norma consente al sindaco in via straordinaria di emettere “qualora si verifichino situazioni di eccezionale e urgente necessità di tutela della salute pubblica e non si possa altrimenti provvedere... ordinanze contingibili e urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti anche in deroga alle disposizioni vigenti garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente”, deve ritenersi, secondo un’interpretazione letterale e logica delle disposizioni vigenti, che possono essere derogate soltanto quelle relative alle forme di smaltimento dei rifiuti, stante che la norma, che non è innovativa, ma semplicemente esplicativa della norma previgente, salva dalla deroga le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale [“Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale,...”].
Il potere derogatorio che la norma attribuisce al sindaco per lo smaltimento dei rifiuti è, quindi, limitato alla disciplina vigente nella stessa materia e, conseguentemente i reati ipotizzati non sono scriminati dall’ordinanza emanata, anche perché “l’ordinanza contingibile ed urgente emessa ai fini dello smaltimento dei rifiuti non può in alcun caso comportare il sacrificio dell’interesse pubblico che il provvedimento stesso è volto a salvaguardare e la cui titolarità è di spettanza dell’Autorità statale o regionale alla quale soltanto ne compete la composizione con altri interessi concorrenti, sempre che sia dei medesimi contestualmente portatrice” [cfr. motivazione sentenza n. 35551/2002, Certomà].
E’ pure erroneo l’assunto del G.I.P. secondo cui l’insussistenza del fumus scaturirebbe dalla missiva 20.12.2007 che il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti aveva inviato al sindaco di Ercolano [che gli aveva comunicato l’individuazione del sito] per aderire all’iniziativa aggiungendo che era preferibile ottenere le autorizzazioni paesaggistiche perché il potere di deroga spettava al suddetto commissario e, nella specie, non è stato esercitato, sicché il sindaco era tenuto a rispettare la normativa vincolistica.
Né sul punto ha innovato il decreto legge n. 90/2008 che continua a riservare il potere di deroga alle specifiche disposizioni in materia ambientale, paesaggistica e urbanistica al sottosegretario di Stato per la gestione dei rifiuti della Campania e ai capi missioni, ma non ai sindaci.
La sussistenza del fumus dei reati ipotizzati [art. 44 lettera C d.P.R n. 380/2001 in relazione all’art. 181 d. lgs. n. 42/2004 e 6,11,13, 30 della legge n. 394/1991], illegittimamente esclusa dal G.I.P., impone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, sicché rivive l’annullato decreto di sequestro.