Cass. Sez. III n. 27989 del 9 luglio 2008 (Ud 20 mag 2008)
Pres. Onorato Est. Sarno Ric. PM in proc. Beltrame
Rifiuti. Trasformazione (CER e trasporto)

In caso di trasformazione del rifiuto deve mutare all\'esito della lavorazione anche il codice CER ove all\'esito della trasformazione il prodotto ottenuto debba ancora mantenere la qualifica di rifiuto. E’ altrettanto ovvio che il trasporto o la ricezione di quest\'ultimo debba essere espressamente autorizzata.
Con il provvedimento in epigrafe il tribunale di Vicenza revocava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del medesimo tribunale in data 24.7.2007 avente ad oggetto una piattaforma per stoccaggio e trattamento delle scorie di acciaieria presso gli stabilimenti della AFV Beltrame, due bacini di contenimento posti accanto alla piattaforma, area non autorizzata già occupata con cumuli di scorie ed altri rifiuti.
Il sequestro risulta disposto nell’ambito del procedimento penale a carico di Beltrame Massimo, legale rappresentante della AFV Beltrame spa di Vicenza; Meneghini Carlo e Fabrizio, legali rappresentanti della E.CO.MEN srl di Carmignano del Brenta indagati tutti per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. 256 co. 1 lett. a) DLvo 152/06 per avere effettuato un’attività di gestione di rifiuti non autorizzata; in particolare la AFV, autorizzata alla gestione di una propria piattaforma per la messa in riserva e la lavorazione di scorie di acciaieria, delegava l’attività di lavorazione e il successivo trasporto del rifiuto alla ditta E.CO.MEN non autorizzata a gestire in procedura semplificata rifiuto con codice CER 19*** e non in possesso di autorizzazione alla gestione di impianti di trattamento di rifiuti in regime ordinario per conto terzi; il solo Beltrame Giancarlo, inoltre, del reato di cui all’art. 256 co. 1 lett. a) DLvo 152/06 per avere effettuato una illecita gestione di scorie di fonderia stoccandole sulla nuda terra in area aziendale non autorizzata senza alcun tipo di analisi preventiva.
Il tribunale ha sostanzialmente revocato il provvedimento di sequestro ritenendo insussistente il fumus dei reati ipotizzati.
In ordine al secondo reato rilevava, infatti, che la difesa aveva documentalmente provato l’effettuazione con esito positivo dei previsti test di cessione.
Quanto al primo reato il tribunale rilevava che sulla base degli elementi in atto si doveva ritenere che la AFV operava in regime semplificato munita di regolare autorizzazione e che nessuna delega la predetta società aveva dato alla E.CO.MEN per la gestione dell’impianto risultando alla stessa affidate solo le operazioni di frantumazione delle scorie, condotta questa non vietata.
Escludeva, infine, il tribunale che potesse ipotizzarsi un mutamento del codice CER delle scorie recuperate evidenziando che per i rifiuti con codice 100903 la E.CO.MEN era regolarmente autorizzata al trasporto.
Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica di Vicenza ritenendo che erroneamente il tribunale avesse escluso il fumus del reato sub a) in quanto la società AFV operava in regime ordinario e non semplificato come si poteva rilevare dalle autorizzazioni rilasciate dalla Regione e dalla Provincia nonché dalla mancanza della comunicazione di inizio attività e che dall’esame degli atti si appalesava chiaro che la gestione della piattaforma era di fatto affidata alla E.CO.MEN., pacificamente non iscritta all’Albo Gestori.
Inoltre, secondo il procuratore ricorrente, dopo il trattamento dei rifiuti sulla piattaforma, gli stessi non potevano essere più considerati scorie di fonderia ma andavano catalogati come rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti il cui codice è 19.12.
E dunque la ditta E.CO.MEN, contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale, non era autorizzata al trasporto o comunque alla ricezione dei rifiuti in esame potendo solo operare il recupero delle scorie di fonderia.
Quanto alla AFV l’amministrazione provinciale aveva autorizzato secondo il ricorrente il riutilizzo delle scorie e non già lo stoccaggio preliminare e, comunque, l’autorizzazione era scaduta il 7.5.2006.
Nell’interesse di Beltrame Giancarlo è stata depositata memoria difensiva con la quale si eccepisce l’inammissibilità del ricorso e si ribadisce l’insussistenza del reato contestato ai tre indagati.



Motivi della decisione
Il tribunale del riesame, come detto, ha annullato il decreto di sequestro ritenendo la AFV Beltrame spa autorizzata al trattamento delle scorie di fonderia e che nessuna delega vi sarebbe stata di tale attività o del trasporto dei rifiuti prodotti alla E.CO.MEN srl, peraltro autorizzata al trasporto di rifiuti con codice CER 100903.
Ciò posto, per quanto concerne la questione della autorizzazione in possesso della AFV Beltrame, si deve senz’altro condividere il rilievo del difensore dell’indagato secondo cui in questa sede non può essere rivalutata la correttezza dell’affermazione del tribunale secondo la quale la società citata avrebbe agito in regime di autorizzazione semplificata e non ordinaria in quanto basata su valutazioni di merito non sussumibili sub specie di violazione di legge.
Peraltro, e ciò si rileva in ragione della sussistenza delle esigenze cautelari, la AFV Beltrame sarebbe — come documentato dalla difesa in allegato alla memoria difensiva — in possesso di autorizzazione integrale ambientale rilasciata il 30 ottobre 2007.
Valgono le stesse considerazioni sulla non deducibilità in questa sede di profili fattuali anche per le considerazioni del riesame circa la concreta gestione dell’impianto, mai delegata — secondo il tribunale — alla E.CO.MEN.
Appare corretto, invece, il rilievo del procuratore della Repubblica circa la classificazione delle scorie.
Va da sé, infatti, che nel caso di trasformazione del rifiuto debba mutare all’esito della lavorazione anche il codice CER ove all’esito della trasformazione il prodotto ottenuto debba ancora mantenere la qualifica di rifiuto.
Ed è altrettanto ovvio che il trasporto o la ricezione di quest’ultimo debba essere espressamente autorizzata.
E, tuttavia, la questione del trasporto non autorizzato non si rapporta in alcun modo alla necessità del sequestro dell’impianto.
Le ragioni esposte inducono a concludere per l’inammissibilità del ricorso.