Cass. Sez. III n.47446 del 22 dicembre 2008 (Ud. 21 nov. 2008)
Pres. De Maio Rel. Teresi Ric. Tardio
Rifiuti. Discarica abusiva
Integra il concetto normativo di discarica non autorizzata di rifiuti non pericolosi (nella specie costituiti da materiali eterogenei, detriti edili; beni durevoli obsoleti; vecchie apparecchiature elettroniche fuori uso; materiali combusti anche ferrosi frammisti a pezzi di legno; rifiuti domestici; tubi in PVC usati nell\'edilizia; rifiuti d\'imballaggio di cartone e plastica; rifiuti di catrame provenienti da demolizioni stradali) la collocazione degli stessi in una buca estesa circa 100 mq e profonda in alcuni punti anche 6 metri, accumulati nell\'area di pertinenza di una società
Pres. De Maio Rel. Teresi Ric. Tardio
Rifiuti. Discarica abusiva
Integra il concetto normativo di discarica non autorizzata di rifiuti non pericolosi (nella specie costituiti da materiali eterogenei, detriti edili; beni durevoli obsoleti; vecchie apparecchiature elettroniche fuori uso; materiali combusti anche ferrosi frammisti a pezzi di legno; rifiuti domestici; tubi in PVC usati nell\'edilizia; rifiuti d\'imballaggio di cartone e plastica; rifiuti di catrame provenienti da demolizioni stradali) la collocazione degli stessi in una buca estesa circa 100 mq e profonda in alcuni punti anche 6 metri, accumulati nell\'area di pertinenza di una società
Con sentenza in data 27 giugno 2008 la Corte d’Appello di Lecce, concesse le attenuanti generiche, riduceva la pena inflitta a Tardio Antonella nei giudizio di primo grado a mesi 4 d’arresto e € 5.400 d’ammenda quale colpevole di avere, essendo legale rappresentante della Edil Fortunato s.r.l. esercente la vendita di materiali per l’edilizia, realizzato una discarica non autorizzata di rifiuti speciali.
Rilevava la Corte che all’interno di un’area di pertinenza della società era stato abbandonato in modo incontrollato un ingente ammasso di rifiuti non selezionati (materiali di risulta edili; beni durevoli obsoleti; vecchie apparecchiature elettroniche fuori uso; materiali combusti anche ferrosi frammisti a pezzi di legno; rifiuti domestici; tubi in PVC usati nell’edilizia; rifiuti d’imballaggio di cartone e plastica; rifiuti di catrame provenienti da demolizioni stradali) collocati in una buca estesa circa 100 mq e della profondità variabile da zero a 5/6 metri.
L’accumulo del rilevante quantitativo di rifiuti era avvenuto con carattere di sistematicità, attesa la presenza di un mezzo meccanico vicino a un cumulo di terra movimentato per creare la buca, e aveva comportato il degrado dell’area.
Dalla mancata menzione nel verbale di sequestro delle apparecchiature elettroniche fuori uso non poteva dedursi che le stesse non fossero presenti nella discarica per la menzione fattane nell’annotazione di servizio redatta dai verbalizzanti, che avevano confermato la circostanza in sede dibattimentale.
Proponeva ricorso per cassazione l’imputata denunciando violazione di legge; contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
- sulla configurabilità del reato di discarica abusiva che doveva essere escluso perché non era stato accertato il degrado dell’area, non interessata da opere di sistemazione e di recinzione, nella quale era depositato materiale edile del quale era in corso la rimozione;
- sulla ritenuta presenza di apparecchiature elettroniche fuori uso e di rifiuti domestici, che non erano menzionati nel verbale di sequestro;
- sulla sistematicità dell’accumulo dei materiali, desunta dai rilievi fotografici, che non provavano chi fossero stati gli autori dei conferimenti “né i tempi, le circostanze, le ragioni che hanno determinato i fatti”.
Chiedeva l’annullamento della sentenza.
Il ricorso non è puntuale perché censura con erronee argomentazioni giuridiche e in punto di fatto la decisione che è esente da vizi logico-giuridici, essendo stati indicati gli elementi probatori emersi a carico dell’imputate confutate le obiezioni difensive.
La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto ricorrenti le condizioni che integrano il concetto normativo di discarica non autorizzato di rifiuti non pericolosi, nella specie costituiti da materiali eterogenei (detriti edili; beni durevoli obsoleti; vecchie apparecchiature elettroniche fiori uso; materiali combusti anche ferrosi frammisti a pezzi di legno; rifiuti domestici; tubi in PVC usati nell’edilizia; rifiuti d’imballaggio di cartone e plastica; rifiuti di catrame provenienti da demolizioni stradali) collocati in una buca estesa circa 100 mq e profonda in alcuni punti anche 6 metri, accumulati nell’area di pertinenza della suddetta società, mentre le incongrue doglianze sulla qualificazione loro attribuita in sentenza sono irrilevanti ai fini del sindacato di legittimità.
L’art. 51 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 prevede e punisce, al terzo comma, la discarica non autorizzata di rifiuti per la cui configurabilità “sono necessari sia uno condotta ripetuta nel tempo d’accumulo di rifiuti in un’area, sia il degrado dell’ano stessa, consistente nell’alterazione permanente dello stato dei luoghi, requisito che è certamente integrato nel caso in cui sia consistente la quantità di rifiuti depositati abusivamente” (Cassazione Sezione III, n. 36062/2004, Tomasoni, RV. 229484).
Nella specie è stato accertato, con argomentazioni ineccepibili, alla stregua di quanto rilevato in sede di sopralluogo, che i materiali erano accumulati disordinatamente; che il sito di deposito era costituito da una buca larga e profonda creata per ricevere i rifiuti (compresi quelli descritti nell’annotazione di servizio confermata dai verbalizzanti, donde l’irrilevanza della mancata menzione nel verbale di sequestro]; che sistematico era l’imponente accumulo; che il deposito, che veniva ridotto con la combustione dei rifiuti, risaliva nel tempo si da creare il degrado dell’area.
Le modalità di conservazione denotano, quindi, che l’area de qua era stata trasformata, di fatto e per un lungo periodo, in una discarica abusiva di una notevole quantità di rifiuti di vario genere.
L’inammissibilità del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento e al versamento alla cassa delle ammende della somma di €. 1.000, liquidata equitativamente.
Rilevava la Corte che all’interno di un’area di pertinenza della società era stato abbandonato in modo incontrollato un ingente ammasso di rifiuti non selezionati (materiali di risulta edili; beni durevoli obsoleti; vecchie apparecchiature elettroniche fuori uso; materiali combusti anche ferrosi frammisti a pezzi di legno; rifiuti domestici; tubi in PVC usati nell’edilizia; rifiuti d’imballaggio di cartone e plastica; rifiuti di catrame provenienti da demolizioni stradali) collocati in una buca estesa circa 100 mq e della profondità variabile da zero a 5/6 metri.
L’accumulo del rilevante quantitativo di rifiuti era avvenuto con carattere di sistematicità, attesa la presenza di un mezzo meccanico vicino a un cumulo di terra movimentato per creare la buca, e aveva comportato il degrado dell’area.
Dalla mancata menzione nel verbale di sequestro delle apparecchiature elettroniche fuori uso non poteva dedursi che le stesse non fossero presenti nella discarica per la menzione fattane nell’annotazione di servizio redatta dai verbalizzanti, che avevano confermato la circostanza in sede dibattimentale.
Proponeva ricorso per cassazione l’imputata denunciando violazione di legge; contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
- sulla configurabilità del reato di discarica abusiva che doveva essere escluso perché non era stato accertato il degrado dell’area, non interessata da opere di sistemazione e di recinzione, nella quale era depositato materiale edile del quale era in corso la rimozione;
- sulla ritenuta presenza di apparecchiature elettroniche fuori uso e di rifiuti domestici, che non erano menzionati nel verbale di sequestro;
- sulla sistematicità dell’accumulo dei materiali, desunta dai rilievi fotografici, che non provavano chi fossero stati gli autori dei conferimenti “né i tempi, le circostanze, le ragioni che hanno determinato i fatti”.
Chiedeva l’annullamento della sentenza.
Il ricorso non è puntuale perché censura con erronee argomentazioni giuridiche e in punto di fatto la decisione che è esente da vizi logico-giuridici, essendo stati indicati gli elementi probatori emersi a carico dell’imputate confutate le obiezioni difensive.
La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto ricorrenti le condizioni che integrano il concetto normativo di discarica non autorizzato di rifiuti non pericolosi, nella specie costituiti da materiali eterogenei (detriti edili; beni durevoli obsoleti; vecchie apparecchiature elettroniche fiori uso; materiali combusti anche ferrosi frammisti a pezzi di legno; rifiuti domestici; tubi in PVC usati nell’edilizia; rifiuti d’imballaggio di cartone e plastica; rifiuti di catrame provenienti da demolizioni stradali) collocati in una buca estesa circa 100 mq e profonda in alcuni punti anche 6 metri, accumulati nell’area di pertinenza della suddetta società, mentre le incongrue doglianze sulla qualificazione loro attribuita in sentenza sono irrilevanti ai fini del sindacato di legittimità.
L’art. 51 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 prevede e punisce, al terzo comma, la discarica non autorizzata di rifiuti per la cui configurabilità “sono necessari sia uno condotta ripetuta nel tempo d’accumulo di rifiuti in un’area, sia il degrado dell’ano stessa, consistente nell’alterazione permanente dello stato dei luoghi, requisito che è certamente integrato nel caso in cui sia consistente la quantità di rifiuti depositati abusivamente” (Cassazione Sezione III, n. 36062/2004, Tomasoni, RV. 229484).
Nella specie è stato accertato, con argomentazioni ineccepibili, alla stregua di quanto rilevato in sede di sopralluogo, che i materiali erano accumulati disordinatamente; che il sito di deposito era costituito da una buca larga e profonda creata per ricevere i rifiuti (compresi quelli descritti nell’annotazione di servizio confermata dai verbalizzanti, donde l’irrilevanza della mancata menzione nel verbale di sequestro]; che sistematico era l’imponente accumulo; che il deposito, che veniva ridotto con la combustione dei rifiuti, risaliva nel tempo si da creare il degrado dell’area.
Le modalità di conservazione denotano, quindi, che l’area de qua era stata trasformata, di fatto e per un lungo periodo, in una discarica abusiva di una notevole quantità di rifiuti di vario genere.
L’inammissibilità del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento e al versamento alla cassa delle ammende della somma di €. 1.000, liquidata equitativamente.