Cass. Sez. III n. 40860 del 18 novembre 2010 (Ud. 21 ott. 2010)
Pres. Ferrua Est. Teresi Ric. Di Costanzo
Rifiuti. Materiali di risulta di costruzioni e demolizioni

I materiali di risulta di costruzioni e demolizioni rientrano nella nozione generale dei rifiuti, trattandosi di cose oggettivamente destinate all’abbandono, a nulla rilevando l’intenzione di riutilizzo da parte del detentore, la cui facoltà di recupero condizionata a precisi adempimenti, in mancanza dei quali i materiali in questione vanno considerati, comunque, cose di cui il detentore ha l’obbligo di disfarsi

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. FERRUA Giuliana - Presidente - del 21/10/2010
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 1608
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 04374/2010
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
\Di Costanzo Gennaro\, nato a *Barano d'Ischia il 20.03.1962*, e da \Buono Augusto\, nato a *Ischia il 6.02.1953*;
avverso la sentenza del Tribunale di Napoli in Ischia in data 4.06.2009 che li ha condannati alla pena dell'ammenda per il reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a);
Visti gli atti, la sentenza denunziata e i ricorsi;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG, dott. FODARONI Giuseppina che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi;
Sentito il difensore dei ricorrenti, avv. Di Costanzo Filippo, che ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi.
OSSERVA
Con sentenza in data 4.06.2009 il Tribunale di Napoli in Ischia condannava \Di Costanzo Gennaro\ e \Buono Augusto\ alla pena dell'ammenda per avere \Di Gennaro\, quale proprietario dell'automezzo targato *FI A68180* e titolare di una ditta edile, nonché committente del trasporto, e \Buono\, quale conducente dell'automezzo trasportato col suddetto automezzo, in mancanza della prescritta iscrizione nell'albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 30 del medesimo Decreto, rifiuti costituiti da materiali edili di risulta che stoccavano in un suolo di proprietà di \Di Costanzo\. Le fasi del trasporto dei materiali e del loro riversamento in un vallone erano state seguite da finanzieri che avevano costatato che nel sito di scarico esisteva altro materiale dello stesso tipo di quello trasportato.
Proponevano ricorsi per cassazione gli imputati denunciando violazione di legge; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione:
- sulla ritenuta configurabilità del reato perché il materiale era stato trasportato da un cantiere edile gestito dalla ditta Di Costanzo fino al deposito di proprietà del predetto per il successivo riutilizzo. Trattandosi di rifiuto prodotto nell'esercizio della medesima attività d'impresa, e non da terzi, non occorreva l'iscrizione all'albo nazionale per le imprese esercenti servizi di smaltimento rifiuti. Inoltre "relativamente allo stoccaggio avvenuto nel cantiere la motivazione risultava contraddicono" perché i rifiuti stoccati erano stati successivamente smaltiti presso una ditta specializzata. Nè era normativamente previsto il riutilizzo nello stesso cantiere, anche se doveva ritenersi che il trasporto era avvenuto nell'ambito dello stesso cantiere della ditta edile essendo il deposito parte integrante del cantiere dove era stata eseguita la demolizione;
- in ordine alla dedotta divergenza tra accusa e sentenza poiché l'espressione del capo d'imputazione "poi stoccavano in un'area sita in località *Pallarino* di proprietà \Di Costanzo\" "non costituiva contestazione di reato" dovendo essere usata, per potere pervenire alla condanna, la locuzione "smaltivano". Conseguentemente la violazione del diritto di difesa rendeva nulla la sentenza;
- sull'esclusione di una fattispecie di messa in riserva dei rifiuti, sottoposta alla procedura semplificata di cui al D.Lgs. n. 22 del 1977, art. 33 per la quale non è necessaria l'autorizzazione, ma è sufficiente la tenuta dei registri di carico e scarico e delle bolle di trasporto;
- sull'omessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, maturatasi prima della sentenza di condanna, ovvero perché non potevano essere computati nei periodi di sospensione del decorso della prescrizione i rinvii disposti per l'astensione del difensore ed anche per la citazione dei testimoni che non erano comparsi. Gli imputati eccepivano, infine, la nullità della sentenza perché emessa in un procedimento incardinato con un decreto di citazione a giudizio viziato di nullità insanabile, giacché a sua volta emesso a seguito di decreto penale di condanna nullo per indeterminatezza dell'oggetto stante che la pena risultava stabilita per tali \Tammaro\ e \Autiero\, sicché essi non erano stati posti in condizione di esercitare pienamente il loro diritto di difesa. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge.
L'eccezione di nullità della sentenza non è puntuale perché il decreto penale di condanna, emesso in data 13.07.2005, non è affetto da vizi, come asserito in ricorso, stante che indica esattamente i nomi degli imputati e le pene irrogate dal GIP, sicché è irrilevante che nella richiesta di emissione del decreto avanzata dal PM fossero stati inseriti anche nominativi di persone estranee al reato, limitatamente alle pene da infliggere.
L'errore è stato superato dal decreto penale di condanna che ha autonomamente determinato le pene con specifico riferimento agli imputati del presente processo.
Nè è puntuale l'altra eccezione di mancanza di correlazione tra accusa e sentenza.
Non s'incorre nella violazione dell'obbligo della correlazione tra sentenza e accusa contestata, quando il fatto storico addebitato rimanga identico con riferimento al triplice elemento della condotta, dell'evento e dell'elemento psicologico dell'autore. Dovendo la nozione strutturale di fatto, contenuta nella disposizione di cui all'art. 521 c.p.p., essere collegata a quella funzionale, fondata sull'esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata, oggetto di un potere del PM, e decisione giurisdizionale, oggetto del potere del giudice, risponde all'esigenza di evitare che l'imputato sia condannato per un fatto rispetto al quale non abbia potuto adeguatamente difendersi cfr. Cassazione Sezione 4, n. 41663/2005; Sezione 3 n. 19118/2008, RV. 239873.
Nel caso in esame, il tribunale non ha introdotto un fatto diverso, ma ha fondato la decisione sullo stesso fatto (minutamente descritto nell'imputazione) ritenendo che integrasse l'ipotesi di trasporto illecito di rifiuti non pericolosi, come chiaramente enunciato nell'imputazione con la specificazione che i materiali edili di risulta venivano stoccati in una località diversa dal cantiere edile da cui erano stati prelevati.
Si trattava, cioè, di un non autorizzato trasferimento di rifiuti de loco ad locum, idonea a rendere configurabile il reato contestato, non essendo necessario menzionare una condotta di smaltimento, peraltro, poi, effettivamente concretatasi, come ammesso in ricorso. È anche erronea la censura di omessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
Il reato è stato accertato in data *8.02.2005*.
Al termine massimo di prescrizione vanno sommati i tempi di sospensione del processo per rinvii del dibattimento disposti su richiesta della difesa e non già per l'impossibilità di svolgere incombenti istruttori, come asserito in ricorso, calcolati in un anno, mesi 4 giorni 22, sicché alla data della pronuncia della sentenza la prescrizione non si era maturata.
Nel resto, i ricorsi, di contenuto identico, propongono censure disorganiche, ripetitive e contraddittorie contestando la ricostruzione fattuale operata dal giudice e muovendo erronee argomentazioni giuridiche.
In fatto, è stato accertato, con motivazione incensurabile, che rifiuti non pericolosi sono stati trasportati, dal \Buono\, autista dipendente della ditta Di Costanzo, da un cantiere della ditta presso un terreno appartenente allo stesso \Di Costanzo\ e sito in località *Pallarino* ove sono stati riversati in una scarpata su rifiuti dello stesso tipo già depositati in loco; il che esclude la segnalata finalità di riutilizzo o di recupero, nonché la cosiddetta messa in riserva, regolamentata dal D.M. 5 febbraio 1998, sottoposta a procedura semplificata ex art. 33 del citato Decreto, che avrebbe comportato, nella specie, operazioni di raccolta in cantiere di materiale proveniente da demolizione, non destinata ad alcun riutilizzo; cfr. Cassazione Sezione 3 n. 21576/2004 RV. 228720 e denota esercizio di attività di smaltimento peraltro ammessa dai ricorrenti, secondo cui il materiale trasportato "è stato successivamente consegnato ad una ditta specializzata per lo smaltimento dopo essere stata analizzata", ma non oggetto di contestazione.
I materiali di risulta di costruzioni e demolizioni categoria espressamente inclusa nell'all. A di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, comma 1, lett. a) rientrano nella nozione generale dei rifiuti, trattandosi di cose oggettivamente destinate all'abbandono, a nulla rilevando l'intenzione di riutilizzo da parte del detentore, la cui facoltà di recupero è condizionata a precisi adempimenti, in mancanza dei quali i materiali in questione vanno considerati, comunque, cose di cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi Cassazione Sezione 3 n. 30127/2004, RV. 229467: "i materiali provenienti da demolizione edilizia sono rifiuti speciali non pericolosi e possono essere riutilizzati nello stesso od in diverso ciclo produttivo - ad esempio nelle opere di riempimento - previo preventivo "test di cessione" degli stessi, in conformità al D.M. 5 febbraio 1998, in modo da non recare pregiudizio all'ambiente; in assenza del menzionato test ogni recupero dei materiali cosiddetti risulta integra la contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a).
Ciò premesso, va osservato che, "in tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di trasporto illecito oggi disciplinato dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma 1, la movimentazione dei rifiuti che pur avendo avuto inizio in area privata, sia obiettivamente finalizzata al loro trasporto all'esterno a tale area, non essendo applicabile in questo caso la norma derogatoria di cui all'art. 193, comma 9, del citato Decreto che sottrae alla disciplina dei rifiuti esclusivamente il trasporto in aree private a condizione che lo stesso sia finalizzato ad una diversa sistemazione dei rifiuti all'interno delle predette aree ed in quanto i rifiuti medesimi non siano destinati all'esterno" Cassazione Sezione 3 n. 5312/2008, RV. 239055.
Ne consegue che il trasporto di tali rifiuti, anche se prodotti nell'esercizio della medesima attività d'impresa, richiede l'iscrizione all'Albo nazione di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 30 stante che "integro il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, il trasporto di rifiuti propri non pericolosi, sebbene effettuato in via eccezionale, nel caso in cui il produttore, non avvalendosi delle prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento regolarmente autorizzate ed iscritta all'Albo nazionale dei gestori ambientali, abbia utilizzato mezzi propri non autorizzati" Cassazione Sezione 3 n. 8300/2010, RV 246334, circostanza neppure enunciata in ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e, ciascuno, al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000.
Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 21 ottobre 2010. Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2010