Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4928, del 2 ottobre 2014
Rifiuti.Realizzazione di una discarica per rifiuti non pericolosi, legittimità diniego rilascio A.I.A. per V.I.A. negativa e per sufficienza del sistema regionale di discariche di rifiuti non pericolosi.
Non può ragionevolmente negarsi che la valutazione negativa di impatto ambientale condizioni negativamente il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, giacché non può logicamente, ancor prima che giuridicamente, ammettere che un impianto non compatibile con l’ambiente possa ottenere le autorizzazioni necessarie per il suo funzionamento. Sarebbe pertanto contrario ai principi di imparzialità e buon andamento ex articolo 97 della Costituzione, ed in specie ai corollari di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa, imporre che anche in tali casi l’amministrazione competente debba procedere alla necessaria attività istruttoria e concludere il procedimento relativo all’autorizzazione integrata ambientale, essendone certo il diniego di rilascio. Inoltre, l’impugnato decreto regionale non è basato sul solo dissenso dell’amministrazione comunale, facendo ragionevole riferimento anche all’attuale sufficienza del sistema regionale di discariche di rifiuti non pericolosi, all’errata e non condivisibile stima (eccessiva) del fabbisogno di discariche posto a fondamento del progetto proposto, all’inadeguatezza delle vie di accesso alla discarica da realizzare. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 04928/2014REG.PROV.COLL.
N. 07856/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7856 del 2013, proposto da:
APPIGNANO AMBIENTE S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Federico Tedeschini e Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio eletto presso l’avv. Federico Tedeschini in Roma, largo Messico, n. 7;
contro
REGIONE MARCHE, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Costanzi, Pasquale De Bellis e Michele Romano, con domicilio eletto presso l’avvocato Michele Romano in Roma, via Domenico Morichini, n. 41;
REGIONE MARCHE - Servizio Territorio Ambiente Energia - Posizione di Funzione Valutazioni e Autorizzazioni Ambientali;
nei confronti di
PROVINCIA DI MACERATA, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Gentili, con domicilio eletto presso Livia Ranuzzi in Roma, viale del Vignola, n. 5;
COMUNE DI APPIGNANO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Ranieri Felici e Giuseppe Carassai, con domicilio eletto presso Enrico Lubrano in Roma, via Flaminia, n. 79;
COMITATO "SCARICA LA DISCARICA", in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Calzolaio, con domicilio eletto presso Luigi Medugno in Roma, via Panama, n 58;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MARCHE – ANCONA, Sez. I n. 418 del 6 giugno 2013, resa tra le parti, concernente diniego rilascio autorizzazione integrata ambientale sul progetto per la realizzazione di una discarica per rifiuti non pericolosi - ris.danni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dellaRegione Marche, della Provincia di Macerata, del Comitato "Scarica La Discarica" e del Comune di Appignano, che ha spiegato anche appello incidentale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2014 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Pugliano, Romano, in proprio e per delega di Gentili, e Carassai, in proprio e per delega di Calzolaio;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con decreto dirigenziale n. 48/VAA del 26 aprile 2011 la Regione Marche all’esito di un’articolata istruttoria ha espresso, ai sensi dell’art. 26 del D. Lgs. n. 152 del 2006 e degli artt. 9 e 11 della L.R. n. 7 del 2004, una valutazione negativa di impatto ambientale sul progetto proposto dalla soc. Appignano Ambiente s.r.l. per la realizzazione per rifiuti non pericolosi in località Campo di Bove nel Comune di Appianano (MC).
In particolare:
a) rispetto al quadro di riferimento programmatico, è stato rilevato che “…l’iniziativa in termini localizzativi risulta non conforme al Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR approvato con DACR n. 284/1999)…”, giacché: a1) a fronte della previsione del PRGR che, al capitolo 4, par. 4.2.2.4 pone come criteri escludenti di seconda fase per la localizzazione di impianti di smaltimento le aree poste a distanza inferiore a 500 metri da centri turistici o sportivi di particolare rilievo ed in programmazione, nel corso dell’istruttoria è emerso che il Comune di Appignano ha adottato in relazione all’area in esame una variante al vigente piano regolatore generale per il potenziamento e la valorizzazione delle peculiarità ambientali del territorio agrario comunale, delle coltivazioni biologiche e la reintroduzione delle coltivazioni di qualità, quali volano di sviluppo per l’economia locale, prevedendo destinazioni d’uso turistico ricettive; a2) rispetto alle previsioni del PRGR che, al capitolo 3, fissa quale indirizzo generale quello di favorire la riqualificazione e l’adeguamento degli impianti esistenti per consentire il pieno soddisfacimento del fabbisogno regionale, limitando l’ampliamento e la realizzazione di nuovi impianti non rispondenti ai fabbisogni di trattamento registrati nei potenziali bacini di utenza degli impianti stessi, oltre che quello di assicurare il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti prodotti in ambito regionale (salva l’opportunità di soluzioni di recupero e smaltimento a livello sovraregionale) e di provvedere allo smaltimento dei rifiuti in luoghi prossimi a quelli di produzione, la domanda di smaltimento in discarica dei rifiuti solidi non pericolosi posta a base del progetto esaminato è risultata maggiore di quella ipotizzabile, così che, anche in ragione della sufficiente capacità ricettiva dell’attuale sistema regionale, la iniziativa sarebbe in gran parte rivolta ad intercettare flussi di rifiuti proveniente da fuori regioni; a3) dalla cartografia depositata dal Comune di Appignano è emerso che l’impianto della nuova discarica si sarebbe trovato ad una distanza inferiore dal centro abitato, in contrasto con quanto stabilito dal par. 4.2.2.4 del Cap. 4 del PRGC, che pone quale fattore penalizzante, la presenza di un centro urbano a distanza inferiore a 2000 metri;
b) rispetto al quadro di riferimento progettuale: b1) è stata innanzitutto sottolineata la criticità dell’elemento della viabilità di accesso all’area discarica, rilevando che “…le problematiche inerenti alla stabilità della SP n. 173 “Serra” non sono attribuibili alla sola inadeguatezza del fondo e del manto stradale ma sono fortemente condizionate anche dalla presenza di numerosi fenomeni franosi attivi non adeguatamente considerati dalla progettazione”, aggiungendo peraltro che “…l’eventuale sistemazione della strada della Serra porterebbe su questa arteria parte del traffico dei mezzi pesanti in uscita dalle cave di ghiaia di Botontano. Pertanto, all’incremento del traffico pesante conseguente alla discarica, si cumulerebbe parte del traffico dell’attività di cava”; b2) è stato inoltre evidenziato che “le attività estrattive individuate per la collocazione del terreno proveniente dallo scavo (circa 1.250.000 metri cubi in posto) prevedono già un loro progetto di ricomposizione ambientale autorizzato” e che “al fine di rendere effettiva la possibilità di conferimento del materiale scavato tutti gli interventi estrattivi dovrebbero essere oggetto di variante da parte del titolare delle autorizzazioni e, l’approvazione di dette varianti, condiziona la fattibilità del progetto di discarica”;
c) rispetto al quadro di riferimento ambientale, è stato osservato che: c1) secondo i dati forniti dai competenti uffici regionali, non vi è la necessità di individuare una nuova discarica per la collocazione di rifiuti non pericolosi per origine speciale delle dimensioni come quella in esame, il che, anche in considerazione della contemporanea presenza di altri due impianti discarica per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi, già pianificati ed in fase di progetto, collocati ad una distanza di pochi chilometri dall’area in esame, oltre che del pregio paesistico ed ambientale del contesto interessato, porta ad escludere la compatibilità ambientale e paesaggistica delle proposta presentata, che modificherebbe l’attuale destinazione d’uso del territorio (prevalentemente agricola) e determinerebbe per un lungo periodo una forte alterazione del paesaggio (elementi su cui si sono appuntate le critiche del Comune di Appignano e dei due comuni interessati dagli impatti stessi); c2) le due abitazioni situazione distanti circa 300 e 500 metri dal sito di discarica dovrebbe essere adeguatamente indennizzate; c3) occorre tener conto dei pareri negativi forniti dai Comuni di Appianano e di Cingoli per le problematiche connesse con l’incompatibilità del nuovo impianto di discarica per rifiuti non pericolosi di origine speciale con il territorio e con uno sviluppo che tende alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio agrario.
In conclusione è stato ritenuto che il progetto presentato comporta “..l’alterazione qualitativa, diretta e indiretta, a breve e a lungo termine, sia permanente che temporanea, singola e cumulativa con le altre analoghe iniziative, negativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico – fisici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici del sito interessato”, così che “in considerazione della inesistente esigenza di individuare nuovi siti di discarica per RNP esclusivamente di origine speciale delle dimensioni come quello in esame su scala regionale, della presenza di ulteriori progetti analoghi da tempo pianificati per lo smaltimento di RNP di origine urbana e delle ulteriori caratteristiche ambientali dell’area interessata, si rileva che la proposta progettuale non presenta i caratteri propri dell’opera di interesse pubblico intesa come iniziativa volta al soddisfacimento di un interesse collettivo superiore ai diritti dei proprietari e degli Enti locali interessati”, precisando infine che “tale aspetto condiziona negativamente anche la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) coordinata con la procedura di VIA e propedeutica alla possibile variante allo strumento urbanistico comunale nella successiva fase autorizzativa di cui all’art. 208 del D. Lgs. n. 152/2006”.
2. Con altro decreto dirigenziale n. 50/VAA del 3 maggio 2011 la Regione Marche ha negato il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. n. 59 del 2005 per la realizzazione della discarica per rifiuti non pericolosi in località Campo di Bove nel Comune di Appignano (MC) proposto dalla soc. Appignano Ambiente s.r.l., in ragione dell’esito negativo del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) conclusosi con il precedente decreto n. 48/VAA del 26 aprile 2011.
3. Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sez. I, con la sentenza n. 418 del 6 giugno 2013, nella resistenza della Regione Marche, della Provincia di Macerata e del Comune di Appignano e con l’intervento ad opponendum del Comitato “Scarica La Discarica”, ha respinto il ricorso proposto dalla soc. Appianano Ambiente s.r.l. per l’annullamento dei due ricordati decreti dirigenziali n. 48/VAA del 26 aprile 2011 e n. 50/VAA del 3 maggio 2011, ritenendo infondati i tre motivi di censura sollevati, imperniati sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97, oltre che 41 della Costituzione; degli artt. 23, 24, 25, 26, 189 e 208 del D. Lgs. n. 152/2006 e s.m.i.; del D.P.C.M. 27 dicembre 2008; degli artt. 9, 10 e 11 della L.R. n. 7 del 2004; delle linee guida adottate con DGRM n. 1600/2004; nonché sull’eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza ed erronei dei presupposti, travisamento, illogicità, difetto di proporzionalità, irragionevolezza manifesta, carenza di motivazione e violazione del principio di affidamento.
E’ stato altresì dichiarato improcedibile per carenza di interesse il ricorso incidentale spiegato dal Comune di Appiagnano.
4. La soc. Appignano Ambiente s.r.l. ha chiesto la riforma della predetta sentenza, denunciandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua di sei motivi di gravame, con i quali, dopo aver ripercorso l’articolato iter amministrativo conclusosi con i provvedimenti impugnati i primo grado e dopo aver stigmatizzato il ripetuto ed ingiustificato richiamo operato dai primi giudici alla natura discrezionale della valutazione di impatto ambientale (ed alla conseguente limitatezza del relativo sindacato giurisdizionale), così vanificando ogni ragionevole tutela, ha dedotto: “I. Error in procedendo ed error in iudicando: Omessa pronuncia sull’eccezione di carenza di legittimazione processuale ed interesse ad intervenire del Comitato Scarica la Discarica. Violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 112 CPC. Violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e 50 CPA. Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti e ingiustizia manifesta”; “II. Error in procedendo ed error in iudicando: Violazione e falsa applicazione degli artt 23, 24, 25, 26, 189 e 208 del D. lgs. n. 152/2006 e s.m.i. (T.U.A.). Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 7 del d. lgs. n. 59/2005. Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 11 della Legge Regionale Marche n. 7/2004 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida adottate con D.G.R.M. n. 1600/2004. Violazione del principio di tutela dell’affidamento. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza ed erroneità dei presupposto, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta ed arbitrarietà”; “III. Error in procedendo ed error in iudicando: Omessa pronuncia sul motivo di impugnazione relativo all’eccessivo peso riservato ai contributi istruttori del Comune di Appignano. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 CPC. Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e ss del d. lgs. n. 152/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione della L.R. Marche n. 7/2004 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida adottate con D.G.R.M. n. 1600/2004. Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti e ingiustizia manifesta”; “IV. Error in procedendo ed error in iudicando: Violazione e falsa applicazione dei principi in materia di V.I.A. per come enunciati nel DPCM del 27/12/1988. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della L.R. Marche n. 7/2004 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 34 del D. lgs. n. 152/2006 e s.m.i. (T.U.A.). Eccesso di potere per carenza ed erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti, irrazionalità, irragionevolezza, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta ed arbitrarietà”; “V. Error in procedendo ed error in iudicando: Violazione e falsa applicazione degli artt 23, 24, 25, 26, 189 e 208 del D. lgs. n. 152/2006 e s.m.i. (T.U.A.). Violazione e falsa applicazione dei principi in materia di V.I.A. per come enunciati nel DPCM del 27/12/1988. Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 11 della Legge Regionale Marche n. 7/2004 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida adottate con D.G.R.M. n. 1600/2004. Violazione del principio di tutela dell’affidamento. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza ed erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta ed arbitrarietà” e “VI. Error in procedendo ed error in iudicando: Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 26 del D. lgs. n. 152/2006 (T.U.A.). Violazione e falsa applicazione degli art.. 3, 10 e 10 bis della L. n. 241/1990 e s.m.i.. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento, contraddittorietà, difetto di motivazione e ingiustizia manifesta”.
L’appellante ha altresì riproposto la domanda di risarcimento dei danni asseritamente derivanti dai provvedimenti impugnati, già formulata in primo grado e non esaminata, riservandosene la quantificazione nel corso del giudizio.
Hanno resistito al gravame la Regione Marche, la Provincia di Macerata ed il Comitato “Scarica La Discarica”, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone il rigetto.
Si è costituito in giudizio anche il Comune di Appianano che, oltre a chiedere il rigetto dell’appello principale, ha altresì spiegato appello incidentale, con cui ha lamentato l’erronea ed ingiusta declaratoria di improcedibilità del suo ricorso incidentale che, a suo avviso, andava esaminato con precedenza rispetto al ricorso principale, riproponendo i relativi motivi di censura.
5. Nell’imminenza dell’udienza di discussione le parti hanno illustrato le proprie tesi difensive, insistendo per l’accoglimento delle proprie richieste e replicando a quelle avverse.
All’udienza pubblica del 17 giugno 2014, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
6. Merita innanzitutto favorevole considerazione il primo motivo dell’appello principale con cui, lamentando “I. Error in procedendo ed error in iudicando: Omessa pronuncia sull’eccezione di carenza di legittimazione processuale ed interesse ad intervenire del Comitato Scarica la Discarica. Violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 112 CPC. Violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e 50 CPA. Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti e ingiustizia manifesta”, la soc. Appignano Ambiente s.r.l. ha dedotto che i primi giudici avrebbe omesso di esaminare l’eccezione di difetto di interesse e legittimazione ad intervenire in giudizio del Comitato “Scarica La Discarica”.
6.1. In tema di legittimazione di un comitato di cittadino per la protezione degli interessi ambientale, la giurisprudenza, che con indirizzo uniforme e consolidato ha originariamente ritenuto sicuramente legittimate le sole associazioni protezionistiche espressamente individuate con apposito decreto ministeriale ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 e 18 della legge n. 349 del 1986, al fine di evitare il possibile configurarsi di un’azione popolare, ha progressivamente ammesso la possibilità di valutare per caso la legittimazione (ad impugnare i provvedimenti amministrativi i materia di ambiente e conseguentemente anche quella ad intervenire nei relativi giudizi) anche in capo ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purché perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di natura ambientale, abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità ed abbiano altresì un stabile collegamento con il territorio in cui è sito il bene che si assume leso (ex multis, Cons. St., sez. V, 14 giugno 2007, n. 3192; 17 luglio 2004, n. 5136; sez. VI, 26 luglio 2001, n. 4123).
E’ stato sottolineato che ai fini della legittimazione non è sufficiente il solo scopo associativo a rendere differenziato un interesse diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, come quello della salvaguardia dell’ambiente, né l’astratta titolarità del diritto all’informazione ambientale, specie quando tale scopo associativo si risolve nell’utilizzazione delle finalità sociali ed ambientali per superare la carenza delle concrete ragioni di proposizione dell’azione giurisdizionale (Cons. St., sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657; sez. V, 9 dicembre 2013, n. 5881), fermo restando che la necessaria sussistenza del requisito dello stabile collegamento con il territorio esclude la legittimazione di quei comitati occasionali, costituiti cioè proprio ed esclusivamente al fine di ostacolare specifiche iniziative asseritamente lesive dell’ambiente o per impugnare specifici atti (Cons. St., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2234; sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4233; 19 febbraio 2010, n. 1001).
6.2. Nel caso di specie non sussisteva e non sussiste la legittimazione e l’interesse ad agire ed intervenire in giudizio del Comitato “Scarica la Discarica”, difettando il necessario requisito dello stabile e duraturo collegamento col territorio, giacché anche a voler prescindere dall’esiguità del numero degli associati (24 su circa 5000 abitanti) evidenziata dalla società appellante, lo stesso Comitato ha confessoriamente ammesso nella memoria di costituzione nel presente giudizio che la sua costituzione è avvenuta “…il giorno 8 marzo 2010 al preciso scopo di ostacolare e possibilmente impedire la realizzazione di discariche di rifiuti di qualsivoglia genere nel Comune di Appianano ed in località Campo di Bove”.
Ciò peraltro esime la Sezione dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado che lo stesso Comitato aveva riproposto con memoria di costituzione in giudizio, senza peraltro sottacersi che, essendo stata tale eccezione espressamente respinta dalla sentenza di primo grado, essa avrebbe potuto essere riproposta con appello incidentale e pertanto era inammissibile.
7. Prima di procedere all’esame degli altri motivi di gravame, la Sezione osserva quanto segue.
7.1. La giurisprudenza ha ripetutamente affermato (Cons. St., sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254; 22 giugno 2009, n. 4206; sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361; 5 luglio 2010, n. 4246; VI, 17 maggio 2006, n. 2851) che, alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio - economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione - zero; in particolare, è stato evidenziato che "la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l'intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell'interesse diverso sotteso all'iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste” (Cons. St, sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246; sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933).
La valutazione di impatto ambientale non è perciò un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico - amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico - sociale) e privati.
Ciò del resto è del tutto coerente con la funzione stessa della valutazione di impatto ambientale che (Cons. St., sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36), “è preordinata alla salvaguardia dell'habitat nel quale l'uomo vive, che assurge a valore primario ed assoluto, in quanto espressivo della personalità umana (Cons. St., sez. VI, 18 marzo 2008, n. 1109), attribuendo ad ogni singolo un autentico diritto fondamentale, di derivazione comunitaria (direttiva 27 luglio 1985 n. 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati); diritto che obbliga l'amministrazione a giustificare, quantomeno ex post ed a richiesta dell'interessato, le ragioni del rifiuto di sottoporre un progetto a V.I.A. all'esito di verifica preliminare (Corte giust. 30 aprile 2009, C75/08). A tali fini, l'ambiente rileva non solo come paesaggio, ma anche come assetto del territorio, comprensivo di ogni suo profilo, e finanche degli aspetti scientifico-naturalistici (come quelli relativi alla protezione di una particolare flora e fauna), pur non afferenti specificamente ai profili estetici della zona”, sottolineandosi che la stessa Corte Costituzionale (sent. 7 novembre 2007, n. 367), ha affermato che "lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, è di per sé un valore costituzionale", da intendersi come valore "primario" (Corte Cost., sentt. nn. 151/1986; 182/2006), ed "assoluto" (sent. n. 641/1987).
E’ stato anche sottolineato che proprio per le finalità cui è preordinata la valutazione di impatto ambientale, la disciplina relativa normativa ha prefigurato un modello di istruttoria aperto ai contributi partecipativi dei soggetti portatori di interessi pubblici e privati coinvolti nell'opera, con la conseguenza che l'impegno motivazionale dell'autorità deliberante è tanto più pregnante quanto più l'istruttoria abbia fatto emergere, mediante apporti partecipativi di soggetti, pubblici e privati, anche esponenziali di interessi collettivi, ricadute potenzialmente negative sul contesto ambientale ed insediativo interessato dall'iniziativa (Cons. St., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2234), fermo restando che l’amministrazione, nel rendere il giudizio di valutazione ambientale, esercita un'amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con conseguenti limiti al sindacato giurisdizionale sulla determinazione finale emessa (Cons. St., sez. V, 27 marzo 2013, n. 1783).
Sono state inoltre delineate le differenze tra valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale, evidenziando che mentre la prima si sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto dal progetto rispetto all'utilità socio-economica dallo stesso ritraibile, tenuto conto anche delle alternativi possibili e dei riflessi sulla c.d. opzione zero, investendo propriamente gli aspetti localizzativi e strutturali di un impianto (e più in generale dell'opera da realizzare), la seconda - introdotta nel nostro ordinamento in attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento - è atto che sostituisce, con un unico titolo abilitativo, tutti i numerosi titoli che erano invece precedentemente necessari per far funzionare un impianto industriale inquinante, assicurando così efficacia, efficienza, speditezza ed economicità all'azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati in gioco, e incide quindi sugli aspetti gestionali dell'impianto (Cons. St, sez. V, 17 gennaio 2012, n. 5292).
7.2. Ciò precisato, può passarsi all’esame degli altri motivi di appello.
7.2.1. Possono essere esaminati congiuntamente il secondo ed il terzo motivo di gravame, con cui la società appellante ha lamentato rispettivamente “II. Error in procedendo ed error in iudicando: Violazione e falsa applicazione degli artt 23, 24, 25, 26, 189 e 208 del D. lgs. n. 152/2006 e s.m.i. (T.U.A.). Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 7 del d. lgs. n. 59/2005. Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 11 della Legge Regionale Marche n. 7/2004 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida adottate con D.G.R.M. n. 1600/2004. Violazione del principio di tutela dell’affidamento. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza ed erroneità dei presupposto, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta ed arbitrarietà” e “III. Error in procedendo ed error in iudicando: Omessa pronuncia sul motivo di impugnazione relativo all’eccessivo peso riservato ai contributi istruttori del Comune di Appignano. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 CPC. Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e ss del d. lgs. n. 152/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione della L.R. Marche n. 7/2004 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida adottate con D.G.R.M. n. 1600/2004. Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti e ingiustizia manifesta”, sostenendo in sintesi che i primi giudici, malamente apprezzando le censure sollevate in primo grado, avrebbero inopinatamente riscontrato la legittimità dei provvedimenti impugnati senza tener conto, per un verso, che l’amministrazione regionale aveva ingiustamente ed inammissibilmente attribuito ai fini della valutazione negativa di impatto ambientale sul progetto proposto un valore assolutamente preponderante e decisivo al dissenso espresso dal Comune di Appignano e, per altro verso, che tale dissenso riguardava soltanto l’aspetto urbanistico e dunque la valutazione di impatto ambientale, senza poter estendere impropriamente i suoi effetti anche sull’autorizzazione integrata ambientale che concerneva invece il funzionamento dell’impianto.
Essi sono infondati.
7.2.1.1. Deve innanzitutto negarsi che l’amministrazione regionale abbia inammissibilmente sopravvalutato ai fini della impugnata valutazione negativa di impatto ambientale il dissenso espresso dal Comune di Appignano, attribuendogli di fatto un valore autonomamente ostativo all’iniziativa proposta dalla società ricorrente.
E’ sufficiente osservare che nel documento istruttorio, allegato all’impugnato decreto n. 48/VAA del 26 aprile 2011 (e che ne costituisce sostanzialmente la motivazione), seppure si sottolinea l’importanza di quel contributo istruttorio, non solo si precisa che esso non è vincolante, per quanto è agevole rilevare che lo stesso è stato valutato unitamente a tutti gli altri elementi emersi nel corso dell’articolata attività istruttoria, così che, come correttamente rilevato dai primi giudici, la valutazione negativa di impatto ambientale costituisce, coerentemente con la sua funzione, un giudizio globale di sintesi di tutti gli elementi istruttori raccolti, dal quale non può logicamente (e neppure giuridicamente) isolarsi il dissenso espresso dal Comune di Appianano (né possono ritenersi rilevanti ai fini della asserita illegittimità della predetta valutazione i presunti comportamenti (extraprocedimentali) sviati tenuti dal Comune di appianano.
D’altra parte l’impugnato decreto regionale non è basato sul solo dissenso della ricordata amministrazione comunale, facendo ragionevole riferimento anche all’attuale sufficienza del sistema regionale di discariche di rifiuti non pericolosi, all’errata e non condivisibile stima (eccessiva) del fabbisogno di discariche posto a fondamento del progetto proposto, all’inadeguatezza delle vie di accesso alla discarica da realizzare.
7.2.1.2. Non può poi ragionevolmente negarsi che la valutazione negativa di impatto ambientale condizioni negativamente il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, giacché non può logicamente, ancor prima che giuridicamente, ammettere che un impianto non compatibile con l’ambiente possa ottenere le autorizzazioni necessarie per il suo funzionamento.
Sarebbe pertanto contrario ai principi di imparzialità e buon andamento, predicati dall’articolo 97 della Costituzione, ed in specie ai corollari di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa, imporre che anche in tali casi l’amministrazione competente debba procedere alla necessaria attività istruttoria e concludere il procedimento relativo all’autorizzazione integrata ambientale, essendone certo il diniego di rilascio.
Non sussiste pertanto il vizio peraltro confusamente prospettato dall’appellante, giacché l’amministrazione regionale, richiamando nella comunicazione di cui all’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 (inviata alla società Appignano Ambiente s.r.l.) il peso del contributo istruttorio del Comune di Appignano nell’ambito della v.i.a. alla luce delle eventuali successive fasi autorizzative, lungi dal riconoscere a quel contributo un valore assolutamente ostativo all’iniziativa in esame, si è limitata in realtà ad evidenziare il rapporto tra la valutazione di impatto ambientale ed l’autorizzazione integrata ambientale e l’effetto interruttivo sul procedimento relativo al rilascio della seconda derivante dal giudizio negativo sulla prima.
7.2.2. Ragioni di ordine sistematico, oltre di chiarezza espositiva, consigliano di esaminare il sesto motivo di gravame, con cui lamentando “Violazione di legge Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 26 del d. lgs. n. 152/2006 (T.U.A.). Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10 e 10 bis della L. n. 241/1990 e s.m.i.. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento, contraddittorietà, difetto di motivazione e ingiustizia manifesta”, l’appellante ha riproposto questioni attenenti alla motivazione della valutazione negativa di impatto ambientale, a suo avviso erroneamente disattesi sotto più profili dai primi giudici.
Anche tale doglianza non merita favorevole considerazione, essendo corrette e condivisibili sul punto le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata.
Diversamente da quanto apoditticamente sostenuto dall’appellante, dalla lettura del documento istruttorio allegato, quale motivazione, al decreto n. 48/VAA del 26 aprile 2011 emerge in modo sufficientemente chiaro ed intelligibile l’iter – logico giuridico che condotto l’amministrazione ad assumere quella determinazione, proprio sulla base degli esiti dell’effettiva attività istruttoria svolta.
Sempre dalla lettura del ricordato documento istruttorio emerge, al di là di ogni ragionevole dubbio, che tutte le osservazioni svolte dalla società appellante all’esito della comunicazione di cui all’art 10 bis della legge n. 241 del 1990 sono state puntualmente esaminate, non costituendo motivo di illegittimità del provvedimento il fatto che le stesse siano state tutte respinte (tranne quella relativa all’esistenza di un crinale); d’altra parte, deve per completezza osservarsi, per un verso, che non è stato provato quali sarebbe state le eventuali ulteriori (e diverse da quelle già esaminate) osservazioni e controdeduzioni che non sarebbero state esaminate e, per altro verso, che, secondo un consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale, ai fini della legittimità di un provvedimento non è necessario che la motivazione contenga un’analitica confutazione delle osservazioni e controdeduzioni svolte dalla parte, essendo invece sufficiente che dalla motivazione si evinca che l’amministrazione abbia effettivamente tenuto conto nel loro complesso di quelle osservazioni e controdeduzioni per la corretta formazione della propria volontà o del proprio giudizio (Cons. St., sez. V, 8 aprile 2014, n. 1662; sez. III, 23 maggio 2011, n. 3106; sez. VI, 3 luglio 2012, n. 3603).
Quanto alla questione della immotivata concessione da parte dell’amministrazione regionale della proroga del termine finale del procedimento per la valutazione di impatto ambientale, è deve osservarsi che, indipendentemente da ogni altra considerazione, non è stato minimamente provato in che modo tale proroga, asseritamente ingiustificata, avrebbe inciso sulla valutazione negativa di impatto ambientale.
7.2.3. Possono essere trattati congiuntamente il quarto ed il quinto motivo di gravame che concernono in particolare sia l’attività istruttoria, sia l’apprezzamento della stessa da parte dell’amministrazione regionale.
In particolare è stato dedotto “IV. Error in procedendo ed error in iudicando: Violazione e falsa applicazione dei principi in materia di V.I.A. per come enunciati nel DPCM del 27/12/1998. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della L.R. Marche n. 7/2004 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 34 del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. (T.U.A.). Eccesso di potere per carenza ed erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti, irrazionalità, irragionevolezza, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta ed arbitrarietà” e “V. Error in procedendo ed error in iudicando: Violazione e falsa applicazione degli artt. 23, 24, 25, 26, 189 e 208 del D. Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. (T.U.A.). Violazione e falsa applicazione dei principi in materia di V.I.A. per come enunciati nel D.P.C.M. del 27/12/1988. Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 11 della Legge Regionale Marche n. 7/2004 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida adottate con D.G.R.M. n. 1600/2004. Violazione del principio di tutela dell’affidamento. Eccesso di potere per carenza ed erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta ed arbitarietà”: ad avviso della società appellante, i primi giudici non avrebbero tenuto conto, per un verso, che, contraddittoriamente l’amministrazione regionale avrebbe fondato la propria valutazione negativa di impatto ambientale sul preteso contrasto tra il progetto presentato e le previsioni urbanistiche del Comune di Appignano, pur avendo negato che le previsioni urbanistiche sono di per sé autonomamente ed immediatamente ostative, e, per altro verso, che l’attività istruttoria era stata incompleta e lacunosa; l’amministrazione regionale avrebbe inoltre inammissibilmente ed ingiustamente ritenuto inaffidabili ed errati i dati posti a fondamento del progetto ed avrebbe per contro acriticamente recepiti gli apporti istruttori degli enti intervenuti nel procedimento istruttorio, ritenendoli altrettanto ingiustamente corretti ed esaustivi, senza procedere ad alcun riscontro.
La sentenza impugnata non merita le censure così sollevate.
Come si è avuto già modo di rilevare, innanzitutto la valutazione negativa di impatto ambientale recata dall’impugnato decreto n. 48/VAA del 26 aprile 2011 non è fondata esclusivamente sul dissenso espresso dal Comune di Appianano e tanto meno sulla non conformità del progetto presentato alle vigenti previsioni urbanistiche di quel comune ed in particolare sulla variante urbanistica adottata che attribuisce all’area interessata dall’impianto di discarica una destinazione d’uso turistico ricettiva.
Ciò esclude in radice la presunta contraddittorietà del provvedimento impugnato, atteso che del tutto ragionevolmente il ricordato carattere non ostativo della non conformità del progetto presentato alle vigenti previsioni urbanistiche non esclude che quelle stesse previsioni possano essere concretamente apprezzate per verificarne la loro effettiva rilevanza ai fini ambientale in relazione al progetto in esame.
Non è d’altra parte possibile, né tanto meno corretto individuare, come suggestivamente prospetta l’appellante, presunti componenti principali e componenti secondarie dell’impugnato decreto, giacché, come pure si è avuto modo di rilevare in precedenza, la valutazione di impatto ambientale costituisce un giudizio globale e sintetico di tutti gli elementi rilevati e rilevanti a tal fine, così che non possono logicamente e giuridicamente isolarsene alcuni cui attribuire un autonomo valore decisivo, salvo che ciò espressamente non emerga dalla motivazione, il che non è dato apprezzare nel caso di specie.
Il fatto poi che la valutazione di impatto ambientale sia espressione della ampia discrezionalità che la legge ha attribuito in materia all’amministrazione regionale, sottrae quel giudizio al sindacato di legittimità, salvo che emergano macroscopici profili di irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà, illogicità o travisamento di fatto, che non sussistono nel caso di specie.
I pur articolati e minuziosi richiami operati dall’appellante alla presunta risalenza dei dati dei flussi dei rifiuti non pericolosi rispetto a quelli posti a fondamento del suo progetto, così che come l’asserito erroneo rilievo accordato alle considerazioni sull’attuale sufficienza del sistema di discariche regionale ed ancora gli asseriti non condivisibili rilievi sulla distanza dal sito della realizzanda discarica da abitazioni (meno di cinquecento metri) o dal centro abitato (meno di duemila metri), lungi dal costituire prova di un eventuale difetto di istruttoria ovvero di un travisamento delle risultanze dell’istruttoria o di una valutazione approssimativa e sviata, si atteggiano in realtà ad una mera inammissibile opinione dissenziente rispetto alle conclusioni raggiunte dall’amministrazione e come tali non sono idonee a supportare la dedotta illegittimità del provvedimento.
Al riguardo deve del resto ricordarsi che non è sufficiente a consentire un sindacato giurisdizionale il fatto che la determinazione contestata sia sul piano del metodo o del procedimento seguito ovvero anche sul piano contenutistico meramente opinabile, tanto più che al giudice amministrativo non è consentito sostituire con le proprie valutazioni quelle dell’amministrazione, essendo necessaria che sia dedotta e provata l’effettiva esistenza di specifici sintomi dell’eccesso di potere (Cons. St., sez. VI, 11 novembre 2013, n. 5365; 2 maggio 2012, n. 2521), che, come accennato, nel caso di specie non sono emersi, anche in considerazione della puntuale, approfondita, ragionevole e coerente motivazione dell’impugnata valutazione negativa di impatto ambientale, richiamata al par. 1.
7.2.4. In conclusione l’appello principale della soc. Appignano Ambiente s.r.l. deve essere accolto in parte e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, deve essere dichiarato inammissibile l’intervento ad opponendum spiegato in primo grado dal Comitato “Scarica La Discarica”; per il resto la sentenza impugnata deve essere confermata.
8. In ragione dell’infondatezza del ricorso di primo grado (confermata anche nel presente giudizio) i primi giudici hanno correttamente ritenuto improcedibile per carenza di interesse il ricorso incidentale spiegato in primo grado dal Comune di Appignano, non emergendo (ne essendo stato provato) alcuno specifico interesse, neppure di carattere meramente morale, all’annullamento dei predetti provvedimenti regionali: ciò tanto più se si tiene conto che non è contestato, né ragionevolmente contestabile, che le previsioni urbanistiche da sole non costituiscono motivo ostativo all’esame di una iniziativa, eventualmente analoga a quella proposta dalla società appellante, ad esse non conforme.
L’appello incidentale deve essere pertanto respinto.
9. Quanto alle spese di giudizio: possono essere compensate quelle del doppio grado tra l’appellante ed il Comitato “Scarica la Discarica”, stante la peculiarità della fattispecie; possono essere compensate quelle del presente grado di giudizio tra l’appellante e il Comune di Appianano, stante la reciproca soccombenza; quanto a quelle tra l’appellante e le altre parti costituite, le stesse seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto dalla soc. Appignano Ambiente s.r.l. e su quello incidentale spiegato dal Comune di Appignano avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sez. I, n. 418 del 6 giugno 2013, così provvede:
- accoglie in parte l’appello principale della soc. Appianano Ambiente s.r.l. e, per l’effetto in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile l’intervento in giudizio del Comitato “Scarica La Discarica”per difetto di legittimazione;
- conferma per il resto la sentenza impugnata;
- respinge l’appello incidentale;
- dichiara compensate tra l’appellante principale ed il Comitato “Scarica La Discarica” le spese del doppio grado di giudizio;
- dichiara compensate le spese del presente grado di giudizio tra l’appellante principale e il Comune di Appignano;
- condanna l’appellante principale al pagamento in favore della Regione Marche e della Provincia di Macerata delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano complessivamente in €. 8.000,00 (ottomila), €. 4.000,00 (quattromila) ciascuno, oltre IVA, CPA ed altri oneri di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)