Consiglio di Stato, sez. V, 17 febbraio 2004, n. 611
INQUINAMENTO Smaltimento rifiuti
E’ legittima la clausola del capitolato che impone all’appaltatore la consegna dei rifiuti sanitari all’impianto di smaltimento nello stesso giorno del loro ritiro.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul
ricorso in appello n.6140/2003, proposto
dall’ Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”,
rappresentato e difeso dall’Avv.to Giulio Masotti, con domicilio eletto in
Roma, Via G.G. Belli 122, presso l’Avv.to Giulio Masotti
contro
ECOTRAS
S.P.A., FISIA ITALIMPIANTI S.P.A., MENGOZZI S.R.L., tutte rappresentate e difese
dagli Avv.ti Paola Cairoli e Riccardo Salvini, con domicilio eletto in Roma,
Piazza del Popolo n. 18 presso l’Avv.to Paola Cairoli;
per
la riforma
della
sentenza del TAR
LAZIO - ROMA: Sezione III TER n.3193/2003,
resa tra le parti, concernente APPALTO PER LA GESTIONE DEL SERVIZIO RACCOLTA
TRASP. E SMALTIM. RIFIUTI SANITARI;
Visto
l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio delle
ECOTRAS S.P.A., FISIA ITALIMPIANTI S.P.A., MENGOZZI S.R.L.;
Viste
le memorie difensive;
Visti
gli atti tutti della causa;
Alla
pubblica udienza dell’11 novembre 2003, relatore il Consigliere Carlo Deodato
ed uditi, altresì, gli avvocati G. Masotti e P. Cairoli;
Ritenuto
in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con
la sentenza appellata il T.A.R. del Lazio, in parziale accoglimento del ricorso
proposto dalla Ecotras s.p.a., dalla Fisia Italimpianti s.p.a. e dalla Mengozzi
s.r.l., disattendeva le eccezioni di rito formulate dall’ente resistente,
annullava due prescrizioni contenute nella disciplina della gara indetta
dall’Istituto Nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”
(d’ora innanzi: Istituto Spallanzani) per l’affidamento del servizio di
raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari e disattendeva le censure
rivolte contro una clausola del disciplinare.
Avverso
tale decisione proponeva rituale appello l’Istituto Spallanzani, ribadendo
l’eccezione di nullità della procura ad
litem allegata al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado,
criticando la correttezza del giudizio di illegittimità di due clausole del
regolamento di gara pronunciato con la decisione appellata e concludendo per la
riforma di quest0ultima e per la conseguente reiezione del gravame originario.
Resistevano
le società originarie ricorrenti, contestando la fondatezza dei motivi addotti
a sostegno dell’appello principale, proponendo appello incidentale avverso il
capo della decisione con cui era stato respinto un motivo del proprio ricorso
originario e concludendo in conformità a tali difese.
Le
parti illustravano ulteriormente le loro tesi mediante il deposito di memorie
difensive.
Alla
pubblica udienza dell’11 novembre 2003 il ricorso veniva trattenuto in
decisione.
DIRITTO
1.-
Le parti controvertono sulla legittimità di alcune clausole del regolamento di
gara relativo alla procedura ad evidenza pubblica indetta dall’Istituto
Spallanzani per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e
smaltimento dei rifiuti sanitari e, in particolare, di quella prevista
all’art.2, lett.a), del capitolato speciale, secondo il quale “i rifiuti
dovranno inoltre essere ritirati e consegnati all’impianto di smaltimento
nello stesso giorno (escluso i festivi)”, di quella prevista dall’art.2,
lett.h) del disciplinare di gara, che impone, a pena di esclusione, la
produzione della “…dichiarazione di essere in regola con i versamenti dei
contributi INPS e INAIL in applicazione del Contratto Collettivo Nazionale di
Lavoro per il personale dipendente di imprese esercenti servizi di igiene
ambientale, smaltimento rifiuti, espurgo pozzi neri e simili e depurazione delle
acque…” e di quella prevista dall’art.7 lett.e) del capitolato speciale e
dall’art.2 del disciplinare di gara che prescrivono l’allegazione di
“positive referenze rilasciate da organizzazioni sindacali”.
La
Ecotras s.p.a., la Fisia Italimpianti s.p.a. e la Mengozzi s.r.l., sulla base
della dichiarata volontà di costituirsi in a.t.i. per concorrere alla procedura
selettiva e sul presupposto assunto che la loro partecipazione alla gara era
preclusa dalle suddette prescrizioni, hanno, infatti, impugnato queste ultime,
assumendone l’illegittimità, sotto il profilo dell’irragionevolezza degli
obblighi con le stesse imposti, ed invocandone, quindi, l’annullamento.
Il
Tribunale adìto, dopo aver disatteso l’eccezione di inammissibilità del
ricorso - per nullità della procura - formulata dall’Istituto Spallanzani,
giudicava illegittime le clausole relative all’obbligo dello smaltimento dei
rifiuti nello stesso giorno del ritiro e della documentazione del rilascio di
positive referenze da parte delle organizzazioni sindacali, mentre riteneva
corretta quella relativa all’attestazione della regolarità contributiva.
L’Istituto
Spallanzani appella tale decisione reiterando, in via pregiudiziale,
l’eccezione relativa all’irrituale introduzione del giudizio di primo grado,
criticando, nel merito, la valutazione di illegittimità delle clausole
annullate e concludendo per l’annullamento della pronuncia impugnata.
Le
società appellate difendono, di contro, la correttezza del convincimento
espresso dai primi giudici in merito all’infondatezza dell’eccezione
processuale ed all’illegittimità delle due suddette prescrizioni del
regolamento di gara, ma criticano, con la formale proposizione di appello
incidentale, la statuizione reiettiva del motivo indirizzato contro la clausola
relativa alla regolarità contributiva e concludono per la reiezione
dell’appello principale e per la parziale riforma della decisione, in
accoglimento di quello, proprio, incidentale.
2.-
La palese infondatezza nel merito del ricorso di primo grado, per come di
seguito rilevata ed argomentata, esime il Collegio dalla disamina
dell’eccezione della sua rituale introduzione.
3.-
Con il primo motivo di merito, l’Istituto appellante critica la decisione
impugnata nella parte in cui è stata ritenuta illegittima la prescrizione che
impone la consegna dei rifiuti all’impianto di smaltimento nello stesso giorno
del loro ritiro.
Il
giudizio reso in prima istanza si fonda sul duplice rilievo che la normativa di
riferimento (costituita dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22 e dal
decreto ministeriale 26 giugno 2000, n.219) omette qualsiasi indicazione di un
termine massimo per la consegna all’impianto di smaltimento dei rifiuti
sanitari e che, in difetto di un parametro positivo oggettivo, la misura
discrezionalmente imposta dall’Istituto si rivela priva di adeguate e concrete
giustificazioni in ordine alla necessità di riservare un termine tanto breve
alla definizione attività considerata e, perciò, irragionevolmente limitativa
della partecipazione alla gara di imprese dotate di impianti di termodistruzione
non raggiungibili nello stesso giorno dalla raccolta dei rifiuti.
L’appellante
critica la correttezza di tale argomentazione, sostenendo, di contro, che la
normativa di riferimento, pur omettendo ogni indicazione puntuale di un termine
perentorio per la consegna dei rifiuti all’impianto di termodistruzione,
impone, sotto diversi profili, lo smaltimento sollecito dei rifiuti sanitari in
questione e la limitazione della loro movimentazione, vincolando, così, le
amministrazioni appaltanti a definire modalità gestorie che circoscrivano il
segmento temporale corrente tra la raccolta e lo smaltimento e che riducano
l’ambito spaziale del trasporto, mediante l’utilizzo di impianti siti in
prossimità del luogo di produzione dei rifiuti.
Deve
premettersi che la prescrizione in esame non preclude in radice la
partecipazione delle originarie ricorrenti, ma, semmai, impone loro di
procurarsi una convenzione con un’impresa titolare di un impianto di
smaltimento raggiungibile nel termine prescritto, sicchè appare dubbia la
stessa sussistenza in capo alle stesse dell’interesse ad impugnare la relativa
clausola del bando (priva, a ben vedere, della sua asserita immediata lesività).
In
ogni caso, la censura svolta in primo grado si rivela infondata nel merito.
Si
deve, anzitutto, avvertire che la mancanza nella disciplina di riferimento di
una previsione puntuale e vincolante che regoli i tempi dello smaltimento dei
rifiuti sanitari non vale, di per sé, come, peraltro, esattamente riconosciuto
dal T.A.R., ad impedire all’Istituto committente di stabilire, nella lex
specialis di gara o, meglio, nella connessa prefigurazione della disciplina
del rapporto contrattuale, una
regolamentazione specifica di un aspetto del servizio, rimasto sprovvisto di
dettami nella normativa primaria.
Ne
consegue che il giudizio di legalità della prescrizione in esame va compiuto
alla stregua degli ordinari criteri di verifica del corretto esercizio della
discrezionalità (e, in particolare, dei canoni della ragionevolezza e della
proporzionalità), senza, tuttavia, trascurare le indicazioni ricavabili
dall’analisi della disciplina positiva di riferimento quali principi di
indirizzo dell’attività di scelta riservata alle amministrazioni appaltanti
nel settore in questione.
Così
definito il campo di indagine e chiarito che la mancanza di un parametro
positivo del tempo occorrente per lo smaltimento non impedisce l’uso del
potere discrezionale di regolare tale aspetto dell’appalto, risulta agevole
rilevare che la natura dell’oggetto dell’obbligo sancito dalla clausola
controversa - rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo (CER 180103) – e
le connesse esigenze di tutela dell’ambiente e della salute pubblica
(espressamente valorizzate dall’art.1 d.m. n.219/2000, con specifico
riferimento alla gestione dei rifiuti sanitari) giustificano senz’altro una
misura precauzionale che, in aggiunta alla disciplina primaria (di per sé, come
detto, non esaustiva delle cautele sanzionabili dalle amministrazioni
committenti), riduca ulteriormente i rischi di contaminazione, mediante la
limitazione spaziale e temporale della movimentazione dei rifiuti pericolosi.
Tale
scelta, certamente idonea ad accrescere le garanzie di sicurezza dell’ambiente
e della salute pubblica già assicurate dalla legislazione primaria con la
regolamentazione delle modalità del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti
sanitari pericolosi, si rivela oltretutto coerente con i vincoli normativi
relativi all’utilizzo di impianti di smaltimento prossimi ai luoghi di
produzione dei rifiuti speciali (art.22, comma 3, lett.c, d. lgs. n.22/97), alla
cui categoria può essere ascritta la tipologia in questione, ed alla scelta di
modalità gestorie che riducano la pericolosità di quelli sanitari (art.1 d.m.
n.219/2000).
Come
si vede, quindi, la prescrizione controversa si rivela del tutto ragionevole,
proporzionata e, soprattutto, correttamente finalizzata alla efficace
soddisfazione di quelle elle esigenze di tutela dell’ambiente e della salute
pubblica al cui perseguimento si appalesa preordinata la disciplina di settore,
ancorchè non esaustiva nei suoi contenuti precettivi.
Né
vale, da ultimo, lamentare una presunta, indebita restrizione della concorrenza,
posto che, quand’anche fosse configurabile tale ipotizzata evenienza, il
relativo sacrificio dell’ampiezza delle imprese concorrenti deve ritenersi
senz’altro giustificato dall’esigenza di realizzare il preminente interesse
generale alla riduzione dei rischi connessi al trasporto di rifiuti sanitari a
rischio infettivo, a fronte del quale quello, pure, in sé, apprezzabile, alla
più ampia partecipazione alla gara si rivela senz’altro recessivo.
Il
primo motivo va, in definitiva, accolto, con conseguente annullamento del
relativo capo della statuizione appellata.
4.-
Con il secondo motivo si censura la parte della decisione con cui è stata
giudicata illegittima la clausola impositiva dell’obbligo di produzione di
positive referenze rilasciate da organizzazioni sindacali e si assume,
innanzitutto, l’inidoneità di tale prescrizione a determinare una lesione
immediata degli interessi delle originarie ricorrenti.
Il
motivo è fondato.
Contrariamente
a quanto erroneamente ritenuto dal T.A.R., infatti, l’allegazione di referenze
sindacali favorevoli non risulta configurata nel regolamento di gara quale
requisito di partecipazione, ma solo come uno dei parametri di valutazione della
qualità dell’offerta (art.7 lett.e del capitolato speciale), peraltro con un
peso irrisorio sul punteggio complessivo (un punto su sessanta), sicchè
l’omessa produzione dei relativi attestati non determina l’esclusione
dell’impresa “inadempiente”, ma implica la sola conseguenza
dell’impossibilità di assegnazione del punto disponibile per la relativa voce
della valutazione dell’offerta.
Né
vale richiamare l’art.2 del disciplinare di gara, a sostegno dell’assunto
contrario, posto che, a ben vedere, la sanzione dell’esclusione risulta ivi
espressamente ricollegata alla incompletezza dell’elaborato tecnico od alla
sua difformità dal suo contenuto necessario, mentre le referenze sindacali
risultano contemplate tra gli atti da inserire nella busta n.2 “documentazione
tecnica” insieme, tra gi altri, all’elaborato tecnico, ma non come oggetto
di quest’ultimo: è sufficiente, al riguardo, esaminare la composizione
letterale e grafica della prescrizione per ricavare agevolmente che
l’elaborato tecnico e le referenze sindacali sono previste come documenti
autonomi e distinti, entrambi da inserire nella busta n.2, sicchè il
riferimento esplicito dell’esclusione alla sola incompletezza del primo
impedisce all’interprete di estendere la portata della sanzione alla carenza
di un documento diverso da quello ivi palesemente richiamato.
Ne
consegue che le originarie ricorrenti risultano sprovviste di qualsiasi
interesse concreto alla contestazione della legittimità di una clausola
(peraltro, di dubbia ragionevolezza) che non ne impediva la partecipazione e che
non appariva neanche astrattamente idonea a determinare una lesione immediata
dei loro interessi (anche tenuto conto della sua incidenza irrisoria sulla
valutazione complessiva della qualità dell’offerta.
In
riforma del relativo capo della decisione appellata la censura in questione, va,
dunque, dichiarata inammissibile per difetto di interesse.
5.-
Resta da esaminare l’appello incidentale con il quale le società appellate
contestano il capo della decisione con cui è stata respinto il motivo formulato
all’indirizzo della clausola (art.2 lett.h del disciplinare di gara) che
imponeva, a pena d’esclusione, l’attestazione dell’impresa di “essere in
regola con i versamenti dei contributi INPS e INAIL, in applicazione del
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il personale dipendente da Imprese
esercenti servizi di igiene ambientale, smaltimento rifiuti, espurgo pozzi neri
e simili e depurazione delle acque”.
Dalla
lettura dell’appello si ricava che la preoccupazione sottesa
all’impugnazione della clausola coincide con il timore che la stessa vincoli
le imprese all’applicazione del contratto collettivo ivi menzionato a tutto il
loro personale e che l’eventuale attuazione, per alcune unità, di un
contratto collettivo da parte di una concorrente ne implichi l’esclusione.
Non
viene, in sintesi, contestato il potere, in sé, dell’amministrazione
appaltante di pretendere l’attestazione del rispetto della regolarità
contributiva in relazione alla disciplina negoziale dei rapporti di lavoro
interessati dall’indagine, peraltro già imposta dalla normativa di
riferimento di rango primario, quanto l’indicazione, nella relativa
prescrizione, di una tipologia specifica di contratto collettivo quale parametro
di valutazione.
Se
tale risulta la critica indirizzata alla clausola in esame, risulta agevole
rilevare che il riferimento, in via generale, al contratto collettivo di imprese
operanti nel settore dell’igiene ambientale risulta senz’altro giustificato
dalla plausibile presunzione che il rapporto di lavoro dei dipendenti delle
società che concorrono ad una gara per l’affidamento del servizio di
raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti sanitari sia proprio quello
specificamente richiamato quale indice di riferimento della verifica
dell’osservanza degli obblighi contributivi e che, nonostante ciò,
l’eventuale applicazione di altre tipologie di contratti collettivi ad una
parte del personale impiegato non vale, di per sé, a determinare l’esclusione
dalla gara, secondo un’esegesi finalistica della clausola, ma impone, anche
per la posizione di quei dipendenti, l’attestazione della regolarità
contributiva, con riferimento al contratto collettivo agli stessi applicato.
La
prescrizione, in definitiva, per come appena intesa, si rivela, da una parte,
sicuramente ragionevole e coerente con l’interesse generale alla cui
soddisfazione risulta preordinata e, dall’altra, inidonea a pregiudicare la
posizione delle originarie ricorrenti, nei termini prefigurati nel gravame.
La
statuizione impugnata in via incidentale merita, in sintesi, integrale conferma.
6.-
Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento
dell’appello principale, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado,
e il rigetto di quello incidentale.
7.-
Ragioni di equità giustificano la compensazione delle spese di entrambi i gradi
di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello
principale e, in riforma della decisione appellata, respinge il ricorso in primo
grado; respinge l’appello incidentale; compensa le spese di entrambi i gradi
di giudizio;
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 11 Novembre 2003 con
l’intervento dei Sigg.ri:
Emidio Frascione
Presidente
Raffaele
Carboni
Consigliere
Paolo
Buonvino
Consigliere
Claudio Marchitiello
Consigliere
Carlo Deodato
Consigliere Estensore