Consiglio di Stato, Sez. V n. 5292 del 17 ottobre 2012
Rifiuti. Ammodernamento tecnologico o trasformazione in inceneritore centrale elettrica alimentata con fonti rinnovabili. Conclusioni del procedimento di V.I.A. e rilascio dell’A.I.A.
La materia dell’incenerimento dei rifiuti è oggetto di una speciale normativa (D.Lgs. 11 maggio 2005, n. 133 “Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti), dalla quale si evince che costituisce impianto di incenerimento (art. 2, lett. d), “qualsiasi unità o attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico dei rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione” e che costituisce impianto di coincenerimento (art. 2, lett. e) “qualsiasi impianto fisso o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia e di materiali che utilizzano rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento. L’ultimo periodo della citata lett. e) dell’articolo 2 precisa che “Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consista nella produzione di energia o di materiali, bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi della lettera d)”. Pertanto, l’amministrazione, appurata tale divergenza (che non è meramente formale e non rileva soltanto dal punto di vista terminologico), piuttosto che concludere il procedimento di V.I.A., imponendo prescrizioni ai fini del successivo rilascio dell’A.I.A., avrebbe dovuto invitare la società proponente il progetto a precisare e specificare effettivamente il progetto presentato, chiarendo se esso consisteva effettivamente in un ammodernamento di quello procedente oppure in una trasformazione di quello già esistente in inceneritore, ciò non solo ai fini della correttezza della fase di pubblicità, ma anche al fine di valutare la adeguatezza e la completezza del procedimento di V.I.A. (proprio in ragione della diversità dell’impianto) (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 05292/2012REG.PROV.COLL.
N. 09692/2011 REG.RIC.
N. 10188/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9692 del 2011, proposto da:
SCARLINO ENERGIA S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Dell'Anno e Giuseppe Le Pera, con domicilio eletto presso Paolo Dell'Anno in Roma, via Umberto Saba, n. 54 - Sc. C;
contro
COMUNE DI FOLLONICA - DIRIGENTE UFFICIO AMBIENTE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Luciani, con domicilio eletto presso Massimo Luciani in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;
nei confronti di
PROVINCIA DI GROSSETO, COMUNE DI SCARLINO, ASL N.9 GROSSETO, ATO 9 RIFIUTI - GROSSETO, UFFICIO TECNICO DEL GENIO CIVILE DI GROSSETO, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti non costituiti in giudizio;
AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE (A.R.P.A.) TOSCANA DIPARTIMENTO DI GROSSETO, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Lucia Bora, Fabio Ciari, con domicilio eletto presso Niccolò Bruno in Roma, piazza Barberini, n. 12;
sul ricorso iscritto al numero di registro generale 10188 del 2011, proposto da:
PROVINCIA DI GROSSETO, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
contro
COMUNE DI FOLLONICA, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Luciani, con domicilio eletto presso Massimo Luciani in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;
nei confronti di
SCARLINO ENERGIA S.R.L., AZIENDA USL N.9-GROSSETO, ATO 9 RIFIUTI-GROSSETO, UFFICIO TECNICO DEL GENIO CIVILE DI GROSSETO-SIENA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti non costituiti in giudizio;
AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE (A.R.P.A.)-TOSCANA DIPARTIMENTO DI GROSSETO, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Fabio Ciari, Lucia Bora, con domicilio eletto presso Niccolò Bruno in Roma, piazza Barberini, n. 12;
entrambi per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE, Sez. II, n. 1766 del 18 novembre 2011, resa tra le parti, concernente GIUDIZIO DI COMPATIBILITÀ AMBIENTALE SU PROGETTO DI AMMODERNAMENTO CENTRALE ELETTRICA DI SCARLINO;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Follonica - Dirigente Ufficio Ambiente, che in entrambi i giudizi ha spiegato appello incidentale, e dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) Toscana Dipartimento di Grosseto, che pur costituita in entrambi i giudizi, ha spiegato appello incidentale solo nel ricorso NRG. 9692/2011;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Paolo Dell'Anno, Massimo Luciani e Silvia Fantappiè su delega dell'avvocato Lucia Bora Angelo Clarizia, Massimo Luciani e Silvia Fantappiè su delega dell'avvocato Lucia Bora;
Ritenuto in fatto e considerato in quanto segue.
FATTO
1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. II, con la sentenza n. 1766 del 18 novembre 2011, definitivamente pronunciando, nella resistenza della Provincia di Grosseto e della Scarlino Energia s.r.l. sui ricorsi, integrati da motivi aggiunti, iscritti rispettivamente al NRG. 542 dell’anno 2009 e 1953 dell’anno 2010, entrambi proposti dal Comune di Follonica per l’annullamento: 1) quanto al primo (NRG. 542/2009): a) col ricorso principale, della determinazione n. 118 del 19 gennaio 2009 del Dirigente del Settore Pianificazione Territoriale – Unità Operativa Valutazione di Impatto Ambientale – della Provincia di Grosseto, recante la presa d’atto del Rapporto Istruttorio Interdisciplinare e il giudizio di compatibilità ambientale, ai sensi dell’art. 18 della legge regionale della Toscana n. 72 del 1998, sul progetto di “Ammodernamento tecnologico e interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica di Scarlino da alimentare con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR e CDRQ), proposto dalla società Scarlino Energia s.r.l.; b) con i motivi aggiunti depositati il 6 agosto 2009, della successiva determinazione dirigenziale n. 2211 del 5 giugno 2009, anch’essa del Dirigente del Settore Pianificazione Territoriale – Unità Operativa Valutazione di Impatto Ambientale – della Provincia di Grosseto, avente ad oggetto “Atto ricognitorio della Determina Dirigenziale n. 118/2009 inerente “Ammodernamento tecnologico e interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica di Scarlino da alimentare con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR e CDRQ)” Autorità Proponente: Scarlino Energia s.r.l.”; c) con i motivi aggiunti depositati il 21 maggio 2010, della delibera della Giunta provinciale di Grosseto 11 marzo 2010, n. 36, e degli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi, con particolare riferimento alla determinazione dirigenziale n. 678 dell’11 marzo 2010 del Dipartimento Territorio, Ambiente e Sostenibilità, Settore Ambiente, della Provincia di Grosseto (avente ad oggetto “Approvazione Supplemento al rapporto istruttorio interdisciplinare del 16 gennaio 2009. Provvedimento conclusivo a seguito di riesame della Valutazione d’Impatto Ambientale relativa al “Progetto di ammodernamento tecnologico e interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica di Scarlino”, proposto da Scarlino Energia s.r.l., ai fini della pronuncia di compatibilità ambientale da parte dell’Autorità Competente”), al Supplemento al Rapporto Istruttorio Interdisciplinare del 16 gennaio 2009 ed al parere in merito al riesame relativo alla V.I.A. del progetto di ammodernamento tecnologico e degli interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica di Scarlino; 2) quanto al secondo (NRG. 1953/2010): a) col ricorso principale, della determinazione dirigenziale n. 2378 del 27 luglio 2010, avente ad oggetto “D. Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 “Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento – Ditta Soc. Scarlino Energia s.r.l. – Impianto di incenerimento alimentato a biomasse e CDR e CDR-Q sito in loc. Casone nel Comune di Scarlino – Rilascio Autorizzazione Integrata Ambientale”; b) con i motivi aggiunti, depositati il 22 dicembre 2010 ed il 7 gennaio 2011, della determinazione dirigenziale n. 3892 del 14 dicembre 2010 del Dipartimento Sviluppo Sostenibile – Area Ambiente e Conservazione della natura – Servizio Ambiente della Provincia di Grosseto, avente ad oggetto “Ditta: Soc. Scarlino Energia S.r.l. – Impianto di incenerimento alimentato a biomasse e CDR e CDR-Q sito in loc. Casone nel Comune di Scarlino – Autorizzazione Integrata ambientale rilasciata con Determinazione Dirigenziale n. 2378 del 27/07/2010 – Nulla osta”, in uno con gli atti presupposti, consequenziali e connessi, anche non conosciuti; ha così provveduto:
- ha riunito i ricorsi per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva;
- ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’impugnazione dei provvedimenti di cui al ricorso principale (NRG. 542/2009) ed ai primi motivi aggiunti (determinazioni dirigenziali n. 118 del 19 gennaio 2009 e n. 2211 del 5 giugno 2009, il relativo contenuto essendo stato traslato nella determinazione dirigenziale n. 678 dell’11 marzo 2010 e nella delibera della Giunta provinciale di Grosseto n. 36 dell’11 marzo 2010);
- in relazione agli atti impugnati con i motivi aggiunti depositati il 21 maggio 2010 (delibera della Giunta provinciale n. 36 dell’11 marzo 2010 e determinazione dirigenziale n. 678 dell’11 marzo 2010), ha: a) respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla intimata società Scarlino Energia s.r.l. per l’asserita violazione della competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale del Lazio ai sensi dell’art. 135, comma 1, lett. e), c.p.a., sia perché la controversia de qua non rientrava tra quelle relative alla gestione del ciclo dei rifiuti, irrilevante essendo la circostanza che parte preponderante del materiale impiegato per l’alimentazione dell’impianto di energia elettrica fosse costituita da CDR e CDR-Q, sia perché l’impianto in questione non aveva una potenza termica superiore a 400 MW; b) ritenuto fondati il primo (concernente la violazione delle norme statali, regionali e comunitarie in ordine alla partecipazione al procedimento in questione, in particolare artt. 10, comma 1, lett. b), della legge n. 241 del 1990 e 24, comma 5, del D. Lgs. n. 152 del 2006), il secondo (riguardante il difetto di istruttoria e di motivazione degli atti impugnati), il quarto (relativo alla erronea qualificazione attribuita dalla società Scarlino Energia s.r.l. all’impianto in questione, trattandosi di un inceneritore o coinceneritore e non già di una centrale elettrica funzionante a biomasse, con violazione della normativa regolante il procedimento di V.I.A.) ed il sesto motivo (attinente alla violazione dell’art. 24 del D. Lgs. n. 12 del 2006, oltre che al difetto di motivazione e di istruttoria), con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, delibera della Giunta provinciale di Grosseto n. 36 dell’11 marzo 2010 e determinazione dirigenziale 678 dell’11 marzo 2010;
- quanto al ricorso NRG. 1953/2010, respinta preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla Provincia di Grosseto, per la asserita omessa impugnazione del Piano provinciale per la gestione dei rifiuti e dell’eccezione di incompetenza territoriale, sollevata dalla società Scarlino Energia, s.r.l., ha ritenuto fondati il terzo (relativo alla dedotta violazione dell’art. 15 del D. Lgs. n. 133 del 2005) ed il quinto motivo (concernente la asserita violazione delle norme in materia di conferenza di servizi con riferimento all’efficacia ed alla celerità del relativo procedimento) di censura, con assorbimento degli altri, con conseguente annullamento della determinazione dirigenziale n. 2378 del 27 luglio 20101;
- ha accolto anche il ricorso per motivi aggiunti, dichiarando illegittima in via derivata anche la determinazione dirigenziale n. 3892 del 14 dicembre 2010.
2. La società Scarlino Energia s.r.l. ha lamentato l’erroneità e l’ingiustizia di tale sentenza, chiedendone la riforma alla stregua dei motivi di gravame qui di seguito sinteticamente indicati:
1) “Inammissibilità del ric. N. 1953/2010 e per l’effetto sopravvenuta carenza di interesse del ricorso principale n. 542/2009 e dei motivi aggiunti”: posto che la valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) e l’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A) costituiscono atti funzionalmente autonomi, l’intangibilità della seconda, in quanto malamente impugnata innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Toscana invece che innanzi a quello del Lazio, inderogabilmente competente per funzione, la controversia de qua essendo attinente alla gestione del ciclo rifiuti, avrebbe reso inammissibile il ricorso proposto nei confronti dell’A.I.A. ed improcedibile per carenza di interesse quello avverso l’A.I.A;
2) “Error in iudicando; violazione del giusto processo (art. 111 Cost.); difetto di istruttoria e travisamento dei fatti; difetto di motivazione”: non sussisterebbe il riscontrato vizio di carenza istruttoria e difetto di motivazione per violazione delle norme in tema di partecipazione ai procedimenti di V.I.A., atteso che, come si evincerebbe inconfutabilmente dalla motivazione della delibera della Giunta provinciale di Grosseto n. 36 del 2010, tutti gli apporti collaborativi pervenuti sarebbero stati esaminati e valutati, non essendo invece necessario per il loro legittimo rigetto una specifica confutazione;
3) “Error in iudicando; difetto di istruttoria e travisamento dei fatti; motivazione erronea”: la circostanza che il parere richiesto all’Università di Siena sia stato da quest’ultima rimesso il 10 marzo 2010 e che il giorno successivo sia stata adottata la delibera della Giunta provinciale n. 36 (e la determinazione dirigenziale n. 678) non costituirebbe indice sintomatico di eccesso di potere per carenza istruttoria, atteso che i provvedimenti in questione (deliberazione della giunta e determinazione dirigenziale) non si fondano esclusivamente sul ricordato parere dell’Università di Siena, ma sulle prevalenti ed autonome valutazioni dei competenti uffici dell’amministrazione;
4) “Error in iudicando; violazione del giusto processo (art. 111 Cost.); difetto di istruttoria e travisamento dei fatti; difetto di motivazione”: la asserita erronea qualificazione dell’impianto di Scarlino costituirebbe questione del tutto irrilevante ai fini della valutazione di impatto ambientale, mentre ai fini del rilascio dell’A.I.A. sarebbero state imposte le opportune prescrizioni idonee a rendere sicuro il suo funzionamento; ciò senza contare che il progetto proposto, mai modificato, non avrebbe mai riguardato l’aggiornamento e la riqualificazione di una mera centrale elettrica, bensì un vero e proprio impianto di inceneritore/coinceneritore;
5) “Error in iudicando; violazione del giusto processo (art. 111 Cost.); difetto di istruttoria e travisamento dei fatti; difetto di motivazione”: il riscontrato difetto di istruttoria e di motivazione (per l’incompletezza del campionamento al tempo zero sulla fauna ittica, nonché in ordine alla valutazione delle ricadute e delle concentrazioni di inquinanti emessi dall’impianto con particolare riguardo al livello di incertezza sulla reale responsabilità relativa alle diverse altre fonti di inquinamento atmosferico e rispetto alle potenziali forme di trasporto da altri sorgenti emissive) che, secondo il tribunale inficerebbe la delibera della Giunta provinciale di Grosseto n. 36 del 2010, emergendo direttamente dal Rapporto istruttorio interdisciplinare e dallo studio dell’Università degli Studi di Siena, sarebbe in realtà solo il frutto di una lettura parziale ed approssimativa di quei documenti, da cui risulterebbe in modo inconfutabile la completezza ed accuratezza delle indagini svolte sul c.d. punto zero, la stessa normativa regionale prevedendo appositi monitoraggi nella fase di esercizio dell’impianto; in ogni caso le conclusioni della sentenza sarebbero palesemente inammissibili, configurandosi come valutazioni di merito rimesse all’esclusiva competenza dell’amministrazione;
6) “Error in iudicando; erronea applicazione dell’art. 15 del D. Lgs. n. 133/2005. Motivazione erronea”: in relazione al procedimento per l’emanazione dell’A.I.A., il rubricato articolo 15 del D. Lgs. 133 del 2005, richiamerebbe espressamente le disposizioni previste dal D. Lgs. n. 59 del 2005 in relazione al procedimento V.I.A., che sarebbero più dettagliate di quelle invocate ed effettivamente applicate nel caso di specie, così che la relativa censura, piuttosto che essere accolta, meritava di essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse;
7) “Error in iudicando; erronea applicazione dell’art. 14 ter della legge n. 241/1990. Motivazione erronea”: l’integrazione documentale, la cui produzione, secondo i primi giudici, sarebbe stata inammissibilmente consentita dall’amministrazione procedente nel corso della conferenza dei servizi, sarebbe stata null’altro che la riproduzione scritta di chiarimenti che la società proponente aveva già reso nel corso della precedente riunione della conferenza stessa in risposta alle richieste avanzate dagli organi tecnici della Provincia di Grosseto; proprio la funzione della conferenza di servizi avrebbe pertanto imposto la declaratoria di inammissibilità della censura.
Il ricorso è stato iscritto al NR. 9692 dell’anno 2011.
Il Comune di Follonica, inizialmente costituitosi in giudizio con rituale memoria ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. (con cui, oltre a dedurre l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame, chiedendone il rigetto, ha anche chiesto l’accoglimento degli altri motivi di ricorso sollevati in primo grado e dichiarati assorbiti), ha poi spiegato appello incidentale, lamentando innanzitutto l’erronea pronuncia di improcedibilità del ricorso NRG. 542 del 2009 e del successivo atto per motivi aggiunti, depositato il 6 agosto 2010, per “violazione e falsa applicazione dell’art. 35, comma 1, lett. c), del cod. proc. amm.” (stante la perdurante validità ed efficacia della determinazione dirigenziale n. 118 del 19 gennaio 2009, non annullata dalla delibera della Giunta provinciale di Grosseto n. 36 del 2010, né assorbita da quest’ultima, e recante elementi idonei a condizionare negativamente la rinnovazione del procedimento di V.I.A.) e riproponendo quindi le censure svolte in primo grado.
Anche l’Agenzia Regionale per la Protezione ambientale della Toscana (A.R.P.A.T.) ha spiegato appello incidentale, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto illegittimi gli atti impugnati in primo grado in ragione di una presunta incompletezza istruttoria, senza tener conto degli approfonditi contributi da essa forniti nel corso dei procedimenti di V.I.A., A.I.A. e di rilascio del nulla – osta, sollevando due motivi di gravame, entrambi rubricati “Violazione e/o falsa applicazione del D. Lgs. 104 del 2010. Eccesso di potere particolarmente sotto i profili del difetto di motivazione, dell’errore manifesto, della illogicità e della contraddittorietà”.
Con ordinanza n. 70 dell’11 gennaio 2012 la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, fissando contestualmente per la discussione del merito l’udienza pubblica del 4 maggio 2012.
3. Anche la Provincia di Grosseto ha chiesto la riforma della ricordata sentenza, articolando a tal fine otto motivi di censura sostanzialmente coincidenti con quelli sollevati dalla società Scarlino Energia s.r.l., eccetto il primo: tale ricorso è stato iscritto al NRG. 10188 dell’anno 2011.
Il Comune di Follonica anche in tale giudizio si è inizialmente costituito con rituale memoria ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. (deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame, chiedendone il rigetto ed instando per l’accoglimento dei motivi di ricorso sollevati in primo grado e dichiarati assorbiti) ed ha poi spiegato appello incidentale, sollevando le stesse censure e formulando le stesse conclusioni di cui all’appello incidentale spiegato nel ricorso iscritto al NRG. 9692/2011.
L’A.R.P.A.T. si è costituita in giudizio chiedendo l’accoglimento dell’appello principale proposto dalla Provincia di Grosseto.
Con ordinanza n. 78 dell’11 gennaio 2012 la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, fissando contestualmente per la discussione del merito l’udienza pubblica del 4 maggio 2012.
4 In entrambi i giudizi le parti hanno illustrato con apposite memorie le rispettive tesi difensive ed hanno replicato puntualmente a quelle avversarie, prendendo specifica posizione su ogni singola argomentazione.
All’udienza pubblica del 4 maggio 2012, dopo la rituale discussione, le cause sono state separatamente trattenute in decisione.
DIRITTO
5. Deve innanzitutto disporsi la riunione degli appelli principali in questione, in quanto proposti nei confronti della stessa sentenza, ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.c.
6. Con il primo motivo del suo appello principale la società Scarlino Energia s.r.l. ha lamentato “Inammissibilità del ric. N. 1953/2010 e per l’effetto sopravvenuta carenza di interesse del ricorso principale n. 542/2009 e dei motivi aggiunti”, sostenendo che la V.I.A. e l’A.I.A. costituiscono atti che, ancorché collegati, sono funzionalmente autonomi, così che l’intangibilità della seconda, determinata dalla sua erronea impugnazione innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Toscana invece che del Lazio, inderogabilmente competente per funzione, trattandosi di controversia questione attinente alla gestione del ciclo rifiuti, avrebbe reso inammissibile il ricorso proposto nei confronti dell’A.I.A. ed improcedibile per carenza di interesse quello avverso l’A.I.A.
Il motivo è infondato.
6.1. In ordine ai rapporti tra valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale deve rilevarsi che mentre la prima si sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternativi possibili e dei riflessi sulla c.d. opzione zero (C.d.S., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2234; 30 settembre 2009, n. 5893; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246), investendo propriamente gli aspetti localizzativi e strutturali di un impianto (e più in generale dell’opera da realizzare), la seconda, introdotta nel nostro ordinamento in attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, è atto che sostituisce, con un unico titolo abilitativo, tutti i numerosi titoli che erano invece precedentemente necessari per far funzionare un impianto industriale inquinante (assicurando così efficacia, efficienza, speditezza ed economicità all’azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati in gioco) e incide quindi sugli aspetti gestionali dell’impianto.
Pur potendo ammettersi che i predetti atti (e procedimenti) sono funzionalmente autonomi tra di loro, ontologicamente diverse essendo le rispettive peculiari finalità (localizzazione e strutturale quanto alla prima, gestionale quanto alla seconda), non possono tuttavia condividersi le suggestive conclusioni dell’appellante secondo cui innanzitutto l’erronea impugnazione della seconda (perchè proposta innanzi all’asserito incompetenza Tribunale amministrativo regionale per la Toscana invece che innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio), la renderebbe intangibile, con conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso proposto avverso la V.I.A.
Infatti, anche a voler prescindere dalla considerazione che l’eventuale fondatezza del motivo di gravame concernente la dedotta incompetenza imporrebbe al giudice di appello di riformare la sentenza impugnata sul punto, rimettendo la causa al primo giudice competente, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., senza che ciò comporti invece la pretesa intangibilità del provvedimento impugnato, alla delineata autonomia funzionale degli atti in questione consegue che l’eventuale intangibilità dell’autorizzazione integrata ambientale (nel caso di specie) non potrebbe spiegare alcun effetto sanante dei vizi di cui è affetta la valutazione di impatto ambientale, non potendosi neppure logicamente (ancor prima che sul piano strettamente giuridico) ammettere che le problematiche attinenti la localizzazione e gli aspetti strutturali di un impianto siano assorbite o inglobate dal provvedimento di autorizzazione all’esercizio dell’impianto stesso.
In tale prospettiva è significativo ricordare che, ai sensi del secondo periodo del terzo comma dell’art. 18 della legge regionale della Toscana 3 novembre 1998, n. 79 (“Norme per l’applicazione della valutazione di impatto ambientale”), la pronuncia di compatibilità ambientale “…costituisce condizione ai fini del rilascio del provvedimento che consente, in via definitiva, la realizzazione di lavori e deve necessariamente precedere tale provvedimento, e comunque intervenire prima dell’inizio dei lavori”.
6.2. Sotto altro concorrente profilo, ricordato che la stessa parte appellante concorda sulla circostanza che l’impianto di cui si discute non ha una potenza superiore a 400 MW, così che la competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio non può fondarsi sulla lett. f), comma 1, dell’art. 135 c.p.a., deve osservarsi che la controversia in esame non appartiene alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio neppure ai sensi dell’art. 135, comma 1, lett. e), c.p.a., nel testo originario (precedente cioè alla modificazione introdotto dal D. Lgs. 15 novembre 2011, n. 195), non potendo essere ricondotta fra quelle attinenti al ciclo dei rifiuti.
La giurisprudenza ha sottolineato che nella materia della gestione dei rifiuti solidi urbani la competenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio si radica solo in presenza delle ordinanze emergenziali e dei provvedimenti commissariali strettamente consequenziali e non già con riferimento ai provvedimenti amministrativi che, ancorché esplicatesi in una situazione emergenziale, costituiscono esercizio di un’ordinaria attività gestionale (C.d.S., sez. V, 30 giugno 2011, n. 3921): ciò del resto in omaggio ad una lettura costituzionalmente orientata della disposizione, conforme al rispetto del principio fondamentale del giudice naturale precostituito per legge, essendo la competenza funzionale inderogabile del tribunale laziale una norma eccezionale di deroga ai principi generale del riparto della competenza tra i vari tribunali amministrativi regionali, come tale insuscettibile di interpretazione estensiva e/o analogica.
Lo stesso legislatore d’altra parte, modificando per effetto dei correttivi apportati al codice del processo amministrativo con il ricordato decreto legislativo n. 195 del 2011, ha stabilito che le controversie di cui all’articolo 133, comma 1, lett. e), c.p.a., che ai sensi del successivo art. 135, comma 1, lett. e), appartengono alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sono soltanto quelle “…aventi ad oggetto le ordinanze ed i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenze dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225”, in tal modo opportunamente delimitando la competenza funzionale ed inderogabile di quel tribunale ai soli provvedimenti che, traendo giustificazione nella richiamata fonte normativa, sono stati ritenuti espressione del perseguimento e della tutela di un interesse pubblico che non può essere considerato territorialmente limitato, ma investe la comunità statale nel suo complesso.
In definitiva, anche a voler ammettere che i provvedimenti impugnati fossero attinenti alla gestione del ciclo dei rifiuti (circostanza che non è giammai emersa nel corso del procedimento di V.I.A.) e che ciò potesse ricavarsi implicitamente dal fatto che il combustibile utilizzato per la produzione di energia elettrica era costituito (anche) da rifiuti, detti provvedimenti esauriscono comunque i loro effetti nell’ambito territoriale in cui esercita il potere l’autorità emanante, così che non vi è ragione per sottrarre la loro cognizione al giudice territoriale naturale.
7. Possono essere esaminati congiuntamente, essendo sostanzialmente identici, il secondo motivo dell’appello principale della società Scarlino Energia s.r.l ed il primo motivo di quello principale della Provincia di Grosseto, con cui è stata contestata la correttezza della sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente il dedotto vizio di difetto di motivazione e di difetto di istruttoria, per non essere state esternate le ragioni che, in presenza del parere negativo del Comitato d’inchiesta pubblica, avrebbero nondimeno indotto l’amministrazione provinciale a confermare il giudizio favorevole di compatibilità ambientale del progetto proposto: secondo gli appellanti, infatti, la semplice lettura della motivazione della Giunta provinciale di Grosseto n. 36 del 2010 dimostrerebbe plasticamente il macroscopico errore di giudizio dei primi giudici.
Le censure formulate non meritano favorevole considerazione.
7.1. In punto di fatto deve rilevarsi che, successivamente all’emanazione delle determinazioni dirigenziali n. 118 del 19 gennaio 2009 e n. 2211 del 5 giugno 2009, la Giunta provinciale di Grosseto con la delibera n. 38 del 17 settembre 2009, in ragione dei ricorsi proposti avverso quei provvedimenti, ha ritenuto opportuno avviare un procedimento teso al loro riesame (con il dichiarato fine di: evitare che dall’attività processuale potesse derivare un danno grave ed irreparabile all’amministrazione procedente; evitare ritardi procedimentale nel rilascio dell’autorizzazione per l’esecuzione degli interventi richiesti dalla società proponente, tenendo conto della natura endoprocedimentale della V.I.A.; provvedere alla comparazione degli interessi pubblici e privati, ritenuto prevalente l’interesse alla garanzia della legittimità degli atti adottati anche in considerazione del principio di economicità e dato atto che il riesame ha per oggetto provvedimenti endoprocedimentali, non produttivi di effetti giuridici immediati in posizioni giuridiche private e consolidate; proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita ai sensi dell’art 4 del D. Lgs n. 4 del 2008) ed ha a tal fine indetto un’inchiesta pubblica, ai sensi della citata legge regionale n. 79 del 1998.
Nella relazione finale di tale inchiesta risulta affermata l’esistenza di “… carenze e alcune contraddizioni tra quanto indicato nello S.I.A. e le analisi procedimentale della V.I.A.”, così che é stato espresso “…parere sfavorevole”, concludendosi nel senso che “…la Valutazione di impatto ambientale sull’ammodernamento tecnologico ed interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica di Scarlino da alimentare con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR e CDR-Q), approvata con Determine Dirigenziali della Provincia di Grosseto 118/09 e 2211/09, non è da confermare, ma da ritirare”.
Con la determinazione dirigenziale n. 75 del 13 gennaio 2010 (avente ad oggetto “Conclusione del procedimento di riesame degli atti oggetto di ricorso giurisdizionale e amministrativo relativi alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) sul progetto di Ammodernamento tecnologico e interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica da alimentare con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR e CDR-Q)””), dandosi atto delle lacune emerse nel corso dell’inchiesta pubblica (ed evidenziato in particolare che non avevano trovato compiuta composizione, analisi e trattazione all’interno del procedimento di valutazione dell’impatto ambientale originario: la qualificazione precisa dell’oggetto della V.I.A.; la caratterizzazione meteo – climatica e modellistica diffusionale; la caratterizzazione dello stato attuale della qualità dell’aria; la caratterizzazione dello stato attuale dei terreni; la caratterizzazione dello stato attuale di quantità delle acque; la valutazione dell’impatto sulla salute; la valutazione dell’impatto sugli ecosistemi e sulle aree protette; la valutazione dell’impatto sulle attività economiche presenti sul territorio; la valutazione dell’impatto sulle produzioni agricole), è stata ritirata in via di autotutela la determinazione dirigenziale n. 2211 del 5 giugno 2009, disponendosi peraltro il prosieguo del procedimento per l’acquisizione di tutti gli elementi istruttori necessari ad integrare l’istruttoria interdisciplinare di V.I.A. ai fini della pronuncia di compatibilità ambientale (dandone avviso alla società proponente per la presentazione delle proprie ulteriori osservazioni), sul presupposto che le carenze e le incompletezze rilevate nel corso dell’inchiesta pubblica e le osservazioni della società proponente potevano essere tutte valutate e composte all’interno del procedimento della V.I.A.
7.2. Ciò premesso, indipendentemente da ogni considerazione sulla natura giuridica dell’inchiesta pubblica e sulla sua particolare rilevanza, non può dubitarsi che, come correttamente rilevato dai primi giudici, dalla motivazione della delibera della Giunta provinciale n. 36 del 2010 (e della determinazione dirigenziale n. 678 del 2010 non è dato comprendere non solo (e non tanto) in che modo siano state superate le carenze istruttorie riscontrate, ma soprattutto come sia stato possibile superare il parere sfavorevole espresso dall’inchiesta pubblica.
Se è vero che secondo un consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale non è indispensabile ai fini della legittimità di un provvedimento amministrativo la puntuale confutazione dei contrari avvisi o delle controdeduzioni istruttorie svolte dagli interessati, tuttavia nel caso di specie il vizio riscontrato dai primi giudici non concerne soltanto la formale mancanza di motivazione del rigetto degli apporti conoscitivi o istruttori di soggetti che sono intervenuti nel procedimento istruttorio, bensì la circostanza che, nel confermare il proprio precedente giudizio favorevole di compatibilità ambientale sul progetto proposto dalla società Scarlimo Energia s.r.l., l’amministrazione provinciale non ha esplicitato le ragioni (anche tecnico – scientifiche) che avrebbero consentito di superare il predetto parere sfavorevole del Comitato d’inchiesta pubblica, non potendo tale specifico onere motivazionale ritenersi soddisfatto con il richiamo, invero generale, alla valutazione di tutti gli apporti istruttori intervenuti.
Del resto, poiché lo svolgimento dell’inchiesta pubblica si giustifica (ex art. 15, comma 1, della legge regionale n. 79 del 1998) con “…la particolare rilevanza degli effetti ambientali o dell’alto valore dell’opera, o comunque della possibilità che dalla realizzazione del progetto possa conseguire la riduzione significativa e/o irreversibile delle risorse naturali del territorio in riferimento agli equilibri degli ecosistemi di cui sono componenti”, il relativo parere negativo non può essere considerato alla stregua di un semplice apporto conoscitivo, tanto più che con l’inchiesta pubblica non vengono in rilievo (e non sono oggetto di tutela) meri interessi privati.
Correttamente quindi i primi giudici hanno ritenuto insufficiente la motivazione posta a fondamento degli atti impugnati che in definitiva tradisce lo scopo e la funzione dell’inchiesta pubblica, peraltro voluta dalla stessa amministrazione provinciale.
8. Ugualmente infondati sono il terzo motivo dell’appello principale della società Scarlino Energia s.r.l. ed il secondo della Provincia di Grosseto, anch’essi sostanzialmente identici tra di loro, con cui è stato evidenziato che, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, il fatto che il parere richiesto all’Università degli Studi di Siena fosse stato da quest’ultima rimesso all’amministrazione provinciale il 10 marzo 2010 e che la delibera della Giunta provinciale n. 36 - e la determinazione dirigenziale n. 678 - fossero state emanate già il successivo 11 marzo 2010 non avrebbe costituito elemento sintomatico del dedotto vizio di eccesso di potere di difetto di istruttoria, atteso che i predetti atti non si fonderebbero esclusivamente e neppure in modo prevalente su quel parere.
Al riguardo occorre rilevare che, non essendo contestato che il parere commissionato all’Università degli Studi di Siena, è stato effettivamente trasmesso da quest’ultima il 10 marzo 2010, non può ragionevolmente negarsi che il contenuto dello stesso non può essere stato oggetto della necessaria valutazione da parte degli uffici dell’amministrazione ai fini dell’adozione della impugnata delibera della giunta provinciale n. 36 e della determinazione dirigenziale n. 678 del successivo 11 marzo 2010.
Peraltro, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, la ricordata delibera n. 36 del 2010 emerge non si fonda soltanto (e neppure prevalentemente) sul Supplemento Istruttorio Interdisciplinare redatto dalla Struttura Operativa (ufficio della stessa amministrazione provinciale), atteso che essi espressamente dà atto di essere stato redatto “tenuto conto del parere dell’Università degli Studi di Siena”; né del resto gli appellanti hanno provato che il contenuto del predetto parere dell’Università degli Studi di Siena fosse stato già conosciuto, ancorché in modo informale, dagli uffici dell’amministrazione così che soltanto l’invio ufficiale sarebbe avvenuto il 10 marzo 2010 (unica circostanza che avrebbe potuto depotenziare il valore sintomatico del dedotto profilo cronologico).
9. La società Scarlino Energia s.r.l., con il quarto motivo di appello, e la Provincia di Grosseto, con il terzo mezzo di gravame, hanno sostenuto che i primi giudici avrebbero malamente apprezzato la documentazione in atti in ordine alla qualificazione dell’impianto di Scarlino, cui si riferiva il progetto proposto, erroneamente ritenendo che esso fosse inizialmente relativo ad una centrale di produzione elettrica e che successivamente nel corso del procedimento di V.I.A. si sarebbe stato considerato un impianto di incenerimento dei rifiuti, laddove invece nessuna modifica sostanziale sarebbe intervenuta nella procedimentale al progetto proposto, così che erroneamente sarebbe stata ritenuta necessaria una nuova V.I.A. per l’impianto di incenerimento risultante dall’istruttoria svolta.
Anche tali censure sono infondate.
9.1. Come si evince dal già menzionato Supplemento al Rapporto Istruttorio, la Società Scarlino Energia s.r.l. ha presentato in data 25 gennaio 2008, quale autorità proponente, la domanda di avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale relativa al progetto di “Ammodernamento tecnologico e interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica di Scarlino da alimentare con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR e CDR-Q)”.
E’ solo rispetto a tale progetto che è stato avviato il relativo procedimento (con relativa pubblicità) ed è rispetto ad esso che, come risulta sempre dal predetto Rapporto, il Comitato d’inchiesta pubblica ha evidenziato (punto 1 e punto 10) che il combustibile da utilizzare previsto nel progetto rendeva l’impianto diverso da quello già esistente, trasformandolo da centrale di energia elettrica in inceneritore: sul punto lo stesso soggetto proponente, già in sede di osservazioni alle valutazioni del Comitato di inchiesta pubblica, ha sostanzialmente ammesso tale situazione, affermando, come riportato testualmente nel Rapporto, che “…la qualifica giuridica dell’impianto (inceneritore/coinceneritore) è irrilevante ai fini della valutazione di impatto ambientale del progetto presentato e non si traduce automaticamente in una omessa valutazione preventiva del progetto derivante dall’impiego dei rifiuti come combustibili. La qualificazione dell’impianto come inceneritore oppure come un coinceneritore rileva esclusivamente in fase di esercizio e, dunque, è una valutazione tipica dell’autorizzazione integrata ambientale, tanto che il D. Lgs. N. 133/2005 impone prescrizioni di esercizio diverse in relazione alle due tipologie di impianti”.
Giova aggiungere che il Rapporto in questione sul punto in esame conclude nel senso che “…considerato che dagli elementi resi disponibili non si evidenzia una prevalenza certa della “funzione principale” dell’impianto nella produzione di energia, si ritiene che detto impianto debba essere qualificato come impianto di incenerimento. La qualificazione è coerente con la documentazione progettuale presentata in sede di VIA che descrive un impianto per il trattamento termico dei rifiuti (CDR). Tale qualificazione fornisce, inoltre, maggiori garanzie di tutela per l’ambiente e per la salute”.
9.2. Sennonché proprio tali conclusioni confermano la correttezza della sentenza impugnata.
Infatti, anche ammesso che nel corso del procedimento il progetto originariamente presentato dalla società Scarlino Energia s.r.l. non sia stato minimamente modificato, non può nondimeno negarsi che esso concerneva (solo) l’ammodernamento tecnologico ed interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica esistente e non già la realizzazione di (o la sua trasformazione in un’inceneritore.
Né è decisivo, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, la circostanza che la centrale elettrica fosse alimentata con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR o CDR-Q) e che in particolare, essendo il CDR ed il CDR – Q un rifiuto, si fosse evidentemente in presenza di un inceneritore.
E’ sufficiente al riguardo rilevare che la materia dell’incenerimento dei rifiuti è oggetto di una speciale normativa (D. Lgs. 11 maggio 2005, n. 133 “Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti, di cui peraltro non vi è traccia di sicura e puntuale osservanza nella fattispecie in esame, non essendo sufficiente a tal fine meri generici riferimenti), dalla quale si evince che costituisce impianto di incenerimento (art. 2, lett. d), “qualsiasi unità o attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico dei rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione” e che costituisce impianto di coincenerimento (art. 2, lett. e) “qualsiasi impianto fisso o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia e di materiali che utilizzano rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento. L’ultimo periodo della citata lett. e) dell’articolo 2 precisa che “Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consista nella produzione di energia o di materiali, bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi della lettera d)”.
Pertanto, l’amministrazione, appurata tale divergenza (che non è meramente formale e non rileva soltanto dal punto di vista terminologico), piuttosto che concludere il procedimento di V.I.A., imponendo prescrizioni ai fini del successivo rilascio dell’A.I.A., avrebbe dovuto invitare la società proponente il progetto a precisare e specificare effettivamente il progetto presentato, chiarendo se esso consisteva effettivamente in un ammodernamento di quello procedente oppure in una trasformazione di quello già esistente in inceneritore, ciò non solo ai fini della correttezza della fase di pubblicità, ma anche al fine di valutare la adeguatezza e la completezza del procedimento di V.I.A. (proprio in ragione della diversità dell’impianto).
10. Gli appellanti, rispettivamente la società Scarlino Energia s.r.l. con il quinto motivo e la Provincia di Grosseto con il quarto motivo, hanno anche denunciato l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto illegittima la delibera della Giunta provinciale n. 36 dell’11 marzo 2010 (e la coeva determinazione dirigenziale n. 678), deducendo l’assoluta inconsistenza del riscontrato difetto di istruttoria (concernente il mancato preciso rilevamento delle condizioni ambientali iniziali su cui inciderebbe la realizzazione del progetto proposto, oltre che la mancata corretta valutazione degli elementi tecnico – scientifici emersi dalle indagini approssimativamente svolte), difetto di istruttoria che, a loro avviso, sarebbe riconducibile esclusivamente alla superficiale valutazione della documentazione in atti, che avrebbe invero dimostrato la scrupolosità, completezza e capillarità dell’attività istruttoria svolta dagli uffici; ciò senza contare che le conclusioni dei primi giudici avrebbe costituito un inammissibile sindacato di merito sulle scelte proprie ed esclusive dell’amministrazione.
Anche sul punto la sentenza non merita critiche.
Gli elementi di perplessità in ordine alla completezza, esaustività ed attendibilità delle indagini svolte, ritenuti dai primi giudici sintomatici della carenza istruttoria, emergono infatti direttamente dalla attenta lettura del Supplemento al Rapporto Istruttorio Interdisciplinare e non costituiscono invece l’effetto di deduzioni e di autonome valutazioni del tribunale.
E’ invero lo stesso Rapporto che, a proposito della “Caratterizzazione meteo – climatica e modellistica diffusionale”, dopo aver ricordato le valutazioni dell’inchiesta pubblica e avere dato atto della documentazione in atti (Comparazione modellistica calpuff-aermod effettuato dal Dipartimento di Energetica “S. Stecco”), nel prendere in considerazione le osservazioni svolte sulle relative indagini da parte dell’Università di Firenze e dell’A.R.P.A.T. evidenzia come, per un verso, l’Università degli Studi di Firenze abbia rilevato che il tipo di analisi effettuata di comparazione, non già di validazione, non consente di definire in modo quantitativo l’attendibilità dei risultati ottenuti con AREMOD (pur essendo un buon strumento di supporto all’analisi statistica in quanto permette di interpretare gli andamenti risultanti dall’indagine statistica e consente di determinare in modo qualitativo i comportamenti del modello rispetto a CALPUFF), mentre, per altro verso, l’A.R.P.A.T. abbia sottolineato l’esistenza di lacune ed imprecisioni (nelle “Risposte alle osservazioni pervenute sulla procedura di VIA riguardanti lo “Ammodernamento tecnologico della centrale elettrica”).
Anche quanto alla “Caratterizzazione dello stato attuale di qualità dell’area e dei terreni”, la Relazione osserva, dopo aver ricordato le valutazioni dell’inchiesta pubblica e gli studi forniti dalla stessa società proponente il progetto (in data 18 gennaio 2010 ad integrazione della domanda di A.I.A. del 27 aprile 2009), che “la complessità della problematica richiederebbe però…l’utilizzo di strumenti predittivi più avanzati in grado di valutare lo stato di salute dell’area interessata, da affidare ad un organismo terzo”, aggiungendo significativamente che “l’opportunità dell’utilizzo di strumenti predittivi più avanzati in grado di valutare lo stato di salute dell’area interessata, non dipende esclusivamente dalla criticità dell’area ma anche dalla opportunità di fornire risposte più sicure per la popolazione”: sul punto poi la Relazione (pag. 26 – 27) indica anche quale potrebbe essere lo strumento diagnostico adeguato (procedura del tipo “approccio ecotossicologico integrato”), indicando anche gli obiettivi da perseguire.
In relazione alla “Caratterizzazione dello stato attuale di qualità delle acque” e alla “Valutazione dell’impatto sulla salute” la Relazione si limita invero ad evidenziare la straordinaria importanza di tali ambiti, indicando le modalità con cui controllare e garantire tali beni; in modo analoga la Relazione affronta le problematiche concernenti la “Valutazione dell’impatto sugli ecosistemi e sulle aree protette”, affermando tra l’altro espressamente (pag. 40): “Si ritiene necessario, per una valutazione dell’attuale qualità ambientale dei sistemi acquatici presenti (punto 0), acquisire i risultati dal monitoraggio prima dell’avvio dell’esercizio dell’impianto; considerato gli esiti, sarà definita la frequenza dei monitoraggi successivi”.
In definitiva è la stessa serena lettura del Rapporto in questione e dello stesso parere dell’Università di Siena ad evidenziare lacune, dubbi e perplessità che danno ragionevolmente conto della carenza istruttoria correttamente rilevata dai primi giudici, tanto più che proprio tali dubbi e lacune, lungi dal sollecitare, come pure sarebbe stato auspicabile ai fini della corretta attuazione delle prescrizioni dell’art. 24 del D. Lgs. n. 152 del 2006, l’ulteriore indispensabile attività istruttoria, hanno invece dato luogo alla previsione di appositi serrati monitoraggi (che da soli provano inconfutabilmente la carenza di istruttoria rispetto ad un atto di fondamentale importanza qual è la V.I.A.
Né evidentemente a fugare i dubbi e le perplessità è sufficiente la lettura congiunta del Rapporto originario e del Supplemento Istruttorio, così come proposta dalle partiti appellanti, giacché quest’ultimo si era reso già necessario in ragione delle carenze e perplessità istruttorie evidenziate dalla relazione finale dell’inchiesta pubblica e macroscopicamente non superate, mancando la puntuale, precisa indicazione della situazione (punto zero) su cui avrebbero dovuto incidere il progetto proposto.
E’ appena il caso di aggiungere poi che i primi giudici, nell’apprezzare il dedotto difetto di istruttoria, non hanno affatto sostituito le proprie valutazioni a quelle dell’amministrazione, essendosi invece limitato, nel corretto esercizio del proprio potere giurisdizionale e del sindacato di legittimità, a rilevare il solo cattivo uso del potere amministrativo esercitato, in quanto nn adeguatamente supportato dalla giusta attività istruttoria prevista dalla legge.
11. Devono essere esaminate le censure (sesto e settimo motivo del gravame della società Scarlino Energia s.r.l. e quinto, sesto, settimo e ottavo motivo dell’appello proposto dalla Provincia di Grosseto) appuntate nei confronti della sentenza impugnata per aver ritenuto illegittima l’autorizzazione integrata ambientale (determinazione dirigenziale n. 2378 del 27 luglio 2010), per violazione dell’articolo 15 del D. Lgs. 133 del 2005 e dell’art. 14 ter, comma 8, della legge n. 241/90, laddove, secondo gli appellanti, tali asserite violazioni sarebbero state ancora una volta mera conseguenza dell’errore di giudizio perpetrato dai primi giudici a causa di un insufficiente apprezzamento dei documenti di causa e di una erronea interpretazione ed applicazione delle norme di legge ex adverso invocate.
Come emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, i primi giudici hanno innanzitutto rilevato che ai fini della declaratoria di illegittimità dell’impugnata A.I.A. era già sufficiente l’acclarata illegittimità del giudizio di compatibilità ambientale di cui alla delibera della Giunta provinciale n. 36 del 2010 (ed alla determinazione dirigenziale n. 678 del 2010): la correttezza della pronuncia sul punto (per completezza è sufficiente rinviare a quanto precisato nell’ultimo periodo del paragrafo 6.1. della presente sentenza circa il contenuto dell’art. 18, comma 3, della legge regionale n. 79 del 1998) è già di per sé idonea a privare di ogni interesse la disamina dei motivi in questione, atteso che la loro eventuale fondatezza non sarebbe idonea a rendere legittima l’impugnata autorizzazione integrata ambientale.
Ciò chiarito, in ogni caso si osserva che quanto alla dedotta violazione dell’articolo 15 del D. Lgs. n. 133 del 2005, che, come ricordato, disciplina specialmente la materia dell’incenerimento dei rifiuti, è sufficiente osservare che, diversamente da quanto pur suggestivamente prospettato dagli appellanti, le forme di pubblicità ivi previste non possono essere considerate equivalenti a quelle di cui al D. Lgs. n. 59 del 2005, ma sono in realtà aggiuntive, in tal senso dovendo intendersi l’inciso “fatto salva la normativa in materia di accesso del pubblico all’informazione ambientale e quanto disposto….dal decreto legislativo18 febbraio 2005, n. 59”, coerentemente del resto alla notoria maggiore invasività per l’ambiente di un impianto di inceneritore (rispetto alla più generale problematica della salvaguardia dell’ambiente per opere di natura diversa da un inceneritore).
Peraltro la effettiva sussistenza del vizio riscontrato dai primi giudici si apprezza macroscopicamente se solo si tiene conto che, come accennato in precedenza, il progetto proposto dalla Società Scarlino Energia s.r.l. aveva ad oggetto l’ammodernamento tecnologico e gli interventi di riqualificazione di una centrale elettrica e non già un impianto di inceneritore, che si è venuto delineando, quanto meno con chiarezza e nella sua effettiva portata, soltanto nel corso del procedimento concernente il giudizio di compatibilità ambientale.
Non trova alcun fondamento la tesi della inammissibilità della censura in questione in ragione dell’asserito difetto di interesse del Comune di Follonica, giacché quest’ultimo non ha inteso far valere un mero interesse altrui (alla partecipazione), quanto piuttosto il mancato rispetto di norme procedimentali che imponevano di consentire, sia pur astrattamente, la più ampia partecipazione dei cittadini e di far emergere quindi tutti gli interessi pubblici e privati in gioco, così realizzando anche la correttezza rappresentazione di tutti gli interessi della collettività di cui è ente esponenziale.
Quanto al secondo profilo, poi, è appena il caso di ricordare che la conferenza di servizi è effettivamente uno strumento di semplificazione amministrativa che, consentendo in unica sede la valutazione congiunta di tutti gli interessi pubblici in gioco, attua i principi costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento cui deve improntarsi, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, l’azione della pubblica amministrazione, realizzando anche i corollari di speditezza, economicità, efficacia ed efficienza.
Il presupposto fattuale di tale peculiare strumento di semplificazione è tuttavia la completezza della domanda o del progetto che deve essere oggetto di valutazione congiunta, così trovando razionale giustificazione, dal punto di vista logico ancor prima di quello giuridico, proprio nell’ottica dell’equo contemperamento dei contrapposti interessi in gioco e del principi di buona fede (cui devono ispirarsi anche i rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, ivi compresi gli imprenditori), la possibilità prevista dall’ottavo comma dell’art. 14 ter della legge n. 241 del 1990 la possibilità di richiedere per una sola volta chiarimenti o ulteriore documentazione.
Nel caso di specie gli appellanti non hanno contestato, in punto di fatto, che siano stati effettivamente chiesti e presentati più volte chiarimenti ed integrazioni documentali e ciò rende giuà di per sé corretta la decisione di prime cure, irrilevanti ed ultronee essendo al riguardo le giustificazioni opposte, sia quelle secondo cui gli ulteriori chiarimenti costituirebbero null’altro che la trascrizione di quelli già forniti oralmente nel corso della Conferenza di Servizio (ma ammettendosi un tale modus procedendi si finirebbe per svuotare lo stesso ruolo della conferenza di servizio e la sua ratio, consentendosi in realtà una rielaborazione e una sistemazione delle osservazioni orali attraverso un’ulteriore produzione documentale, oltre quella già prevista), sia quelle che contestano la stessa esistenza di incompletezza documentale dell’istanza presentata (circostanza smentita dalla semplice lettura degli atti di causa e da tutto quanto fin qui osservato), sia infine quelle che mirano ad escludere la tassatività della previsione normativa, in quanto la conferenza dei servizi sarebbe istituto a favore (e non contro) il cittadino (essendo sufficiente rinviare alle puntualizzazione più sopra svolte circa la funzione della conferenza dei servizi stessi ed il suo rilievo pubblicistico).
12. I ricorsi principali devono essere in definitiva respinti.
13. L’appello incidentale proposto dall’A.R.P.A.T., anche a prescindere dalla sua stessa ammissibilità (non essendo stati né impugnati, né annullati suoi atti e gli apporti istruttori avendo natura endoprocedimentale, privi di un’autonoma valenza lesiva) è infondato.
Infatti, posto che con i motivi di gravame è stato sostenuto la completezza e l’esausitività dell’attività istruttoria e degli apporti conoscitivi resi, è per contro sufficiente osservare che l’attività istruttoria è risultata carente, lacunosa e perplessa, come accertato correttamente dai primi giudici, potendo al riguardo richiamarsi le considerazioni svolte sub par. 10.
14. Anche il Comune di Follonica ha chiesto la riforma della sentenza indicata in epigrafe, sostenendo che i primi giudici avrebbero erroneamente dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso principale (NRG. 542/2009), laddove il provvedimento con esso impugnato, cioè la determinazione dirigenziale n. 118 del 19 gennaio 2009, non era stato espressamente annullato (a differenza di quanto era accaduto con la determinazione dirigenziale n. 2211 del 5 giugno 2009), né poteva essere considerato superato o assorbito dalla delibera della Giunta provinciale di Grosseto n. 36 dell’11 marzo 2010 (e dalla coeva determinazione dirigenziale n. 678), che in realtà si era limitata solo a modificare una prescrizione (lett. 3b).
L’appello deve essere respinto, fondandosi su di una distorta (e peraltro dubitativa) interpretazione della decisione impugnata e dei rapporti intercorrenti tra la deliberazione della Giunta provinciale n. 36 del 2010 e la determinazione dirigenziale n. 118 del 2009, smentita dalla serena lettura degli atti e della stessa motivazione della sentenza in questione.
Invero la più volte citata deliberazione della Giunta provinciale n. 36 del 2010 è stata adottata all’esito di un riesame del procedimento V.I.A. (culminato nel giudizio favorevole di compatibilità ambientale di cui alla determinazione dirigenziale n. 118 del 2009), riesame originato dalle conclusioni dell’inchiesta pubblica, indetta dalla stessa amministrazione provinciale e caratterizzato successivamente anche da un’ulteriore attività istruttoria svolta sia dai competenti uffici provinciali (Supplemento al Rapporto Istruttorio Interdisciplinare) che da altri enti (Università degli Studi di Siena): detta delibera non può pertanto essere considerata un atto meramente confermativo della determinazione dirigenziale n. 118 del 2009, con la conseguenza che quest’ultima (ed il suo contenuto precettivo) deve considerarsi, come correttamente ritenuto dai primi giudici, superata e comunque assorbita dalla predetta deliberazione e dalla successiva coeva determinazione n. 678 del 2010, che costituiscono gli unici atti lesivi.
Non può del resto condividersi la tesi dell’appellante circa la perdurante vigenza della originaria determinazione dirigenziale n. 118 del 2009 per il fatto di non essere stata espressamente ritirata (a differenza di quanto previsto per la determinazione dirigenziale n. 2211 del 2009) e soprattutto per il fatto che la ricordata delibera n. 36 del 2010 e la determinazione dirigenziale n. 678 del 2010 hanno previsto solo la sostituzione di una sua prescrizione (lett. 3 b): pur potendo convenirsi invero sulla ambiguità ed equivocità della la tecnica redazionale utilizzata, la delineata natura, non meramente confermativa, delle nuove disposizioni esclude in radice la ultrattività dell’originario provvedimento, i nuovi provvedimenti avendo fatto propri ex nunc i contenuti della originaria determinazione dirigenziale (n. 118 del 2009) con la sola modificazione della prescrizione di cui alla lettera 3b).
15. In conclusione alla stregua delle osservazioni svolti gli appelli principali, previa riunione, devono essere respinti; devono essere altresì respinti gli appelli incidentali proposti dall’A.R.P.A.T. e dal Comune di Follonica.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli principali proposti dalla società Scarlino Energia s.r.l. e dalla Provincia di Grosseto, nonché su quelli incidentali spiegati dall’A.R.P.A.T. e dal Comune di Follonica avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. II, n. 1766 del 18 novembre 2011, così provvede:
a) riunisce gli appelli principali e li respinge;
b) respinge altresì gli appelli incidentali proposti dall’A.R.P.A.T. e dal Comune di Follonica;
c) dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)