Consiglio di Stato Sez. IV n. 7534 del 25 settembre 2025
Rifiuti.Impianto per la gestione di rifiuti e AIA
La legge non richiede che, per domandare il rilascio dell'AIA, occorra avere la disponibilità giuridica delle aree interessate dall'impianto: nessuna disposizione dell'art. 29-ter d.lgs. 152/2006 prevede, per la valida presentazione della domanda di AIA, la dimostrazione della titolarità dell'area; l'unico riferimento normativo espresso è al soggetto proponente, che l'art. 5 d.lgs. 152/2006 definisce, alla lett. r), quale soggetto pubblico o privato che "elabora" il piano, programma o progetto. A riprova di ciò, si menzionano gli artt. 177, co. 2, e 208, co. 6, d.lgs. 152/2006, a mente dei quali la gestione di rifiuti costituisce attività di pubblico interesse e l'approvazione dei relativi progetti comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, con conseguente applicabilità (ove occorra) della procedura espropriativa dei beni di interesse, ai sensi del d.p.r. 327/2001. Se, dunque, l'approvazione di un impianto per la gestione di rifiuti legittima (ove occorra) l'attivazione del potere espropriativo, ciò significa che, ai sensi di legge, per la presentazione della relativa domanda non sarebbe nemmeno necessario un titolo di disponibilità dell'area da parte del richiedente. Diversamente, infatti, non avrebbe avuto senso alcuno prevedere che l'approvazione del progetto determina la dichiarazione di pubblica utilità, utile ai fini dell'esproprio. Ne consegue che il provvedimento di rilascio dell'AIA non può essere considerato illegittimo per il fatto che, al momento della domanda, la società istante non vantava un titolo che le assicurasse la titolarità dei terreni.
Pubblicato il 25/09/2025
N. 07534/2025REG.PROV.COLL.
N. 08509/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8509 del 2023, proposto dal Coordinamento dei Comitati territoriali e dei cittadini associati del Friuli Venezia Giulia e dal Comitato ambiente bene per le comunità, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, nonché da Eleonora Frattolin, Loris Driusso e Ruben Luigi Colussi, rappresentati e difesi dagli avvocati Luca De Pauli e Luca Mazzeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro
la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Beatrice Croppo, Daniela Iuri, Marina Pisani ed Elda Massari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
il Consorzio di sviluppo economico-locale del Ponte Rosso-Tagliamento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Pavan, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
nei confronti
delle società Kronospan Italia s.r.l. e Silva s.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Emilio Caucci e Vincenzo Pellegrini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
del Comune di San Vito al Tagliamento, del Ministero dello sviluppo economico, dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG) e dell'Azienda sanitaria del Friuli orientale (AsFO), non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale (T.A.R.) per il Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 22 luglio 2023, n. 258, resa tra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto per l'annullamento:
I. per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
a) del decreto della Regione Friuli Venezia Giulia n. 3066/AMB del 15 giugno 2022, avente ad oggetto «Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) ai sensi dell'articolo 27-bis del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per la realizzazione e l'esercizio di un impianto di produzione di pannello truciolare da legno riciclato, destinato allo svolgimento delle attività di cui al punto 5.2, lettera a), e 6.1, lettera c, dell'Allegato VIII alla Parte Seconda. KRONOSPAN ITALIA s.r.l. Via Bordano 10, Comune di San Vito al Tagliamento», con i relativi allegati;
b) del connesso e conseguente decreto della Regione Friuli Venezia Giulia n. 3125/AMB del 23 giugno 2022, avente ad oggetto «Rettifica errore materiale presente nel decreto n. 3066/AMB del 15/06/2022 recante: "Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) ai sensi dell'articolo 27-bis del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per la realizzazione e l'esercizio di un impianto di produzione di pannello truciolare da legno riciclato, destinato allo svolgimento delle attività di cui al punto 5.2, lettera a), e 6.1, lettera c, dell'Allegato VIII alla Parte Seconda. KRONOSPAN ITALIA s.r.l. Via Bordano 10, Comune di San Vito al Tagliamento»;
c) del decreto della Regione Friuli Venezia Giulia n. 2990/AMB (fascicolo. ALP-PAUR/14) del 13 giugno 2022, avente ad oggetto «L.R. 19/2012, art. 12, lettera e); D.lgs. 115/2008. Autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di un impianto di cogenerazione di potenza elettrica nominale 4,4 MW + 4,4 MWe di potenza termica nominale 10,0 MWt + 10,0 MWt per la produzione di energia elettrica da fonti fossili e delle relative opere e infrastrutture connesse, da ubicarsi nel Comune di San Vito al Tagliamento, Zona Industriale Ponte Rosso, Via Bordano 10, Fg. 4, mappale 1743», con i relativi allegati;
d) del decreto della Regione Friuli Venezia Giulia n. 3009/AMB del 14 giugno 2022, avente ad oggetto «Autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell'articolo 29-ter del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per la realizzazione e l'esercizio di un impianto di produzione di pannello truciolare da legno riciclato, destinato allo svolgimento delle attività di cui al punto 5.2, lettera a), e 6.1, lettera c, dell'Allegato VIII alla Parte Seconda. Gestore: KRONOSPAN ITALIA s.r.l. Sede installazione: Via Bordano 10, Comune di San Vito al Tagliamento», con i relativi allegati;
e) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
II. per quanto riguarda i primi motivi aggiunti presentati dai ricorrenti il 12 gennaio 2023:
di tutti i provvedimenti già impugnati col ricorso introduttivo, nonché
f) del decreto della Regione Friuli Venezia Giulia n. 21979/GRFVG del 14 novembre 2022, avente ad oggetto «Autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell'articolo 29-ter del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per la realizzazione e l'esercizio di un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi costituiti da scarto di legno Sede installazione: Via Lusevera snc, Comune di San Vito al Tagliamento Gestore: SILVA S.r.l.», con i relativi allegati;
g) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
III. per quanto riguarda i secondi motivi aggiunti presentati dai ricorrenti il 20 gennaio 2023:
degli atti e provvedimenti già impugnati coi precedenti atti di gravame, nonché
h) del decreto della Regione Friuli Venezia Giulia n. 24115/GRFVG del 22 novembre 2022, avente ad oggetto «Rettifica errore materiale presente nel decreto n. 21979/GRFVG del 14/11/2022 recante "Autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell'articolo 29-ter del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per la realizzazione e l'esercizio di un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi costituiti da scarto di legno Sede installazione: Via Lusevera snc, Comune di San Vito al Tagliamento Gestore: SILVA S.r.l.».
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, del Consorzio di sviluppo economico-locale del Ponte Rosso-Tagliamento e delle società Kronospan Italia s.r.l. e Silva s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2025 il Cons. Martina Arrivi e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il 4 gennaio 2021, la società Kronospan Italia s.r.l. (in breve, Kronospan) ha domandato alla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) e del provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) per l'ampliamento di un impianto di produzione di pannelli di truciolare, sito nel Comune di San Vito al Tagliamento (di seguito, progetto Kronospan).
Il 10 gennaio 2022, la società Silva s.r.l. (in breve, Silva), controllata dalla Kronospan, ha presentato alla medesima Regione un'istanza di rilascio dell'AIA per la realizzazione di un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi costituti da scarti di legno (di seguito, progetto Silva). L'impianto in questione è collocato sempre nel Comune di San Vito al Tagliamento, su terreni limitrofi a quelli della Kronospan, da acquistare dal Consorzio di sviluppo economico-locale del Ponte Rosso-Tagliamento (di seguito, Consorzio), con il quale la società Silva aveva concluso un contratto preliminare di compravendita.
Il 13 aprile 2022, il progetto Kronospan è stato sottoposto, nell'ambito del PAUR, al sub-procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA), il quale è sfociato in un giudizio positivo con prescrizioni (decreto n. 1755/AMB del 13 aprile 2022).
Nel maggio del 2022, il Consorzio ha emesso i decreti di esproprio per l'acquisizione di alcune aree per la realizzazione del progetto Silva, poi annullati in autotutela e riadottati nel successivo mese di agosto.
Nel giugno del 2022, la Kronospan ha ottenuto l'AIA (decreto n. 3009/AMB del 14 giugno 2022) e il PAUR (decreto del 15 giugno 2022 n. 3066/AMB) per la realizzazione e l'esercizio dell'impianto di produzione dei pannelli di truciolare.
Il 14 novembre 2022, la Regione Friuli Venezia Giulia ha rilasciato l'AIA in favore della società Silva (decreto n. 21979/GRFVG del 14 novembre 2022), poi rettificata per errore materiale con decreto n. 24115 del 22 novembre 2022.
2. Da tale vicenda sono nati diversi contenziosi, taluni ormai definiti, talaltri ancora pendenti: ad esempio, con sentenze del Consiglio di Stato nn. 10485, 10486, 10487 del 2023 (la prima impugnata per revocazione al R.G. 2103/2024), sono state confermate le sentenze del T.A.R. Friuli Venezia Giulia, che avevano respinto i ricorsi avverso il PAC (piano attuativo comunale) di San Vito al Tagliamento, propedeutico all'insediamento degli stabilimenti della Kronospan e della Silva; con sentenze del Consiglio di Stato nn. 10975 e 11347 del 2023 (la seconda impugnata per revocazione al R.G. 2481/2024), sono state confermate le decisioni del T.A.R. di rigetto delle impugnazioni dei decreti di esproprio adottati dal Consorzio di sviluppo economico-locale; con sentenza del Consiglio di Stato n. 5532 del 2025, è stato respinto l'appello proposto dal Comune di San Vito al Tagliamento contro la sentenza del T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 105 del 2023, con cui era stato rigettato il ricorso comunale contro gli atti autorizzativi rilasciati in favore della Kronospan; con pronuncia di questo Consiglio n. 5524 del 2025, è stato dichiarato improcedibile l'appello contro la sentenza del T.A.R. n. 106 del 2023, con la quale era stata respinta l'impugnazione degli atti autorizzativi del progetto Kronospan; all'udienza odierna, inoltre, sono stati incamerati in decisione ulteriori appelli (R.G. 8511/2023 e 8714/2023) contro le sentenze del T.A.R. Friuli Venezia Giulia (nn. 256 e 259 del 2023), che hanno respinto le impugnazioni, proposte da altri soggetti, dell'AIA rilasciata alla società Silva.
3. Il presente giudizio riguarda l'AIA e il PAUR relativi al progetto Kronospan, atti impugnati con il ricorso introduttivo di primo grado, nonché l'AIA e la rettifica di errore materiale della stessa per il progetto Silva, atti impugnati in primo grado con due ricorsi per motivi aggiunti.
4. Con sentenza n. 258 del 22 luglio 2023, il T.A.R. Friuli Venezia Giulia ha respinto i gravami.
5. La sentenza è stata appellata, dagli originari ricorrenti, con atto notificato e depositato il 27 ottobre 2023.
6. Si sono costituiti, per resistere all'appello, la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, che, oltre a dedurre l'infondatezza del gravame, ha riproposto le varie eccezioni preliminari già sollevate in primo grado e ne ha formulate di nuove, il Consorzio di sviluppo economico-locale del Ponte Rosso-Tagliamento, chiedendo il rigetto dell'appello, nonché le società Kronospan e Silva, che hanno riproposto le eccezioni preliminari svolte in primo grado e hanno dedotto l'infondatezza delle censure.
7. La causa è passata in decisione all'udienza pubblica del 19 giugno 2025.
8. L'appello è infondato nel merito. Si prescinde, pertanto, dall'analisi delle eccezioni preliminari sollevate dalle parti resistenti.
9. Con il primo motivo, intitolato «Violazione di legge (art. 5, co. 1, lett. c, g, e i-quater e all. VII alla Parte II D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 – artt. 32 e 97 Cost. – artt. 3 l. 7 agosto 1990 n. 241) – Violazione e/o falsa applicazione della Direttiva 2011/92/UE, art.4, par. 3 e All. III – Eccesso di potere sotto al profilo della contraddittorietà manifesta e della carenza di istruttoria – Violazione e/o falsa applicazione della Circolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 22295/GAB d.d. 27 ottobre 2014 – Violazione e/o falsa applicazione delle Linee Guida per la predisposizione dello Statuto di Impatto Ambientale di cui alla Direttiva 2011/92/UE, come modificata dalla Direttiva 2014/52/UE – Travisamento, contraddittorietà e difetto di motivazione – Erroneo rigetto del primo motivo del ricorso introduttivo e del settimo motivo aggiunto a loro tempo proposti», gli appellanti contestano il capo della sentenza di primo grado, con il quale sono stati ritenuti infondati il primo motivo del ricorso introduttivo e il settimo motivo aggiunto. I ricorrenti avevano lamentato che i due progetti, integranti in realtà un disegno unitario, fossero stati artificiosamente separati ai fini procedimentali e che lo sdoppiamento dei procedimenti, l'uno per il progetto Kronospan e l'altro per il progetto Silva, avesse impedito di valutare adeguatamente gli effetti cumulativi degli impianti sull'ambiente.
Il T.A.R. ha ritenuto tali motivi infondati, in quanto «le normative di settore […] non imponevano affatto che il progetto Kronospan e quello Silva fossero trattati unitariamente all'interno di un unico procedimento, ma solo che fosse coordinata e sinergica l'attività istruttoria delle due procedure, in modo che venissero compiutamente valutati nel concreto anche gli effetti cumulativi dei due (distinti ma collegati) progetti», e poiché «già in sede di VIA, poi, nelle valutazioni AIA e PAUR dell'impianto Kronospan e, infine, nell'AIA Silva, gli effetti cumulativi dei due progetti sono stati ampiamente considerati sul piano istruttorio».
Gli appellanti criticano la sentenza ribadendo che, nella fattispecie, si sia in presenza di un progetto unitario, posto che l'impianto della Silva viene realizzato solamente per soddisfare le esigenze imprenditoriali della Kronospan (recuperare gli scarti di legno provenienti dall'impianto Kronospan e riconferire ad esso il materiale recuperato, ai fini della produzione dei pannelli di truciolare) e che il progetto, nel complesso, è riconducibile a un medesimo "centro di interessi" facente capo alla Kronospan, che ha il controllo totalitario del capitale della Silva. Gli appellanti lamentano, inoltre, che sia mancata una "visione unitaria" degli effetti cumulativi dei due impianti, poiché le amministrazioni avrebbero analizzato, in via parcellizzata, le singole componenti di incidenza ambientale (rumore, emissioni in atmosfera e viabilità) e non avrebbero considerato le modificazioni subite dal progetto Silva a seguito dell'emanazione della VIA sul progetto Kronospan.
La doglianza è infondata: in senso analogo si è pronunciata la Sezione, decidendo l'appello del Comune di San Vito al Tagliamento contro la sentenza del T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 105 del 2023 (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2025, n. 5532).
Come correttamente ritenuto dal primo giudice, in sede di VIA e, poi, nell'ambito dell'AIA e del PAUR rilasciati alla Kronospan, nonché dell'AIA rilasciata alla Silva, gli effetti cumulativi dei due progetti sono stati ampiamente considerati sul piano istruttorio, mentre la pretesa degli appellanti che i progetti venissero trattati, anche da un punto di vista formale e procedimentale, in un'unica sede non ha riscontri normativi.
Quelli presentati dalla Kronospan e dalla Silva sono due progetti, facenti capo a due distinte società, semplicemente legati da un rapporto di accessorietà. Il progetto Kronospan è relativo a un impianto di produzione di pannelli di truciolato, mentre il progetto Silva attiene alla distinta attività di recupero di rifiuti non pericolosi (scarti della lavorazione del legno) e la circostanza che i rifiuti in questione provengano in prevalenza dall'impianto Kronospan e che, circolarmente, il materiale recuperato venga riconsegnato a questo non priva l'attività della Silva della propria separata identità. Gli elementi valorizzati dagli appellanti, quali la localizzazione degli impianti in aree vicine, la loro interdipendenza e il rapporto di controllo tra le due società, depongono senz'altro per la sussistenza di una connessione tra le attività, ma non anche per l'unitarietà del progetto, trattandosi pur sempre di attività oggettivamente differenti e riconducibili a soggetti giuridicamente distinti, mentre del tutto generico è il riferimento al medesimo "centro di interessi", non essendovi alcuna specifica allegazione in ordine ad un artificioso e abusivo frazionamento del progetto o della personalità giuridica delle società.
Quanto, poi, all'effettiva valutazione degli impatti cumulativi, dall'esame degli atti di causa emerge che, nell'iter istruttorio relativo alla VIA del progetto Kronospan, sono stati acquisiti i principali elaborati del progetto Silva e sono state dettagliatamente approfondite ed esaminate le connessioni dei due progetti, attraverso l'acquisizione di relazioni analitiche presentate dalla stessa Kronospan, proprio in esito alla richiesta di un preciso approfondimento istruttorio disposto dall'amministrazione (cfr. la nota del 14 giugno 2021, nella quale ben si mette in evidenza che l'attività della Silva «deve essere valutata congiuntamente all'attività IPPC principale»). L'approfondimento è stato fornito all'amministrazione attraverso la redazione di specifiche relazioni tecniche da parte della Kronospan, riflettenti l'analisi degli impatti cumulativi dei due progetti in relazione a tutti gli aspetti rilevanti: trasporti, flussi di materia, emissioni in atmosfera, odori e rumori. La documentazione integrativa fornita è stata, poi, dettagliatamente esaminata e valutata da tutti gli enti tecnici coinvolti: Regione, ARPA FVG (Agenzia regionale per la protezione ambientale per il Friuli Venezia Giulia) e AsFO (Azienda sanitaria del Friuli orientale), con esito positivo.
Del tutto pertinente, inoltre, deve ritenersi il richiamo fatto dal primo giudice al contenuto della relazione istruttoria della Commissione VIA del 4 aprile 2022, dove, alle pagg. 11 e ss., si dà conto di una puntuale ricognizione del quadro ambientale, attraverso l'analisi delle principali valutazioni tecniche effettuate, componente per componente, e si richiama espressamente la circostanza che, per determinate componenti ambientali, «le valutazioni hanno tenuto in considerazione anche l'impianto Silva per l'analisi degli impatti cumulativi», con la precisazione che tale specifico esame si rinviene, in particolare, nei paragrafi relativi proprio al rumore, alle emissioni in atmosfera, agli odori e alla viabilità, elementi ripresi ed esaminati – anche col richiamo agli approfondimenti istruttori effettuati dall'ARPA e dall'AsFO – nel paragrafo delle "conclusioni" (pagg. 20 e ss.).
Il fatto che la valutazione degli impatti cumulativi si sia focalizzata su tali specifiche componenti (rumore, emissioni in atmosfera e odorigene, viabilità), lungi dal comprovare – come sostenuto dagli appellanti – la parcellizzazione del giudizio e la mancanza di "visione unitaria", mette al contrario in luce l'analiticità della valutazione coordinata dei due progetti, in quanto eseguita con riferimento alle fonti di impatto ambientale di maggior rilievo. Tra l'altro, laddove gli appellanti addebitano all'amministrazione la mancanza di una "visione unitaria", non specificano in cosa tale visione avrebbe dovuto concretizzarsi e quali componenti, oltre a quelle analizzate, avrebbero dovuto formare oggetto di valutazione.
Infine, la circostanza che inizialmente (ossia nel momento di sottoposizione a VIA del progetto Kronospan) non sia stata indicata la possibilità che l'impianto Kronospan recepisse il materiale non solo dall'impianto Silva ma anche da altri fornitori, come invece emergerebbe dall'analisi del progetto Silva, non risulta idonea a richiedere una riapertura della VIA del progetto Kronospan, posto che parte appellante non ha specificato in che termini tale sopravvenienza determinasse una modifica delle condizioni, su cui poggia la valutazione di impatto ambientale, tale da giustificarne la rinnovazione. Sul punto, si ricorda che è principio acquisito quello per cui la rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale è necessario solo quando le varianti progettuali determinano la costruzione di un intervento significativamente diverso da quello già esaminato (Cons. Stato, Sez. VI, 31 gennaio 2007, n. 370; Id., sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5525). Rimane fermo che l'analisi coordinata degli impatti cumulativi è stata replicata in sede di rilascio dell'AIA al progetto Silva, nella sua configurazione finale, dunque tenendo conto delle modifiche intervenute. Infine, la possibilità di ricezione, da parte della Kronospan, del materiale da fornitori terzi milita in senso esattamente opposto all'allegazione di unitarietà dei due progetti, su cui poggia l'impianto difensivo degli appellanti.
10. Con il secondo motivo, rubricato «Violazione di legge (artt. 26, 27 bis e 29 ter D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 – 97 Cost. – art. 21 l.r. FVG 11 novembre 2009. n. 19 – art. 11 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 – art. 75 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) – Eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria, falsa rappresentazione della realtà e contraddittorietà in atti – Difetto di legittimazione a richiedere il rilascio della AIA da parte di SILVA S.r.l., in quanto soggetto non avente titolo (nemo plus iuris as alium transferre potest quam ipse habet) – Violazione del contenuto conformativo delle ordinanze cautelari di sospensione degli effetti dell'esproprio nn. 138 e 140 del 27 ottobre 2022 del Tar FVG – Difetto di istruttoria e di motivazione – Travisamento – Erroneità e contraddittorietà della motivazione – Erroneo rigetto del secondo motivo del ricorso introduttivo e dei primi tre motivi aggiunti a loro tempo proposti», gli appellanti si dolgono del rigetto, da parte del T.A.R., del secondo motivo del ricorso introduttivo e dei primi tre motivi aggiunti. Con essi si lamentava che la Silva non avesse la disponibilità giuridica dei terreni interessati dall'impianto di recupero dei rifiuti e che, quindi, la società fosse priva della legittimazione a richiedere l'AIA per il relativo progetto, circostanza che – stante l'unitarietà dei progetti – si sarebbe riflessa anche sulla legittimità dell'AIA e del PAUR rilasciati alla Kronospan. La mancanza di legittimazione attiva della Silva deriverebbe dal fatto che essa aveva concluso con il Consorzio di sviluppo economico-locale del Ponte Rosso-Tagliamento un preliminare di vendita cosa altrui, posto che i terreni interessati dall'impianto non appartenevano al Consorzio, ma a terzi, dai quali l'ente avrebbe dovuto espropriarli. Inoltre, al momento del rilascio dell'AIA per il progetto Silva, la società non avrebbe potuto vantare alcun titolo legittimante, poiché i decreti di esproprio erano stati oggetto di impugnazione dinanzi al T.A.R. Friuli Venezia Giulia, che ne aveva sospeso l'esecutività in sede cautelare.
Il T.A.R. ha disatteso la doglianza rilevando, anzitutto, l'ininfluenza della sospensione cautelare dei decreti di esproprio emessi dal Consorzio, poiché il titolo di disponibilità delle aree per la Silva derivava dal distinto contratto preliminare, fermo restando che l'impugnazione giurisdizionale era, poi, stata respinta nel merito (con sentenze del T.A.R. Friuli Venezia Giulia nn. 47 e 49 del 2023, che, successivamente all'emanazione della sentenza quivi appellata, sono state anche confermate in appello con sentenze del Consiglio di Stato nn. 10975 e 11347 del 2023). Di seguito, il giudice ha ritenuto che la legge non richieda uno specifico titolo di legittimazione per ottenere l'AIA; in ogni caso, il preliminare stipulato dalla Silva era idoneo allo scopo, in quanto concluso con il Consorzio di sviluppo economico-locale, titolare del potere di esproprio dei fondi funzionali all'impianto, sicché l'appartenenza di tali fondi a terzi non costituiva un ostacolo all'acquisizione della loro disponibilità giuridica.
Gli appellanti contestano le statuizioni del T.A.R. sostenendo che l'inefficacia dei decreti di esproprio, derivante dalle ordinanze cautelari, avrebbe imposto alla Regione quantomeno di sospendere l'iter autorizzatorio, in ragione dell'attuale insussistenza, in capo alla Silva, del titolo legittimante la richiesta dell'AIA. Né rileverebbe l'esito dei giudizi avverso i decreti di esproprio, non potendo una sopravvenienza sanare ex post il vizio del provvedimento. Gli esponenti ribadiscono, inoltre, che il preliminare di vendita di cosa altrui, oltretutto insuscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ., non assicuri l'acquisizione della titolarità dei fondi da parte della Silva. Né potrebbe valorizzarsi la titolarità del potere espropriativo in capo al Consorzio, vista l'incertezza intrinseca dell'esito della procedura espropriativa, anche alla luce delle impugnazioni giurisdizionali che ne sono seguite. Del resto, la Silva sarebbe ancora oggi priva della disponibilità di alcuni terreni, poiché appartenenti al demanio e come tali insuscettibili di esproprio.
Il motivo è infondato, per le seguenti considerazioni, aventi portata assorbente.
Come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, la legge non richiede che, per domandare il rilascio dell'AIA, occorra avere la disponibilità giuridica delle aree interessate dall'impianto: nessuna disposizione dell'art. 29-ter d.lgs. 152/2006 prevede, per la valida presentazione della domanda di AIA, la dimostrazione della titolarità dell'area; l'unico riferimento normativo espresso è al soggetto proponente, che l'art. 5 d.lgs. 152/2006 definisce, alla lett. r), quale soggetto pubblico o privato che "elabora" il piano, programma o progetto. A riprova di ciò, si menzionano gli artt. 177, co. 2, e 208, co. 6, d.lgs. 152/2006, a mente dei quali la gestione di rifiuti costituisce attività di pubblico interesse e l'approvazione dei relativi progetti comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, con conseguente applicabilità (ove occorra) della procedura espropriativa dei beni di interesse, ai sensi del d.p.r. 327/2001; come osservato dal giudice di primo grado, «se, dunque, l'approvazione di un impianto per la gestione di rifiuti legittima (ove occorra) l'attivazione del potere espropriativo, ciò significa che, ai sensi di legge, per la presentazione della relativa domanda non sarebbe nemmeno necessario un titolo di disponibilità dell'area da parte del richiedente. Diversamente, infatti, non avrebbe avuto senso alcuno prevedere che l'approvazione del progetto determina la dichiarazione di pubblica utilità, utile ai fini dell'esproprio». Ne consegue che il provvedimento di rilascio dell'AIA non può essere considerato illegittimo per il fatto che, al momento della domanda, la società istante non vantava un titolo che le assicurasse la titolarità dei terreni.
Quanto al rischio che l'attività di recupero di rifiuti venga svolta su fondi altrui, trattasi di una eventualità che il provvedimento impugnato prende specificamente in considerazione e previene. Infatti, al punto 5 dell'AIA rilasciata alla Silva, è presente la seguente prescrizione: «Coerentemente con quanto stabilito in sede di conferenza dei servizi, si dà atto che i lavori connessi col progetto autorizzato potranno iniziare solo ad avvenuta, completa acquisizione delle aree sulle quali sorgerà l'impianto». Pertanto, fermo restando che ai fini del rilascio dell'AIA non occorre che il proponente sia già proprietario dei fondi, comunque, in base alla prescrizione innanzi riportata, questi non può operare sugli stessi se prima non ne ha acquisito la titolarità.
11. Con il terzo motivo di appello («Violazione di legge (artt. 26 e 27 bis, co. 3, D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 – 97 Cost.) – Violazione del principio del giusto procedimento – Eccesso di potere per sviamento, carenza istruttoria e contraddittorietà manifesta, sotto diverso profilo – Travisamento dei fatti e motivazione apparente – Erroneo rigetto del terzo motivo del ricorso introduttivo»), si contesta il rigetto del terzo motivo di ricorso, con il quale si era lamentato che alla Kronospan fosse stato consentito di integrare più volte, nel corso del procedimento per il PAUR, la documentazione relativa al progetto, anche in violazione dei termini procedimentali perentori dell'art. 27-bis d.lgs. 152/2006. Gli appellanti sostengono, in particolare, che la Kronospan non abbia risposto, entro il termine di trenta giorni di cui all'art. 27-bis, co. 3, d.lgs. 152/2006, alla nota del Servizio energia della Regione Friuli Venezia Giulia del 2 marzo 2021, con la quale si richiedevano integrazioni documentali; il ritardo sarebbe comprovato dal fatto che, con nota del 5 maggio 2021, il medesimo Servizio energia aveva reiterato la richiesta di documentazione, accettando, poi, indebitamente, la produzione tardiva effettuata dalla società; infatti, poiché l'art. 27-bis, co. 3, d.lgs. 152/2006 qualifica il relativo termine come "perentorio", il mancato riscontro della prima richiesta istruttoria del Servizio energia avrebbe imposto l'archiviazione del procedimento o il rigetto dell'istanza. Gli appellanti si dolgono, inoltre, che anche il mancato recepimento, da parte della Kronospan, di alcune osservazioni sul tema delle terre e rocce da scavo, rilevato dalla Commissione VIA, avrebbe imposto il rigetto dell'istanza per incompletezza documentale.
La doglianza è infondata.
L'art. 27-bis, co. 3, 4 e 5, d.lgs. 152/2006 detta la seguente scansione temporale del procedimento volto al rilascio del PAUR:
- entro trenta giorni dalla pubblicazione della documentazione nel sito web dell'autorità competente, quest'ultima, nonché gli enti competenti a esprimersi sulla realizzabilità del progetto, per i profili di rispettiva competenza, verificano la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine "perentorio" non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni (co. 3);
- successivamente alla verifica della completezza documentale, ovvero, in caso di richieste di integrazioni, dalla data di ricevimento delle stesse, l'autorità competente pubblica l'avviso di cui all'art. 23, co. 1, lett. e), d.lgs. 152/2006, a partire dal quale e per la durata di trenta giorni, il pubblico interessato può presentare osservazioni (co. 4);
- entro i successivi trenta giorni, l'autorità competente può chiedere al proponente eventuali integrazioni, anche concernenti i titoli abilitativi compresi nel provvedimento autorizzatorio unico, come indicate dagli enti e amministrazioni competenti al loro rilascio, assegnando un termine non superiore a trenta giorni; su richiesta motivata del proponente, l'autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni; qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l'istanza si intende ritirata ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione (co. 5).
Ebbene, come osservato dal T.A.R., la predetta scansione è stata rispettata.
Nella fase istruttoria di cui all'art. 27-bis, co. 3, d.lgs. 152/2006, la Regione Friuli Venezia Giulia (e, nello specifico, l'ufficio competente per il PAUR) ha richiesto integrazioni documentali alla Kronospan con nota del 17 marzo 2021 e la società ha risposto tempestivamente, trasmettendo quanto richiesto il 14 aprile 2021, cioè entro il termine perentorio di trenta giorni fissato dalla norma. La nota del Servizio energia della Regione del 2 marzo 2021 – che, secondo gli appellanti, sarebbe rimasta priva di riscontro – non costituisce richiesta di integrazione documentale ex art. 27-bis, co. 3, d.lgs. 152/2006: essa è, invece, un atto interno alla Regione (trasmesso dal Servizio energia all'ufficio deputato alla gestione del PAUR) e propedeutico alla nota regionale del successivo 17 marzo 2021 (che, difatti, nelle premesse dà atto dell'avvenuta ricezione del documento: «Servizio Energia, nota prot. n. 12111 del 02/03/2021»); in altre parole, la nota del 2 marzo 2021 non era rivolta alla Kronospan e non era idonea a far decorrere il termine di cui all'art. 27-bis, co. 3, d.lgs. 152/2006. Non è, dunque, vero che il Servizio energia ha concesso alla società ulteriore tempo per rispondere, inviandole una nuova richiesta il 5 maggio 2021: la nota del 5 maggio 2021 si inserisce, infatti, nella successiva fase procedurale disciplinata dall'art. 27-bis, co. 5, cod. amb. e, di nuovo, non è rivolta alla società, ma all'ufficio regionale competente per il PAUR, che, infatti, ha chiesto alla società una integrazione documentale il 14 giugno 2021 (e, nella relativa nota, ha dato atto di aver ricevuto la richiesta di integrazioni dal «Servizio Energia, nota prot. n. 25922/P del 05/05/2021»), alla quale la Kronospan avrebbe dovuto rispondere entro trenta giorni; la società, però, ha domandato e ottenuto una sospensione dei termini, consentita dall'art. 27-bis, co. 5, vedendosi assegnato, come nuovo termine, il 10 gennaio 2022; la società ha rispettato la nuova scadenza, inviando la documentazione tra il 21 e il 29 dicembre 2021. Pertanto, non vi è stata, nella fattispecie, alcuna rimessione della Kronospan nei termini perentori fissati dalla legge.
Quanto al mancato recepimento di talune osservazioni sulle terre e rocce da scavo, è corretta l'osservazione del T.A.R. secondo cui esso non costituisse una carenza documentale idonea a bloccare il procedimento ex art. 27-bis, co. 3 o 5, d.lgs. 152/2006; la Commissione VIA, infatti, ha segnalato non che mancassero dei documenti, ma che non fossero state recepite alcune osservazioni nel merito, per cui il rilievo non attiene al mancato rispetto di termini perentori, ma è propedeutico alle valutazioni dell'istanza, che sarebbero state compiute di lì a poco in sede di conferenza di servizi. Come esattamente statuito dal giudice di primo grado, «il parere della Commissione VIA (richiamato dalla ricorrente) dà atto dell'avvenuta integrazione, puntualizzando soltanto il mancato recepimento di alcune osservazioni sul tema delle "terre e rocce da scavo". Si tratta all'evidenza di valutazioni aventi natura meritale che non afferiscono al diverso tema qui dedotto del rispetto delle cadenze temporali del procedimento. Prova ne è che le relative criticità – lungi dal costituire una lacuna paralizzante - sono state del tutto correttamente riesaminate dalle Amministrazione coinvolte nel prosieguo dell'iter procedimentale, anche attraverso la previsione di apposita prescrizione ambientale, così riconoscendosi la completezza della documentazione fornita dall'azienda».
12. Con il quarto motivo, intitolato «Violazione di legge (artt. 27 bis e 29 quater, co. 5, D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, 3, 14, 14 ter e 14 quater l. 7 agosto 1990 n. 241, 97 e 120 Cost.) – Eccesso di potere per travisamento e carenza di istruttoria – Violazione del principio del giusto procedimento e di leale collaborazione istituzionale tra pubbliche amministrazioni – Erroneo rigetto del quarto motivo del ricorso introduttivo», gli appellanti criticano la sentenza, nella parte in cui ha ritenuto infondato il quarto motivo del ricorso introduttivo, con il quale avevano lamentato l'illegittimità del PAUR relativo al progetto Kronospan, in quanto le prescrizioni impartite dal Comune di San Vito al Tagliamento in materia sanitaria (trasfuse nella nota prot. 17191 del 13 giugno 2022) erano state esaminate dalla sola autorità procedente (la Regione Friuli Venezia Giulia), in via autonoma e non nella dovuta sede della conferenza di servizi. La statuizione del T.A.R., secondo cui le prescrizioni comunali erano pervenute tardivamente, una volta chiusa la conferenza di servizi, viene criticata deducendo che la nota comunale, indicata nello stesso PAUR come risalente al 13 giugno 2022, fosse anteriore rispetto alla chiusura della conferenza di servizi e che, in ogni caso, il principio di leale collaborazione avrebbe imposto alla Regione di acquisirla ai fini della discussione conferenziale; al più, la Regione avrebbe potuto ritenere la nota intempestiva e quindi inammissibile, ma non avrebbe comunque potuto esaminarla al di fuori della conferenza di servizi.
Anche questo motivo è privo di fondamento.
Si deve confermare che la nota del Comune di San Vito al Tagliamento in materia sanitaria, emessa ai sensi degli artt. 216 e 217 r.d. 1265/1934 (tuls), è pervenuta alla Regione, ossia all'autorità procedente, alle ore 10.09 del 14 giugno 2022, come dimostrato dalla difesa regionale con il doc. 58, depositato in primo grado, quando la conferenza di servizi era ormai chiusa: il verbale della conferenza, sottoscritto senza riserve anche dal rappresentante del Comune, dà infatti atto che «[l]a conferenza si conclude alle ore 09:20». La circostanza che la nota fosse datata 13 giugno 2022 è del tutto ininfluente, posto che ciò che rileva è il momento in cui essa perviene all'autorità procedente.
Pertanto, correttamente il T.A.R. ha ritenuto che la nota non dovesse essere considerata in conferenza, in quanto «anche l'interesse igienico-sanitario di cui il Sindaco è esponente e portatore deve essere tempestivamente manifestato e trovare adeguata composizione nella sede a ciò deputata ovvero nell'ambito della conferenza dei servizi […] e non può invece essere reso noto solo a lavori conclusi». Infatti, le chiare disposizioni in materia di conferenza di servizi, le quali impongono che ogni determinazione delle autorità coinvolte pervenga perentoriamente entro il termine dell'ultima riunione (art. 14-ter, co. 7, l. 241/1990), non possono essere disapplicate in virtù del principio di leale collaborazione tra amministrazioni; al contrario, come esposto dal T.A.R., «il principio della leale collaborazione tra le amministrazioni, evocato dai ricorrenti, avrebbe voluto in realtà che anche le osservazioni o "prescrizioni" comunali in materia sanitaria dovessero essere tempestivamente palesate e rese manifeste – diversamente da quanto è effettivamente avvenuto- in seno alla Conferenza di servizi e non a lavori conclusi».
La circostanza che la Regione Friuli Venezia Giulia abbia comunque analizzato la nota comunale (al di fuori della conferenza di servizi) e abbia preso posizione su di essa direttamente nel provvedimento finale è irrilevante: trattasi di una scelta non imposta dal legislatore, dettata da (eccessiva) prudenza, la quale non elide la circostanza che le prescrizioni comunali, in quanto tardive, non avrebbero potuto determinare il rigetto dell'istanza della Kronospan né condizionare il contenuto del PAUR.
13. Nel quinto motivo, gli appellanti lamentano «Violazione di legge (Regolamento UE n. 605/2014 della Commissione Europea del 5 giugno 2014 – artt. 293, co. 1 e 276 bis 237 octies, co. 3 D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – All. VII alla parte II, punto 2 D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 -art. 1 D.lgs. 13 agosto 2010, n. 155 – artt. 29 sexies, 29 septies, 29 decies e 3 ter D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152; art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241) – Difetto e/o carenza di istruttoria sotto al profilo delle emissioni e della qualità dell'aria – Violazione del principio di precauzione – Violazione del principio del giusto procedimento – Illogicità e contraddittorietà manifesta nella motivazione ed errore nella valutazione delle risultanze probatorie – Travisamento dei fatti e motivazione apparente – Erroneo rigetto del quinto motivo del ricorso introduttivo e dell'ottavo motivo del ricorso per motivi aggiunti a valere anche quale ricorso autonomo». Si contesta la sentenza di primo grado nella parte in cui ha disatteso il quinto motivo del ricorso introduttivo e l'ottavo motivo aggiunto, con i quali i ricorrenti avevano dedotto la presenza di alcune incongruenze e lacune nei dati tecnici forniti dalla Kronospan e dalla Silva all'amministrazione e da questa esaminati nelle conferenze di servizi.
Il motivo va disatteso.
Con riferimento alla quantità di prodotto lavorato dalla Kronospan, che secondo gli appellanti le autorità avrebbero sottostimato, si conferma quanto statuito dal primo giudice, secondo cui la censura poggia su un travisamento dei dati: la capacità produttiva dell'impianto Kronospan è pari a 1.750 mq/giorno di pannello truciolare, mentre la maggiore misura indicata dagli appellanti, pari a 1.857 tonnellate/giorno, riguarda l'impianto Silva, che poi conferisce il materiale all'impianto Kronospan; pertanto, laddove nella relazione tecnica depositata sub doc. 40 del primo grado, si attesta, con riferimento all'impianto Kronospan, che «la quantità annua totale di materiale in ingresso è pari a circa 650.000 t pari a 1.857 t/giorno lavorate», non ci si riferisce alla capacità produttiva della Kronospan, ma si indica che le 1.857 tonnellate giornaliere prodotte dalla Silva vengono conferite all'impianto Kronospan.
Quanto emissioni, le assunzioni degli appellanti circa la mancata valutazione delle discrepanze segnalate dall'ARPA FVG non sono condivisibili: l'istruttoria è stata infatti eseguita, in termini approfonditi, dagli enti specializzati competenti (ARPA FVG e AsFO) e ha ricevuto l'assenso unanime di questi ultimi, come risulta dal verbale della conferenza dei servizi del 9 giugno 2022. Pertanto, è errato sostenere che, anziché prevenire a monte le emissioni nocive, l'autorità avrebbe preferito limitarsi a monitorarle: al contrario, l'istruttoria ha condotto alla conclusione, condivisa all'unanimità dagli organi tecnici, che dette emissioni avessero ricadute non radicalmente incompatibili con l'ambiente e che fossero sufficientemente arginabili mediante apposite prescrizioni di monitoraggio. A ben vedere, la censura articolata in appello si configura come volta censurare il merito di una scelta amministrativa, senza evidenziare profili di manifesta illogicità o irrazionalità, che costituiscono gli unici aspetti sindacabili in sede di giurisdizione generale di legittimità (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2025, n. 5532).
14. Con il sesto motivo («Violazione di legge (artt. 1, co. 1, lett. j) e v), 4, 5, 7, 8, 14, co. 1, lett. k), 17 e 19 bis l.r. FVG n. 11/2015 – artt. 2, 3, 6 d.P.Reg. 27 marzo 2018, n. 083/Pres. – art. 32 e 97 Cost., art. 3 l. 7 agosto 1990 n. 241) – Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta, difetto di istruttoria, disparità di trattamento e travisamento dei presupposti sotto al profilo dell'invarianza idraulica – Illegittimità propria e derivata dall'illegittimità della VIA – Illogicità e contraddittorietà manifesta nella motivazione ed errore nella valutazione delle risultanze probatorie – Travisamento dei fatti e motivazione apparente – Erroneo rigetto del sesto motivo di ricorso»), si contesta la sentenza, laddove ha respinto la censura, di cui al sesto motivo del ricorso di primo grado, con cui i ricorrenti lamentavano che non fosse il Consorzio di sviluppo economico-locale l'ente competente al rilascio del parere di compatibilità idraulica, ma la Regione.
Il T.A.R. ha così motivato: «a) in base alla tabella degli enti competenti di cui al par. 7 dell'all. 1 al d.P.Reg. 27 marzo 2018 n.083/Pres (Regolamento recante disposizioni per l'applicazione del principio dell'invarianza idraulica (di cui all'art. 14, comma 1, lettera k), l. r. n. 11/2015)) l'ente preposto alla verifica della compatibilità idraulica e al rilascio del relativo parere è l'ente che gestisce la rete idraulica ricettrice che riceve le portate scaricate dalla superficie oggetto della trasformazione; b) nel caso specifico, la rete ricettrice corrisponde alla rete di drenaggio come definita dall'articolo 3, comma 1, lett. o), ossia "il sistema di canalizzazioni artificiali e non, che raccolgono e allontanano da insediamenti […] produttivi […] le acque meteoriche superficiali", che nel caso di specie è pacificamente gestita dal Consorzio; c) non rileva, invece, ai fini dell'allocazione della competenza, che il recapito finale della rete di drenaggio sia nella Roggia Roia (sia perché allora la citata disposizione non avrebbe spazio applicativo, atteso che qualunque rete di drenaggio confluisce verso un corpo idrico di superficie, sia perché non è affatto dimostrato che la competenza del Consorzio è limitata alla mera gestione di una semplice tubazione che conduce direttamente alla dispersione delle acque in un torrente)».
Nell'atto di appello, i ricorrenti contestano, in particolare, l'osservazione di cui al punto c), ove il T.A.R. ha ritenuto irrilevante la circostanza che la rete di drenaggio confluisce nella Roggia Roia.
Anche questa censura è priva di fondamento (in senso analogo, v. Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2025, n. 5532).
Conformemente a quanto osservato dal T.A.R., in base alla "tabella degli enti competenti" contenuta nel par. 7 dell'allegato 1 al d.p.reg. 83/2018 (Regolamento regionale recante disposizioni per l'applicazione del principio dell'invarianza idraulica), l'ente competente alla verifica della compatibilità idraulica è il cosiddetto "ente gestore". Stando alla definizione contenuta nell'art. 3, co. 1, lett. j) del citato allegato 1 al Regolamento regionale, gli enti gestori sono «la Regione, i Consorzi di bonifica, i gestori del servizio idrico integrato o gli enti locali in forma singola od associata, che gestiscono la rete idraulica ricettrice di cui alle lettere o) e p), che riceve le portate scaricate dalla superficie oggetto della trasformazione», dove la lett. o) individua la "rete di drenaggio", come «il sistema di canalizzazioni artificiali e non, che raccolgono e allontanano da insediamenti […] produttivi […] le acque meteoriche superficiali»; inoltre, l'art. 3, co. 1, lett. j), punto 2, specifica che l'ente gestore competente è «quello che gestisce il sistema di drenaggio, nel caso di recapito indiretto in corpo idrico superficiale».
Ora, nel caso di specie, le acque meteoriche dell'impianto Kronospan scaricano nella rete di drenaggio, pacificamente gestita dal Consorzio di sviluppo economico-locale, la quale, a sua volta, confluisce nella Roggia Roia. Pertanto l'ente competente al rilascio del parere di compatibilità idraulica non può che essere il Consorzio. A nulla rileva che la rete di drenaggio abbia come recapito finale la Roggia Roia, in quanto trattasi di "recapito indiretto", dal momento che le acque dell'impianto Kronospan non aggettano direttamente in essa: pertanto, ai sensi dell'art. 3, co. 1, lett. j), punto 2, "ente gestore" (competente alla verifica in base alla tabella di cui al par. 7) rimane l'ente gestore della rete di drenaggio.
15. Con il settimo motivo di appello si lamenta «Violazione di legge (art. 182 bis D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) – Violazione del principio di prossimità nella gestione dei rifiuti - Illogicità e contraddittorietà manifesta nella motivazione ed errore nella valutazione delle risultanze probatorie – Travisamento dei fatti e motivazione apparente – Erroneo rigetto del settimo motivo di ricorso», in relazione al rigetto del settimo motivo del ricorso introduttivo. Con tale motivo, i ricorrenti avevano dedotto che il progetto Kronospan violasse il principio di prossimità nel trattamento dei rifiuti, che impone di smaltirli nel luogo più vicino al luogo di produzione o di raccolta.
Il T.A.R. ha ritenuto il motivo infondato poiché il principio di prossimità si applica ai rifiuti urbani indifferenziati (art. 182-bis d.lgs. 152/2006) e non ai rifiuti speciali, quali sono quelli prodotti dall'impianto Kronospan.
In senso contrario, gli appellanti osservano che il principio di prossimità valga, in via tendenziale, anche per i rifiuti speciali.
La doglianza è infondata.
L'art. 182-bis d.lgs. 152/2006, che impone lo smaltimento e il recupero in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, si applica, expressis verbis, ai "rifiuti urbani indifferenziati", mentre è pacifico che nel caso di specie si abbia riguardo a "rifiuti speciali", quali sono gli scarti della lavorazione del legno. Come chiarito già dalla Corte Costituzionale, il principio di prossimità per lo smaltimento o il recupero di rifiuti è cogente esclusivamente per quanto concerne i rifiuti urbani, non già per i rifiuti speciali, perché per questa tipologia di rifiuti occorre avere riguardo alle relative caratteristiche e alla conseguente esigenza di specializzazione nelle operazioni di trattamento degli stessi (Corte Cost., 4 dicembre 2002, n. 505). Vero è che la Corte Costituzionale ha, successivamente, puntualizzato che il principio di prossimità opera anche per i rifiuti speciali, ma ciò vale solo in via "tendenziale", nel senso che «l'utilizzazione dell'impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne "permette" anche altre"» (Corte Cost., 23 gennaio 2009, n. 10). In coerenza con i dettami del giudice delle leggi, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha stabilito che per i rifiuti speciali ha rilievo primario il criterio della specializzazione dell'impianto, in relazione al quale deve essere coordinato il principio di prossimità, con cui si persegue lo scopo di ridurre il più possibile la movimentazione di rifiuti (Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 2013, n. 3215; Id., 19 febbraio 2013, n. 993; Id., Sez. VI, 1 luglio 2021, n. 5025).
Ne consegue la correttezza dell'osservazione della sentenza di primo grado, laddove ha reputato ammissibile una "deroga" al criterio tendenziale della prossimità rispetto ai rifiuti speciali prodotti dalla Kronospan, evidenziando come essa si spieghi «in ragione dell'accessorietà dell'impianto Silva rispetto a quello Kronospan. Sul punto è del tutto condivisibile l'argomentazione della difesa della Silva secondo la quale il principio in parola è ragionevolmente derogabile e non trova stretta applicazione agli impianti che hanno una valenza strumentale allo sviluppo industriale di un settore, in quanto destinati a recuperare rifiuti da impiegare come materia prima in processi produttivi. Ciò perché il loro trattamento non può che essere localizzato nei luoghi in cui sussiste la domanda, proprio al fine di favorire lo sviluppo sostenibile dell'industria».
16. Con l'ottavo motivo («Violazione di legge (art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241) – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti sotto al profilo dell'incremento del traffico - Illogicità e contraddittorietà manifesta nella motivazione ed errore nella valutazione delle risultanze probatorie – Travisamento dei fatti e motivazione apparente – Erroneo rigetto dell'ottavo motivo di ricorso»), gli appellanti ripropongono la censura, già sviluppata nell'ottavo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, secondo cui, in sede di VIA, la Regione Friuli Venezia Giulia avrebbe sottovalutato l'incidenza dell'impianto Kronospan sul traffico.
Il T.A.R. ha ritenuto la doglianza infondata, in quanto l'impatto sul traffico era stato approfonditamente valutato in sede istruttoria e l'esito di tale accertamento si era tradotto in apposite prescrizioni, che non fanno emergere palesi incongruenze o manifeste inadeguatezze dell'azione amministrativa, bensì, all'opposto, denotano una puntuale e prudente analisi degli impatti e una stringente e dettagliata valutazione dei dati istruttori acquisiti.
In sede di appello, gli esponenti deducono che le prescrizioni impartite impongono un mero monitoraggio postumo dell'attività, così eludendo il principio per cui l'incidenza ambientale di un progetto deve essere valutata a monte. Inoltre, gli appellanti lamentano che il T.A.R. non abbia considerato che, in sede di VIA, si fosse assunto che il trasporto avvenga solo su ferrovia e si sia tenuto conto esclusivamente dello scenario in cui l'integrità del materiale lavorato dalla Kronospan provenga dall'impianto Silva e non anche dell'ipotesi in cui la prima si rifornisca da soggetti terzi.
Anche questo motivo deve essere disatteso.
Come evidenziato dal giudice di primo grado, l'analisi dei flussi di traffico ha evidenziato un quadro compatibile con la situazione viabilistica esistente, conducendo l'amministrazione regionale a impartire, nel provvedimento di VIA, solo alcune prescrizioni:
a) la redazione di un piano di monitoraggio del traffico pesante e leggero in ingresso uscita/uscita dagli impianti, da effettuarsi sia nelle condizioni ante operam che post operam;
b) che la Kronospan monitori con continuità il traffico prodotto dalla propria attività, adottando conseguentemente nel tempo le più opportune misure per limitarlo al minimo raggiungendo un adeguato livello di performance ambientale (privilegiando il trasporto a mezzo ferrovia rispetto al trasporto su gomma, qualora sussistano condizioni tecniche ed economiche che ne consentano l'effettivo impiego);
c) che la gestione e programmazione dei flussi di veicoli in entrata e uscita sia effettuata attraverso precise modalità (nel documento ben descritte) atte a ridurre l'impatto sul traffico.
Posto che né l'analisi effettuata né le soluzioni raggiunte lasciano emergere palesi illogicità o incongruenze, non vi è ulteriore spazio per censurare le valutazioni e le conseguenti scelte amministrative, pena una indebita sostituzione della funzione amministrativa. In particolare, la decisione di consentire l'attivazione dell'impianto con prescrizioni volte al monitoraggio del flusso di traffico costituisce il frutto di una scelta discrezionale, insuscettibile di sindacato intrinseco ad opera del giudice.
Non è vero, inoltre, che l'amministrazione abbia considerato soltanto l'ipotesi di un trasferimento del materiale all'impianto Kronospan su rotaia: proprio la circostanza che la VIA prescriva di privilegiare il trasporto a mezzo ferrovia rispetto al trasporto su gomma sottende la circostanza che il secondo scenario sia stato analizzato.
Quanto all'addotta mancata considerazione (da parte dell'amministrazione, prima, e del T.A.R., poi) dell'ipotesi alternativa in cui la Kronospan si rifornisca da soggetti diversi dalla Silva, è sufficiente osservare che siffatto scenario non era stato prospettato neppure dai ricorrenti nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
17. Si procede all'analisi del nono motivo di appello («Violazione di legge (art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241 – 97 Cost.) – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti sotto al profilo sanitario – Illogicità e contraddittorietà manifesta nella motivazione ed errore nella valutazione delle risultanze probatorie – Travisamento dei fatti e motivazione apparente – Erroneo rigetto del nono motivo del ricorso introduttivo»), corrispondente al nono motivo del ricorso introduttivo. In primo grado, i ricorrenti avevano contestato l'omessa ricezione, da parte della Regione, delle raccomandazioni in materia sanitaria, riversate dall'AsFO nella nota prot. 45674 del 26 maggio 2022.
Il T.A.R. ha, invece, ritenuto che tutte le undici indicazioni fornite dall'Azienda sanitaria siano state recepite all'interno dei vari provvedimenti autorizzativi impugnati: in particolare, le prescrizioni nn. 4, 6, 7, 8 e 10 dell'AsFO si ritrovano nell'allegato B, par. 6, dell'AIA Kronospan; la prima prescrizione dell'AsFO è stata recepita nel par. 4.1 dell'all. B dell'AIA Kronospan; la seconda è stata convertita in raccomandazione in sede di AIA; la terza è stata recepita nella prima condizione del decreto VIA; la quinta è prevista espressamente all'interno del piano di monitoraggio e controllo dei "rifiuti in ingresso" di cui all'all. C dell'AIA Kronospan e al par. n. 1.3 – tabella 5 dell'all. C al PAUR; infine, l'undicesima riguarda una materia di competenza del Dipartimento di Medicina del lavoro e non dell'autorità competente per l'AIA.
Nell'appello, gli esponenti lamentano che la sentenza abbia omesso di considerare la pericolosità a breve termine dell'impianto Kronospan, come segnalata dall'AsFO, secondo la quale vi è una concreta possibilità che alcuni gruppi suscettibili della popolazione (persone che soffrono di asma, malattie coronariche, BPCO e altre condizioni e malattie croniche) possano essere danneggiati dall'esposizione a breve termine a concentrazioni elevate di PM10. Inoltre, si censura nuovamente l'approccio seguito dall'amministrazione, che alla prevenzione avrebbe preferito il monitoraggio dell'attività, autorizzandola nonostante i rischi per la salute delle persone.
Il motivo va respinto.
L'AsFO, dopo aver considerato ogni possibile impatto dell'impianto Kronospan sulla salute delle persone, si è determinata a non negare il proprio assenso alla relativa autorizzazione, ma a indicare le prescrizioni a cui l'attività si sarebbe dovuta conformare e alle stesse si è attenuta la Regione Friuli Venezia Giulia, che le ha recepite nei vari provvedimenti autorizzativi. Pertanto, il rischio di incidenza delle emissioni su talune fasce di popolazione non è stato ritenuto idoneo a impedire in toto l'operatività dell'impianto, né emergono, dal ricorso, elementi da cui inferire che siffatta scelta, di contenuto ampiamente discrezionale, sia affetta da manifeste illogicità o incongruenze. Si rinvia, su quest'ultimo aspetto, alle considerazioni già spese in ordine alla insostituibilità delle modalità con cui l'amministrazione decide di fronteggiare i rischi implicati nelle attività produttive.
18. Con il decimo motivo di appello, rubricato «Violazione di legge (artt. 216 e 217 D.P.R. 27 luglio 1934, n. 1265; art. 29 quater D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) – Difetto di istruttoria e di motivazione – Sviamento dalla causa tipica – Difetto di motivazione – Erroneo rigetto del quarto motivo aggiunto di ricorso», si critica il capo della sentenza che ha respinto il quarto motivo aggiunto, con il quale si era contestato il fatto che la Regione Friuli Venezia Giulia, sebbene consapevole che il Comune di San Vito al Tagliamento aveva avviato l'iter per classificare l'impianto Silva come "industria insalubre" (successivamente sfociato nell'attribuzione all'impianto de quo della qualifica di industria insalubre di prima classe), non aveva atteso gli esiti del relativo procedimento e aveva rilasciato l'AIA, ritenendo recessiva la competenza del sindaco in materia sanitaria rispetto alle attribuzioni degli altri enti coinvolti nella conferenza di servizi.
Il T.A.R. ha disatteso la doglianza, osservando che le prescrizioni comunali rese ex artt. 216 e 217 r.d. 1265/1934 non abbiano carattere vincolante, dovendo le relative questioni essere manifestate dal rappresentante comunale all'interno della conferenza di servizi ed essere incluse nella ponderazione dei vari interessi pubblici, propria di tale istituto.
A tale statuizione gli appellanti obiettano che, dato che l'art. 29-quater, co. 6, d.lgs. 152/2006 impone all'autorità procedente per l'AIA di acquisire, in conferenza di servizi, le prescrizioni del sindaco ex artt. 216 e 217 r.d. 1265/1934, evidentemente tali prescrizioni devono ritenersi obbligatorie e vincolanti. Ebbene, poiché, successivamente alla chiusura della conferenza di servizi, il sindaco del Comune di San Vito al Tagliamento ha classificato l'impianto Silva tra le industrie insalubri di prima classe, che, ai sensi dell'art. 216 tuls, devono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni, l'impianto suddetto non avrebbe potuto essere collocato in loco, poiché distante meno di 500 m da un agglomerato di case sparse.
Il motivo è infondato, in quanto poggia sull'errato presupposto che al sindaco sia riconosciuto il potere di assumere prescrizioni vincolanti in sede di AIA.
In senso contrario, si osserva che l'art. 29-quater, co. 6, d.lgs. 152/2006, stabilisce che le prescrizioni sindacali ai sensi degli artt. 216 e 217 tuls devono essere acquisite nell'ambito della conferenza di servizi funzionale all'emanazione dell'AIA: «Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché la proposta dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente». Pertanto, come anche evidenziato al § 11 in relazione all'impianto Kronospan, i poteri del sindaco di esprimersi sull'insalubrità delle industrie, ai sensi degli artt. 216 e 217 tuls, vanno ricondotti entro le dinamiche proprie della conferenza di servizi, adeguandosi al funzionamento di quest'ultima. Vale, perciò, il principio per cui la determinazione dell'autorità coinvolta in una conferenza di servizi deve pervenire tempestivamente, pena l'operatività del silenzio assenso ex art. 14-ter, co. 7, l. 241/1990 e, in ogni caso, tale determinazione non assume portata ex se vincolante per l'amministrazione procedente, che è chiamata, in caso di dissensi espressi, ad assumere la decisione finale in base alle posizioni prevalenti esternate in seno alla conferenza, ai sensi dell'art. 14-quater l. 241/1990.
A quanto sopra consegue che, correttamente, la Regione Friuli Venezia Giulia non ha sospeso il procedimento in attesa delle determinazioni sindacali sull'impianto Silva, le quali avrebbero dovuto essere rese nell'ambito della conferenza ed entro la riunione finale della stessa, così come, sempre legittimamente, non ha tenuto conto della postuma qualificazione, ad opera del sindaco del Comune di San Vito al Tagliamento, dell'impianto quale industria insalubre.
19. Nell'undicesimo motivo di appello («Violazione di legge (art. 15 l.r. FVG 20 ottobre 2017, n. 34 – D.P. Reg. 19 marzo 2018, n. 58/Pres. in relazione Criteri Localizzativi degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti dallo stesso approvati) – Difetto di istruttoria e di motivazione – Violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi – Travisamento dei fatti e motivazione apparente – Erroneo rigetto del quinto motivo aggiunto di ricorso»), si censura il rigetto del quinto motivo aggiunto. Con esso, i ricorrenti avevano contestato, sotto altro profilo, il collocamento dell'impianto Silva a meno di 500 m da un agglomerato di case sparse. Ad avviso degli esponenti, infatti, ciò avrebbe integrato la violazione dei Criteri localizzativi regionali degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti (CLIR), approvati con d.p.reg. 58/2018.
Il T.A.R. ha disatteso la censura osservando che «sebbene la Silva avesse inizialmente richiesto una specifica deroga, ai sensi dell'articolo 15 della l.r. n. 34/2017, per il criterio 8B – Case sparse, tuttavia, la valutazione della società è risultata errata in eccesso, in quanto più cautelativa di quanto richiesto dagli stessi CLIR. Essa, infatti, non teneva conto della precisazione, presente a pag. 166 dei CLIR, secondo cui, qualora l'impianto sia ubicato in zona industriale (come nel caso in esame), il livello di tutela deve considerarsi di attenzione cautelativa (AC) e non attenzione limitante (AL). Tant'è che, come ben spiegato dalla difesa regionale, il livello di tutela è contrassegnato da un doppio asterisco che rimanda a tale precisazione (cfr. la nota 4 secondo la quale "Il simbolo ** riportato in tabella 8A indica che, qualora l'impianto sia ubicato in zona industriale, artigianale e per servizi tecnologici il livello di tutela deve considerarsi di attenzione cautelativa (AC))"; da ciò consegue che correttamente l'impianto Silva non è assoggettato a nessuna deroga, che invece è prescritta per il diverso livello di attenzione limitante (AL). Il progetto prevede, peraltro, specifiche mitigazioni consistenti nella realizzazione fra il sito e le case sparse di un terrapieno erboso di altezza 3-4 m e di una fascia di terreno alberata per isolamento da eventuali rumori e polveri (cfr. relazione tecnica Silva - allegato 4, pag. 18). Rispetto ad esse i ricorrenti non hanno chiarito i precisi profili di inadeguatezza o carenza riscontrati».
Gli appellanti sostengono che quanto affermato dal T.A.R. contraddica l'art. 15, co. 3, l.r. 34/2017, che, invece, imporrebbe il rispetto di 500 m di distanza tra gli impianti di smaltimento o di recupero dei rifiuti e le case sparse, salva deroga espressa, che, però, avrebbe dovuto essere conseguita prima del rilascio dell'AIA.
Anche questa doglianza è infondata.
L'art. 15, co. 3, l.r. 34/2017, richiamato dagli appellanti, così dispone: «ai fini della salvaguardia della salute umana i Criteri Localizzativi definiscono i livelli di tutela da rispettare per gli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti localizzati o da localizzare a distanza inferiore a mille metri dalle funzioni sensibili descritte dai Criteri localizzativi stessi e dalle zone omogenee A, B, e C definite dagli strumenti di pianificazione comunale e sovracomunale, nonché a distanza inferiore a cinquecento metri dalle case sparse». La norma, quindi, demanda la fissazione della distanza minima tra gli impianti di gestione di rifiuti e le case sparse ai CLIR elaborati a livello regionale. Pertanto, se i CLIR non stabiliscono siffatto criterio di distanziamento per uno o più impianti, lo stesso non opera. Ciò è, esattamente, quanto avvenuto nella fattispecie, posto che i CLIR di cui al d.p.reg. 58/2018 impongono il rispetto del suddetto parametro distanziale in via cogente solo per gli impianti collocati nelle zone di "attenzione limitante" e non anche in quelle di "attenzione cautelativa", ove, invece, si trova l'impianto Silva.
20. Si procede all'analisi del dodicesimo motivo di appello («Violazione di legge (artt. 29 bis e ss. e 208 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152; art. 23 NTA Piano per gli insediamenti produttivi del Comune di S. Vito al Tagliamento-Ambito ZTO "D1" Ponterosso; art. 97 Cost.; art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241) – Violazione del principio del giusto procedimento – Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta, travisamento e carenza istruttoria – Difetto di motivazione – Erroneo rigetto del sesto motivo aggiunto di ricorso»), corrispondente al sesto motivo aggiunto proposto in primo grado. Gli appellanti si dolgono del fatto che l'AIA rilasciata alla Silva si ponga in violazione dell'art. 23 delle NTA (norme tecniche di attuazione) del PIP (Piano per gli insediamenti produttivi) del Comune di San Vito – Ambito ZTO "D1" Ponterosso, che vieta il deposito del materiale pulverulento sui piazzali.
La censura è infondata innanzitutto in punto di fatto, dal momento che gli appellanti non hanno specificamente contestato l'assunto contenuto nella sentenza impugnata, secondo cui il materiale temporaneamente stoccato nel piazzale all'aperto non sarà quello pulverulento ma sarà materiale "solido" costituito da pezzi di legno allo stato "grossolano" e avrà dimensioni (dai 2/3 cm circa sino al metro) tali da impedirne la dispersione ad opera del vento: rispetto a tale osservazione, gli appellanti si sono limitati a rilevare che essa costituisca il frutto di un travisamento dei fatti, in quanto la Silva non ha mai modificato la propria proposta progettuale per conformarsi all'art. 23 della NTA del PIP e non ha comunque mai ben chiarito, dopo le numerose integrazioni e modifiche progettuali, quale sia l'effettivo percorso del materiale e il suo stoccaggio; in questo modo, però, la parte appellante non ha smentito l'assunto primario, ovverosia che il materiale non sia pulverulento e, come tale, non sia soggetto al divieto di deposito nei piazzali, sancito dall'art. 23 delle NTA. Parimenti, gli appellanti non hanno contestato l'ulteriore osservazione contenuta nella sentenza, secondo la quale è comunque previsto un sistema di nebulizzazione per l'eventuale sollevamento di polveri nella fase dello scarico del materiale "grossolano".
In ogni caso, in punto di diritto, si osserva che l'approvazione dell'AIA per un impianto di smaltimento o di recupero di rifiuti ha un effetto legale di variante urbanistica, ex art. 208, co. 6, d.lgs. 152/2006 e, trattandosi di un effetto ex lege, esso si realizza a prescindere dalla circostanza che il provvedimento contenga (o meno) l'esplicitazione della volontà di produrre siffatta variazione (in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2025, n. 5532).
21. Con il tredicesimo motivo di appello («Violazione di legge (artt. 208, commi 2 e 6 e 6, comma 13 D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241) – Contraddittorietà – Difetto dei presupposti – Errore di fatto e di diritto con riferimento al provvedimento ai AIA relativo all'impianto SILVA – Difetto e illogicità della motivazione – Erroneo rigetto del nono motivo aggiunto»), si ripropone la censura sviluppata con il nono motivo aggiunto, secondo la quale l'AIA rilasciata in favore della Silva non sarebbe idonea a sostituire l'autorizzazione unica per lo smaltimento o il recupero dei rifiuti, ex art. 208 d.lgs. 152/2006: secondo la prospettazione dei ricorrenti, l'effetto sostitutivo non opererebbe, poiché esso vale solo per le attività di cui all'allegato VIII, parte II, d.lgs. 152/2006, tra le quali non rientra quella svolta dalla Silva.
Il T.A.R. ha ritenuto la doglianza infondata, rilevando che l'impianto Silva è stato sottoposto alla procedura di AIA (e non di semplice autorizzazione unica ex art. 208 d.lgs. 152/2006) in quanto svolgente attività accessoria a quella dell'impianto Kronospan, a sua volta sottoposto ad AIA. Infatti, ai sensi dell'art. 5, co. 1, lett. i-quater), d.lgs. 152/2006, «[è] considerata accessoria l'attività tecnicamente connessa anche quando condotta da diverso gestore» e, a mente dell'art. 5, co. 1, lett. o-bis, d.lgs. 152/2006, «[u]n'autorizzazione integrata ambientale può valere per una o più installazioni o parti di esse che siano localizzate sullo stesso sito e gestite dal medesimo gestore. Nel caso in cui diverse parti di una installazione siano gestite da gestori differenti, le relative autorizzazioni integrate ambientali sono opportunamente coordinate a livello istruttorio». Ciò posto, il giudice di primo grado ha osservato e che l'AIA così rilasciata alla Silva sostituisce anche l'autorizzazione per il recupero dei rifiuti, come si ricava dall'art. 26-quater, co. 11, d.lgs. 152/2006 (secondo cui «le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco dell'Allegato IX alla Parte Seconda del presente decreto») e dall'all. 9, parte II, d.lgs. 152/2006 (che annovera l'autorizzazione in discorso tra quelle sostituite dall'AIA).
Tali passaggi motivazionali della sentenza sono rimasti incontestati.
Gli appellanti, infatti, si limitano a rilevare la contraddittorietà intrinseca della decisione di primo grado che, dapprima (e in relazione ad alcuni motivi), ha negato l'unicità del progetto Kronospan e Silva (cfr. § 8) e, poi, si è poggiata proprio su tale unicità per affermare che l'AIA attribuita alla Silva sostituisca l'autorizzazione unica per il recupero dei rifiuti. L'allegata contraddittorietà, però, è inesistente: nel respingere la censura in analisi, il giudice non ha affermato l'esistenza di un progetto unitario, ma ha semplicemente attestato l'accessorietà dell'attività svolta dalla Silva rispetto a quella della Kronospan. In altri termini, si è ritenuto, senza alcuna contraddizione, che le due attività sono connesse, il che giustifica la sottoposizione del progetto Silva alla procedura di AIA ex art. 5, co. 1, lett. o-bis, d.lgs. 152/2006, fermo restando, però, che i procedimenti autorizzativi devono rimanere distinti per i due progetti.
22. Rimane da analizzare il quattordicesimo motivo di appello, rubricato «Violazione di legge (artt. 1, co. 1 e 3 e 21 nonies l. 7 agosto 1990, n. 241; 97 e 98 Cost.; 29 ter D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) – Eccesso di potere sotto al profilo della contraddittorietà del provvedimento di A.I.A. rilasciato a SILVA – Illegittimità e ingiustizia manifesta - Eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento istruttorio ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto – Violazione del principio del contrarius actus – Illegittimità e ingiustizia manifesta con riferimento al Decreto n. 24115/GRFVG del 22.11.2022 recante la rettifica di errore materiale del provvedimento di rilascio AIA – Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato il decimo e l'undicesimo motivo aggiunto di ricorso». Gli appellanti si dolgono del rigetto del decimo e dell'undicesimo motivo aggiunto, con i quali avevano dedotto che l'AIA rilasciata alla Silva fosse contraddittoria e fondata su presupposti errati, poiché, nel dispositivo, essa autorizza la società alla «realizzazione e [all]l'esercizio di un impianto di produzione di pannello truciolare da legno riciclato» (che è l'attività svolta dalla Kronospan), e non al trattamento dei rifiuti (ossia all'attività su cui si è focalizzata l'istruttoria procedimentale).
Il motivo è infondato, poiché, come già rilevato dal T.A.R., il riferimento all'«impianto di produzione di pannello truciolare da legno riciclato», contenuto nel dispositivo provvedimentale, costituisce il frutto di un evidente errore materiale, che è stato, poi, legittimamente corretto con il decreto di rettifica dell'AIA n. 24115 del 22 novembre 2022. Diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, la circostanza che la frase erronea si trovi nel dispositivo del provvedimento (anziché nella motivazione) non la rende un "errore volitivo", inficiante la validità dell'atto: un errore materiale è tale ovunque si trovi, sempre che emerga – come nella fattispecie – che esso derivi da una svista puramente redazionale.
23. Per tutte le ragioni suesposte, l'appello deve essere respinto.
24. Le spese del secondo grado di giudizio vengono compensate, in ragione della complessità della vicenda contenziosa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Martina Arrivi, Consigliere, Estensore