Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6402, del 29 dicembre 2014.
Rifiuti.Legittimità Ordinanza sospensiva della produzione di fertilizzanti la cui lavorazione richiede la miscelazione con fanghi proteici
I fanghi derivanti dalla produzione conciario e tessile contenenti o meno cromo, sono espressamente classificati come rifiuti nelle classificazioni corrispondenti di 04.01.06 e 04.01.07 e per i quali la Corte di Giustizia UE con la sentenza 11 novembre 2004, in C-457/2002, ha affermato che non possono essere esclusi dalla nozione di rifiuto ai sensi della direttiva 91/156. E’ evidente che la società trattava la trasformazione di “prodotti” cui non si può negare la nozione di rifiuto e che quindi come tali dovevano essere assoggettati alle specifiche autorizzazioni all’uopo necessarie e delle quali non viene dato alcun conto. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 06402/2014REG.PROV.COLL.
N. 06454/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6454 del 2005, proposto dal signor Tiziano Ferrari, quale rappresentante della Irma Srl, rappresentato e difeso dall’avvocato Alberto Bova, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sez. V del Consiglio di Stato in Roma, p.za Capo di Ferro, n. 13;
contro
Il Comune di Comacchio, rappresentato e difeso dall’avvocato Lorenzo Valgimigli, con domicilio eletto presso l’avvocato Massimiliano Scaringella in Roma, Via Costantino Morin, n. 24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I n. 4459/2004, resa tra le parti, concernente la sospensione della produzione di fertilizzanti e il risarcimento del danno;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’appello incidentale del Comune di Comacchio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2014 il Cons. Raffaele Prosperi e udito per il Comune di Comacchio l’avvocato Simone Ciccotti, su delega dell’avvocato Lorenzo Valmigli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Irma S.r.l. svolgeva dal 2000 in Comacchio attività autorizzata di produzione di concimi da residui animali e vegetali e dal 2003 aveva iniziato a produrre un tipo di fertilizzante denominato “pellicino integrato”, la cui lavorazione richiedeva la miscelazione con i fanghi proteici, classificati dal D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 come rifiuti.
Informato di ciò il Sindaco di Comacchio disponeva con ordinanza del 14 gennaio 2004 la sospensione immediata di tale produzione e lo smaltimento dei relativi fanghi.
2. Con il ricorso n. 356 del 2004, proposto al Tar dell’Emilia-Romagna, la società Irma impugnava tale ordinanza, chiedendo altresì la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno, deducendo la violazione dell’allegato 1 B L. 748 del 1984, dell’art. 14 D.L. 138 del 2002 convertito nella L. 178 del 2002, eccesso di potere per difetto di motivazione di illogicità manifesta e violazione dell’art. 7 L. 241 del 1990.
Il Comune si costituiva in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnativa della preventiva comunicazione ARPA del 22 novembre 2003 e sostenendo la legittimità del proprio operato.
3. Con la sentenza n. 4459 del 24 dicembre 2004, il Tar accoglieva in parte il ricorso, annullando il provvedimento impugnato ed affermando la dovuta rinnovazione dell’intero procedimento e sospendendo l’esame della domanda risarcitoria in attesa della rideterminazione del Comune di Comacchio, ritenendo violato l’art. 7 della L. 241/1990, mentre non venivano sostanzialmente esaminati gli altri motivi di ricorso, concernenti il quesito se i fanghi fossero da qualificare a tutti gli effetti rifiuti ovvero materia prima secondaria; tali conclusioni portavano perciò alla improcedibilità della domanda di risarcimento.
4. Con appello in Consiglio di Stato notificato il 25 luglio 2005, la Irma S.r.l. esponeva in fatto ed in diritto una complessa critica della sentenza di primo grado, indicandone l’erroneità con cui aveva sostanzialmente capovolto le argomentazioni di parte ricorrente, invertendo l’ordine cronologico con cui le censure figuravano nel ricorso introduttivo e dando una sopravalutazione alle violazioni di carattere formale, senza pronunciarsi sulla sostanza del motivo sollevato, in cui non si trattava tanto di discrezionalità tecnica della P.A., quanto della natura ed delle caratteristiche dei fanghi proteici e della loro definizione giuridica di residuo produttivo riutilizzato in un ulteriore distinto processo produttivo ed alla applicazione su di essi di alcune specifiche norme del D. Lgs. n. 22 del 1997.
Inoltre lo stesso appello sosteneva l’illegittimo mancato esamedella domanda di risarcimento dei danni, e ciò allorché la P.A. aveva adottato un provvedimento altamente lesivo senza espletare la corretta istruttoria, così come affermato dallo stesso giudice, e travisando un parere tecnico dell’ARPA, confondendo il trattamento dei rifiuti propriamente detti in luogo di quello di residui riutilizzabili con peculiari osservanze.
La Irma muoveva una articolata serie di censure in ordine a note questioni inerenti la risarcibilità degli interessi legittimi di carattere oppositivo, avendo l’ordinanza investito attività di impresa strettamente escluse dal trattamento dei rifiuti propriamente detti, ma concernenti il recupero degli scarti da riutilizzare; l’appellante faceva poi rinvio ai provvedimenti autorizzativi ed abilitativi che la riguardavano in tutte le sue attività, ivi compresa l’autorizzazione agli scarichi ed alla normativa del settore di riutilizzo dei residui di origine vegetale ed animale come i residui che danno origine ai fertilizzanti, sottratta alla legislazione propria dei rifiuti.
Inoltre si sosteneva su dette basi che l’attività svolta dagli uffici comunali non avesse caratteristiche discrezionali tecniche né tantomeno amministrative, ma invece un carattere vincolato e per questo formava da subito uno spazio per una pronuncia sul danno risarcibile e ciò anche in presenza della sola pronuncia sulla violazione procedimentale in parola, vista poi l’ingiustizia del danno, i profili soggettivi responsabilità, il nesso di causalità tra provvedimento annullato ed effetto lesivo dell’interesse protetto; ciò soprattutto ove si intende che l’appellante era rimasta del tutto all’oscuro del parere tecnico espresso dall’ARPA, del resto al di fuori della sua circoscrizione territoriale (ARPA di Vicenza) ed alla conseguente gravità della colpa, sequenze derivate, l’assenza di altre contestazioni, il vincolo nell’applicare nella specie la comunicazione di avvio di procedimento.
Dunque, la mancata pronuncia sulla domanda di risarcimento dei danni, oltre che infondata nel merito, non risultava pertinente ed era in aperta contraddizione con le violazioni riscontrate.
L’appellante svolgeva poi una ulteriore lunga esposizione sulle caratteristiche dei fanghi proteici, sulla legislazione in materia, sui cicli di lavorazione, diverso trattamento normativo tra smaltimento e l’utilizzo con trattamenti, sulle competenze dell’ARPA basate sulle regole scientifiche e non su valutazioni caso per caso e quindi collegate ad operazioni di controllo e verifica con forma vincolata, cioè con applicazioni di criteri di delle scienze esatte escludendo o riducendo al minimo i margini valutativi o di opinabilità.
L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso, insistendo in particolare sul risarcimento dei danni subiti quantificandoli in complessivi €. 30.000,00 per ogni mese di blocco delle lavorazioni e ciò tenendo conto degli incassi mensili, delle spese di investimento e di gestione, della situazione di decozione dell’attività imprenditoriale ed infine dei danni da inadempimento, dalla derivanti situazione debitoria e dal danno all’immagine ed alla reputazione economica. In via subordinata richiedeva di procedere ai sensi dell’art. 35 D. Lgs. n. 80/98, il tutto con vittoria di spese.
5. Il Comune di Comacchio si è costituito in giudizio, depositando un appello incidentale notificato il 14 ottobre 2005, sostenendo che l’ordinanza emessa dal Sindaco era manifestazione dei poteri attribuiti in materia ambientale, che consentono l’emanazione di provvedimenti contingibili ed urgenti a fronte di situazioni di necessità, come nel caso di specie, in cui si rinviene la necessità di trattare sostanze da considerarsi a tutti gli effetti rifiuti e come tali fonti di inquinamento; del resto la garanzia partecipativa di cui all’art. 7 L. 241/1990 non può essere applicata meccanicamente, soprattutto laddove l’impresa era a conoscenza del procedimento, conoscenza comprovata dal verbale d’ispezione del 30 settembre 2003 redatto dall’ARPA in contraddittorio con il rappresentante della S.r.l. Irma, insistendo sulla nozione di rifiuto della produzione conciario e tessile che caratterizza i fanghi proteici con i relativi obblighi di disfarsene, richiamando per questo la sentenza della Corte di Giustizia CE dell’11 novembre 2004 in cui si è affermato che sono da ritenersi rifiuti tutti i residui anche riutilizzabili o recuperabili e quindi collegati alle disposizioni autorizzatorie del D. Lgs. 22 del 1997.
Inoltre il Comune sosteneva l’eccessività delle spese legali liquidate in primo grado a carico della P.A. per complessivi €. 12.000,00, insisteva per la correttezza del suo operato e per l’annullamento della sentenza del Tar per le ragioni esposte.
All’udienza del 12 novembre 2014 la causa è passata in decisione.
6. Il Collegio ritiene manifestamente fondato l’appello incidentale proposto dal Comune di Comacchio.
6.1. In primo luogo, non si può ritenere applicabile l’art. 7 della legge n. 241 del 1990, quando sussistono i presupposti per emanare un provvedimento contingibile ed urgente: tranne il caso in cui le circostanze del caso evidenzino l’opportunità di inviare comunque una comunicazione di avvio del procedimento, l’urgenza in sé della situazione da affrontare comporta che non occorre in linea di principio l’invio di tale comunicazione.
A maggior ragione, tale principio si applica quando, come nella specie, risulti una situazione di inquinamento: l’Amministrazione può immediatamente imporre le misure necessarie, senza ulteriori differimenti che comporterebbero l’ulteriore compromissione dell’ambiente.
6.2. Peraltro, nella specie si deve rilevare che la società Irma era nella piena conoscenza del procedimento dal quale è scaturita l’ordinanza del 14 gennaio 2004, con la quale il Sindaco di Comacchio aveva disposto la sospensione immediata della produzione del fertilizzante denominato “pellicino integrato” e lo smaltimento dei relativi fanghi, poiché il verbale del 30 settembre 2003 (che ha dato luogo al parere tecnico dell’ARPA in data 20 novembre 2003 sulle operazioni di trasporto e recupero del rifiuto costituito da fanghi proteici da parte della Irma) è stato redatto in contraddittorio con il rappresentante della società ed attuale parte in causa sig. Tiziano Ferrari ed a seguito di sopralluogo nel medesimo stabilimento.
Dunque la necessità di una specifica comunicazione ai dell’art. 7 L. 241 del 1990 era da intendersi del tutto superflua poiché, come sottolineato da pacifica giurisprudenza, tale passaggio procedimentale in ogni caso non può rivestire un ruolo meccanicamente formale ed obbligatorio, ma ha lo scopo di rendere partecipi gli interessati ai futuri provvedimenti da emanare a seguito della correlativa istruttoria.
Quindi, nel caso di specie, risulta non condivisibile l’affermata violazione del principio del contraddittorio in seno al procedimento amministrativo affermato dal giudice di primo grado, laddove la Irma era perfettamente conscia delle verifiche tecniche sulla sua attività ed era quindi libera di muovere qualsiasi tipo di osservazioni tanto nei confronti dell’ARPA, quanto dello stesso Comune di Comacchio.
7. Nel merito, risultano fondate tutte le deduzioni del Comune, nel punto in cui queste richiamano l’allora vigente Allegato A al D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 recante, tra l’altro, l’attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti - ora sostituito dal D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 - in cui i fanghi derivanti dalla produzione conciario e tessile contenenti o meno cromo, sono espressamente classificati come rifiuti nelle classificazioni corrispondenti di 04.01.06 e 04.01.07 e per i quali la Corte di Giustizia UE con la sentenza 11 novembre 2004, in C-457/2002, ha affermato che non possono essere esclusi dalla nozione di rifiuto ai sensi della direttiva 75/442, poi sostituita dalla direttiva 91/156, “i residui di produzione o di consumo che possano essere ossia non riutilizzati del medesimo ciclo produttivo o di consumo, oppure di un ciclo analogo o diverso, senza subire alcun trattamento preventivo senza recare pregiudizio all’ambiente, pure dopo aver subito un trattamento preventivo senza che tuttavia si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell’allegato C del D. Lgs. n. 22/1997”.
Perciò è evidente che la società Irma trattava la trasformazione di “prodotti” cui non si può negare la nozione di rifiuto e che quindi come tali dovevano essere assoggettati alle specifiche autorizzazioni all’uopo necessarie e delle quali non viene dato alcun conto.
8. Per le suesposte considerazioni l’appello incidentale deve essere accolto, con la conseguente improcedibilità dell’appello principale (che pone questioni da considerare irrilevanti, a seguito dell’accoglimento dell’appello incidentale).
In riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.
Le spese dei due gradi del giudizio sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sugli appelli come in epigrafe proposti (nel giudizio n.r.g. 64554 del 2005), accoglie l’appello incidentale e conseguentemente dichiara improcedibile l’appello principale e, per l'effetto, in questi sensi, riforma la sentenza impugnata, con integrale reiezione del ricorso di primo grado n. 356 del 2004.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio, che si liquidano in complessivi €. 20.000,00 (ventimila/00), oltre ad accessori di legge.
Dispone che la società soccombente corrisponda al Comune l’importo effettivamente pagato a titolo di contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)