Consiglio di Stato n.4196 del 1 luglio 2020
Rifiuti.Rapporto tra il Catalogo Europeo Rifiuti e la disciplina eurounitaria sulla spedizione dei rifiuti

Il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia UE la questione relativa al rapporto tra il Catalogo Europeo Rifiuti (CER 19.12.12, rifiuti prodotti da impianti di trattamento meccanico per operazioni di recupero R1/R2) e le relative classificazioni e la disciplina eurounitaria relativa alla spedizione di rifiuti. In particolare, il collegio ha chiesto alla Corte se, con riferimento alle spedizioni di rifiuti risultanti dal trattamento di rifiuti urbani indifferenziati, le previsioni dell’art. 16 della direttiva 2008/98/CE ed il relativo considerando n. 33, espressamente concernenti la spedizione di rifiuti, siano o meno prevalenti rispetto alla classificazione risultante dal Catalogo Europeo Rifiuti.


Pubblicato il 01/07/2020

N. 04196/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01009/2017 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 1009 del 2017, proposto dalla Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Manzi, Tito Munari, Francesco Zanlucchi ed Ezio Zanon, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via F. Confalonieri, n. 5;

contro

Plan Eco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniele Vagnozzi e Pierfrancesco Zen, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Daniele Vagnozzi in Roma, via Giunio Bazzoni, n. 3;

nei confronti

Futura S.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 1261/2016, resa tra le parti, concernente trasporto di rifiuti in un Paese Europeo;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Plan Eco S.r.l., contenente appello incidentale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2019, il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati Gaia Stivali, su delega dell’avvocato Andrea Manzi e l’avvocato Pierfrancesco Zen;


I. L’OGGETTO DELLA CONTROVERSIA

1. La presente controversia ha per oggetto l’autorizzazione preventiva richiesta, ai sensi dell’art. 4 Reg CE n. 1013 del 2006 (Regolamento del Parlamento e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti), dalla società di trasporto Plan-eco srl alla Regione Veneto, per l’esportazione di rifiuti trattati dall’impianto della società Futura srl. e diretti ad una cementeria sita in Slovenia per l’utilizzo del rifiuto trattato in co-combustione.

1.1. I rifiuti sono stati classificati dalla società che li ha trattati (produttore) con il codice CER 19.12.12, sulla base del Catalogo dei Rifiuti Europeo riportato nell’allegato D) del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’Ambiente), trattandosi di rifiuti prodotti da un impianto di trattamento meccanico comprensivo di materiali misti, diversi da quelli contenenti sostanze pericolose.

1.1.1. Da subito può precisarsi che su tale classificazione e sulla sua correttezza non vi è contestazione tra le parti e, quindi, in base alla disciplina processuale nazionale applicabile (art. 64, comma 2, c.p.a.), la correttezza della classificazione del rifiuto con il codice CER 19.12.12 è un fatto ormai incontrovertibile nel presente processo.

1.2. Si tratta di rifiuti da spedire in un impianto estero per operazioni di recupero energetico R1 (utilizzo del rifiuto trattato come combustibile o come altro mezzo per produrre energia), individuate specificamente con il codice R12, secondo quanto previsto dall’allegato C) dello stesso Codice dell’Ambiente.

1.2.1. In particolare, sulla base della dichiarazione della società Futura, si tratta di <<Residuo secco di rifiuti urbani, disidratato, vagliato, separato in impianto aerolico e balistico, separato magneticamente e a correnti parassite. Il prodotto finale è libero da metalli e inerti. La primaria riduzione volumetrica che effettua Futura permette di utilizzare il materiale presso il sistema “hot disc” presente nell’impianto di recupero finale. Operazione di recupero R12>>.

2. La Regione - in esito al procedimento che si è svolto con l’interlocuzione della società richiedente mediante comunicazione di motivi ostativi in data 11 febbraio e 21 marzo 2016 - ha sollevato obiezioni ai sensi dell’art. 12, co. 1, lett. b) e g) del Reg CE relativo alle spedizioni, ed ha negato l’autorizzazione per la notifica (IT019249) con il provvedimento n. 159134 del 22 aprile 2016.

2.1. L’Amministrazione ha sollevato obiezioni alla spedizione:

a) per motivi attinenti alla protezione della salute e dell’ambiente (sulla base del considerando 14 e della lett. b) dell’art. 12 del Reg. CE relativo alle spedizioni, quest’ultimo, richiamato dall’art. 16 della direttiva 2008/98/CE “Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti “);

b) per motivi attinenti al rapporto costi/benefici con riguardo a considerazioni economiche e ambientali (lett. g) dell’art. 12 cit.), non ritenendo giustificato da ragioni ambientali o di carenza impiantistica nel territorio regionale o nazionale il ricorso al trasporto transfrontaliero dei rifiuti oggetto di notifica.

2.1.1. Il diniego è stato fondato sulle essenziali argomentazioni che seguono:

a) in origine i rifiuti erano rifiuti urbani indifferenziati (RUI);

b) le operazioni di trattamento preliminare effettuate dalla società Futura non hanno mutato la natura dei rifiuti perché non hanno comportato la trasformazione degli stessi (in tal senso, le delibere di Giunta Regionale n. 511 del 2004 e n. 2536 del 2004);

c) la classificazione con CER 19.12.12., che individua la loro provenienza da impianti di trattamento, non è dirimente, perché – secondo la tesi sostenuta dalla Regione Veneto - sono qualificabili come “speciali” (ndr. secondo la legislazione italiana così classificati a seconda della origine) solo i rifiuti (in origine urbani non differenziati) che, oltre ad essere classificati con il relativo codice CER 19, abbiano anche l’ulteriore caratteristica di essere derivati da operazioni che ne comportino la sostanziale trasformazione;

d) si ha conferma della tesi nella intervenuta abrogazione della lett. n.) del comma 3 dell’art. 184 del Codice dell’Ambiente – ad opera dell’art. 2, comma 21-bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008 – che classificava come speciali i “rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani”;

e) l’art. 16 della direttiva 2008/98/CE prevede che il recupero dei RUI deve attuarsi mediante una rete integrata ed adeguata di impianti nell’ambito dei principi di autosufficienza e prossimità;

f) l’art. 182-bis, co. 1 lett. b) del Codice dell’Ambiente, inserito dall’art. 9 del d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, in attuazione della direttiva del 2008 cit. e dei principi di autosufficienza e di prossimità con essa posti, prevede il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta;

g) la Regione Veneto, nell’ambito delle proprie competenze di pianificazione della gestione di rifiuti urbani (art. 196 co 1 lett. a) del Codice dell’Ambiente, ha accertato la presenza di una rete di impianti sul proprio territorio in grado di soddisfare le esigenze della società richiedente;

g1) nel caso di specie, un impianto presente nella Regione Veneto si è dichiarato in grado di accogliere le 2.000 tonnellate di rifiuti oggetto della notifica transfrontaliera richiesta.

II. IL RICORSO DI PRIMO GRADO E LA SENTENZA DEL TAR

1. La società Plan-Eco ha impugnato il provvedimento dinanzi al T.a.r. con plurimi motivi ed ha chiesto il risarcimento del danno subito.

1.1. Ai fini di interesse, è sufficiente soffermarsi sul primo motivo di ricorso.

1.2. La società, invocando la violazione dell’art. 182-bis, co. 1 lett. b) cit. e dell’art. 16 della direttiva 2008/98/CE - individua il fulcro della controversia nella corretta qualificazione dei rifiuti come rifiuti speciali, in quanto prodotti dal trattamento meccanico di altri rifiuti, identificati dal codice CER 19.12.12. Mentre, sarebbe errata la tesi della Regione - secondo la quale resterebbe la qualificazione di urbani, quali erano all’origine, anche dopo il trattamento - perché il rifiuto originario è classificabile come speciale per il “semplice fatto di essere uscito dalla lavorazione pubblica”, di avere origine nell’attività di impresa di una società privata e di essere finalizzato al recupero come combustibile.

1.2.1. Secondo la prospettazione della società, sarebbe errata, di conseguenza, l’applicazione dei principi di autosufficienza e di prossimità di cui all'art. 182-bis cit., valevole per i rifiuti urbani indifferenziati, mentre trattandosi di rifiuti speciali varrebbe il principio della specializzazione dell’impianto per assicurarne la più efficace gestione e il recupero (ndr il riferimento è all’art. 199 del Codice dell’Ambiente).

2. Il primo giudice, con la sentenza n. 1261 del 15 novembre 2016: a) ha accolto il primo motivo di ricorso sopra sintetizzato, annullando il provvedimento di diniego della Regione; b) di conseguenza, ha dichiarato inammissibile il quarto motivo ed ha dichiarato assorbiti i restanti motivi; c) ha, invece, rigettato la domanda di risarcimento del danno.

2.1. L’annullamento del provvedimento impugnato è stato fondato sulle essenziali argomentazioni che seguono:

a) il trasporto all’estero ha per oggetto rifiuti speciali con codice CER 19.12.12., in quanto prodotti da un impianto industriale che li ha trattati, secondo il Catalogo Europeo Rifiuti, contenuto nell’allegato D) del Codice dell’Ambiente, che individua il CER 19 per i rifiuti speciali prodotti da attività industriali e di servizi ed il CER 20 per i rifiuti urbani, compresi quelli della raccolta indifferenziata (CER 20.03.01); tali rifiuti sono destinati ad un impianto per operazioni di recupero energetico di tipo R1;

b) a prescindere dalla legittimità della equiparazione dei rifiuti speciali CER 19.12.12. ai rifiuti urbani, contenuta nelle delibere di Giunta Regionale n. 511 del 2004 e n. 2536 del 2004, il diniego non può trovare fondamento normativo nelle stesse delibere perché tale equiparazione vale solo per lo smaltimento e non per il recupero, rilevante invece nella fattispecie;

c) con il codice CER 19.12.12. sono considerati speciali i rifiuti, originariamente urbani e sottoposti a procedimento speciale, trasformati in un prodotto nuovo e diverso;

d) l’intervenuta abrogazione – ad opera dell’art. 2, comma 21-bis, del d.lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008 – della lett. n.) del comma 3 dell’art. 184 del Codice dell’Ambiente, che classificava come speciali i “rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani”, non comporta l’inserimento dei rifiuti urbani indifferenziati sottoposti a trattamento nella categoria dei rifiuti urbani;

e) per i rifiuti speciali non valgono i principi di autosufficienza, prossimità e limitazione territoriale previsti per quelli urbani; con la conseguenza che non è applicabile l’art. 182-bis, co. 1 lett. b) cit., che riguarda lo smaltimento dei rifiuti urbani indifferenziati;

e1) infatti, il Codice dell’Ambiente (art. 199, co. 3 lett. g) demanda ai piani regionali il compito di assicurare il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi alla produzione per favorire la riduzione della movimentazione, enunciando il principio di prossimità solo in via tendenziale, a differenza della natura prescrittiva dell’art. 182-bis cit., che riguarda i rifiuti urbani;

f) inoltre, il Piano regionale rifiuti (delibera del Consiglio Regionale n. 30 del 2015) afferma il principio (punto 1.2. elaborato C all. A) che la gestione dei rifiuti speciali non può essere assoggettata a vincoli territoriali e soggiace al libero mercato, mentre, in applicazione del principio di prossimità territoriale, prevede (art. 21) limitazioni per le spedizioni transfrontaliere, ma solo per i rifiuti destinati allo smaltimento e non anche al recupero.

2.2. In conseguenza di quest’ultima argomentazione, il primo giudice ha dichiarato l’inammissibilità per difetto di interesse dell’impugnazione (quarto motivo di ricorso) del suddetto Piano regionale rifiuti, perché le limitazioni alle esportazioni ivi previste riguardano solo i rifiuti destinati allo smaltimento e non anche i rifiuti destinati (come nella fattispecie) al recupero.

III. IL PROCESSO DI APPELLO DINANZI AL CONSIGLIO DI STATO

1. La Regione Veneto ha proposto appello avverso la suddetta sentenza con tre motivi strettamente collegati.

1.1. Preliminarmente, ha inquadrato il provvedimento di diniego nell’ambito dell’autorizzazione preventiva alla spedizione transfrontaliera ai sensi del Reg CE del 2006 relativo alle spedizioni.

In particolare, ha richiamato l’obbligo dell’amministrazione di rispettare i principi caposaldo della direttiva 2008/98/CE, quali quello della protezione della salute umana e dell’ambiente (art. 13) e quello di autosufficienza e prossimità, stabilito dall’art. 16, secondo il quale “Gli Stati membri adottano, di concerto con altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, inclusi i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.”.

1.1.1. Rispetto alla fattispecie, pacificamente sottoposta ad autorizzazione preventiva secondo entrambe le parti, ha richiamato:

a) il considerando (33) delle premesse della stessa direttiva del 2008, secondo il quale “Ai fini dell’applicazione del Regolamento CE n. 1013 del 2006...relativo alle spedizioni di rifiuti, i rifiuti urbani non differenziati di cui all’art. 3, paragrafo 5 dello stesso rimangono rifiuti urbani non differenziati anche quando sono stati oggetto di un’operazione di trattamento dei rifiuti che non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà”;

b) il considerando 22 (recte 21) del Reg CE relativo alla spedizione dei rifiuti, secondo cui, nel caso di spedizioni di rifiuti destinati al recupero “Gli Stati membri dovrebbero inoltre poter garantire che i rifiuti siano trattati nell'osservanza delle norme giuridicamente vincolanti di protezione dell'ambiente stabilite dalla normativa comunitaria riguardo alle operazioni di recupero e che, tenendo conto dell'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2006/12/CE, i rifiuti siano trattati conformemente ai piani di gestione dei rifiuti elaborati a norma di detta direttiva allo scopo di garantire l'attuazione degli obblighi giuridicamente vincolanti in materia di recupero o di riciclo stabiliti dalla legislazione comunitaria”.

1.2. Il nucleo delle censure dell’appellante consiste nel sostenere l’erroneità della tesi secondo cui i rifiuti classificati con codice CER 19.12.12. sarebbero speciali, in quanto prodotti derivanti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani, sulla base dell’all. D) del Codice dell’Ambiente, con conseguente erroneità della sottrazione ai principi di autosufficienza e prossimità nella circolazione.

1.2.1. Le argomentazioni essenziali poste a supporto della tesi, possono così riassumersi:

a) nessuna norma nazionale e comunitaria li qualifica come speciali;

b) nella disciplina nazionale, con la modifica del 2008 all’art. 184 del Codice dell’Ambiente, è stata eliminata dall’elenco dei rifiuti speciali la lett. n), che comprendeva “i rifiuti derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani”;

b1) la ratio della soppressione è che la selezione meccanica non altera la composizione del rifiuto, ma serve ad agevolare l’attività successiva di recupero o di smaltimento;

c) ai fini delle spedizioni di rifiuti di cui al relativo regolamento del 2006, il considerando 33 della direttiva 2008/98/CE precisa che i rifiuti urbani indifferenziati restano tali se il trattamento non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà;

c1) di conseguenza, l’autorità competente per l’autorizzazione deve adottare le misure affinché il recupero energetico dei RUI avvenga negli impianti più prossimi al luogo di produzione, come prevede l’art. 182-bis del Codice dell’Ambiente;

d) la classificazione dell’art. 184 del Codice dell’Ambiente, effettuata secondo l’origine, prescinde dal codice attribuito ai sensi dell’all. D) che individua la certificazione tecnica e non costituisce una proposizione normativa;

d1) l’elenco CER di tale allegato prevede capitoli trasversali, applicabili ai rifiuti di origine urbana e speciale, non esistendo una correlazione univoca tra CER e classificazione di rifiuto urbano o speciale; al contrario di quanto ritenuto dal T.a.r., non è esclusivamente urbano tutto ciò che è classificato al numero 20 del CER, e il numero 19 non comprende solo ed esclusivamente rifiuti speciali;

d2) in particolare, rispetto alla fattispecie, poiché il CER 19 individua i rifiuti prodotti da impianti di trattamento, il successivo 12 i rifiuti prodotti da impianto di trattamento meccanico, e l’ulteriore 12 i rifiuti prodotti da trattamento meccanico, compresi materiali misti non pericolosi, e l’impianto di trattamento riceve (R12) i rifiuti, che possono essere urbani o speciali, per le operazioni di recupero (R1 e ss), lo stesso codice CER 19.12.12. è attribuibile ai rifiuti prodotti da impianti di trattamento meccanico, sia che in origine fossero urbani sia che fossero speciali;

d3) tanto in coerenza con il considerando 33 della direttiva 2008/98/CE, secondo cui i rifiuti urbani indifferenziati restano tali se il trattamento non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà;

e) con la conseguenza, che per i rifiuti restati urbani dopo il trattamento meccanico operano i principi di autosufficienza e prossimità, mentre per il recupero dei rifiuti speciali rileva la specialità dell’impianto.

2. La Plan-Eco si è costituita ed ha chiesto, in via principale, il rigetto dell’appello.

2.1.1. In sede di gravame essa assume, in primo luogo, che i rifiuti già in entrata nell’impianto di trattamento fossero speciali e non urbani indifferenziati ed, inoltre, che il solo fatto del mescolamento di urbani e speciali nell’impianto di trattamento sarebbe idoneo a far perdere la qualifica di urbano al rifiuto dopo il trattamento.

Sostiene, inoltre, che, con l’appello, la Regione avrebbe violato il divieto di introdurre nuove domande ed eccezioni.

2.1.2. Come si chiarirà nel prosieguo, entrambe queste censure non hanno pregio e la prima delle stesse è anche inammissibile sotto diversi profili.

2.2. Per il resto la società ripropone criticamente, rispetto all’appello, la tesi sostenuta dinanzi al primo giudice (cfr § II, 1.2. e sottopartizioni).

La società insiste, in particolare, sulla rilevanza della classificazione CER 19.12.12., che differenzierebbe i rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento mediante il recupero e si collegherebbe all’elenco che differenzia rifiuti urbani e speciali nell’art. 184 Codice dell’Ambiente, rendendo inapplicabili i principi di autosufficienza e prossimità valevoli solo per lo smaltimento dei RUI.

Sostiene, inoltre, che non sussisterebbe alcun fondamento normativo alla tesi della non esistenza di una correlazione univoca tra CER e classificazione di rifiuto urbano o speciale.

2.3.La società, infine:

a) ha proposto appello incidentale rispetto al motivo (quarto), dichiarato inammissibile dalla sentenza gravata, e rispetto al rigetto della domanda di risarcimento del danno (cfr. appello incidentale rubricato come A)

b) in via logicamente subordinata, ha riproposto i motivi di ricorso (secondo, terzo, quinto, sesto e settimo) ritenuti assorbiti dal primo giudice in ragione dell’accoglimento del primo motivo (cfr. appello incidentale rubricato come B).

3. Entrambe le parti hanno esplicato le proprie ragioni con molteplici memorie, anche di replica.

4. Quanto all’istanza cautelare proposta con l’appello, le parti hanno chiesto il differimento alla trattazione del merito, con l’impegno spontaneo della società appellata a non portare in esecuzione la sentenza. La Regione ricorrente in appello non ha espressamente dichiarato di volerla ancora coltivare nell’ulteriore corso del processo.

5. Questo Consiglio, con ordinanza n. 5639 del 2018: - a) ha preso atto che la verificazione in loco, disposta con la precedente ordinanza n. 2878 del 2018, non era più possibile, stante l’intervenuta vendita della società Futura, ed ha revocato la precedente ordinanza; - b) ha ritenuto necessario disporre che la verificazione venisse svolta su base documentale.

5.1. Al verificatore è stato sottoposto il quesito che segue:

<< Qualora il verificatore possa rispondere al quesito sulla base della documentazione in atti e degli altri elementi di conoscenza di cui disponga in ragione delle sue funzioni, verifichi, sulla base di argomentazioni tecniche, se operazioni di “trattamento” corrispondenti a quelle descritte nella notifica IT 019249, comprensiva del relativo dossier, datata 12 ottobre 2015, inviata da Plan Eco alla Regione Veneto – Direzione regionale tutela dell’ambiente, e successive integrazioni (documenti in atti in quanto depositati in data 30 giugno 2016 in allegato al ricorso di primo grado), siano idonee a mutare o meno la composizione dei rifiuti stessi sotto il profilo chimico fisico, in modo tale da determinarne una natura sostanzialmente diversa dai rifiuti, urbani prima di tale trattamento, idonea ad operazioni di recupero energetico (R.1, R.12), giustificandosi così (o meno) sotto il profilo tecnico-scientifico, relativo alla fisica e alla chimica dei materiali, il fatto che tali rifiuti dopo il “trattamento” siano o meno da includersi nella diversa categoria giuridica dei rifiuti speciali>>.

5.2. In esito al deposito della relazione del verificatore – che ha concluso nel senso che i rifiuti sono stati oggetto di un trattamento che non ne ha sostanzialmente alterato le proprietà originarie di rifiuti urbani - le parti hanno depositato ulteriori memorie, anche di replica.

6. All’udienza pubblica del 10 ottobre 2019, la causa è stata discussa ed assunta in decisione dal Collegio, dopo che il Presidente ha sottoposto alle parti la questione della ammissibilità della proposizione da parte della Plan-Eco nel giudizio di appello della questione – che la parte assumeva di aver dedotto nel primo grado, nella prima parte del primo motivo del ricorso introduttivo - in ordine alla natura originaria del rifiuto prima delle operazioni svolte dalla Società Futura, ossia circa la sua allegata originaria natura di rifiuto speciale; in particolare, ha chiesto se tale censura, mai esaminata dal T.a.r., sia stata proposta nelle forme e nei termini previsti dall'art. 101 co. 2 c.p.a.

IV. LA SENTENZA PARZIALE E NON DEFINITIVA

1. La Sezione ha pronunciato la sentenza parziale e non definitiva n. 4162 del 2020, con la quale:

a) ha delimitato l’ambito del giudizio di appello nei sensi di cui in motivazione;

b) ha reputato sussistenti i presupposti per fare luogo al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267, comma 3, del TFUE;

c) ha rimesso ad una separata ordinanza la rimessione alla Corte di Giustizia dell’unione europea e la conseguente sospensione del giudizio in ordine alla decisione sia dell’appello principale che di quello incidentale;

d) ha riservato alla sentenza definitiva, ogni ulteriore decisione in rito, nel merito e sulle spese.

2. Con la sentenza parziale e non definitiva suddetta, questo Consiglio ha definito l’ambito di fatto e di diritto del giudizio di appello.

2.1. Sulla base di tale sentenza, per le ragioni ivi illustrate, è, ormai, incontrovertibile nel presente giudizio che:

a) i rifiuti, utilizzati dalla società Futura per sottoporli ad un trattamento meccanico finalizzato al recupero, erano in origine, ossia prima del trattamento, rifiuti urbani indifferenziati;

b) a tali rifiuti, a seguito del trattamento, è stata correttamente attribuita la classificazione con il codice CER 19.12.12, non contestata dalle parti;

c) la Regione - senza incorrere in violazioni processuali – anche nel giudizio di appello, come in primo grado e nel provvedimento impugnato, ha posto a fondamento del diniego di spedizione transfrontaliera in un Paese Europeo la tesi che assume come rilevante, ai fini della circolazione dei rifiuti, a prescindere dal codice CER attribuito, la qualificazione degli stessi come urbani indifferenziati, quando il trattamento meccanico sugli originari rifiuti non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà originarie.

3. La sentenza non definitiva ha individuato la questione centrale posta all’attenzione del Collegio.

3.1. Secondo quanto affermato nella suddetta sentenza, essa attiene alla qualificazione dei rifiuti risultanti dal trattamento meccanizzato, in collegamento con l’applicazione agli stessi dei principi di autosufficienza e prossimità o di libera circolazione.

3.2. Le contrapposte tesi delle parti sono state così sinteticamente enucleate.

3.3. Secondo la società Plan-eco i rifiuti da spedire sono rifiuti speciali, in quanto prodotti dal trattamento meccanico di altri rifiuti, identificati dal codice CER 19.12.12., il quale differenzierebbe i rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento mediante il recupero degli originari rifiuti, sulla base della derivazione degli stessi da un’attività di impresa finalizzata al recupero del rifiuto come combustibile.

3.3.1. La tesi suddetta è stata fatta propria dal T.a.r., il quale contrappone il CER 19, proprio dei rifiuti speciali perché prodotti da attività industriali e di servizi, al CER 20, proprio dei rifiuti urbani, compresi quelli della raccolta indifferenziata (CER 20.03.01); aggiunge che il codice CER 19.12.12. qualifica speciali i rifiuti originariamente urbani sottoposti a procedimento speciale perché trasformati in un prodotto nuovo e diverso.

3.4. Secondo la Regione Veneto, il Catalogo Europeo Rifiuti, nella fattispecie l’allegato D) del Codice dell’Ambiente, individua la certificazione tecnica, ma non costituisce una proposizione normativa e prevede capitoli trasversali, non esistendo una correlazione univoca tra CER e classificazione di rifiuto urbano o speciale; con la conseguenza, che non è esclusivamente urbano tutto ciò che è classificato al numero 20 del CER, e il numero 19 non comprende solo ed esclusivamente rifiuti speciali. In particolare, rispetto alla fattispecie, la Regione sostiene che lo stesso codice CER 19.12.12. è attribuibile ai rifiuti prodotti da impianti di trattamento meccanico, sia che in origine fossero urbani sia che fossero speciali; dipendendo la qualificazione del rifiuto a valle del trattamento dalla avvenuta trasformazione, o meno, delle caratteristiche proprie dei rifiuti a monte del trattamento. Tanto, sempre secondo l’assunto della Regione, sarebbe coerente con il considerando 33 della direttiva 2008/98/CE, il quale, proprio in riferimento alla spedizione di rifiuti, ha previsto che i rifiuti urbani indifferenziati restano tali se il trattamento non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà.

3.5. La questione giuridica posta all’attenzione del Collegio per la decisione della causa, è stata così sintetizzata:

<<In riferimento ad una fattispecie in cui rifiuti urbani indifferenziati, non contenenti rifiuti pericolosi, siano stati trattati meccanicamente da un impianto ai fini del recupero energetico (operazione R1/R12, ai sensi dell’allegato C) del Codice dell’Ambiente) e, all’esito di tale operazione di trattamento, risulti, in tesi, che il trattamento non abbia sostanzialmente alterato le proprietà originarie del rifiuto originario, ma agli stessi venga assegnata la classificazione CER 19.12.12., non contestata dalle parti, è necessario stabilire se, ai fini delle obiezioni, da parte del Paese di origine, alla richiesta di autorizzazione preventiva alla spedizione in un Paese europeo presso un impianto produttivo per l’utilizzo, in co-combustione o, comunque, come mezzo per produrre energia, del rifiuto trattato:

a) rilevi la classificazione (nella fattispecie, il CER 19.12.12.) dei rifiuti da spedire sulla base del Catalogo Europeo Rifiuti, correttamente attribuita ai rifiuti (ai sensi dell’allegato D) del Codice dell’Ambiente) in quanto risultanti prodotti dal trattamento meccanico in impianto, senza che abbia rilievo la circostanza che il trattamento meccanico utilizzato abbia o meno determinato una sostanziale alterazione delle proprietà del rifiuto, originariamente urbano non differenziato;

b) oppure, se rilevi, comunque, la natura originaria del rifiuto sottoposto al trattamento quando il trattamento meccanico non ne abbia essenzialmente alterato le proprietà originarie (ai sensi del Considerando 33 della direttiva 2008/98/CE, che integra l’art. 3 del Reg (CE) n. 1013/2006, “Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alla spedizione di rifiuti”), assumendo rilevanza la classificazione secondo il corrispondente CER attribuibile ai rifiuti risultanti dal trattamento solo nel caso di perdita delle caratteristiche originarie del rifiuto >>.

3.6. La sentenza non definitiva ha ritenuto che la decisione centrale della controversia involge l’applicazione e, quindi, l’interpretazione di norme euro-unitarie, le quali, secondo le tesi sostenute dalle parti, appaiono in antinomia.

3.6.1. Ha, inoltre, precisato che:

a) l’allegato C) cit. riproduce l’allegato II della direttiva 2008/98/CE; vi è raccordo con l’art. 2, n. 7 del Reg. CE del 2006, secondo il quale costituiscono <<recupero intermedio>> le operazioni di recupero R12 (oltre che R13), quali definite nell’allegato II B della direttiva 2006/12/CE, che, secondo la tavola di concordanza della direttiva del 2008, corrisponde all’all. II di quest’ultima;

b) l’allegato D) cit. è stato sostituito dall’art. 1 della decisione della Commissione 18 dicembre 2014, n. 2014/955/UE;

c) il considerando 33 della direttiva 2008/98/CE va ad integrare l’art. 3. paragrafo 5 del Reg (CE) n. 1013/2006.

V. IL RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA

1. La decisione della controversia all’esame del Collegio impone di individuare l’esatta interpretazione da riconoscere al diritto euro-unitario per poterne fare applicazione al caso di specie, anche in assenza della richiesta di una delle parti processuali.

1.1. La questione è rilevante e decisiva per la soluzione della lite e non consta essere stata oggetto di interpretazione diretta da parte della Corte.

1.2. Il monopolio interpretativo del diritto euro-unitario che i Trattati assegnano alla Corte di Giustizia e la natura di Giudice di ultima istanza rivestita dal Consiglio di Stato rendono necessario il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 TFUE.

1.3. Per tutte le considerazioni esposte, la Sezione rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, la seguente questione interpretativa del Diritto dell'Unione:

“Dica la Corte di Giustizia se:

in riferimento ad una fattispecie in cui rifiuti urbani indifferenziati, non contenenti rifiuti pericolosi, siano stati trattati meccanicamente da un impianto ai fini del recupero energetico (operazione R1/R12, ai sensi dell’allegato C) del Codice dell’Ambiente) e, all’esito di tale operazione di trattamento, risulti, in tesi, che il trattamento non abbia sostanzialmente alterato le proprietà originarie del rifiuto urbano indifferenziato, ma agli stessi venga assegnata la classificazione CER 19.12.12., non contestata dalle parti;

ai fini del giudizio in ordine alla legittimità delle obiezioni, da parte del Paese di origine, alla richiesta di autorizzazione preventiva alla spedizione in un Paese europeo presso un impianto produttivo per l’utilizzo, in co-combustione o, comunque, come mezzo per produrre energia, del rifiuto trattato, sollevate dall’Autorità preposta nel Paese di origine sulla base dei principi della direttiva 2008/98/CE, ed in particolare di obiezioni quali quelle, nella fattispecie, basate:

- sul principio della protezione della salute umana e dell’ambiente (art. 13); - sul principio di autosufficienza e prossimità, stabilito dall’art. 16, comma 1, secondo il quale “Gli Stati membri adottano, di concerto con altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, inclusi i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.”; - sul principio, stabilito dallo stesso art. 16, comma 2, ultimo periodo, secondo cui “Gli Stati membri possono altresì limitare le spedizioni in uscita di rifiuti per motivi ambientali come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006”; - sul considerando (33) delle premesse della stessa direttiva del 2008, secondo il quale “Ai fini dell’applicazione del Regolamento CE n. 1013 del 2006….relativo alle spedizioni di rifiuti, i rifiuti urbani non differenziati di cui all’art. 3, paragrafo 5 dello stesso rimangono rifiuti urbani non differenziati anche quando sono stati oggetto di un’operazione di trattamento dei rifiuti che non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà”:

il Catalogo Europeo rifiuti (nella fattispecie CER 19.12.12., rifiuti prodotti da impianti di trattamento meccanico per operazioni di recupero R1/R12) e le relative classificazioni interferiscano o meno ed, in caso di risposta positiva, in quali termini e confini, con la disciplina euro-unitaria relativa alla spedizione di rifiuti che, prima del trattamento meccanico, erano rifiuti urbani indifferenziati;

in particolare, se, con riferimento alle spedizioni di rifiuti risultanti dal trattamento di rifiuti urbani indifferenziati, le previsioni dell’art. 16 della direttiva del 2008 richiamata ed il relativo considerando n. 33, espressamente concernenti la spedizione di rifiuti, siano o meno prevalenti rispetto alla classificazione risultante dal Catalogo Europeo Rifiuti;

precisando, qualora ritenuto opportuno e utile dalla Corte, se il suddetto Catalogo abbia carattere normativo o costituisca, invece, una mera certificazione tecnica idonea alla omogenea tracciabilità di tutti i rifiuti.

VI. ADEMPIMENTI DI SEGRETERIA

Ai fini della più completa decisione della Corte di Giustizia - in ossequio alle Raccomandazioni della Corte medesima 2012/C 338/01, relative alla presentazione di domande pregiudiziali - alla stessa deve essere trasmessa, a cura della Segreteria della Sezione, oltre a copia conforme all’originale della presente ordinanza, altresì copia dell’intero fascicolo di causa.

VII. SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO

Nelle more della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione Europea, si rende necessario disporre, ai sensi dell’art. 79, comma 1, del cod. proc. amm., la sospensione del presente processo, riservando alla sentenza definitiva ogni pronuncia in rito, nel merito e sulle spese e sugli onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sull’appello n. 1009/2017:

a) rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale indicata in motivazione sub § V, 1.3.;

b) ordina alla Segreteria della Sezione di trasmettere alla medesima Corte copia conforme all’originale della presente ordinanza, nonché copia integrale del fascicolo di causa;

c) dispone, nelle more della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la sospensione del presente giudizio;

d) riserva alla sentenza definitiva ogni pronuncia in rito, nel merito e sulle spese e sugli onorari di giudizio.

Così deciso in Roma, nel palazzo di piazza Capo di Ferro, nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Troiano, Presidente

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Giuseppa Carluccio, Consigliere, Estensore