Corte costituzionale n. 106 del 28 aprile 2022
Oggetto: Ambiente - Rifiuti - Norme della Regione Abruzzo - Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti - Previsione che per gli impianti autorizzati con esclusione di assoggettabilità a V.I.A., la comunicazione di variazione non sostanziale non è soggetta ad alcuna nuova autorizzazione regionale, né può essere subordinata a ulteriori pareri. Sanità pubblica - Misure per il superamento del precariato del personale convenzionato a tempo determinato dell'Emergenza sanitaria territoriale - Possibilità per le ASL di assegnare gli incarichi di Emergenza sanitaria territoriale a tempo indeterminato ai medici convenzionati a tempo determinato da almeno tre anni presso la stessa ASL.
Dispositivo: illegittimità costituzionale - illegittimità costituzionale parziale
SENTENZA N. 106
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 21 della legge della Regione Abruzzo 18 maggio 2021, n. 10, recante «Riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio di euro 3.606,56 per le prestazioni professionali svolte nell’ambito dei “Lavori di realizzazione dei pennelli e risagomatura scogliere esistenti nella zona sud e centro del litorale del Comune di Silvi (TE)” ed ulteriori disposizioni», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 16 luglio 2021, depositato in cancelleria il 20 luglio 2021, iscritto al n. 37 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Udito nell’udienza pubblica dell’8 marzo 2022 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
udito l’avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio dell’8 marzo 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 16 luglio 2021 e depositato il 20 luglio 2021 (reg. ric. n. 37 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 21 della legge della Regione Abruzzo 18 maggio 2021, n. 10, recante «Riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio di euro 3.606,56 per le prestazioni professionali svolte nell’ambito dei “Lavori di realizzazione dei pennelli e risagomatura scogliere esistenti nella zona sud e centro del litorale del Comune di Silvi (TE)” ed ulteriori disposizioni».
2.– Con il primo motivo di ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 5 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2021, in riferimento agli artt. 9 e 117, commi secondo, lettere l), m), s), e sesto, della Costituzione, in relazione agli artt. 146, 149, 167 e 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e all’art. 2 del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata), poiché il suddetto art. 5, nel modificare l’art. 45 della legge della Regione Abruzzo 19 dicembre 2007, n. 45 (Norme per la gestione integrata dei rifiuti), ha introdotto il comma 13-bis che dispone che «[p]er gli impianti autorizzati con esclusione di assoggettabilità a V.I.A., la comunicazione di variazione non sostanziale non è soggetta ad alcuna nuova autorizzazione regionale, né può essere subordinata ad ulteriori pareri. La comunicazione deve comunque essere corredata di relazione tecnica specialistica in ordine alla non sostanzialità della variante secondo i criteri di cui al comma 10».
3.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la norma impugnata, prevedendo che l’esclusione dall’assoggettabilità alla valutazione d’impatto ambientale si estenda all’acquisizione di qualsivoglia parere, inclusi quelli obbligatori in materia paesaggistica, sarebbe in contrasto con l’art. 117, commi secondo, lettera s), e sesto, Cost., che attribuiscono al legislatore statale, rispettivamente, la competenza legislativa e regolamentare in materia di tutela ambientale e del paesaggio.
In particolare, il contrasto rileverebbe in relazione all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, che impone l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, e in relazione all’art. 149 del medesimo decreto e all’Allegato A del d.P.R. n. 31 del 2017, che individuano gli interventi in deroga alla suddetta acquisizione.
3.1.– Inoltre, l’impugnato art. 5 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2021 sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che riserva allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, tra cui rientrerebbe l’individuazione della tipologia di interventi sottratti all’autorizzazione paesaggistica.
3.2.– Ancora, il ricorrente ha dedotto il contrasto con l’ordinamento penale, materia spettante in via esclusiva al legislatore statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in relazione agli artt. 167, comma 4, e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004, che sanzionano gli interventi su beni paesaggistici senza le prescritte autorizzazioni.
3.3.– Infine, la norma impugnata avrebbe leso l’art. 9 Cost., che tutela il paesaggio come bene primario e assoluto, poiché l’ampliamento degli interventi sottratti all’autorizzazione paesaggistica avrebbe abbassato il livello di tutela del suddetto bene primario.
4.– Con il secondo motivo di ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 21 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2021, che, per sopperire alle carenze di organico e far fronte alla situazione emergenziale, consente alle aziende sanitarie locali (ASL) di assegnare incarichi di emergenza sanitaria territoriale a tempo indeterminato ai medici convenzionati a tempo determinato che abbiano un’anzianità di servizio almeno triennale presso la stessa ASL.
4.1.– L’Avvocatura generale dello Stato assume il contrasto della disposizione con gli artt. 3 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in relazione all’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), all’art. 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE), all’art. 66 del d.P.R. 28 luglio 2000, n. 270 (Regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale), all’art. 92 dell’Accordo collettivo nazionale (ACN) del 23 marzo 2005 per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, come successivamente modificato e integrato dall’art. 7 dell’ACN del 21 giugno 2018 e dall’art. 11 dell’ACN del 18 giugno 2020.
4.2.– Il ricorrente rappresenta che l’attività di medicina generale si esplica nell’ambito di quattro aree di intervento, l’assistenza primaria, la continuità assistenziale, la medicina dei servizi territoriali e l’emergenza sanitaria territoriale e, ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, è regolata da un sistema integrato di fonti, composte dalla legge e dai contratti collettivi, espressione della competenza legislativa dello Stato in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e dei principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
4.3.– La norma impugnata si porrebbe in contrasto con tali fonti e, specificamente, con l’art. 21 del d.lgs. n. 368 del 1999, recepito dall’art. 15 dell’ACN del 23 marzo 2005; con l’art. 66 del d.P.R. n. 270 del 2000, di esecuzione dell’ACN per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale del 9 marzo 2000; con l’art. 92 dell’ACN del 23 marzo 2005, modificato dall’art. 7 dell’ACN del 21 giugno 2018 e dall’art. 11 dell’ACN del 18 giugno 2020, che impongono il possesso di specifici requisiti per gli incarichi a tempo indeterminato e non consentono la stabilizzazione da parte delle Regioni, con legge o in via di sanatoria amministrativa, dei rapporti di convenzionamento a tempo determinato nel settore dell’emergenza e urgenza territoriale.
4.4.– Pertanto, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’accesso del personale medico con incarico a tempo determinato e privo dell’attestato di formazione in medicina generale alle procedure di assegnazione degli incarichi convenzionali a tempo indeterminato nell’emergenza sanitaria territoriale sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., per violazione del principio di uguaglianza e invasione della sfera di competenza del legislatore statale in materia di ordinamento civile, e con l’art. 117, terzo comma, Cost., per violazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute.
5.– La Regione Abruzzo non si è costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 37 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 21 della legge della Regione Abruzzo 18 maggio 2021, n. 10, recante «Riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio di euro 3.606,56 per le prestazioni professionali svolte nell’ambito dei “Lavori di realizzazione dei pennelli e risagomatura scogliere esistenti nella zona sud e centro del litorale del Comune di Silvi (TE)” ed ulteriori disposizioni».
2.– Con il primo motivo di ricorso viene impugnato l’art. 5 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2021, che è intervenuto sulla legge della Regione Abruzzo 19 dicembre 2007, n. 45 (Norme per la gestione integrata dei rifiuti), e, in particolare, sull’art. 45 della suddetta legge, rubricato «Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti», aggiungendovi il comma 13-bis, in base al quale, per gli impianti autorizzati con esclusione di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale (VIA), la comunicazione di variazione non sostanziale non comporta alcuna nuova autorizzazione regionale e non può essere subordinata ad ulteriori pareri. La non sostanzialità della variante, precisa la norma, è certificata da apposita relazione tecnica specialistica, in base ai criteri stabiliti dal comma 10 dello stesso art. 45 della legge reg. Abruzzo n. 45 del 2007.
2.1.– L’Avvocatura generale dello Stato censura la disposizione per contrasto con gli artt. 9, 117, commi secondo, lettere l), m), s), e sesto, della Costituzione, in relazione agli artt. 146, 149, 167 e 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e all’art. 2 del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata).
2.2.– In particolare, il ricorrente ha dedotto che l’esclusione di assoggettabilità a VIA non può escludere l’acquisizione di qualsivoglia autorizzazione o parere, inclusi quelli obbligatori in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio.
Infatti, prosegue il Presidente del Consiglio dei ministri, la tutela del paesaggio e la relativa competenza legislativa e regolamentare in materia spetta allo Stato, ai sensi degli artt. 9 e 117, commi secondo, lettera s), e sesto, Cost., e gli interventi esonerati dall’autorizzazione paesaggistica sono solo quelli indicati dal legislatore statale e contenuti nell’art. 149 cod. beni culturali e nell’Allegato A del d.P.R. n. 31 del 2017, con impossibilità per la Regione di ampliarne la portata, abbassando il livello di tutela prescritto dallo Stato.
La norma regionale avrebbe, dunque, invaso la competenza esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio, nonché quella in materia di livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., di cui sarebbe espressione la determinazione della tipologia di interventi sottratti all’autorizzazione paesaggistica; infine, sarebbe leso anche l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva al legislatore nazionale la competenza esclusiva in materia penale e la conseguente disciplina sanzionatoria degli interventi non autorizzati sui beni paesaggistici, prescritta dagli artt. 167 e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004.
3.– La questione è fondata nei termini di seguito precisati.
4.– Invero, la norma impugnata, che non prevede la necessità di un’autorizzazione regionale né la subordinazione ad ulteriori pareri, ivi compresi, quindi, quelli relativi alle autorizzazioni paesaggistiche, per variazioni non sostanziali relative agli impianti di smaltimento rifiuti, risulta in contrasto con la competenza legislativa statale esclusiva in materia ambientale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
4.1.– Il concetto di variazione non sostanziale si deduce dal comma 10 dell’art. 45 della legge reg. Abruzzo n. 45 del 2007, laddove prevede che siano considerate variazioni sostanziali solo quelle eccedenti il quindici per cento, sia per il quantitativo dei rifiuti da trattare, sia per l’ingombro plano-altimetrico riferito alle variazioni volumetriche, nonché le modifiche agli impianti esistenti a seguito delle quali si abbiano variazioni al processo di trattamento, recupero o smaltimento rifiuti ovvero le variazioni alle tipologie dei rifiuti da trattare, recuperare o smaltire già autorizzate.
Tuttavia, facendo la norma riferimento agli impianti autorizzati, non può escludersi che la disposizione in questione possa riferirsi anche a interventi come tali rientranti tra le ipotesi di assoggettamento al parere paesaggistico e non ricompresi nei casi di esonero di cui alle norme interposte costituite dall’art. 149 del d.lgs. n. 42 del 2004 e dall’Allegato A del d.P.R. n. 31 del 2017, che elencano specificatamente gli interventi sottratti all’obbligo del parere paesaggistico.
4.2.– Non è rilevante la circostanza che gli impianti autorizzati di smaltimento rifiuti in questione siano solo quelli con esclusione di assoggettabilità a VIA, stante la diversa funzione assegnata dall’ordinamento alla valutazione di impatto ambientale rispetto all’autorizzazione paesaggistica.
Invero, l’autonomia dei due procedimenti si evince chiaramente dall’art. 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) che, proprio con specifico riferimento all’autorizzazione per la realizzazione e gestione di nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, prevede al comma 7 che, quando «il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell’articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione».
La disposizione impone, dunque, l’autonoma acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, disciplinata appunto dall’art. 146 cod. beni culturali, che deve essere richiesta dai proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, di immobili ed aree di interesse paesaggistico prima di effettuare un qualsivoglia intervento sui suddetti beni, onde verificare la compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato.
4.3.– Orbene, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la disciplina di protezione del paesaggio rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., avendo il bene ambientale una struttura complessa che comprende non solo la tutela di interessi fisico-naturalistici, ma anche i beni culturali e del paesaggio idonei a contraddistinguere un certo ambito territoriale (sentenza n. 66 del 2018).
4.4.– Esigenze di uguaglianza sono poste a fondamento della competenza legislativa esclusiva dello Stato, poiché la natura unitaria e il valore primario e assoluto del bene paesaggio ne impongono una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale che «sarebbe vanificata dall’intervento di una normativa regionale che sancisse in via indiscriminata – come avviene nel caso di specie – l’irrilevanza paesaggistica di determinate opere, così sostituendosi all’apprezzamento che compete alla legislazione statale» (sentenza n. 246 del 2017).
4.5.– È necessaria conseguenza della riconosciuta competenza esclusiva dello Stato in materia paesaggistica che le eccezioni all’obbligo di autorizzazione paesaggistica siano espressamente stabilite dalla norma statale, anche regolamentare.
4.6.– La norma impugnata ha invaso tale riserva esclusiva poiché ha previsto che la variante «non è soggetta ad alcuna nuova autorizzazione regionale» o «ad ulteriori pareri», così includendo, nella valutazione già avvenuta di esclusione dell’assoggettabilità a VIA, nei termini appena detti, ogni ulteriore e nuova verifica, anche quella per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
4.7.– L’accoglimento nei termini appena detti della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2021 per invasione della competenza legislativa statale esclusiva in materia ambientale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., comporta l’assorbimento degli altri profili di censura.
5.– Con il secondo motivo di ricorso è impugnato l’art. 21 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2021, per contrasto con gli artt. 3 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in relazione all’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), all’art. 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE), all’art. 66 del d.P.R. 28 luglio 2000, n. 270 (Regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale), all’art. 92 dell’Accordo collettivo nazionale (ACN) del 23 marzo 2005 per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, come successivamente modificato e integrato dall’art. 7 dell’ACN del 21 giugno 2018 e dall’art. 11 dell’ACN del 18 giugno 2020.
5.1.– La disposizione impugnata prevede che le aziende sanitarie locali (ASL) «possono assegnare gli incarichi di emergenza sanitaria territoriale a tempo indeterminato ai medici convenzionati a tempo determinato da almeno tre anni presso la stessa Asl». Il ricorrente ritiene la deroga lesiva del precetto di uguaglianza, invasiva della competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile e in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale nella materia concorrente della tutela della salute, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., poiché consente l’accesso agli incarichi di medici convenzionati a tempo indeterminato, mentre lo Stato ne ha demandato la disciplina alla contrattazione collettiva, e consente tale accesso anche a medici privi degli specifici requisiti di qualificazione.
5.2.– In particolare, il contrasto è dedotto in relazione all’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992; all’art. 21 del d.lgs. n. 368 del 1999; all’art. 66 del d.P.R. n. 270 del 2000, di esecuzione dell’ACN per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale del 9 marzo 2000; all’art. 92 dell’ACN del 23 marzo 2005, come successivamente modificato e integrato dall’art. 7 dell’ACN del 21 giugno 2018 e dall’art. 11 dell’ACN del 18 giugno 2020, poiché, in base al quadro normativo vigente, la Regione non può stabilizzare, ex lege o con sanatorie amministrative, i medici con incarico in regime di convenzione a tempo determinato, derogando alla disciplina specifica e ai requisiti richiesti per il rapporto convenzionale a tempo indeterminato.
6.– La questione è fondata.
6.1.– Il rapporto di convenzionamento dei medici con il Servizio sanitario nazionale è regolato dall’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, che ne demanda la disciplina a convenzioni di durata triennale, conformi agli accordi collettivi nazionali; tali accordi devono essere informati ai principi declinati dallo stesso art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, tra cui la necessità che il conferimento di funzioni al medico in convenzione avvenga in base ad una graduatoria regionale unica per titoli, accessibile ai soli possessori del diploma di formazione specifica in medicina generale di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 368 del 1999.
6.2.– Il rapporto dei medici in convenzione richiede una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale, così come è previsto per il lavoro pubblico contrattualizzato.
Pertanto, la costante giurisprudenza di questa Corte ha ricondotto il rapporto convenzionale dei medici, rientrante nell’ambito della cosiddetta parasubordinazione, alla materia dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva del legislatore statale (sentenze n. 5 del 2020, n. 157 del 2019 e n. 186 del 2016), con conseguente preclusione, per il legislatore regionale, di intervenire nella disciplina della materia e di regolamentare in via autonoma il trattamento economico e giuridico del rapporto in convenzionamento.
6.3.– Come si è detto, tale disciplina è posta dalla legge e da accordi collettivi, sulla cui base vengono ad instaurarsi i rapporti privatistici di lavoro autonomo dei singoli medici con le aziende sanitarie.
6.4.– Gli accordi collettivi nazionali vigenti prevedono che il conferimento dell’incarico di convenzionamento avvenga a tempo indeterminato in favore degli iscritti in una graduatoria unica regionale valida per l’anno in corso, salvo trasferimento di coloro che siano già titolari di incarico a tempo indeterminato presso altre aziende sanitarie o diverse Regioni, anche se non inseriti in graduatoria (art. 63 del d.P.R. n. 270 del 2000 e, in senso sostanzialmente conforme, artt. 91 e 92 dell’ACN del 23 marzo 2005).
6.5.– La norma impugnata incide su tale disciplina, attribuendo alla ASL la facoltà di trasformare l’incarico di convenzionamento a tempo determinato, in incarico di convenzionamento a tempo indeterminato, in presenza di un requisito di accesso – l’anzianità triennale nel rapporto provvisorio – che la contrattazione collettiva non ha contemplato.
6.6.– La deroga prevista dalla legge regionale investe un ulteriore profilo.
L’art. 21 del d.lgs. n. 368 del 1999 subordina l’attività di medico chirurgo di medicina generale nel Servizio sanitario nazionale al possesso del diploma di formazione specifica di medicina generale, e l’art. 8, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 502 del 1992, come si è detto, individua tale requisito quale principio a cui informare gli accordi collettivi nazionali per la disciplina del rapporto di convenzionamento.
I suddetti accordi declinano il principio imponendo, per l’assegnazione di incarichi a tempo indeterminato, anche nell’emergenza sanitaria territoriale, il possesso del diploma di formazione specifica di medicina generale, che è condizione necessaria per l’iscrizione nella graduatoria regionale utilizzata per il conferimento degli incarichi a tempo indeterminato, nonché il possesso dell’attestato di idoneità all’esercizio dell’attività di emergenza sanitaria territoriale (artt. 63 e 66 del d.P.R. n. 270 del 2000 e art. 92 dell’ACN del 23 marzo 2005).
6.7.– La norma impugnata, invece, prescinde del tutto da tali disposizioni, imponendo il solo requisito dell’anzianità triennale del medico nell’incarico a tempo determinato.
In tal modo, essa si pone in contrasto con la disciplina degli accordi collettivi, a cui lo Stato demanda la materia nell’esercizio della competenza sull’ordinamento civile. Allo stesso tempo, la disposizione regionale contrasta anche con i requisiti di professionalità del personale medico prescritti dalla legge statale che, per costante giurisprudenza di questa Corte, integrano principi fondamentali in materia di tutela della salute, poiché la competenza e la professionalità del personale sanitario sono idonee ad incidere sulla qualità e sull’adeguatezza delle prestazioni erogate e, quindi, sulla salute dei cittadini (ex multis, sentenze n. 9 del 2022, n. 179 del 2021 e n. 38 del 2020).
Esse, pertanto, vanno garantite in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, senza possibilità di deroga da parte della legislazione regionale di dettaglio nell’esercizio della propria competenza concorrente (sentenze n. 179 e n. 36 del 2021).
6.8.– L’art. 21 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2021, nel subordinare l’accesso al convenzionamento a tempo indeterminato al solo fatto di aver svolto un incarico di convenzionamento a tempo determinato presso la stessa ASL per tre anni, invade, dunque, la competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile e viola i principi fondamentali in materia di tutela della salute, così che la questione va accolta in riferimento a tutti i parametri evocati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Abruzzo 18 maggio 2021, n. 10, recante «Riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio di euro 3.606,56 per le prestazioni professionali svolte nell’ambito dei “Lavori di realizzazione dei pennelli e risagomatura scogliere esistenti nella zona sud e centro del litorale del Comune di Silvi (TE)” ed ulteriori disposizioni», nella parte in cui esclude l’autorizzazione paesaggistica per le modifiche non sostanziali;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 21 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2021.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 marzo 2022.