Rifiuti e proprietario del terreno. Quando la responsabilità penale e' incerta
di Gianfranco AMENDOLA
La normativa italiana di tutela ambientale è piena di difetti e di carenze, ma, per fortuna, a questi difetti e a queste carenze spesso ha rimediato la suprema Corte con una paziente e rigorosa opera di interpretazione costruttiva ispirata ai valori costituzionali.
Tuttavia restano alcuni nodi dubbi dove anche la Cassazione mostra evidenti oscillazioni; con prevedibili ripercussioni negative in tema di applicazione.
Ci riferiamo, in particolare, alla vexata quaestio relativa alla responsabilità del proprietario di un terreno ove altri abbiano illegalmente depositato o gestito rifiuti.
Tale situazione, come noto, è oggi disciplinata espressamente dall'art. 192 D. Lgs. 152/2006, il quale sancisce che " l'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa , in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate."
Diciamo subito che, ovviamente, nessun problema si pone in caso di concorso o di compartecipazione evidente del proprietario rispetto al deposito ed alla gestione di questi rifiuti, come, del resto, risulta dallo stesso tenore letterale della norma quando richiama la necessità che il fatto possa essere a lui "imputabile a titolo di dolo o colpa"; ricomprendendo anche l'ipotesi di condotte attive di agevolazione colposa 1 .
Ma può ravvisarsi qualche responsabilità del proprietario in caso di sua inerzia di fronte a comportamenti illeciti di altri, relativi a rifiuti, sul suo terreno?
La questione è stata più volte affrontata in dottrina e giurisprudenza con alterne soluzioni. Rinviando ad altri scritti per approfondimenti e richiami anche di tipo "storico" 2 , sembra opportuno, in questa sede, iniziare a dibatterne rifacendoci direttamente ad una sentenza della suprema Corte del 2013 3 in cui la Cassazione, facendo il punto della situazione, evidenziava il " superamento" dell' "antico" orientamento secondo cui nessun reato può ravvisarsi nella mera consapevolezza da parte del proprietario dell'abbandono di rifiuti sul fondo da parte di terzi, purchè non risulti accertato il concorso, a qualunque titolo, del possessore del fondo con gli autori del fatto (non sussistendo una posizione di garanzia in capo allo stesso), ovvero una condotta di compartecipazione agevolatrice 4 . E sottolineava che “ la giurisprudenza che di recente ha esaminato la questione dell'esistenza o meno di un obbligo di garanzia in capo al proprietario in relazione alla fattispecie di cui all'art. 256, commi 1 e 3 d.lgs. 152\06,..... si è espressa nel senso invece dell'esistenza di una culpa in vigilando attribuibile al proprietario che trova corretto fondamento nella funzione sociale della proprietà di cui all'articolo 42 Cost., tenendo conto della natura, appunto, sociale delle norme di tutela dell'ambiente "5 .
Tuttavia, questa conclusione veniva clamorosamente ridimensionata pochi mesi dopo dalla stessa Cassazione con la precisazione che "l a responsabilità omissiva sancita nell' art.40 cpv. c.p., trova fondamento nel principio solidaristico di cui all'art. 2, all'art.41, comma 2, e all'art.42, comma 2, Cost., ma contemporaneamente essa trova un limite in altri principi costituzionali e segnatamente nel principio di legalità della pena consacrato nell'art. 25, comma 2, il quale si articola nella riserva di legge statale e nella tassatività e determinatezza delle fattispecie incriminatrici. E' proprio in ragione di questo limite che la responsabilità omissiva non può fondarsi su un dovere indeterminato o generico, anche se di rango costituzionale come quelli solidaristici o sociali di cui alle norme citate; ma presuppone necessariamente l'esistenza di obblighi giuridici specifìci, posti a tutela del bene penalmente protetto, della cui osservanza il destinatario possa essere ragionevolmente chiamato a rispondere ". E concludeva, pertanto, che " in particolare la funzione sociale della proprietà di cui all'art. 42, comma 2, Cost., può costituire il proprietario in una posizione di garanzia a tutela di beni socialmente rilevanti, e quindi può fondare una sua responsabilità omissiva per i fatti di reato lesivi di quei beni, solo se essa si articola in obblighi giuridici positivi e determinati, diretti a impedire l'evento costitutivo del reato medesimo ......." 6 .
Si tornava, quindi, spesso anche con le stesse parole, all'orientamento che era stato considerato "superato", e che veniva successivamente confermato da numerose altre sentenze; secondo le quali, ad esempio, " non è sufficiente per integrare il reato di abbandono di rifiuti la consapevolezza, da parte del possessore di un fondo, del fenomeno di abbandono sul medesimo di rifiuti da parte di terzi senza che risulti accertato il concorso, a qualsiasi titolo, del predetto possessore del fondo con gli autori del fatto " 7 ; " il proprietario di un terreno non risponde dei reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata, anche in caso di mancata attivazione per la rimozione dei rifiuti, a condizione che non compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti, atteso che tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell'evento lesivo 8 ; o, ancora più esplicitamente, "i n materia di gestione e smaltimento dei rifiuti, il proprietario del sito ove i rifiuti son stati illecitamente depositati, o a fine di abbandono o a fine di smaltimento, non risponde, per la sola ragione della sua qualifica dominicale rispetto al terreno o comunque al sito in questione, dei reati dì realizzazione e gestione di discarica non autorizzata commessi da terzi, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti stessi, in quanto tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire l'evento lesivo, il che potrebbe verificarsi solo nell'ipotesi in cui il proprietario abbia compiuto autonomi atti di gestione o di movimentazione dei rifiuti " 9 ; con la precisazione che " il proprietario del terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato non può andare incontro a una responsabilità di posizione, in difetto di elementi di diretta partecipazione al reato o di un contributo materiale o morale nell'illecita gestione dei rifiuti" 10 ; e la riaffermazione, più recente, secondo cui "s ebbene il proprietario di un terreno non risponde in quanto tale dei reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata commessi da terzi, non potendosi configurare una posizione di garanzia in capo al medesimo e non potendosi configurare una responsabilità di posizione non di meno la responsabilità sussiste in presenza di condotta di partecipazione agevolatrice " 11 .
In sostanza, quindi, l'orientamento oggi nettamente prevalente 12 in giurisprudenza, e già da tempo condiviso dalla migliore dottrina 13 , ritiene che il proprietario del terreno su cui terze persone abbandonano o depositano rifiuti, non può essere chiamato a rispondere di eventuali illeciti a meno che egli non abbia, in qualche modo, partecipato o li abbia agevolati; ovvero non sia destinatario di uno specifico, espresso obbligo di garanzia teso ad evitare quell'evento.
In proposito, tuttavia, si deve notare che la suprema Corte riserva particolare attenzione e rigore verso il proprietario nei casi in cui egli sia palesemente a conoscenza di condotte altrui da cui possa evincersi il pericolo che vengano commessi illeciti connessi con gestione o deposito di rifiuti sul suo terreno. E se da un lato, in caso di lavori edili, ne risponde non il committente- proprietario ma l'appaltatore, in quanto produttore dei rifiuti " in ragione del rapporto contrattuale che lo vincola al compimento di un'opera o alla prestazione di un servizio con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio... " 14 ; dall'altro si è affermato che " r isponde del reato di discarica abusiva il proprietario dell'area ove i rifiuti sono conferiti da terzi previo accordo al fine di collocarli definitivamente sul posto, utilizzandoli per la realizzazione di opere sul terreno medesimo, configurando tale condotta una diretta partecipazione al reato " 15 .
In questo quadro, si colloca anche l'affermazione secondo cui " risponde del reato di gestione non autorizzata di rifiuti il proprietario che conceda in locazione un terreno a terzi per svolgervi un'attività di smaltimento di rifiuti, in quanto incombe sul primo, anche al fine di assicurare la funzione sociale della proprietà (presidiata dall'art. 42 della Costituzione), l'obbligo di verificare che il concessionario sia in possesso dell'autorizzazione per l'attività di gestione dei rifiuti e che questi rispetti le prescrizioni contenute nel titolo abilitativo ". Ed è certamente significativo che, in questa sentenza, la suprema Corte riconosca espressamente la "preferibilità" dell'orientamento prevalente (più restrittivo) sopra illustrato, in quanto "più rispettoso del principio, costituzionalmente tutelato ex art. 27 della Costituzione, della personalità della responsabilità penale ", ma ritiene di dover fare una eccezione e ritornare alla tesi opposta in quanto dare in affitto un terreno per gestire una attività di gestione e deposito di rifiuti costituisce " un criterio idoneo a far sorgere in capo al proprietario un puntuale obbligo di sorveglianza sulla condotta dell'affittuario "; e cioè " un fattore che avrebbe dovuto indurre nel ricorrente una particolare cautela in ordine alla verifica della effettiva titolarità da parte del concessionario delle necessarie autorizzazioni allo svolgimento delle attività in questione ". Ricordando, nel contempo, come precedente, che " questa Corte, d'altra parte, già ha avuto occasione di precisare che risponde del reato di gestione non autorizzata di rifiuti il proprietario che conceda in locazione un terreno a terzi per svolgervi un'attività di smaltimento di rifiuti, in quanto incombe sul primo, anche al fine di assicurare la funzione sociale della proprietà (presidiata dall'art. 42 della Costituzione), l'obbligo di verificare che il concessionario sia in possesso dell'autorizzazione per l'attività di gestione dei rifiuti e che questi rispetti le prescrizioni contenute nel titolo abilitativo (Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 settembre 2009, n.36836) 16 .
Con tutto il rispetto per la Cassazione, non ci sembra una affermazione condivisibile.
Se, infatti, si condivide l'assunto secondo cui una posizione di garanzia da parte del proprietario del terreno non può fondarsi solo sul generico richiamo all'art. 42 della Costituzione in quanto la responsabilità penale deve derivare da un preciso obbligo sancito da una fonte formale, non si vede come tale obbligo possa scaturire da un contratto di locazione a terzi per il quale nessuna legge prevede obblighi o possibilità di ingerenza da parte del proprietario rispetto alla attività esercitata.
Diverso è, ovviamente, il caso in cui il fatto-reato sia riconducibile ad una doverosa omissione di controllo da parte del proprietario-imprenditore, ad esempio, sull'operato dei propri dipendenti. E' evidente, infatti, che, in tal caso, egli è destinatario degli obblighi previsti dalle norme di settore e, quindi, titolare di una posizione di garanzia per cui " è tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche " 17 .
Allargando lo sguardo, quindi, è del tutto conseguente e coerente con l'orientamento generale della Cassazione l'affermazione secondo cui " i l titolare dell'impresa/legale rappresentante dell'ente non è garante delle condotte di abbandono/deposito incontrollato poste in essere dai dipendenti di altre imprese; la norma non lo prevede, né sono possibili applicazioni 'in malam partem' dell'art. 40, cpv., cod. pen.. Quando il rifiuto è abbandonato dall'impresa/ente che lo ha prodotto, perché ne risponda il titolare/legale rappresentante della diversa impresa/ente che ha commissionato i lavori, è necessario che questi si sia ingerito a qualsiasi titolo nell'attività di produzione o gestione del rifiuto " 18 . Nè può ravvisarsi alcuna culpa in vigilando del titolare dell'impresa se " la condotta incriminata sia frutto di una autonoma iniziativa dei lavoratori contro le direttive e ad insaputa dei datori di lavoro " 19 .
Per completezza, infine, si segnala che la giurisprudenza amministrativa giunge a conclusioni opposte rispetto all'orientamento sopra illustrato della Cassazione, affermando costantemente che " l’art. 192 qualora vi sia la concreta esposizione al pericolo che su un bene si realizzi una discarica abusiva di rifiuti anche per i fatti illeciti di soggetti ignoti, attribuisce rilevanza esimente alla diligenza del proprietario, che abbia fatto quanto risulti concretamente esigibile, e impone invece all’amministrazione di disporre le misure ivi previste nei confronti del proprietario che, per trascuratezza, superficialità o anche indifferenza o proprie difficoltà economiche, nulla abbia fatto e non abbia adottato alcuna cautela volta ad evitare che vi sia in concreto l’abbandono dei rifiuti. La condotta illecita del terzo, ovvero la proliferazione delle condotte illecite dei terzi, non è di per sé una causa che rende non imputabile al proprietario l’evento (la trasformazione del suo terreno in discarica abusiva), né frattura il nesso di causalità tra la sua condotta colposa (id est, caratterizzata dalla trascuratezza e dall’incuria), quando costituisce un fatto prevedibile e prevenibile. L’ordinanza dell’Adunanza Plenaria 21/2013 ha rilevato come l’art. 192 attribuisce espressamente rilievo alla colpa del proprietario per il quale sussiste la colpa anche nel caso di mancanza degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area, così impedendo che possano essere in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi ". 20
1 In proposito, si rinvia anche agli approfondimenti di PAONE, Ordine di rimozione di rifiuti abbandonati da terzi e responsabilità penale del proprietario dell’area , in Ambiente e sviluppo 2008, n. 10, pag. 893 e segg.
2 Cfr. in dottrina, tra i primi commenti, i nostri articoli Rifiuti e sanzioni, quando a rispondere è il proprietario del terreno , in Ambiente e sicurezza sul lavoro 2009, n. 12, pag. 52 e segg, e Terreni inquinati, parla la Cassazione, , ivi, 2007, pag. 64 e segg. Per una prima panoramica di giurisprudenza, si rinvia al nostro La responsabilità del proprietario del terreno in caso di abbandono di rifiuti , in www.industrieambiente .it , 2006.
3 Cass. pen., sez. 3, 26 febbraio 2013, n. 9213, Migliosi
4 In questo senso, cfr. per tutte Cass. pen., sez. 3, 17 gennaio 2008, n. 2477, Marcianò.
5 Per approfondimenti critici su questa sentenza del 2013 e sui riferimenti di giurisprudenza in essa utilizzati, cfr. AMENDOLA, Terreno inquinato da rifiuti e cambiamento di giurisprudenza. Ne risponde sempre anche il proprietario? in www.industrieambiente. it, 2013
6 Cass. pen., sez. 3, 9 dicembre 2013, n. 49327, Merlet, la quale, peraltro, richiama e ricalca quanto affermato, otto anni prima da Cass. pen., sez. 3, 12 ottobre 2005, n. 2206, Bruni.
7 Cass. pen., sez. 3, 6 giugno 2014, n. 23911, Benetazzo
8 Cass. pen. sez. 3, 1 ottobre 2014, n. 40528, Cantoni
9 Cass. pen., sez. 3, 14 gennaio 2016, n. 1158, Casentini
10 Cass. pen., sez. 3, 24 marzo 2017, n. 14501, Carpenzano, ove si aggiunge che " i reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata e stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi senza autorizzazione hanno natura di reati permanenti, che possono realizzarsi soltanto in forma commissiva; ne consegue che essi non possono consistere nel mero mantenimento della discarica o dello stoccaggio da altri realizzati, pur in assenza di qualsiasi partecipazione attiva e in base alla sola consapevolezza della loro esistenza, salvo che risulti integrata una condotta concorsuale mediante condotta omissiva, nei casi in cui il soggetto aveva l'obbligo giuridico di impedire la realizzazione od il mantenimento dell'evento lesivo.. "
11 Cass. pen., sez. 3, 9 luglio 2018, n. 30905, De Lucia
12 Per una ritorno alla tesi più ampia, cfr. Cass. pen. sez. 3, 2 marzo 2015, n. 8980, Pizzatti, la quale, citando espressamente tre sentenze del 2003, 2009 e del 2011, afferma che " i n tema di rifiuti, la responsabilità per l'attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell'azienda. Pertanto sussiste la penale responsabilità del legale rappresentante di una società proprietaria di un'area, su cui terzi depositano in modo incontrollato rifiuti, essendogli attribuibile l'illecita condotta di questi ultimi in quanto tenuto a vigilare sull'osservanza da parte dei medesimi delle norme in materia ambientale".
13 cfr. per tutti PAONE, Obblighi di controllo dei proprietari di terreni concessi in uso e gestione abusiva dei rifiuti (nota a Cass. pen. n. 36836/2009) , in Ambiente e sviluppo 2010, n. 4, pag. 316, secondo cui “ invocare la norma costituzionale (art. 42) per costruire direttamente obblighi penalmente sanzionati, ci pare del tutto improponibile ” in quanto “ secondo il principio di tassatività, la fonte legale (ma anche contrattuale) dell’obbligo di garanzia deve essere sufficientemente determinata, nel senso che deve imporre obblighi specifici di tutela del bene protetto ; ed aggiunge che “ esulano, perciò, dall’ambito operativo della responsabilità per causalità omissiva ex art. 40 cpv., c.p., gli obblighi di legge indeterminati, fosse pure il dovere costituzionale di solidarietà economica e sociale… .” Nello stesso senso, DE FALCO, Discarica abusiva: realizzazione, gestione e posizione del proprietario del fondo. La Cassazione interviene ancora , in www. Industrieambiente.it, 2008
14 Cass. pen., sez. 3, 9 aprile 2015, n. 11029, D'Andrea
15 Cass. pen. sez. 3, 11 novembre 2015, n. 45145, Maccaferri
16 Cass. pen., sez. 3, 24 febbraio 2015, n. 8135, Selvaggi
17 Cass. pen. sez. 3, 15 giugno 2010, n. 22752, Bisegna; da ultimo, ID., 15 gennaio 2015, n. 1716, Moccia
18 Cass. pen, sez. 3, 19 luglio 2017, n. 35569, Caporale
19 Cass. pen, sez. 3, 20 giugno 2018, n. 28492, Angeloro
20 Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2977, del 10 giugno 2014 in www.lexambiente.it, 2014
Articolo pubblicato su Rivista DGA gennaio/febbraio 2019