Viva la allegra via italiana alla economia circolare
di Gianfranco AMENDOLA
Quando ho scritto per questo sito il mio articoletto sull' "allegra economia circolare all'italiana" , speravo proprio che qualcuno mi rispondesse, vista l'importanza dell'argomento.
E ringrazio, quindi, il Direttore Generale di Assocarta, Massimo Medugno, di averlo fatto 1 .Tanto più che si tratta di un giurista molto qualificato, che, tra l'altro, ha scritto importanti testi giuridici con Stefano Maglia, direttore di una ben nota rivista (nonchè consulente aziendale e docente in corsi di formazione ambientale); e fa parte del Comitato scientifico di un'altra ben nota rivista diretta da Paola Ficco, collaboratrice del Sole 24ore (nonchè consulente aziendale e docente in corsi di formazione ambientale).
Ma andiamo alla sostanza.
1) Di certo non pretendo che tutti siano d'accordo con le mie considerazioni negative sul " partito del non rifiuto, che, nel frattempo si era organizzato con sue riviste, suoi siti e suoi consulenti aziendali (promotori di appositi "corsi di formazione" a pagamento )"; tanto più quando aggiungevo che questo partito " si buttava, ad esempio, sulle esenzioni dalla disciplina sui rifiuti, poi sulla categoria dei sottoprodotti e poi sulle condizioni per fine-rifiuto (end of waste): sempre con un unico, incrollabile obiettivo: sottrarre rifiuti alla regolamentazione comunitaria ed italiana ".
Prendo atto, pertanto, con rispetto che Medugno dissente radicalmente da questa mia opinione, sostenendo che la stagione di questi espedienti si è chiusa nel 1997 con il cd. decreto Ronchi 2 . Anche se, devo dire sommessamente, le date non mi tornano. Anche dopo il 1997, infatti, siamo stati il paese europeo più condannato dalla Corte di giustizia proprio per avere - e lo ricordavo nel mio articoletto- " come prassi consolidata e persistente quella di adottare disposizioni volte a restringere l’ambito di applicazione della direttiva 75/442/CEE in Italia, con riferimento alla definizione di rifiuto di cui all’articolo 1, lettera a) della direttiva ", come scrisse, 8 anni dopo, nel luglio 2005, la Commissione Ue al nostro governo. Aggiungo adesso che pochi mesi dopo, il 20 dicembre 2005, la stessa Commissione annunciava, con comunicato stampa, di aver iniziato contro l’Italia ben 9 procedimenti di infrazione per non ottemperanza alla normativa e alla giurisprudenza comunitarie proprio nel settore dei rifiuti. E scriveva testualmente: << Negli ultimi anni l'Italia ha introdotto un meccanismo che restringe la definizione dei rifiuti e limita l'applicazione della direttiva quadro. Quattro procedure d'infrazione a tale riguardo sono già in corso. Nel novembre 2004, la Corte di giustizia ha giudicato contraria alla direttiva l’interpretazione data dall'Italia alla definizione dei rifiuti. L'Italia deve ancora adottare misure per conformarsi a questa sentenza. Inoltre, una legge adottata nel dicembre 2004 ha per effetto che alcuni tipi di rifiuti non sono più considerati tali in Italia, benché rientrino nella definizione di "rifiuti" ai sensi della direttiva. I rifiuti in questione sono i rottami metallici, altri rifiuti utilizzati nell'industria siderurgica e metallurgica e il combustibile derivato da rifiuti. In risposta alle violazioni contenute nella legge italiana, nel luglio scorso la Commissione ha avviato una nuova azione legale nei confronti dell'Italia per infrazione "strutturale e persistente" alla direttiva quadro sui rifiuti. L'Italia non ha risposto in modo soddisfacente alla prima lettera d'avvertimento della Commissione, e la Commissione ha pertanto deciso di inviare un ultimo avvertimento scritto >>.
Infine, nel mio articoletto citavo alcune sentenze di condanna per l'Italia della Corte UE, che vanno ben oltre il 1997.
2) Così come, sempre rispettosamente, nutro alcune perplessità sulle lodi di Medugno al D.M. 5 febbraio 1998 (" Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ") e al decreto legge 138/2002 sulla "interpretazione autentica" della definizione di rifiuto; che avrebbero anticipato la disciplina della EOW (fine rifiuto) e dei sottoprodotti 3 . Non solo per la palese illegittimità di un decreto amministrativo che voleva modificare una legge, e di una legge (non a caso oggetto di procedura di infrazione) che voleva dettare una originale "interpretazione autentica" di una definizione comunitaria. Ma, anche e soprattutto, perchè entrambi i provvedimenti, se pure anticipavano qualcosa, lo hanno fatto con il chiaro intento di restringere, come sempre, l'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti, in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea 4 , la quale, non dimentichiamolo, in applicazione del principio di precauzione, da sempre ripete che "la nozione di rifiuto non può essere interpretata in senso restrittivo".
3) Che poi, il D.M del 1998 sia " ancora vigente e sia una sorta di pioneristico sistema di EOW" mi sembra una chiara conferma della pessima qualità delle nostre leggi ambientali e della inadeguatezza di un Ministero dell'Ambiente, che, oggettivamente, lasciando in vita una norma vecchia di 20 anni e ormai abbondantemente superata, senza aggiornarla, e senza, peraltro, neppure emanare i decreti attuativi per EOW che avrebbe dovuto emanare da 8 anni, contribuisce notevolmente ad aumentare la confusione e la illegalità in un settore delicatissimo e vitale per l'economia circolare quale quello della fine-rifiuto 5 .
4) Sulla "semplificazione del quadro normativo", che andrebbe tutto ripensato, sono ovviamente d'accordo e mi pareva risultasse chiaro dal mio articoletto. Anche perchè la illegalità e le scappatoie abbondano proprio per la confusione e la complessità del quadro normativo attuale.
5) Quello su cui, invece, non sono d'accordo, è quando mi si vuole far dire il contrario di quello che ho detto. Sui rifiuti con codici a specchio, non ho mai detto o scritto, come mi fa dire Medugno, che " la classificazione dei rifiuti deve essere improntata al principio di precauzione ". Nel mio articoletto, riassumendo la questione, avevo, invece, scritto testualmente (e lo confermo) di non condividere l'opinione dottrinaria (in particolare MAGLIA, FICCO E GIAMPIETRO) secondo cui " in violazione della lettera della legge, la distinzione, per i rifiuti con voce a specchio, tra pericolosi e non, deve essere discrezionale e non improntata al principio di precauzione. Interpretazione che, peraltro, molto opportunamente, la suprema Corte ha già sottoposto, trattandosi, appunto, di normativa comunitaria, alla Corte europea di giustizia ", rinviando, in nota, per approfondimenti a miei articoli precedenti (" Rifiuti, codici a specchio. Meno male che la Cassazione c'è 6 , e Rifiuti, codici a specchio e Cassazione in attesa della Corte Europea. Ogni critica è legittima purché non travisi la realtà in questo sito, 1 agosto 2017 e 13 aprile 2018"), dove mi dichiaravo pienamente d'accordo con la Cassazione che aveva sottoposto la questione alla Corte europea di giustizia, e la difendevo da alcune ingiuste critiche degli Autori sopra citati.
Ebbene, oggi Medugno mi "contrappone" la opinione espressa dall'Avvocato generale nelle sue conclusioni dinanzi alla Corte europea che coincide sostanzialmente con le conclusioni della Cassazione, da me totalmente condivise e difese. Bastava e basta leggere questi miei articoli -cui, ripeto, rinviavo espressamente per brevità e per evitare ripetizioni- per capire, già dal titolo, che ero e sono perfettamente d'accordo con la Cassazione. Così come oggi condivido le conclusioni dell'Avvocato Generale e mi auguro vengano accolte dalla Corte europea.
6) Ciò chiarito, resta solo da aggiungere che sono perfettamente d'accordo sulla convinzione che la circolarità si realizza solo dando piena e completa attuazione alle norme comunitarie, nel rispetto della gerarchia dei rifiuti. Senza scorciatoie ed espedienti. Purchè si dia vita anche, contestualmente, ad un adeguato sistema di controlli. E il prossimo banco di prova sarà proprio EOW, in questi giorni oggetto di grandi manovre (un articolo che se ne occupava è stato ritirato all'ultimo momento dal cd. decreto semplificazioni) del partito del non rifiuto in sede politica, sempre in nome della economia circolare.
Una ultima osservazione. Non mi sembra che, come dice Medugno, l' Italia sia un esempio virtuoso e un paese leader per riciclo e recupero di rifiuti. Anche perchè non mi sembra che la emergenza rifiuti che attanaglia e ammorba gran parte del paese sia un'invenzione degli ambientalisti.
E' vero, invece, che, troppo spesso, il riciclo esiste solo sulla carta, al fine di lucrare contributi pubblici. Ma, se poi si fanno controlli adeguati (oggi quasi inesistenti), si scopre che, in realtà, molti rifiuti conteggiati come riciclo o recupero, tramite vari giri e girobolla, cambiano pelle e finiscono in inceneritori o in discariche più o meno abusive (nazionali ed estere), magari mascherati da fanghi di depurazione; ovvero, se proprio non si può fare altro, scompaiono in qualche incendio provvidenziale di impianto (più di 400 negli ultimi 3 anni). Tanto c'è l'autocombustione.
Ma questa non è economia circolare, e non è neppure allegra. E' traffico illecito di rifiuti.
1 su questo sito, 14 dicembre 2018
2 che, a mio modesto avviso, non è certo un capolavoro di normativa ambientale ma l'emblema di un modo di legiferare, confuso e complicato, che è sempre andato via via peggiorando, con poche eccezioni.
3 cfr. per approfondimenti MAGLIA-MEDUGNO, Rifiuto o non rifiuto?, Irnerio Editore, 2011
4 Il concetto di MPS del D.M. viene espressamente criticato da Corte UE, seconda sezione, 11 novembre 2004, Niselli , mentre la illegittimità delle restrizioni di ambito imposte dalla legge del 2002 risulta con chiarezza dalla lettura di Corte UE, sesta sezione, 18 aprile 2002, proc. C-9/00, Palin Granit
5 In proposito condivido pienamente il titolo di MEDUGNO, Rifiuti. Senza EOW non c’è circolarità , in questo sito, 4 giugno 2018, ma non capisco perchè , insieme ad altri Autori (MAGLIA e FICCO in particolare), dia la colpa della attuale, assurda situazione di stallo non ai ritardi di 8 anni del Ministero dell'Ambiente ma al Consiglio di Stato, il quale si è solo limitato a ricordare che, secondo l'art. 184 ter, comma 2, D.Lgs 152/06, EOW debba essere chiuso da appositi decreti governativi validi per tutto il territorio nazionale, e non dalle Regioni "caso per caso". In proposito, si rinvia ad AMENDOLA, End of Waste e Consiglio di Stato: solo lo Stato può intervenire sulla cessazione della qualifica di rifiuto ,in www.lexambiente.it, 16 marzo 2018 e ID, End of waste, recupero di rifiuti e Consiglio di stato. Chiariamo le responsabilità, in www.rivistadga.it, marzo 2018.
6 dove, tra l'altro, riassumevo in modo più articolato la opinione, della Cassazione (da me condivisa) secondo cui " la problematica delle voci a specchio non può essere trattata con criteri probabilistici e discrezionali ma solo partendo dal presupposto- peraltro, del tutto ovvio- che solo accertando l’esatta composizione di un rifiuto, è conseguentemente possibile verificare la presenza o meno di sostanze pericolose. In mancanza di tale presupposto, il rifiuto deve essere classificato come pericoloso in base al principio di precauzione"