Breve rassegna della recente giurisprudenza in materia di omessa bonifica ed omessa comunicazione dell’evento inquinante (art. 257 d. lgs. 152/2006).
di Maria Valeria Feraco
L'art. 257 d. lgs. 152/2006 prevede che "chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento della concentrazione di soglia di rischio è punito(...)se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato nell'ambito del procedimento di cui agli artt. 242 ss.
In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'art. 242, il trasgressore è punito (...)".
La norma, come si vede, distingue due ipotesi: da un lato, la condotta del soggetto che cagiona l'inquinamento del sito e non provveda alla bonifica, dall'altro la mancata comunicazione ai sensi dell'art. 242 T.U.A.
La Suprema Corte (Sez. III, 16 marzo 2011 n. 18503) ha precisato che il reato di mancata effettuazione della comunicazione non è configurabile nei confronti di colui che - pur proprietario del terreno - non ne abbia cagionato l'inquinamento.
D'altro canto, secondo Sez. III, 21 ottobre 2010 n. 40856, tale reato è configurabile anche nel caso in cui intervengano sul luogo dell'inquinamento gli operatori di vigilanza preposti alla tutela ambientale "in quanto tale circostanza non esime l'operatore interessato dall'obbligo di comunicare agli organi preposti le misure di prevenzione e messa in sicurezza che intende adottare, entro 24 h ed a proprie spese, per impedire che il danno ambientale si verifichi".
Si tratta di un reato permanente, che non cessa per effetto del sequestro del sito inquinante, preordinato all'eliminazione del danno, ma persiste sino agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale, condotte riparatorie che - ove poste in essere prima della pronuncia giudiziale - fanno venir meno la punibilità del reato (cf., in tal senso, Cass. Sez. III, 13 giugno 2006 n. 29855).
D'altra parte la bonifica, operata dal soggetto che ha cagionato l'inquinamento secondo le disposizioni di progetto approvato dall'autorità competente del sito, estingue il reato a prescindere dalla natura pericolosa o meno delle sostanze inquinanti (cf. Cass. Sez. III, 13 aprile 2010, n. 22006).
Una delle questioni che si sono poste all'attenzione degli interpreti in relazione a tale fattispecie criminosa è se il reato si consumi (solo) con l’inosservanza di un progetto di bonifica approvato dall’autorità competente, ovvero già con l’inosservanza di uno dei vari adempimenti ad esso strumentali.
Difatti, l'art. 242 T.U.A. prevede che, qualora l'indagine preliminare accerti l'avvenuto superamento delle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione), il responsabile dell'inquinamento debba darne notizia al Comune e alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza d' emergenza adottate e che, nei successivi 30 giorni, presenti alle predette amministrazioni ed alla Regione territorialmente competente, il piano di caratterizzazione. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle CSR, di cui il soggetto responsabile dovrà presentare i risultati alla Regione.
La conferenza di Servizi convocata dalla Regione - a seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile - approva il documento di analisi di rischio e qualora le concentrazioni contaminanti siano superiori alle CSR, il soggetto responsabile dovrà sottoporre alla Regione il progetto operativo degli interventi di bonifica o messa in sicurezza.
Ebbene, un primo orientamento giurisprudenziale ( di cui è espressione, tra le altre, Sez. III, 13 aprile 2010, n. 22006) , invocando il principio di legalità, ha ritenuto penalmente rilevante solo l’inosservanza del progetto approvato, ritenendo pertanto escluse dall’applicazione dell’art. 257 TUA le inosservanze di tutte le diverse fasi precedenti all’approvazione della bonifica, attraverso le quali si snoda il procedimento delineato all’art. 242 TUA sopra sintetizzato.
Secondo altro orientamento (espresso da Sez. III, ud. 17 gen. 2012, (dep. 11 maggio 2012), n. 17817, Bianchi, in questo blog ed, in precedenza da Sez. III, 2 luglio 2010 (dep. 6 ottobre 2010), n. 35774), al contrario, il reato di omessa bonifica “è integrato allorché il responsabile dell’inquinamento impedisce di predisporre e di realizzare la bonifica già attraverso la mancata attuazione del piano di caratterizzazione”. Secondo la Corte tale opzione ermeneutica non si risolverebbe in una non consentita interpretazione estensiva in malam partem o in un' applicazione analogica della norma penale incriminatrice, bensì nell' "unica interpretazione sistematica atta a rendere il sistema razionale e non in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost…sarebbe manifestamente irrazionale una disciplina che prevedesse la punizione di un soggetto che dà esecuzione al piano di caratterizzazione ma poi omette di eseguire il conseguente progetto di bonifica ed invece esonerasse da pena il soggetto che addirittura omette di adempiere al piano di caratterizzazione così ostacolando ed impedendo la stessa formazione del progetto di bonifica”.
Siffatta interpretazione ha suscitato forti critiche in dottrina (cf. S.M. PANELLA, Una discutibile…”caratterizzazione” del reato di omessa bonifica (nota a Cass. pen. n. 35774/2010), in Ambiente&Sviluppo, 2011, n. 4, p. 345 ss. nonché A. INGRASSIA, Il tortuoso percorso della giurisprudenza di legittimità sulla omessa bonifica: dal “silenzio inevitabile” della norma penale simbolica al “canto delle sirene” della “giustizia tutta intera”, in Riv. giur. amb., n. 2, 2011, 280 s.).
Altra parte della dottrina tuttavia (c. RUGA RIVA, L’omessa bonifica nella giurisprudenza di Cassazione. Due questioni ancora aperte: rileva già l’inottemperanza alle fasi precedenti l’approvazione del progetto? Si tratta davvero di una condizione obbiettiva di punibilità?, in www.lexambiente.it) prova a superare le critiche partendo non già dalla ricostruzione dell’omessa bonifica come condizione obbiettiva intrinseca di punibilità costruita negativamente, bensì dalla ricostruzione dell’avvenuta bonifica in termini di causa di non punibilità sopravvenuta. "La norma, così intesa," - afferma l'Autore - "addita in positivo una (sola) condizione da soddisfare, ovvero il risultato da raggiungere per lucrare l’impunità rispetto ad un fatto tipico, consistente nel superamento delle concentrazioni soglia di rischio, evento nel quale si incentra e si esaurisce l’offesa al bene ambientale. Tale risultato deve consistere nella bonifica conforme al progetto approvato. In questa prospettiva è del tutto irrilevante se la procedura di bonifica sia stata attivata, e in quale stadio del complesso procedimento amministrativo si sia eventualmente arrestata Ciò che solo rileva è il mancato raggiungimento del risultato, ovvero la mancata realizzazione della bonifica".
Si evidenzia, da ultimo, che tale fattispecie criminosa rientra nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti. In particolare, secondo l'art. 59 sexies d. lgs. 231/2001 le sanzioni per l'ente a seguito delle violazioni dell'art. 257 d. lgs. 152/2006 sono:
- per la violazione del comma 1, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote
- per la violazione del comma 2, la sanzione pecuniaria da 150 a 200 quote.
i Avvocato penalista, Studio Legale Feraco Miozzi, Roma.