Cass. Civile Sez. U, n. 4472 del 25/02/2009
Pres. Carbone Est. Rordorf
Cons. Bon. Agro Pontino (Guzzo ed altro) contro Commissario Prefettizio Com. Pontinia ed altri
In tema di abbandono di rifiuti, sebbene l\'art. 14, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (applicabile "ratione temporis") preveda la corresponsabilità solidale del proprietario o dei titolari di diritti personali o reali di godimento sull\'area ove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, solo in quanto la violazione sia agli stessi imputabile a titolo di dolo o colpa, tale riferimento va inteso, per le sottese esigenze di tutela ambientale, in senso lato, comprendendo, quindi, qualunque soggetto che si trovi con l\'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l\'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell\'ambiente; per altro verso, il requisito della colpa postulato da tale norma può ben consistere nell\'omissione delle cautele e degli accorgimenti che l\'ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un\'efficace custodia. (Fattispecie relativa ad ordinanza nei confronti di un Consorzio di bonifica per provvedere alla rimozione, all\'avvio al recupero, allo smaltimento ed alla messa in sicurezza dei rifiuti depositati lungo un fiume).
Pres. Carbone Est. Rordorf
Cons. Bon. Agro Pontino (Guzzo ed altro) contro Commissario Prefettizio Com. Pontinia ed altri
In tema di abbandono di rifiuti, sebbene l\'art. 14, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (applicabile "ratione temporis") preveda la corresponsabilità solidale del proprietario o dei titolari di diritti personali o reali di godimento sull\'area ove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, solo in quanto la violazione sia agli stessi imputabile a titolo di dolo o colpa, tale riferimento va inteso, per le sottese esigenze di tutela ambientale, in senso lato, comprendendo, quindi, qualunque soggetto che si trovi con l\'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l\'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell\'ambiente; per altro verso, il requisito della colpa postulato da tale norma può ben consistere nell\'omissione delle cautele e degli accorgimenti che l\'ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un\'efficace custodia. (Fattispecie relativa ad ordinanza nei confronti di un Consorzio di bonifica per provvedere alla rimozione, all\'avvio al recupero, allo smaltimento ed alla messa in sicurezza dei rifiuti depositati lungo un fiume).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. SENESE Salvatore - Presidente di sezione -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione -
Dott. ODDO Massimo - Consigliere -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere -
Dott. SALMÈ Giuseppe - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere -
Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13171/2007 proposto da:
CONSORZIO DI BONIFICA DELL\'AGRO PONTINO (91043800597) in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONARDO PISANO 16, presso lo studio degli avvocati GUZZO Arcangelo, MARTINO CLAUDIO, che lo rappresentano e difendono, per procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
COMMISSARIO PREFETTIZIO DEL COMUNE DI PONTINIA, COMUNE DI PONTINIA, REGIONE LAZIO, AGENZIA DEL DEMANIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 7/2007 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 08/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/02/2009 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;
udito l\'Avvocato Arcangelo GUZZO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, con sentenza emessa il 18 gennaio 2007, ha rigettato un ricorso proposto dal Consorzio di bonifica dell\'Agro Pontino (in prosieguo indicato solo come Consorzio), il quale aveva chiesto l\'annullamento dell\'ordinanza con cui, in data 4 aprile 2006, il Commissario prefettizio del comune di Pontinia gli aveva intimato (unitamente ad altri soggetti) di provvedere, per quanto di propria competenza, alla rimozione, all\'avvio al recupero, allo smaltimento ed alla messa in sicurezza dei rifiuti depositati in località Cotarda, lungo il fiume Ufente.
Avverso tale sentenza il Consorzio ha proposto ricorso per Cassazione, assumendo sia la carenza di giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche - in quanto, secondo il ricorrente, la giurisdizione spetta, alternativamente, al tribunale regionale amministrativo o al giudice ordinario - sia l\'erronea e falsa applicazione delle norme di diritto in base alle quali, sempre secondo il ricorrente, l\'ordinanza commissariale non avrebbe potuto legittimamente esser rivolta contro il Consorzio.
Nessuna difesa hanno svolto gli intimati.
Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso investe il tema della giurisdizione. Censurando sul punto la decisione impugnata, il consorzio ricorrente chiede infatti alle sezioni unite di questa corte di stabilire se, in una controversia riguardante la legittimità di un\'ordinanza contingibile ed urgente, adottata per assicurare l\'immediata rimozione di rifiuti depositati in prossimità di un fiume sottoposto al regime delle acque pubbliche, la giurisdizione competa al Tribunale superiore delle acque pubbliche, anziché al Tribunale amministrativo regionale, o eventualmente al giudice ordinario. La doglianza, nei termini in cui il ricorrente la ha prospettata, appare tuttavia inammissibile.
Come più volte questa corte ha avuto occasione di affermare, infatti, la giurisdizione di legittimità in unico grado attribuita al Tribunale superiore delle acque pubbliche, con riferimento ai "ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall\'amministrazione in materia di acque pubbliche", sussiste quando i provvedimenti amministrativi impugnati incidano direttamente sul regime delle acque pubbliche, nel senso che concorrano, in concreto, a disciplinare la gestione e l\'esercizio delle opere idrauliche o a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all\'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse od a stabilire o modificarne la localizzazione o a influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti (si vedano, per tutte, Sez. un. 20 novembre 2008, n. 27528; 27 ottobre 2006, n. 23070; e 21 giugno 2005, n. 13293).
Per potere accertare, quindi, la sussistenza o l\'insussistenza di detta giurisdizione è indispensabile che venga indicato, in punto di fatto, se il provvedimento cui il ricorrente si riferisce sia o meno tale da incidere o da influire direttamente sul regime delle acque pubbliche.
Stando allora così le cose, ed essendo onere di chi propone un ricorso per cassazione di prospettare nel ricorso medesimo l\'esposizione sommaria dei fatti della causa - per tali dovendosi intendere tutti e solo quei fatti che costituiscono il presupposto indispensabile perché la corte sia posta in grado di decidere -, appare evidente che il Consorzio avrebbe dovuto, per l\'appunto, spiegare quale fosse la collocazione dei rifiuti la cui rimozione era stata ordinata con la contestata ordinanza ed in quale rapporto fossero detti rifiuti e le opere occorrenti alla loro rimozione col territorio circostante, ed in particolare col fiume Ufente, lungo il quale vien riferito che quei rifiuti si trovavano, non potendosi altrimenti valutare se ed in qual modo i provvedimenti imposti dalla citata ordinanza potessero o meno influire sul regime delle acque scorrenti in detto fiume.
A siffatto onere, tanto più evidente ove si consideri che è stato lo stesso Consorzio ad adire il Tribunale superiore delle acque pubbliche sull\'implicito quanto evidente presupposto che vi fosse un rapporto di diretta incidenza tra il provvedimento amministrativo censurato ed il regime delle acque del fiume sopra menzionato, il ricorrente non ha però fatto fronte: perché il ricorso nulla dice in proposito e passa senz\'altro ad enunciare principi di diritto astrattamente condivisibili, ma la cui applicabilità al caso di specie non è possibile valutare ove non siano preventivamente chiariti i presupposti di fatto dianzi evocati. Donde l\'inammissibilità del dedotto motivo di ricorso per violazione dell\'art. 366 c.p.c., n. 3.
2. il secondo motivo del ricorso è volto a denunciare la violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 14, di svariate disposizioni della L.R. Lazio n. 4 del 1984 e L.R. Lazio n. 50 de 1994 e degli artt. 823 e 145 c.c..
Il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha ritenuto sufficiente la detenzione dell\'area ad opera del Consorzio, incaricato della condotta e della manutenzione della rete idrica locale con poteri corrispondenti a quelli dei titolari di diritti personali o reali di godimento, per farne discendere la responsabilità del Consorzio stesso in ordine alla rimozione dei rifiuti abbandonati ed il suo obbligo a provvedere, stante "la contiguità, materiale tra il soggetto che ne dispone e l\'area ove è esercitata la discarica abusiva".
Il ricorrente obietta che, viceversa, il citato D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 14, richiede la sussistenza dell\'elemento soggettivo del dolo o della colpa; che i rifiuti si trovavano su un\'area demaniale in riferimento alla quale non è configurabile alcun diritto personale o reale di godimento spettante al Consorzio; che la legislazione regionale attribuisce gli interventi di bonifica alla competenza esclusiva della Regione, la quale solo con provvedimenti determinati assegna poi compiti specifici di manutenzione delle opere ai consorzi, per esigenze di decentramento, senza che tali enti assumano mai la posizione di detentori dell\'area.
Tali doglianze non colgono nel segno.
È vero che il terzo comma del citato art. 14 (oggi sostituito dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 192, comma 3,) prevede la
corresponsabilità solidale del proprietario o del titolare di diritti personali o reali di godimento sull\'area ove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, con il conseguente suo obbligo di provvedere allo smaltimento ed al ripristino, solo in quanto la violazione sia imputabile anche a quei soggetti a titolo di dolo o colpa. Ma, per un verso, le esigenze di tutela ambientale sottese alla norma citata rendono evidente che il riferimento a chi è titolare di diritti reali o personali di godimento va inteso in senso lato, essendo destinato a comprendere qualunque soggetto si trovi con l\'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l\'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell\'ambiente; per altro verso, il requisito della colpa postulato da detta norma ben può consistere proprio nell\'omissione degli accorgimenti e delle cautele che l\'ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un\'efficace custodia e protezione dell\'area, così impedendo che possano essere in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi.
L\'accertamento, in punto di fatto, sia dell\'uno che dell\'altro presupposto - ossia di un potere di fatto sull\'area esercitato dal Consorzio e della colposa negligenza nell\'assolvimento dei suaccennati oneri di custodia - è oggetto esclusivo del giudizio di merito, come tale esulante dal vaglio della Cassazione. 3. Al rigetto del ricorso non fa seguito alcun provvedimento in tema di spese processuali, non avendo gli intimati svolto difese in questa sede.
P.Q.M.
La Corte, decidendo a Sezioni Unite, rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2009
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. SENESE Salvatore - Presidente di sezione -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione -
Dott. ODDO Massimo - Consigliere -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere -
Dott. SALMÈ Giuseppe - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere -
Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13171/2007 proposto da:
CONSORZIO DI BONIFICA DELL\'AGRO PONTINO (91043800597) in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONARDO PISANO 16, presso lo studio degli avvocati GUZZO Arcangelo, MARTINO CLAUDIO, che lo rappresentano e difendono, per procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
COMMISSARIO PREFETTIZIO DEL COMUNE DI PONTINIA, COMUNE DI PONTINIA, REGIONE LAZIO, AGENZIA DEL DEMANIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 7/2007 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 08/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/02/2009 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;
udito l\'Avvocato Arcangelo GUZZO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, con sentenza emessa il 18 gennaio 2007, ha rigettato un ricorso proposto dal Consorzio di bonifica dell\'Agro Pontino (in prosieguo indicato solo come Consorzio), il quale aveva chiesto l\'annullamento dell\'ordinanza con cui, in data 4 aprile 2006, il Commissario prefettizio del comune di Pontinia gli aveva intimato (unitamente ad altri soggetti) di provvedere, per quanto di propria competenza, alla rimozione, all\'avvio al recupero, allo smaltimento ed alla messa in sicurezza dei rifiuti depositati in località Cotarda, lungo il fiume Ufente.
Avverso tale sentenza il Consorzio ha proposto ricorso per Cassazione, assumendo sia la carenza di giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche - in quanto, secondo il ricorrente, la giurisdizione spetta, alternativamente, al tribunale regionale amministrativo o al giudice ordinario - sia l\'erronea e falsa applicazione delle norme di diritto in base alle quali, sempre secondo il ricorrente, l\'ordinanza commissariale non avrebbe potuto legittimamente esser rivolta contro il Consorzio.
Nessuna difesa hanno svolto gli intimati.
Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso investe il tema della giurisdizione. Censurando sul punto la decisione impugnata, il consorzio ricorrente chiede infatti alle sezioni unite di questa corte di stabilire se, in una controversia riguardante la legittimità di un\'ordinanza contingibile ed urgente, adottata per assicurare l\'immediata rimozione di rifiuti depositati in prossimità di un fiume sottoposto al regime delle acque pubbliche, la giurisdizione competa al Tribunale superiore delle acque pubbliche, anziché al Tribunale amministrativo regionale, o eventualmente al giudice ordinario. La doglianza, nei termini in cui il ricorrente la ha prospettata, appare tuttavia inammissibile.
Come più volte questa corte ha avuto occasione di affermare, infatti, la giurisdizione di legittimità in unico grado attribuita al Tribunale superiore delle acque pubbliche, con riferimento ai "ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall\'amministrazione in materia di acque pubbliche", sussiste quando i provvedimenti amministrativi impugnati incidano direttamente sul regime delle acque pubbliche, nel senso che concorrano, in concreto, a disciplinare la gestione e l\'esercizio delle opere idrauliche o a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all\'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse od a stabilire o modificarne la localizzazione o a influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti (si vedano, per tutte, Sez. un. 20 novembre 2008, n. 27528; 27 ottobre 2006, n. 23070; e 21 giugno 2005, n. 13293).
Per potere accertare, quindi, la sussistenza o l\'insussistenza di detta giurisdizione è indispensabile che venga indicato, in punto di fatto, se il provvedimento cui il ricorrente si riferisce sia o meno tale da incidere o da influire direttamente sul regime delle acque pubbliche.
Stando allora così le cose, ed essendo onere di chi propone un ricorso per cassazione di prospettare nel ricorso medesimo l\'esposizione sommaria dei fatti della causa - per tali dovendosi intendere tutti e solo quei fatti che costituiscono il presupposto indispensabile perché la corte sia posta in grado di decidere -, appare evidente che il Consorzio avrebbe dovuto, per l\'appunto, spiegare quale fosse la collocazione dei rifiuti la cui rimozione era stata ordinata con la contestata ordinanza ed in quale rapporto fossero detti rifiuti e le opere occorrenti alla loro rimozione col territorio circostante, ed in particolare col fiume Ufente, lungo il quale vien riferito che quei rifiuti si trovavano, non potendosi altrimenti valutare se ed in qual modo i provvedimenti imposti dalla citata ordinanza potessero o meno influire sul regime delle acque scorrenti in detto fiume.
A siffatto onere, tanto più evidente ove si consideri che è stato lo stesso Consorzio ad adire il Tribunale superiore delle acque pubbliche sull\'implicito quanto evidente presupposto che vi fosse un rapporto di diretta incidenza tra il provvedimento amministrativo censurato ed il regime delle acque del fiume sopra menzionato, il ricorrente non ha però fatto fronte: perché il ricorso nulla dice in proposito e passa senz\'altro ad enunciare principi di diritto astrattamente condivisibili, ma la cui applicabilità al caso di specie non è possibile valutare ove non siano preventivamente chiariti i presupposti di fatto dianzi evocati. Donde l\'inammissibilità del dedotto motivo di ricorso per violazione dell\'art. 366 c.p.c., n. 3.
2. il secondo motivo del ricorso è volto a denunciare la violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 14, di svariate disposizioni della L.R. Lazio n. 4 del 1984 e L.R. Lazio n. 50 de 1994 e degli artt. 823 e 145 c.c..
Il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha ritenuto sufficiente la detenzione dell\'area ad opera del Consorzio, incaricato della condotta e della manutenzione della rete idrica locale con poteri corrispondenti a quelli dei titolari di diritti personali o reali di godimento, per farne discendere la responsabilità del Consorzio stesso in ordine alla rimozione dei rifiuti abbandonati ed il suo obbligo a provvedere, stante "la contiguità, materiale tra il soggetto che ne dispone e l\'area ove è esercitata la discarica abusiva".
Il ricorrente obietta che, viceversa, il citato D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 14, richiede la sussistenza dell\'elemento soggettivo del dolo o della colpa; che i rifiuti si trovavano su un\'area demaniale in riferimento alla quale non è configurabile alcun diritto personale o reale di godimento spettante al Consorzio; che la legislazione regionale attribuisce gli interventi di bonifica alla competenza esclusiva della Regione, la quale solo con provvedimenti determinati assegna poi compiti specifici di manutenzione delle opere ai consorzi, per esigenze di decentramento, senza che tali enti assumano mai la posizione di detentori dell\'area.
Tali doglianze non colgono nel segno.
È vero che il terzo comma del citato art. 14 (oggi sostituito dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 192, comma 3,) prevede la
corresponsabilità solidale del proprietario o del titolare di diritti personali o reali di godimento sull\'area ove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, con il conseguente suo obbligo di provvedere allo smaltimento ed al ripristino, solo in quanto la violazione sia imputabile anche a quei soggetti a titolo di dolo o colpa. Ma, per un verso, le esigenze di tutela ambientale sottese alla norma citata rendono evidente che il riferimento a chi è titolare di diritti reali o personali di godimento va inteso in senso lato, essendo destinato a comprendere qualunque soggetto si trovi con l\'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l\'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell\'ambiente; per altro verso, il requisito della colpa postulato da detta norma ben può consistere proprio nell\'omissione degli accorgimenti e delle cautele che l\'ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un\'efficace custodia e protezione dell\'area, così impedendo che possano essere in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi.
L\'accertamento, in punto di fatto, sia dell\'uno che dell\'altro presupposto - ossia di un potere di fatto sull\'area esercitato dal Consorzio e della colposa negligenza nell\'assolvimento dei suaccennati oneri di custodia - è oggetto esclusivo del giudizio di merito, come tale esulante dal vaglio della Cassazione. 3. Al rigetto del ricorso non fa seguito alcun provvedimento in tema di spese processuali, non avendo gli intimati svolto difese in questa sede.
P.Q.M.
La Corte, decidendo a Sezioni Unite, rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2009