TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 553 del 15 giugno 2021
Rifiuti.Abbandono e negligenza del proprietario dell'area
L’art. 192 del testo unico n. 152 del 2006 attribuisce rilievo alla negligenza del proprietario, che – a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti - si disinteressi del proprio bene per una qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesemente inadeguate. L’art. 192 – qualora vi sia la concreta esposizione al pericolo che su un bene si realizzi una discarica abusiva di rifiuti anche per i fatti illeciti di soggetti ignoti – attribuisce rilevanza esimente alla diligenza del proprietario, che abbia fatto quanto risulti concretamente esigibile, e impone invece all’amministrazione di disporre le misure ivi previste nei confronti del proprietario che - per trascuratezza, superficialità o anche indifferenza o proprie difficoltà economiche – nulla abbia fatto e non abbia adottato alcuna cautela volta ad evitare che vi sia in concreto l’abbandono dei rifiuti. La condotta illecita del terzo – ovvero la proliferazione delle condotte illecite dei terzi – dunque non è di per sé una causa che rende non imputabile al proprietario l’evento (la trasformazione del suo terreno in discarica abusiva), né frattura il nesso di causalità tra la sua condotta colposa (id est, caratterizzata dalla trascuratezza e dalla incuria), quando costituisce un fatto prevedibile e prevenibile.
Pubblicato il 15/06/2021
N. 00553/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00020/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 20 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da Fallimento Ibis S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonino Di Somma, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Verdellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Bonomi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comagri Energia S.r.l., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
Con il ricorso introduttivo:
dell'ordinanza n. 45 del 30 ottobre 2018, notificata il 12 novembre 2018, con cui il responsabile di settore del Comune intimato ha ordinato al curatore del Fallimento Ibis di rimuovere i rifiuti abbandonati all'interno dei capannoni industriali ex T.N.T. siti in via degli Anedari, n. 3;
di ogni altro atto preliminare, presupposto, connesso e/o consequenziale, fra i quali l'ordinanza n. 57 del 20 novembre 2018, nella parte in cui viene confermata l'ordinanza n. 45 del 30 ottobre 2018 e rigettata l'istanza di revoca avanzata dal curatore fallimentare;
Con i primi motivi aggiunti:
dell'ordinanza sindacale n. 4 del 24 gennaio 2019, notificata il 29 gennaio 2019, recante ratifica delle ordinanze n. 45 del 30 ottobre 2018 e n. 57 del 27 novembre 2018.
Con i secondi motivi aggiunti:
del provvedimento n. prot. 13266 del 28 settembre 2020, notificato in pari data, avente ad oggetto “procedimento per l'individuazione del soggetto responsabile dell'abbandono (o del deposito incontrollato) di rifiuti all'interno del capannone industriale ex TNR sito in via degli Anedari n. 3 in Comune di Verdellino. Sentenza non definitiva del Tar Lombardia – Brescia n. 53 del 22.1.2020”;
e di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Nonché per il risarcimento del danno subito dalla ricorrente per l'illegittimo esercizio del potere amministrativo da parte del Comune di Verdellino giusta quanto stabilito dall'art. 30 co. 2 c.p.a.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Verdellino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Elena Garbari nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2021 svoltasi con discussione orale mediante collegamenti da remoto in videoconferenza, ex art. 25, I comma, del d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, e 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla L. 25 giugno 2020, n. 70, e così uditi i difensori delle parti, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’odierno contenzioso investe la legittimità dei provvedimenti con i quali il Comune di Verdellino ha ordinato sia al Fallimento Ibis S.r.l., proprietario di un vasto compendio immobiliare dismesso nella zona industriale del territorio comunale, sia a Comagri Energia S.r.l., che ha ivi preso in locazione una porzione di immobile adibita a magazzino per logistica/deposito merci, la rimozione dei rifiuti abbandonati rinvenuti all’interno dell’area.
2. L’adozione di tali atti segue al sopralluogo condotto dalla polizia locale comunale in data 18 ottobre 2018, in occasione della denuncia effettuata da un dipendente della società conduttrice, che ha portato al rinvenimento -all’interno di uno dei capannoni- di un centinaio di balle di rifiuti abbandonati; ARPA Lombardia, con sopralluogo in data 22 ottobre 2018, ha accertato che i materiali sono di natura eterogenea, con esclusione di rifiuti ferrosi o terre di fonderia.
3. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il Fallimento Ibis S.r.l. ha impugnato l’ordinanza n. 45 del 30 ottobre 2018 adottata ai sensi dell’articolo 192 d.lgs. 152/2006 dal responsabile di settore del Comune di Verdellino, che ha imposto la rimozione dei rifiuti entro 15 giorni, nonché l’ordinanza n. 57 del 27 novembre 2018, con cui –rigettando la sua istanza di revoca in autotutela- l’amministrazione ha confermato le determinazioni già assunte.
4. Con successivi motivi aggiunti depositati in data 7 marzo 2019 parte ricorrente ha impugnato l’intervenuta ordinanza sindacale n. 4 del 24 gennaio 2019, che, anche all’esito di un -limitato- supplemento di istruttoria, ha ratificato i precedenti provvedimenti, eliminando il vizio di incompetenza relativa censurato con il primo motivo del ricorso introduttivo.
5. Con sentenza non definitiva n. 53 di data 22 gennaio 2020 la Sezione ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuto difetto di interesse, da intendersi trasferito all’ordinanza adottata nel corso del giudizio, e ha accolto i primi motivi aggiunti che hanno censurato detto successivo provvedimento, ritenendo sussistente la dedotta violazione della legge 241/1990 e del principio di contraddittorio procedimentale, con conseguente obbligo per l’amministrazione comunale di riattivare il procedimento, eliminando le carenze procedimentali riscontrate.
6. Il Comune di Verdellino, in esecuzione di tale pronuncia, in data 28 luglio 2020 ha comunicato l’avvio del procedimento e, a seguito del conseguente supplemento istruttorio, ha adottato il provvedimento prot. 13266 di data 28 settembre 2020, che ha confermato i precedenti provvedimenti, individuando quali responsabili in solido del rilevato abbandono di rifiuti il fallimento proprietario del compendio e il conduttore parziale dello stesso.
7. Detto provvedimento è censurato con i secondi motivi aggiunti, depositati in data 16 dicembre 2020, che ne deducono l’illegittimità per i seguenti motivi:
I. Violazione dell’art. 192 D.lgs. 152/2006 – tipicità del provvedimento amministrativo – annullabilità ex art. 21 octies l. 241/90. L’atto avversato non è stato assunto in forma di ordinanza ed è stato sottoscritto congiuntamente dal sindaco e dal responsabile del settore competente, violando il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi e le formalità previste dalla legge.
II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 del D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, con riferimento agli artt. 244 ss. D.lgs. cit.: eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto del presupposto e per sviamento. L’amministrazione comunale, violando le statuizioni della sentenza non definitiva, non avrebbe espletato alcuna nuova attività istruttoria finalizzata all’individuazione del responsabile dell’abbandono dei rifiuti. La difesa del fallimento contesta in particolare i presupposti in fatto del provvedimento, ritenendo che il sopralluogo della polizia locale non sia stato effettuato nell’ambito di un servizio illustrativo del territorio, come allegato dall’amministrazione resistente, ma sia stato più verosimilmente originato dalla segnalazione del dipendente di Comagri, che ha denunciato alla stazione dei carabinieri il rinvenimento del materiale. Il provvedimento, inoltre, non dà alcun conto delle verifiche condotte dal Comune e presuppone una sorta di responsabilità oggettiva o “di posizione” del soggetto proprietario dell’area, non tenendo in alcuna considerazione il fatto che la curatela ha affidato la custodia dell’intera area di proprietà alla conduttrice parziale, adottando quindi tutte le cautele necessarie sulla base dell’ordinaria diligenza.
III. Violazione degli artt. 192, comma 3, D.lgs. 152/2006, 31 e 88 RD 267/1942 – difetto di legittimazione passiva dalle Curatela. Erronea individuazione del destinatario del provvedimento. Eccesso di potere. L’ordine sarebbe illegittimamente rivolto alla curatela, la cui posizione non può essere assimilata a quella del proprietario dell’area, in quanto la stessa agisce per la realizzazione dei fini che sono propri del fallimento, ossia per la gestione del compendio fallimentare con finalità liquidatorie e la sua legittimazione non può proiettarsi al di fuori di tale scopo.
8. La ricorrente ha chiesto inoltre accertarsi l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa da parte del Comune di Verdellino e per l’effetto condannarlo a pagare la somma di euro 36.285,23, impiegata per ottemperare alle ordinanze di rimozione dei rifiuti, oltre interessi legali dalle date dei pagamenti e interessi moratori dalla domanda.
9. L’amministrazione resistente ha contestato gli argomenti e le deduzioni avversarie, instando per la reiezione del gravame.
10. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza di merito del 9 giugno 2021.
DIRITTO
1. Con la presente sentenza verranno esaminati i profili di ricorso ulteriori rispetto a quelli decisi con la sentenza parziale n. 53/2020, e quindi le censure mosse con il secondo ricorso per motivi aggiunti avverso il provvedimento assunto il 28 settembre 2020 dal Comune di Verdellino che, riattivata l’istruttoria, ha confermato i precedenti ordini di rimozione dei rifiuti già impugnati.
2. La prima doglianza denuncia la violazione dell’articolo 192 del d.lgs. 3/04/2006, n. 152 e del principio di tassatività dei provvedimenti amministrativi, in quanto l’atto adottato dall’amministrazione resistente non ha la forma dell’ordinanza ed è stato sottoscritto congiuntamente dal sindaco e dal responsabile di settore del comune.
2.1. La censura non è suscettibile di favorevole apprezzamento.
2.2. Il nominato articolo 192 prevede che:
“1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate. (…)”.
2.3. Secondo la giurisprudenza maggioritaria il potere indicato dalla disposizione ora richiamata, costituente norma sopravvenuta, speciale e derogatoria rispetto a quella recata dall'art. 107 comma 2 del D.lgs. 18/08/2000, n. 267 (T.U. Enti locali), spetta al sindaco e non al dirigente.
2.4. L’atto qui censurato, peraltro, risulta espressamente sottoscritto dal sindaco del Comune di Verdellino, ovvero dall’organo competente, sicché la firma adesiva del responsabile del servizio è in sé superflua ma non per questo idonea a determinarne l’illegittimità.
2.5. La qualificazione del potere sindacale in specie esercitato risulta del resto definita non solo dall’espressa indicazione dell’articolo 192 del d.lgs. 152/2006, ma anche dalle vicende procedimentali e processuali richiamate nell’atto, che esplicitano i presupposti fattuali e giuridici che ne costituiscono il fondamento; il provvedimento, inoltre, è chiaro nel suo contenuto dispositivo. Pertanto la sottoscrizione da parte dell’organo gestionale dell’ente, presumibilmente apportata in relazione al contenuto dell’atto, che conferma precedenti provvedimenti, ivi incluso quello originario sottoscritto dal responsabile di settore, non risulta idoneo a supportare la denunciata illegittimità della determinazione sindacale.
2.6. La stessa non può essere inferita, ulteriormente, dalla forma del provvedimento contestato, atteso che – come già esposto – il potere esercitato non è in specie revocabile in dubbio, sicché l’atto impugnato non è qualificabile come provvedimento atipico.
3. Deve essere parimenti respinto il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta il difetto di istruttoria del provvedimento gravato, il travisamento dei presupposti in fatto e la carenza dei presupposti normativi per l’adozione dell’ordine nei confronti del Fallimento, al quale non sarebbe imputabile alcuna condotta attiva o omissiva in relazione al deposito incontrollato di rifiuti.
3.1. Va evidenziato al riguardo che, ancorché il Fallimento abbia locato parte di un capannone del compendio in questione, imponendo alla società conduttrice di vigilare sull’intero immobile industriale, i rifiuti sono stati rinvenuti in area diversa da quella utilizzata dalla conduttrice, tra l’altro custodita da lucchetto, e che il loro deposito ha verosimilmente richiesto un certo tempo (trattandosi di un centinaio di balle).
3.2. Il comune ha ulteriormente evidenziato altri fatti avvenuti nel compendio prima e dopo l’adozione degli atti impugnati, e, in particolare, gli episodi dei rave party con centinaia di partecipanti organizzati all’interno del compendio il 9 ottobre 2016 ed il 24 dicembre 2018, eventi che confermano l’insufficienza delle misure di custodia presenti.
Gli accorgimenti apprestati al fine di preservare l’area da intrusioni si sono infatti ripetutamente rivelati insufficienti e inidonei ad impedire l’accesso di terzi non autorizzati.
3.3. Nel confermare il principio secondo cui il proprietario non può essere ritenuto responsabile dell’abbandono dei rifiuti in virtù del solo titolo di disponibilità del bene, va evidenziato che la più recente giurisprudenza in materia, “valorizzando la funzione sociale della proprietà e al fine di contrastare più efficacemente gli illeciti fenomeni di abbandono di rifiuti, ha notevolmente ampliato il contenuto del dovere di diligenza esigibile dal proprietario dell'area interessata, ritenendo di poter individuare la colpa del dominus, richiesta dall'art.192 del testo unico, nella trascuratezza o incuria nella gestione di un proprio bene, e cioè nell'assenza della cura, vigilanza, custodia e buona amministrazione del bene” (T.A.R. Veneto, Sez. II, 26 novembre 2020, n. 1130).
Come ricordato dal Consiglio di Stato “Nel suo significato lessicale (risalente anche al diritto romano, e prima ancora che la nozione fosse riferita alle singole obbligazioni), la negligentia (vale a dire la mancata diligentia) consisteva e consiste nella trascuratezza, nella incuria nella gestione di un proprio bene, e cioè nella assenza della cura, della vigilanza, della custodia e della buona amministrazione del bene. L’art. 192 del testo unico n. 152 del 2006 attribuisce rilievo proprio alla negligenza del proprietario, che – a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti (qui non prospettabili) - si disinteressi del proprio bene per una qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesemente inadeguate.
L’art. 192 – qualora vi sia la concreta esposizione al pericolo che su un bene si realizzi una discarica abusiva di rifiuti anche per i fatti illeciti di soggetti ignoti – attribuisce rilevanza esimente alla diligenza del proprietario, che abbia fatto quanto risulti concretamente esigibile, e impone invece all’amministrazione di disporre le misure ivi previste nei confronti del proprietario che - per trascuratezza, superficialità o anche indifferenza o proprie difficoltà economiche – nulla abbia fatto e non abbia adottato alcuna cautela volta ad evitare che vi sia in concreto l’abbandono dei rifiuti. La condotta illecita del terzo – ovvero la proliferazione delle condotte illecite dei terzi – dunque non è di per sé una causa che rende non imputabile al proprietario l’evento (la trasformazione del suo terreno in discarica abusiva), né frattura il nesso di causalità tra la sua condotta colposa (id est, caratterizzata dalla trascuratezza e dalla incuria), quando costituisce un fatto prevedibile e prevenibile.” (Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 2014, n. 2977).
3.4. Né tali considerazioni risultano superate dal dedotto vizio di istruttoria, con particolare riferimento ai dubbi sollevati dalla ricorrente rispetto all’evento che avrebbe occasionato il sopralluogo della polizia locale, da un lato non potendosi ravvisare la denunciata contraddittorietà dei presupposti in fatto negli atti che vi fanno riferimento, dall’altro lato non risultando in sé scriminante in termini di responsabilità per l’abbandono né influente rispetto alla situazione riscontrata all’interno dell’area – che non è oggetto di contestazione da parte ricorrente – la circostanza che i rifiuti abbandonati siano stati rinvenuti a seguito della segnalazione presentata dal dipendente di Comagri piuttosto che di un controllo su iniziativa spontanea del corpo di polizia locale.
4. Va infine respinto l’ultimo motivo di gravame, sulla scorta dei principi recentemente affermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza 26 gennaio 2021, n. 3.
Tale pronuncia ha riconosciuto che la curatela può essere destinataria dell’ordine di rimozione dei rifiuti rinvenuti nell’area della società fallita anche nel caso in cui il deposito non sia alla stessa direttamente imputabile, atteso che con la dichiarazione di fallimento non perdono giuridica rilevanza gli obblighi cui era tenuta la società fallita ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 e che “la responsabilità alla rimozione è connessa alla qualifica di detentore acquisita dal curatore fallimentare, non in riferimento ai rifiuti (che sotto il profilo economico a seconda dei casi talvolta si possono considerare ‘beni negativi’), ma in virtù della detenzione del bene immobile inquinato (normalmente un fondo già di proprietà dell’imprenditore) su cui i rifiuti insistono e che, per esigenze di tutela ambientale e di rispetto della normativa nazionale e comunitaria, devono essere smaltiti.”
L’Adunanza plenaria ha quindi affermato il principio secondo cui “Nella qualità di detentore dei rifiuti, sia secondo il diritto interno, ma anche secondo il diritto comunitario (quale gestore dei beni immobili inquinati), il curatore fallimentare è perciò senz’altro obbligato a metterli in sicurezza e a rimuoverli, avviandoli allo smaltimento o al recupero”, in virtù del quale deve essere respinto anche l’ultimo motivo di ricorso.
5. In conclusione, per le esposte considerazioni, il provvedimento impugnato risulta immune dai vizi dedotti, sicché i secondi motivi aggiunti vanno respinti. Deve essere così rigettata anche la conseguente domanda risarcitoria.
6. In ragione della definizione in rito del ricorso introduttivo e della soccombenza reciproca in relazione ai due ricorsi per motivi aggiunti, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, conferma quanto disposto con la sentenza parziale n. 53/2020 e per il resto li respinge.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto, ex art. 25, II comma, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con l'intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente
Alessandra Tagliasacchi, Primo Referendario
Elena Garbari, Referendario, Estensore