TAR Toscana Sez.II n.68 del 16 gennaio 2012
Rifiuti. Ordinanza rimozione
L’ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati deve essere preceduta dalla comunicazione, prevista dall’art. 7 della L. n. 241 del 1990, di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito dei rifiuti, atteso che, in tali casi, l’esigenza di un effettivo contraddittorio tra l’Amministrazione procedente e tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nel fatto, è espressamente prevista dalla norma richiamata, laddove si prescrive che i controlli svolti dall’Amministrazione riguardo all’abbandono di rifiuti sul terreno debbano essere effettuati in contraddittorio con i soggetti interessati, dagli organi preposti al controllo
N. 00068/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00537/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 537 del 2007, proposto da:
Viti Aldo e Viti Giovanni, quest’ultimo in proprio nonchè quale legale rappresentante della Viti Escavazioni S.p.A., rappresentati e difesi dagli avv.ti Mario Baratta e Luca Lattanzi, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Firenze, viale Spartaco Lavagnini n. 15;
contro
Comune di Pietrasanta, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Massimo Dalle Luche e Marco Orzalesi, con domicilio eletto presso lo Studio Associato Gracili in Firenze, via dei Servi, 38;
per l'annullamento
della Ordinanza Dirigenziale n. 1/2007 del 8/1/2007 del Comune di Pietrasanta, Direzione Servizi del Territorio ed alle Imprese, Prot. Gen: n. 1504, prot. Iride n. 356071, a firma del funzionario delegato Dott. Agr. Pietro Bacci, comunicata mezzo racc. a.r. in data 16/1/2007, (da intendersi qui integralmente ritrascritta), con la quale è stato ordinato alla VITI ESCAVAZIONI S.p.A. di procedere a tutti gli interventi di A) provvedere a proprie spese e secondo le modalità di legge ai sensi dell'art. 192, comma 3 D.Lgs n. 152/2006; 1)rimozione rifiuti, 2) avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti, 3) ripristino dello stato dei luoghi con verifica delle condizioni ambientali del terreno, B) a completamento dei lavori trasmettere copia dei formulari attestanti l'avvenuto smaltimento nonchè relazione sui controlli analitici effettuati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pietrasanta, con i relativi allegati e la successiva memoria difensiva;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 20 dicembre 2011 il Cons. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 16 marzo 2007 e depositato il successivo 11 aprile, i ricorrenti indicati in epigrafe chiedevano l’annullamento dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Pietrasanta con cui si imponeva la rimozione, l’avvio a recupero o lo smaltimento di rifiuti nonché il ripristino dello stato dei luoghi dell’area interessata dal ritenuto deposito incontrollato di rifiuti, con conseguente verifica delle condizioni ambientali ai fini di una eventuale bonifica.
In particolare, il dirigente comunale richiamava a fondamento della decisione, nelle premesse dell’ordinanza in questione, la precedente sussistenza di provvedimenti comunali inerenti la necessità di abbattimento di emissioni diffuse di polveri provenienti dall’attività della Viti Escavazioni spa nonché una comunicazione dell’Arpat ove si evidenziava la presenza di cumuli di materiale di varia origine nel perimetro aziendale. Era pure richiamato un “sequestro”, in data 22 maggio 2006, di cumuli di rifiuti costituiti da inerti e materiale lapideo di varia origine estrattiva e di materiali risultanti da demolizioni edilizie sui terreni ivi indicati di proprietà dell’azienda in questione nonchè l’indicazione dei responsabili di tale ammasso di rifiuti nelle persone dei due ricorrenti in una nota della Procura della Repubblica di Lucca del 23 maggio 2006 e una richiesta di ordinanza di rimozione da parte della Provincia di Lucca in data 22 settembre 2006.
I ricorrenti, quindi, premettendo cenni sull’attività aziendale e sulle vicende relative a precedente sequestro giudiziario nel 2004 relativo allo stoccaggio di fanghi, concluso per la maggior parte dei terreni interessati con la relativa revoca confermata in sede giudiziaria nel 2007, lamentavano, in sintesi, quanto segue.
“Violazione e falsa applicazione degli articoli 3,4,5,7,8 e 10 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e dell’articolo 192 comma 3 d.lgs. 152/2006. Eccesso di potere per difetto assoluto di ogni logico presupposto del provvedimento, per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione ed errore sui presupposti”
Il richiamato sequestro del 2006 in realtà non esisteva né emergeva dal contenuto dell’atto alcuna considerazione di carattere tecnico che poteva evidenziare la situazione di pericolo evidenziata, con conseguente carenza di motivazione. Né poteva avere valore decisivo la nota della Procura della Repubblica del 23 maggio 2006 che non conteneva alcuna determinazione decisoria nei confronti dei ricorrenti che non avevano neanche avuto la possibilità di partecipare al procedimento.
“Violazione e falsa applicazione dell’articolo 192 comma 3 d.lgs. 152/2006, dell’articolo 50 comma 3 del d.lgs. n. 267/2000 e del R.D. 27/07/1934 (Testo Unico Leggi Sanitarie). Eccesso di potere per difetto assoluto di ogni logico presupposto del provvedimento, per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione ed errore sui presupposti”.
Il provvedimento impugnato, tanto se inquadrabile come ordinanza contingibile e urgente tanto se inquadrabile come ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/06, poteva essere adottato solo dal Sindaco e non dal dirigente comunale e, se ai sensi dell’art. 192 cit., solo dopo contraddittorio con i soggetti interessati.
I ricorrenti, infine, nelle conclusioni, chiedevano genericamente, in aggiunta alla domanda di annullamento, anche il risarcimento del danno che ritenevano di avere subito.
Si costituiva in giudizio il Comune di Pietrasanta, chiedendo la reiezione del ricorso, come successivamente illustrato in memoria depositata in prossimità della pubblica udienza del 20 dicembre 2011, fissata in seguito a precedente rinvio di quella del 14 luglio 2008 su istanza di parte.
In particolare il Comune, oltre a soffermarsi sulla ritenuta infondatezza del ricorso, ne eccepiva anche l’inammissibilità, per non avere i ricorrenti impugnato anche atti presupposti, identificati nella nota dell’Arpat del 2004 che segnalava gli accertamenti effettuati e nella nota della Provincia di Lucca del 2006 che chiedeva l’intervento comunale, con conseguente acquiescenza nei confronti del procedimento avviato.
A tale pubblica udienza del 20 dicembre 2011, quindi, la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio, preliminarmente, evidenzia l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità proposta dal Comune resistente.
Sia la nota Arpat del 19 novembre 2004 che la nota provinciale del 22 settembre 2006 costituiscono meri atti endoprocedimentali non direttamente lesivi per la posizione giuridica dei ricorrenti.
La prima, infatti - tra l’altro rivolta non nei confronti dei ricorrenti o dell’azienda ma solo nei confronti dell’Amministrazione provinciale di Lucca e dello stesso Comune di Pietrasanta – evidenziava ben due anni e due mesi prima dell’adozione dell’ordinanza impugnata una situazione di persistenza di una specifica allocazione sul sito di materiale vario, senza che la medesima Arpat giungesse a specifiche conclusioni. Visto il lungo lasso di tempo trascorso tra questa comunicazione (definita ai sensi dell’art. 33 d.lgs. n. 22/97) e la successiva iniziativa del Comune, il Collegio non riscontra quale acquiescenza sarebbe individuabile né individua ragioni peculiari – come sarà specificato in prosieguo in relazione alla prima doglianza di merito – per le quali il Comune non abbia comunicato l’avvio del procedimento e coinvolto nella fase istruttoria gli interessati, se la situazione sui cui ha fondato l’ordinanza del gennaio 2007 era stata già segnalata dall’Arpat ben due anni e due mesi prima.
Così pure, la nota provinciale del settembre 2006 – rivolta al solo Comune di Pietrasanta – si limita a fare riferimento a fanghi di rifiuto sottoposti a sequestro giudiziario (presumibilmente la parte residua ancora sotto provvedimento cautelare dal 2004) e alla necessità di dare luogo al procedimento ex art. 192 d.lgs. n. 152/06 nel frattempo entrato in vigore, ferma restando la competenza del Comune in tal senso e, di conseguenza, la lesività dei soli provvedimenti da questo adottati.
Non sussistendo, quindi, alcuna acquiescenza a situazione specifica non ancora rappresentata ai ricorrenti né alcuna lesività diretta dei due provvedimenti richiamati dal Comune di Pietrasanta a fondamento dell’ordinanza impugnata, il Collegio non rileva alcuna inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione di atti presupposti, come rilevato dalla difesa di parte resistente.
Passando al merito del ricorso, il Collegio ne rileva la fondatezza.
Fondato è infatti il primo motivo.
Dal contesto dell’ordinanza impugnata e dalla richiesta stessa della Provincia di Lucca, al Collegio appare chiaro che il dirigente comunale – pur inspiegabilmente richiamando l’art. 50, comma 3, del TUEL (che riguarda atti di esclusiva competenza sindacale) – abbia dato luogo all’applicazione dell’art. 192, commi 3 e 4, d.lgs. n. 152/06, pure richiamato nelle premesse dell’ordinanza in questione, dato che esplicitamente, nella parte dispositiva, ha fatto riferimento alla rimozione di rifiuti e conseguente recupero e/o smaltimento e ripristino dello stato dei luoghi.
Se così è – come è – trovano fondamento le doglianze dei ricorrenti in ordine al loro mancato coinvolgimento in fase istruttoria nonché in ordine all’erroneità dei presupposti dall’agire amministrativo.
Sotto il primo profilo, il Collegio richiama la giurisprudenza cui intende conformarsi, la quale ha in più di un’occasione precisato che non risulta sussumibile nel “genus” del potere di ordinanza contingibile e urgente il potere esercitato dal Comune ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/06, in quanto espressione di un ordinario potere di intervento attribuito “ex lege” all’autorità amministrativa, privo dei caratteri di contingibilità e urgenza che contraddistinguono il potere d’ordinanza ex artt. 50 e 54 TUEL (Cons. Stato, Sez. V, 12.6.09, n. 3765 e Tar Campania, Na, Sez. V, 14.2.08, n. 841).
Considerata, quindi, l’assenza di contingibilità e urgenza – nel caso di specie evidenziata anche dalla circostanza per la quale l’Arpat aveva segnalato la situazione ritenuta critica sin dal novembre 2004 – soccorre l’altra conclusione giurisprudenziale secondo cui l’ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati deve essere preceduta dalla comunicazione, prevista dall’art. 7 della L. n. 241 del 1990, di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito dei rifiuti, atteso che, in tali casi, l’esigenza di un effettivo contraddittorio tra l’Amministrazione procedente e tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nel fatto, è espressamente prevista dalla norma richiamata, laddove si prescrive che i controlli svolti dall’Amministrazione riguardo all’abbandono di rifiuti sul terreno debbano essere effettuati “in contraddittorio con i soggetti interessati, dagli organi preposti al controllo". (TAR Lazio, Sez. 18.3.11, n. 2388 nonché TAR Campania-Sa, Sez. II, 7.5.09, n. 1826 e T.A.R. Campania-Na, Sez. V, 5.8.08, n. 9770).
Nel caso di specie, inoltre, il coinvolgimento degli interessati, oltre che per l’assenza di ragioni di urgenza sopra evidenziata, era necessario anche per chiarire i presupposti di fatto da cui muoveva l’Amministrazione comunale. Nell’ordinanza impugnata, infatti, si fa esplicito riferimento ad un “sequestro” di “cumuli di rifiuti costituiti da inerti e materiale lapideo…” che sarebbe avvenuto in data 22 maggio 2006.
In realtà, in data 22 maggio 2006 risulta unicamente una nota della Sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Lucca, concernente di nuovo “comunicazione ex art. 192 d.lgs. 152/06”, in cui si segnalava l’accertamento di una violazione ex d.lgs. n. 152/06 e che le aree interessate erano oggetto di sequestro preventivo, non certo però avvenuto quel medesimo giorno ma, presumibilmente, riferito a quello residuato dal contenzioso giudiziario originato nel 2004.
Ne consegue che, pur faticosamente risalendo ai presupposti che avevano spinto l’Amministrazione comunale ad agire, era necessaria la comunicazione di avvio del procedimento e la formazione di un contraddittorio con gli interessati, in assenza di specifica attività istruttoria svolta dal medesimo Comune sul punto, soprattutto tra la fine del 2004 e il 2006. Se pure l’ordinanza, nelle intenzioni del Comune, era riferita ai fanghi ancora sotto sequestro, tale intenzione doveva essere esplicitata in maniera chiara e, soprattutto, doveva essere adottata a conclusione di un percorso istruttorio completo, di cui le note di Arpat e Provincia di Lucca costituivano solo la premessa ma non potevano costituire anche la conclusione, vista la necessità di chiarimenti di cui il Comune medesimo aveva evidentemente necessità - considerato lo scambio di una nota della P.G. con un sequestro – e che gli interessati potevano certamente fornire, nell’ambito di un potere non vincolato ma pienamente discrezionale riconoscibile all’Amministrazione comunale in argomento.
Per quel che riguarda il secondo motivo di ricorso, il Collegio ricorda che recentemente si è già pronunciato sul punto (TAR Toscana, Sez. II, 5.10.11, n. 1443), evidenziando che secondo l’indirizzo prevalente in giurisprudenza, se è vero che la competenza ad emettere l’ordine di rimozione dei rifiuti, nel vigore dell’art. 14 del D.Lgs. n. 22/97 e dopo l’entrata in vigore dell’art. 107 TUEL, ricadeva nelle attribuzioni dirigenziali, la competenza sindacale in materia deve oggi reputarsi “ripristinata” per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 192 co. D.Lgs. n. 152/06, che, costituendo norma speciale sopravvenuta, prevale sul menzionato art. 107 comma 5 (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3765; id., 25 agosto 2008, n. 4061; T.A.R. Toscana, sez. II, 13 ottobre 2010, n. 6453).
Alla luce di quanto dedotto, quindi, la domanda di annullamento deve essere accolta.
Ad analoga statuizione non può pervenirsi, invece, per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno, solo genericamente avanzata nelle conclusioni dell’atto introduttivo e non sostenuta da alcun elemento, neanche di carattere indiziario, proposto nel corso del giudizio.
Le spese di lite seguono comunque la soccombenza nella domanda di annullamento per la fondatezza di entrambi i motivi di ricorso dedotti, e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in relazione alla domanda di annullamento e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Rigetta la domanda risarcitoria.
Condanna il Comune di Pietrasanta a corrispondere ai ricorrenti le spese di lite che liquida in totale in euro 2.000,00, oltre accessori di legge e quanto versato a titolo di contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 20 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Ivo Correale, Consigliere, Estensore
Pietro De Berardinis, Primo Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2012