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Corte Di Giustizia Sez. prima sent. 14 aprile 2005
«Ambiente - Discarica di rifiuti - Direttiva 1999/31 - Normativa nazionale che prevede norme più rigorose - Compatibilità»
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Nel procedimento C-6/03,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Verwaltungsgericht Koblenz (Germania), con ordinanza 4 dicembre 2002, pervenuta in cancelleria l’8 gennaio 2003, nella causa tra
Deponiezweckverband Eiterköpfe
e
Land Rheinland-Pfalz,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. P. Jann, presidente di Sezione, dalla sig.ra N. Colneric, dal sig. J. N. Cunha Rodrigues (relatore), dai sigg. M. Ilešic( e E. Levits, giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 15 settembre 2004,
viste le osservazioni scritte presentate:
– per il Deponiezweckverband Eiterköpfe, dai sigg. W. Klett, G. Moesta e A. Oexle, Rechtsanwälte;
– per il Land Rheinland-Pfalz, dal sig. P. Delorme, in qualità d’agente, assistito dal sig. D. Sellner, Rechtsanwalt;
– per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing, M. Lumma e dalla sig.ra A. Tiemann, in qualità di agenti;
– per il governo olandese, dalla sig.ra H. G. Sevenster, in qualità di agente;
– per il governo austriaco, dai sigg. E. Riedl et M. Hauer, in qualità di agenti;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. U. Wolker e M. Konstantinidis, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 novembre 2004,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 5 della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti (GU L 182, pag. 1, in prosieguo: la «direttiva»), nonché dell’art. 176 CE e del principio di proporzionalità.
2 Detta domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia fra l’associazione Deponiezweckverband Eiterköpfe (in prosieguo: il «Deponiezweckverband») ed il Land Rheinland-Pfalz (Land della Renania-Palatinato) in merito all’autorizzazione di gestire una discarica.
Contesto normativo
Il diritto comunitario
3 Nell’ambito della politica della Comunità in materia ambientale, l’art. 176 CE prevede:
«I provvedimenti di protezione adottati in virtù dell’articolo 175 non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore. Tali provvedimenti devono essere compatibili con il presente trattato. Essi sono notificati alla Commissione.»
4 La direttiva è stata adottata sul fondamento dell’art. 130 S, n. 1, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 175, n. 1, CE).
5 L’art. 1, n. 1, della direttiva prevede:
«Per adempiere i requisiti della direttiva 75/442/CEE, in particolare degli articoli 3 e 4, scopo della presente direttiva è di prevedere, mediante rigidi requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, misure, procedure e orientamenti volti a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente, in particolare l’inquinamento delle acque superficiali, delle acque freatiche, del suolo e dell’atmosfera, e sull’ambiente globale, compreso l’effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l’intero ciclo di vita della discarica».
6 L’art. 2, lett. a), della direttiva definisce il «rifiuto» come qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nella sfera di applicazione della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39). Questa definisce all’art. 1, lett. a), il «rifiuto» come «qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi secondo le disposizioni nazionali vigenti».
7 I «rifiuti urbani» sono definiti all’art. 2, lett. b), della direttiva come «i rifiuti domestici nonché gli altri rifiuti equiparabili per la loro natura o composizione ai rifiuti domestici».
8 Ai sensi dell’art. 2, lett. m), della direttiva, si intende per «rifiuti biodegradabili», «qualsiasi rifiuto soggetto a decomposizione aerobica o anaerobica, come alimenti, rifiuti dei giardini, carta e cartone».
9 L’art. 3, n. 1, della direttiva dispone:
«Gli Stati membri applicano la presente direttiva a tutte le discariche definite nell’articolo 2, punto g).»
10 Ai sensi dell’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva:
«1. Non oltre due anni dopo la data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1, gli Stati membri elaborano una strategia nazionale al fine di procedere alla riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare a discarica e la notificano alla Commissione. Detta strategia dovrebbe includere misure intese a realizzare gli obiettivi di cui al paragrafo 2, in particolare mediante il riciclaggio, il compostaggio, la produzione di biogas o il recupero di materiali/energia.(...)
2. In base a tale strategia:
a) non oltre cinque anni dopo la data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1, i rifiuti urbani biodegradabili da collocare a discarica devono essere ridotti al 75% del totale (in peso) dei rifiuti urbani biodegradabili prodotti nel 1995 o nell’ultimo anno prima del 1995 per il quale siano disponibili dati EUROSTAT normalizzati;
b) non oltre otto anni dopo la data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1, i rifiuti urbani biodegradabili da collocare a discarica devono essere ridotti al 50% del totale (in peso) dei rifiuti urbani biodegradabili prodotti nel 1995 o nell’ultimo anno prima del 1995 per il quale siano disponibili dati EUROSTAT normalizzati;
c) non oltre quindici anni dopo la data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1, i rifiuti urbani biodegradabili da collocare a discarica devono essere ridotti al 35% del totale (in peso) dei rifiuti urbani biodegradabili prodotti nel 1995 o nell’ultimo anno prima del 1995 per il quale siano disponibili dati EUROSTAT normalizzati.
(…)»
11 L’art. 6, lett. a), della direttiva così precisa:
«Gli Stati membri provvedono affinché
a) solo i rifiuti trattati vengano collocati a discarica. Tale disposizione può applicarsi ai rifiuti inerti il cui trattamento non è tecnicamente possibile o a qualsiasi altro rifiuto il cui trattamento non contribuisca agli obiettivi di cui all’articolo 1 della presente direttiva, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana o l’ambiente».
12 La data stabilita all’art. 18, n. 1, della direttiva, e che è menzionata all’art. 5 di quest’ultima, è il 16 luglio 2001. Si tratta della data entro e non oltre la quale gli Stati membri sono tenuti a recepire la direttiva nel loro diritto interno.
Il diritto nazionale
13 Il regolamento 20 febbraio 2001 sul deposito ecocompatibile dei rifiuti urbani (Verordnung über die umweltverträgliche Ablagerung von Siedlungsabfällen) (BGBl. 2001 I, pag. 305, in prosieguo: il «regolamento del 2001»), è stato adottato al fine di recepire la direttiva nel diritto interno tedesco.
14 I «rifiuti urbani» sono definiti all’art. 2, punto 1, del regolamento del 2001 come «i rifiuti domestici nonché gli altri rifiuti equiparabili per la loro natura o composizione ai rifiuti domestici».
15 I «rifiuti che possono essere smaltiti come i rifiuti urbani» sono definiti all’art. 2, punto 2, del regolamento del 2001 come «[i] rifiuti che, per la loro natura o composizione possono essere smaltiti con o come i rifiuti urbani, in particolare fanghi residui provenienti da impianti di depurazione delle acque reflue urbane o di acque reflue che presentano un carico di inquinamento similmente poco elevato, le materie e fanghi fecali, i residui degli impianti di depurazione di acque, i fanghi provenienti dalla depurazione delle acque, i rifiuti di cantiere ed i rifiuti specificamente collegati alla produzione (…)»
16 L’art. 3, n. 3, del detto regolamento prevede:
«I rifiuti urbani ed i rifiuti ai sensi dell’art. 2, punto 2, ad eccezione dei rifiuti trattati con procedimenti meccanico-biologici, possono essere scaricati solo se rispettano i criteri di ripartizione contenuti all’allegato 1 per le discariche di categoria I o II.»
17 L’art. 4, n. 1, del medesimo regolamento dispone:
«I rifiuti trattati con procedimenti meccanico-biologici possono essere scaricati solo qualora
(…)
i rifiuti soddisfino i criteri di ripartizione contenuti nell’allegato 2 (…)».
18 L’allegato 1 del regolamento del 2001 prevede che, ai fini della ripartizione dei rifiuti tra le discariche, si devono osservare i seguenti criteri:
N°
Parametri
Criteri di ripartizione
Discarica di categoria I
Discarica di categoria II
2
Quota organica del residuo secco della sostanza originale
2.01
definita come perdita per ignizione
< o = al 3% della massa
< o = al 5% della massa
2.02
Definita come COT [carbone organico totale]
< o = al 1% della massa
< o = al 3% della massa
4
Criteri eluenti
4.03
COT
< o = a 20 mg/l
< o = a 100 mg/l
19 L’allegato 2 dello stesso regolamento dispone che, ai fini della ripartizione dei rifiuti precedentemente sottoposti a trattamento meccanico-biologico nelle discariche, si devono osservare i seguenti criteri:
N°
Parametri
Criteri di ripartizione
2
Quota organica del residuo secco della sostanza originale definita come COT
< o = al 18% della massa
4
Criteri eluenti
4.03
COT
< o = a 250 mg/l
5
Biodegradabilità del residuo secco della sostanza originale definita in termini di volatività (AT4) ovvero
< o = a 5 mg/g
definita in termini di tasso di formazione gassosa nel test di fermentazione (GB21)
< o = a 20 l/kg
20 Il regolamento del 2001 è entrato in vigore il 1° marzo 2001. Ai sensi delle disposizioni transitorie, l’art. 6 di tale regolamento prevede che, a talune condizioni, il deposito di rifiuti che non soddisfano i criteri di detta normativa può essere autorizzato fino al 31 maggio 2005, e che il deposito di rifiuti conformi in discariche precedenti che non soddisfano tali criteri può essere autorizzato fino al 15 luglio 2009.
Causa principale e questioni pregiudiziali
21 La ricorrente nella causa principale, il Deponiezweckverband, è un consorzio costituito dai Landkreise (province) di Mayen-Coblenza e di Cochem-Zell e dal comune di Coblenza, che gestisce la discarica centrale di Eiterköpfe. Essa cerca di ottenere dal Land Rheinland-Pfalz, convenuto nella causa principale, l’autorizzazione, valida a partire dal 31 marzo 2005 e fino al 31 dicembre 2013 al più tardi, per occupare due aree della discarica con rifiuti preparati solo meccanicamente. Il Land Rheinland-Pfalz ritiene che la normativa nazionale vigente non lo permetta.
22 Il Verwaltungsgericht Koblenz, investito della controversia, ha espresso dubbi riguardo alla compatibilità di tale normativa nazionale con l’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva, nonché con il principio comunitario di proporzionalità. Perciò ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 5, n. 1, della direttiva e le norme comunitarie per una strategia di riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare a discarica debbano essere interpretati nel senso che, nell’ambito dell’art. 176 CE e discostandosi dalle misure menzionate dall’art. 5, n. 2, della direttiva, quanto alla riduzione quantitativa dei rifiuti urbani biodegradabili ad una data percentuale del peso della quantità complessiva di rifiuti urbani biodegradabili, con riferimento ad un determinato anno solare, dette misure possono essere rafforzate con una disposizione nazionale di trasposizione di detti obiettivi comunitari che subordina il deposito dei rifiuti urbani e dei rifiuti che possono essere smaltiti come i rifiuti urbani al rispetto del criterio di ripartizione chiamato "quota organica del residuo secco della sostanza originale" (definita in termini di perdita per ignizione o in termini di COT).
2 a) In caso di soluzione affermativa, se gli obiettivi comunitari riportati all’art. 5, n. 2, della direttiva debbano essere interpretati nel senso che per il rispetto dei requisiti ivi citati, cioè
– 75% del peso a partire dal 16 luglio 2006,
– 50% del peso a partire dal 16 luglio 2009, e
– 35% del peso a partire dal 16 luglio 2016,
sia sufficiente, alla luce del principio comunitario di proporzionalità, una normativa nazionale la quale preveda che, per i rifiuti urbani e per i rifiuti che possono essere smaltiti come i rifiuti urbani, a partire dal 1° giugno 2005, la quota organica del residuo secco della sostanza originale sia inferiore o pari al 5% della massa se definita in termini di perdita per ignizione e inferiore o pari al 3% della massa se definita in termini di COT;
e che, a partire dal 1° marzo 2001 e fino al 15 luglio 2009 al più tardi, in singoli casi anche oltre, i rifiuti trattati con processi meccanico-biologici possano essere depositati nelle discariche precedenti solo qualora la quota organica del residuo secco della sostanza originale sia inferiore o pari al 18% della massa se definita in termini di COT, la biodegradabilità del residuo secco della sostanza originale sia inferiore o pari a 5 mg/g se definita in termini di volatilità (AT4) ovvero pari o inferiore a 20 l/kg se definita in termini di tasso di formazione gassosa nel test di fermentazione (GB21);
b) in sede di valutazione delle conseguenze in caso di copertura di rifiuti non pretrattati con rifiuti pretrattati con processi termici o meccanico-biologici, se il principio comunitario di proporzionalità consenta un margine discrezionale ampio o restrittivo. Se dal principio di proporzionalità si possa dedurre la possibilità di compensare con diverse misure di sicurezza i rischi derivanti da rifiuti pretrattati solo meccanicamente».
Sulla domanda volta alla riapertura della fase orale
23 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 27 dicembre 2004, completato con lettera 16 febbraio 2005, il Deponiezweckverband ha chiesto la riapertura della fase orale affinché siano prese in considerazione talune relazioni di esperti.
24 Secondo il paragrafo 62 delle conclusioni del l’avvocato generale, «non [sono] stati forniti i dati necessari per effettuare una prudente valutazione» e, secondo la nota 35 delle stesse conclusioni, «il fascicolo non contiene informazioni tecniche (…)». Tuttavia, il Deponiezweckverband sostiene che il fascicolo del procedimento nazionale contiene cinque relazioni di esperti che contengono appunto le informazioni cui fa riferimento l’avvocato generale. La riapertura della fase orale sarebbe opportuna per permettergli di tenerne conto.
25 La Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, o anche su domanda delle parti, ordinare la riapertura della fase orale, ai sensi dell’art. 61 del suo regolamento di procedura, se essa ritiene necessari ulteriori chiarimenti o se la causa dev’essere decisa sulla base di un argomento che non è stato dibattuto tra le parti (v. sentenze 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters e a., Racc. pag. I-1577, punto 42, e 14 dicembre 2004, causa C-434/02, Arnold André, Racc. pag. I-0000, punto 27). Tuttavia, nel caso di specie, la Corte, sentito l’avvocato generale, rileva che dispone di tutti gli elementi necessari per risolvere le questioni sollevate. Di conseguenza si deve respingere la domanda di riapertura della fase orale.
Sulle questioni pregiudiziali
26 Occorre trattare insieme le questioni 1 e 2 a) in quanto esse vertono sull’interpretazione della direttiva alla luce dell’art. 176 CE. Occorre altresì trattare insieme le questioni 2 a) e 2 b) in quanto esse riguardano il principio comunitario di proporzionalità.
Osservazione preliminare
27 Innanzitutto occorre ricordare che la normativa comunitaria non mira in materia ambientale ad un’armonizzazione completa. Ancorchè l’art. 174 CE menzioni taluni obiettivi comunitari da conseguire, l’art. 176 CE prevede la possibilità per gli Stati membri di disporre misure rafforzate di protezione (sentenza 22 giugno 2000, causa C-318/98, Fornasar e a., Racc. pag. I-4785, punto 46). L’art. 176 CE sottopone tali provvedimenti soltanto alle condizioni che essi siano compatibili con il Trattato CE e siano notificati alla Commissione.
28 A tenore dell’art. 174, n. 2, CE, la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga».
29 La direttiva è stata adottata sulla base dell’art. 130 S, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 175, n. 1, CE), e dunque per realizzare gli obiettivi dell’art. 174 CE.
30 Dal nono ‘considerando’ e dall’art. 1, n. 1, della direttiva emerge che essa intende perseguire e precisare gli obiettivi della direttiva 75/442 prevedendo misure volte a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative della discarica di rifiuti sull’ambiente.
31 Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva gli Stati membri devono elaborare strategie nazionali per ridurre la quantità di rifiuti biodegradabili da collocare a discarica. Ai sensi della stessa disposizione, tali strategie nazionali devono includere misure intese a realizzare gli obiettivi di cui all’art. 5, n. 2, della direttiva. Tale ultima disposizione enuncia che le dette strategie nazionali devono prevedere che la quantità di rifiuti da collocare a discarica sia ridotta a certe percentuali entro talune date prefissate. Emerge chiaramente dalla lettera e dallo spirito di tali disposizioni che esse stabiliscono una riduzione minima che gli Stati membri devono conseguire e che esse non contrastano con l’adozione da parte di questi di misure più rigorose.
32 Ne risulta che l’art. 176 CE e la direttiva prevedono la possibilità per gli Stati membri di disporre misure rafforzate di protezione che superino quelle minime stabilite dalla direttiva (v., in tal senso, a proposito della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20), sentenza Fornasar e a., cit., punto 46).
Sulla prima questione
33 Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva, interpretato alla luce dell’art. 176 CE, osti a talune misure nazionali che pongono requisiti più rigorosi rispetto a quelli della direttiva in materia di collocazione a discarica dei rifiuti. La questione riguarda quattro tipi di requisiti previsti dalla normativa nazionale. Occorre esaminarli in successione.
34 In primo luogo, l’art. 5, n. 2 della direttiva prevede che, non oltre il 2016, il quantitativo di rifiuti urbani biodegradabili da collocare a discarica deve essere ridotto progressivamente al 35% del totale in peso di tali rifiuti prodotti nel 1995. In confronto il regolamento del 2001, in particolare gli artt. 3, n. 3, e 4, n. 1, nonché gli allegati 1 e 2 della stessa stabiliscono soglie inferiori per i quantitativi organici che restano nei rifiuti da collocare a discarica.
35 Per definire i valori limite che esso impone, detto regolamento utilizza in particolare i criteri di perdita per ignizione e di carbone organico totale (COT), mentre l’art. 5, n. 2, della direttiva utilizza il criterio di percentuale in peso.
36 Occorre rilevare, a questo riguardo, che l’utilizzo di un metodo di misurazione quale il COT o la perdita per ignizione non è di per sé uno scopo, alla guisa degli obiettivi considerati nell’art. 5, n. 2, della direttiva, ma semplicemente un modo per conseguire tali obiettivi.
37 Poiché gli Stati membri possono scegliere taluni modi per conseguire gli scopi stabiliti nell’art. 5, n. 2, della direttiva, criteri di misurazione come quelli presenti nel regolamento del 2001 sono conformi alle disposizioni della direttiva.
38 Quanto alle soglie stabilite per i quantitativi organici che restano nei rifiuti da collocare a discarica, è evidente che una misura nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale persegue lo stesso obiettivo della direttiva ed in particolare la riduzione dell’inquinamento dell’acqua e dell’aria riducendo la discarica dei rifiuti biodegradabili.
39 Per conseguire tali soglie, il regolamento del 2001 esige che i rifiuti biodegradabili siano sottoposti ad un trattamento prima della loro messa in discarica. Nel caso di rifiuti sottoposti a trattamento meccanico-biologico, tale trattamento comporta dei processi come la frantumazione, la cernita, il compostaggio e la fermentazione. Per gli altri rifiuti è utilizzato un trattamento termico, nel caso di specie l’incenerimento.
40 Tutte queste forme di trattamento sono conformi alla direttiva. L’art. 6, lett. a), di quest’ultima impone agli Stati membri di provvedere affinché solo i rifiuti trattati vengano collocati a discarica. Il trattamento è definito dall’art. 2, lett. h) della direttiva come «i processi fisici, termici, chimici o biologici, compresa la cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero». Ne emerge in particolare che la direttiva prevede il trattamento termico dei rifiuti allo scopo di ridurne la natura pericolosa.
41 Da quanto precede risulta che le soglie ed i criteri presenti in una misura nazionale come quella di cui alla causa principale perseguono lo stesso orientamento di protezione ambientale della direttiva. Nella misura in cui una tale normativa impone requisiti più severi di quelli della direttiva, essa costituisce una misura di protezione rafforzata, ai sensi dell’art. 176 CE.
42 In secondo luogo, l’art. 5, n. 2, della direttiva prevede che gli Stati membri riducano la quantità di rifiuti di cui trattasi in tre tappe che terminano non oltre il 2006, il 2009 ed il 2016. Il regolamento del 2001 impone termini più brevi, ossia entro e non oltre il 31 maggio 2005.
43 L’utilizzo dell’espressione «non oltre» di cui all’art. 5, n. 2, come quella di cui all’art. 18, della direttiva, mostra che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare termini più brevi, se lo reputano opportuno (v., in tal senso, a proposito dell’espressione «almeno», sentenza 22 giugno 1993, causa C-11/92, Gallaher e a., Racc. pag. I-3545, punto 20).
44 Se uno Stato membro sceglie, in quest’ambito, di stabilire termini più brevi di quelli della direttiva, si tratta di una misura di protezione rafforzata ai sensi dell’art. 176 CE.
45 In terzo luogo, l’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva riguarda soltanto i rifiuti biodegradabili. Dal canto suo, il regolamento del 2001 riguarda non soltanto i rifiuti biodegradabili, ma anche i rifiuti organici non biodegradabili.
46 Sebbene l’art. 5 della direttiva riguardi in modo specifico una strategia per ridurre taluni rifiuti biodegradabili da collocare a discarica, è evidente che la direttiva nel suo complesso attiene ai rifiuti in senso lato, quali definiti all’art. 2, lett. a).
47 Da una parte, la direttiva prevede all’art. 1, n. 1, rigidi requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, senza limitazione del tipo di rifiuto o di discarica. D’altra parte, l’art. 3, n. 1, della stessa direttiva prevede che gli Stati membri applicano quest’ultima a tutte le discariche, nozione definita all’art. 2, lett. g), come «un’area di smaltimento dei rifiuti (…)», senza alcuna limitazione per ciò che riguarda il tipo di rifiuti considerati da tale disposizione.
48 È in questo ambito che l’allegato II, punto 2, sesto comma, della direttiva precisa che i criteri relativi all’ammissione dei rifiuti in una discarica possono comprendere restrizioni del quantitativo di sostanze organiche presenti nei rifiuti.
49 Ne consegue che una misura nazionale, come quella menzionata al punto 45 della presente sentenza, che, al fine di autorizzare la messa in discarica, estende talune restrizioni, non soltanto alle sostanze biodegradabili, bensì all’insieme delle sostanze organiche, persegue gli stessi obiettivi della direttiva. Nella misura in cui una tale misura riguarda una gamma di sostanze più ampia di quella figurante nell’art. 5 della direttiva, si tratta di una misura di protezione rafforzata ai sensi dell’art. 176 CE.
50 In quarto luogo, l’art. 5, n. 2, della direttiva attiene ai rifiuti urbani. Il regolamento del 2001 riguarda non soltanto i rifiuti urbani, ma anche, ai sensi degli artt. 2, punto 2, e 3, n. 3, della stessa, i rifiuti che possono essere smaltiti con o come i rifiuti urbani, in particolare i fanghi provenienti dalla depurazione delle acque, i rifiuti di cantiere ed i rifiuti collegati alla produzione.
51 Anche se l’art. 5, n. 2, della direttiva riguarda solo i rifiuti urbani, la strategia nazionale per ridurre i rifiuti biodegradabili da collocare a discarica, prevista dal n. 1 di detto articolo, comprende tutti i rifiuti ai sensi della definizione figurante nell’art. 2, lett. a), di detta direttiva. Nello stesso modo, l’obbligo imposto agli Stati membri dall’art. 6, lett. a), della direttiva, di provvedere affinché solo i rifiuti trattati vengano collocati a discarica, vale tanto per i rifiuti urbani quanto per i rifiuti che non sono urbani. Emerge, inoltre, dall’art. 1, n. 1, della direttiva che questa nel suo complesso riguarda la riduzione dei rifiuti da collocare a discarica, senza distinzione tra rifiuti urbani e gli altri rifiuti.
52 Ne consegue che una misura nazionale, come quella di cui alla causa principale, che riguarda la riduzione dei rifiuti da collocare a discarica e che si applica a rifiuti diversi da quelli urbani è compatibile con la direttiva e costituisce una misura di protezione rafforzata ai sensi dell’art. 176 CE.
53 Da quanto precede risulta che, per ciascuno dei quattro casi esaminati, la misura nazionale considerata è conforme alla direttiva, letta alla luce dell’art. 176 CE.
54 Il giudice del rinvio chiede inoltre se tali misure, esaminate nel loro complesso, possano essere considerate in contrasto con la direttiva.
55 Su tale questione si deve ricordare che, poiché ciascuna delle quattro misure considerate è singolarmente conforme al diritto comunitario, non si deve ritenerle collettivamente in contrasto con lo stesso diritto comunitario. Ciò vale anche se i limiti fissati dalla misura nazionale per l’ammissione a discarica dei rifiuti biodegradabili sono così ridotti da comportare un trattamento meccanico-biologico o l’incenerimento di tali rifiuti prima della loro messa in discarica.
56 Occorre di conseguenza risolvere la prima questione nel senso che l’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva non osta ad una misura nazionale che:
– stabilisca limiti per l’ammissione a discarica di rifiuti biodegradabili più ridotti di quelli stabiliti dalla direttiva, anche se tali limiti sono così ridotti da comportare un trattamento meccanico-biologico o l’incenerimento di tali rifiuti prima dello loro messa in discarica,
– stabilisca termini più brevi della direttiva per ridurre la quantità di rifiuti messi in discarica,
– si applichi non soltanto ai rifiuti biodegradabili, ma altresì alle sostanze organiche non biodegradabili, e
– si applichi non soltanto ai rifiuti urbani, ma altresì ai rifiuti che possono essere smaltiti come i rifiuti urbani.
Sulla seconda questione
57 Con la seconda questione il giudice nazionale interroga la Corte, in sostanza, sulla conformità di misure nazionali come quelle di cui trattasi nella causa principale con il principio comunitario di proporzionalità.
58 Per risolvere tale questione va ricordato che, nell’ambito della politica comunitaria dell’ambiente, qualora una misura nazionale persegua gli stessi obiettivi di una direttiva, il superamento dei requisiti minimi stabiliti da tale direttiva è previsto e autorizzato dall’art. 176 CE, alle condizioni stabilite da quest’ultimo.
59 L’art. 176 CE autorizza gli Stati membri a mantenere o a prendere provvedimenti per una protezione rafforzata a condizione che essi siano compatibili con il trattato e che essi siano notificati alla Commissione.
60 Come risulta dalla soluzione della prima questione, misure nazionali, come quelle su cui il giudice del rinvio interroga la Corte, costituiscono misure di protezione rafforzata ai sensi dell’art. 176 CE.
61 Dalla ratio dell’art. 176 CE risulta che, adottando misure più severe, gli Stati membri esercitano sempre una competenza disciplinata dal diritto comunitario, dato che queste devono, in ogni caso, essere compatibili con il trattato. Nondimeno, la definizione della portata della protezione da realizzare è affidata agli Stati membri.
62 In tale contesto, in quanto si tratta di assicurare l’attuazione dei requisiti minimi previsti dalla direttiva, il principio comunitario di proporzionalità esige che le misure nazionali siano opportune e necessarie rispetto agli obiettivi perseguiti.
63 Per contro, nella misura in cui altre disposizioni del trattato non siano interessate, tale principio non trova più applicazione per quanto riguarda le misure nazionali di protezione rafforzata adottate ai sensi dell’art. 176 CE e che superano i requisiti minimi previsti dalla direttiva.
64 Di conseguenza, occorre risolvere la seconda questione nel senso che il principio comunitario di proporzionalità non si applica per quanto riguarda le misure nazionali di protezione rafforzata adottate ai sensi dell’art. 176 CE e che superano i requisiti minimi previsti da una direttiva comunitaria in materia ambientale, nella misura in cui altre disposizioni del trattato non siano interessate.
Sulle spese
65 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
1) L’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, non osta ad una misura nazionale che:
– stabilisca limiti per l’ammissione a discarica di rifiuti biodegradabili più ridotti di quelli stabiliti dalla direttiva, anche se tali limiti sono così ridotti da comportare un trattamento meccanico-biologico o l’incenerimento di tali rifiuti prima dello loro messa in discarica,
– stabilisca termini più brevi della direttiva per ridurre la quantità di rifiuti messi in discarica,
– si applichi non soltanto ai rifiuti biodegradabili, ma altresì alle sostanze organiche non biodegradabili, e
– si applichi non soltanto ai rifiuti urbani, ma altresì ai rifiuti che possono essere smaltiti come i rifiuti urbani.
2) Il principio comunitario di proporzionalità non si applica per quanto riguarda le misure nazionali di protezione rafforzata adottate ai sensi dell’art. 176 CE e che superano i requisiti minimi previsti da una direttiva comunitaria in materia ambientale, nella misura in cui altre disposizioni del trattato non siano interessate.