Sez. 3, Sentenza n. 13978 del 23/03/2004 (Ud. 25/02/2004 n.00255 ) Rv. 228451
Presidente: Rizzo AS. Estensore: Piccialli L. Imputato: Tessitore. P.M. Passacantando G. (Diff.)
(Rigetta, Trib.S.M. Capua Vetere, 14 marzo 2003).
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Opere eseguite in parziale difformità - Sanzione pecuniaria disposta ex art. 12 legge n. 47 del 1985 - Natura e finalità - Individuazione.
CON MOTIVAZIONE
Massima (Fonte CED Cassazione)
Il provvedimento di fiscalizzazione dell'illecito edilizio, regolamentato dall'art. 12 delle legge 28 febbraio 1985 n. 47, che dopo avere previsto in via prioritaria per le opere eseguite in parziale difformità dalla concessione la demolizione a cura dei responsabili o, in difetto del Comune, dispone che ove tale demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità venga applicata una sanzione proporzionale al doppio del costo di produzione o al valore della parte difforme, non equivale ad una sanatoria, atteso che non integra una regolarizzazione dell'illecito, ed in particolare non autorizza il completamento delle opere, considerato che le stesse vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. RIZZO Aldo - Presidente - del 25/02/2004
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere - N. 255
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere - N. 43794/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TESSITORE Salvatore, n. il 1/4/1948 a Succivo, ivi res. Rapp. E dif. dall'avv. Giuseppe Stellato del foro di S. M. Capua Vetere;
avverso l'ordinanza in data 14/3/2003 del Tribunale di S. M. Capua Vetere.
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Piccialli;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Sost. P.G. Dott. Passacantando G. che ha concluso per l'annullamento con rinvio. Udito il difensore Avv. Stellato il quale ha concluso per l'annullamento senza rinvio.
FATTO E DIRITTO
Con decreto in data 24/7/2002 il G.I.P del Tribunale di S.M.Capua Vetere (reiterando un precedente analogo provvedimento annullato per motivi formali) dispose il sequestro preventivo di un fabbricato, per difformità essenziali rispetto alla concessione edilizia rilasciata al titolare committente delle opere, Salvatore Tessitore. Su istanza di quest'ultimo che aveva ottenuto un temporaneo dissequestro al fine di rendere il manufatto conforme alla concessione, dopo l'eliminazione di parte delle opere abusive, veniva attivata la procedura di cui all'art. 12 L. 47/85, al l'esito della quale il competente organo comunale, constatata l'impossibilità di procedere alla demolizione delle rimanenti opere difformi, relative al sottotetto, senza pregiudizio per quelle lecitamente realizzate con provvedimento dell'11/11/2002 determinava la sanzione pecuniaria a carico del trasgressore.
A seguito del suddetto provvedimento la difesa dell'indagato inoltrava due richieste di dissequestro, entrambe disattese dal G.I.P., con decreti del 14 e 19 febbraio 2003, avverso i quali venivano proposti appelli ex art. 322 bis c.p.p., che il competente Tribunale riuniva e respingeva, con l'ordinanza in epigrafe, ravvisando la permanenza del rischio di ripresa dell'attività contravvenzionale, in ragione dell'incompletezza delle opere abusive e sull'essenziale rilievo che il provvedimento derogazione della sanzione non poteva considerarsi una sanatoria. Contro tale decisione il Tessitore ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per cassazione, deducendo "violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento all'art. 321 c.p.p. e 12 L. 47/85". Si lamenta nell'impugnazione che i giudici di merito abbiano indebitamente ravvisato il pericolo di reiterazione criminosa in fattispecie nella quale l'opera, ritenuta abusiva, è da ritenersi ormai legittimamente esistente ed assolutamente non demolibile, per effetto di un provvedimento amministrativo che, pur non estinguendo il reato, ha dato atto di conseguenze dello stesso ineliminabili, adeguatamente sanzionandole sul piano amministrativo; in tale situazione non si giusticherebbe il mantenimento della misura preventiva, che tende ad evitare le ulteriori conseguenze del reato in contrasto con l'ordinamento, mentre nella specie tali conseguenze sarebbero state accettate dalla P.A., nell'ambito del legittimo esercizio di poteri di discrezionalità tecnica.
Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
L'art. 12 della L. 47/85 prevede, per le "opere eseguite in parziale difformità dalla concessione", in via prioritaria (co. 1^) la demolizione a cura dei responsabili o, in difetto, del Comune, comunque a spese degli stessi, a meno che (co. 2^) tale demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, ipotesi nella quale viene applicata una sanzione pecuniaria proporzionale al doppio del costo di produzione o al valore venale (a seconda della destinazione, residenziale o diversa) della parte difforme. Tale provvedimento, di c.d. "fiscalizzazione" dell'illecito, non equivale ad una sanatoria, non producendo in particolare, sul piano penale, effetti estintivi analoghi a quelli previsti dagli artt. 22 e 38 L. 47/85 e succ. modd., ma solo l'impossibilità, sul piano sanzionatorio amministrativo, di procedere alla riduzione in pristino (o all'acquisizione al patrimonio comunale), così come normalmente è previsto dall'art. 7, per i casi di assenza di concessione o difformità, totale o essenziale, rispetto alla stessa, e dal primo comma dello stesso articolo 12, per i casi di difformità parziali tecnicamente eliminabili. Non si tratta, dunque, di una regolarizzazione dell'illecito, bensì della presa d'atto da parte della P.A. dell'impossibilità di provvedere alla eliminazione delle conseguenze dallo stesso derivate, in considerazione degli interessi, ritenuti preminenti, di conservazione delle rimanenti parti assentite;il che non equivale a conferire una patente di liceità a dette opere, ne', soprattutto, ad autorizzarne il completamento, considerato che le stesse, allo stato in cui si trovano, vengono tollerate solo in funzione della conservazione di quelle legittimamente realizzate. Nel caso di specie, pertanto, anche a prescindere da ogni considerazione in ordine all'adottabilità in concreto del provvedimento di fiscalizzazione ex art. 12 co. 2 L. cit. (in una fattispecie più appropriatamente qualificabile in termini di difformità essenziale, anziché parziale), deve ritenersi che correttamente i giudici di merito (G.I.P. e Tribunale) abbiano ravvisato la persistenza delle esigenze preventive giustificanti il mantenimento della misura cautelare di cui all'art. 321 c.p.p., in cospetto di opere che, nella parte difforme (dirette, come si evince dal provvedimento di sequestro del 24/7/2002, alla realizzazione di una "mansarda", per dimensioni e caratteristiche strutturali eccedenti e diverse rispetto al sottotetto previsto in progetto), si presentavano ancora funzionalmente incomplete, la cui prevedibile ripresa (ancorché finalizzata alle sole rifiniture e dotazioni degli impianti), integrerebbe la ripresa dell'attività contravvenzionale (cfr, ex coeteris, Cass. 3^ n. 8352/94, n. 11484/95, n. 7140/98, n. 1218/99, n. 9130/2000). Tali considerazioni comportano l'evidente inconferenza, nella fattispecie, dell'invocazione di principi enunciati dalla più recente ed autorevole giurisprudenza di legittimità (S.U. 29/1/2003 n. 2), per i diversi casi in cui l'opera, illegittimamente realizzata, si presenti completa, nei quali solo occorre verificare, ai fini del mantenimento della misura cautelare preventiva, se la predetta sia ancora e comunque idonea a produrre conseguenze antigiuridiche.
Al riguardo è sufficiente osservare che, se le conseguenze dell'illecito già realizzate e bloccate in itinere dal sequestro, sono ormai tollerata dall'ordinamento, ciò è dovuto solo all'inscindibilità, sotto il profilo statico, delle opere difformi dalle rimanenti parti dell'immobile, ma non al riconoscimento della definitiva inseribilità, a tutti gli effetti, nel contesto urbanistico di quanto illegittimamente e, peraltro incompletamente, realizzato; di talché inammissibile è la pretesa di riacquistare, in pendenza del procedimento penale per reati non estinti, la disponibilità della cosa al fine di portare ad ulteriori conseguenze la condotta contravvenzionale.
Al rigetto del ricorso consegue, infine, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 febbraio 2004. Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2004