Cass. Sez. III n. 55483 del 13 dicembre 2018 (Ud 25 set 2018)
Pres. Lapalorcia Est. Gai Ric. Maffei
Urbanistica.Difformità parziale
Il concetto di difformità parziale si riferisce ad ipotesi gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19 febbraio 2018, il Tribunale di Avellino ha condannato Maffei Antonio, Maffei Lucia e Nestore Vincenzo, alla pena di € 8.000,00 di ammenda ciascuno, perché ritenuti responsabili del reato di cui agli artt. 110, 113 cod.pen. e art. 44 lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001, riqualificata l’originaria imputazione di cui all’art. 44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001, perché, i Maffei quali proprietari e committenti, il Nestore titolare della ditta esecutrice, realizzavano interventi edilizi consistiti in un maggior volume (complessivi mc. 584), e superficie (mq. 212) al piano terra e al primo piano, maggiore altezza del sottotetto, realizzazione di balconi in difformità del permesso a costruire n. 5072/2004. Accertato in Solofra il 24/06/2016. Con la medesima sentenza il Tribunale ha assolto gli imputati dal reato di cui agli artt. 93, 94 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Secondo il Tribunale, gli imputati, nelle loro rispettive qualità, erano responsabili della contravvenzione di cui all’art. 44 lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001, essendo accertata la realizzazione di opere edilizie, meglio descritte sopra, in difformità parziale dal titolo autorizzativo, in luogo della contestata violazione di cui all’art. 44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001, per la realizzazione di un intervento edilizio che comprendeva anche la realizzazione di due manufatti in c.a., in variazione essenziale dal permesso a costruire n. 5072/2004, opere rispetto le quali il Tribunale non riteneva sussistente alcuna violazione di legge.
2. Avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto ricorsi per cassazione, a mezzo del loro difensore di fiducia, e ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione come disposto dall’art. 173 disp.att. cod.proc.pen.
2.1. Maffei Antonio e Maffei Lucia hanno presentato ricorsi aventi motivi comuni.
Con il primo motivo deducono la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 44 lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001 e il correlato vizio di motivazione.
Secondo i ricorrenti, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto la parziale difformità di alcuni interventi edilizi realizzati (maggior volume, superficie del piano terra e primo piano e altezza del sottotetto). Esclusa la fattispecie, oggetto dell’originaria contestazione, di interventi in variazione essenziale dal permesso a costruire, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto la difformità parziale dei menzionati interventi in assenza di dimostrazione degli stessi (non essendo stato acquisito il progetto originario assentito) e non avendo neppure valutato la rilevanza penale degli stessi, ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui non si ha parziale difformità dal titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singole unità immobiliari il 2% delle misure progettuali.
Con il secondo motivo deducono la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen., in relazione alla erronea individuazione degli imputati quali committenti dell’opera sulla scorta della mera condizione di proprietario.
2.2. Nestore Vincenzo ha presentato ricorso per cassazione affidato a due motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen., in relazione all’art. 44 lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001 e il correlato vizio di motivazione.
Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la contravvenzione di cui all’art. 44 lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001, in presenza di lavori edilizi soggetti a semplice SCIA ex art. 22 del d.P.R. n. 380 del 2001 e, quindi, punibili solo con sanzione amministrativa.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen., in relazione alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ex officio in presenza di una condanna alla sola pena dell’ammenda, al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all’eccessivo trattamento sanzionatorio, non adeguatamente motivato in presenza di una irrogazione di sanzione non nel minimo edittale.
Con riguardo al primo profilo, rileva il ricorrente l’interesse ad impugnare con il ricorso per cassazione, la concessione ex officio del beneficio della sospensione condizionale della pena traducendosi in concreto pregiudizio atteso che tale condanna non verrà mai eliminata dal certificato del casellario, essendo stata inflitta una sanzione dell’ammenda condizionalmente sospesa. Il pregiudizio del ricorrente è tanto più evidente tenuto conto che egli è imprenditore edile e tale iscrizione potrebbe pregiudicarlo nello svolgimento dell’attività di impresa e di partecipazione a gare pubbliche. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza con eliminazione della statuizione.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio in relazione alla sospensione condizionale della pena che dispone per Maffei; rigetto nel resto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Maffei Antonio e Maffei Lucia, avente carattere assorbente, è fondato e la sentenza va annullata con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di Avellino.
Il suo accoglimento comporta, per l’effetto estensivo dell’impugnazione, l’annullamento della sentenza anche nei confronti di Nestore Vincenzo.
5. Il Tribunale di Avellino ha dato atto che, all’esito del sopralluogo del 23 giugno 2014, era in corso di realizzazione un intervento edilizio in difformità rispetto al progetto per la costruzione di due unità abitative, per le quali era stato rilasciato permesso a costruire dal Comune di Solofra. Le variazioni acclarate rispetto al titolo autorizzativo, consistevano, secondo il Tribunale, in un incremento di volumetria e superficie del primo e secondo piano (maggior altezza del sottotetto) e nell’allestimento di balconi.
Sulla scorta di tale accertamento ha ritenuto che le stesse configurassero una mera difformità parziale rispetto al progetto assentito e, preso atto della mancanza di qualsivoglia dato offerto circa l’entità delle opere realizzate (la relazione al progetto approvato non era neppure stata allegata agli atti dal Pubblico Ministero), ha ritenuto sussistente la violazione dell’art. 44 lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001, a carico degli imputati.
6. Deve rammentarsi che per le opere eseguite in parziale difformità del permesso a costruire, la giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 45821 del 23/11/2012, non mass.) ha precisato che il concetto di difformità parziale si riferisce ad ipotesi gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza.
Deve, ancora, rilevarsi, che ai fini dell’applicazione di cui all’art. 34 comma 2 ter del d.P.R. n. 380 del 2001 “Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire”, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezze, distacchi, cubature o superficie coperta che non eccedono, per singola unità immobiliare il 5 per cento delle misure progettuali (a seguito del D.L. 29 maggio 2018, n. 55, convertito con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2018, n. 89, ha disposto (con l'art. 1-sexies, comma 2) che "Ai fini dell'applicazione del comma 1, la percentuale di cui al comma 2-ter dell'articolo 34 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 è elevata al 5 per cento").
7. La sentenza impugnata che non si è fatta carico della valutazione dell’entità delle difformità dal progetto assentito ai sensi dell’art. 34 cit., va pertanto annullata con rinvio per un nuovo giudizio, nel quale dovrà essere accertata la sussistenza della difformità parziale penalmente rilevante in applicazione del disposto normativo citato.
Ai sensi dell’art. 587 cod.proc.pen. l’impugnazione proposta da Maffei Lucia e Maffei Antonio, non fondata su motivi esclusivamente personali in quanto investe l’elemento oggettivo del reato, si estende al coimputato Nestola Vincenzo.
I restanti motivi di ricorso dei Maffei e i motivi del Nestola restano assorbiti dall’accoglimento del primo motivo che investe la sussistenza del reato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Maffei Antonio, Maffei Lucia e, per l’effetto estensivo, nei confronti di Nestore Vicenzo e rinvia al Tribunale di Avellino per un nuovo giudizio.
Così deciso il 25/09/2018