Cass. Sez. III n. 19538 del 24 maggio 2010 (Cc.22 apr. 2010)
Pres. De Maio Est. Petti Ric. Alborino
Urbanistica. Opere in parziale difformità

L’articolo 34 del D.P.R. n 380 del 2001, già articolo 12 della legge n 47 del 1985 si riferisce alle sole opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 22/04/2010
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 657
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 42305/2009
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di:
Alborino Mario, nato ad Aversa il 14 settembre del 1951;
avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Santa Maria Capua Vetere del 26 maggio del 2009;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Procuratore generale nella persona del Dott. SALZANO Francesco, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
Letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue. IN FATTO
Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con ordinanza del 26 maggio del 2009, rigettava l'appello proposto nell'interesse di Alborino Mario avverso l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il medesimo tribunale del 26 marzo del 2009,con cui si era respinta l'istanza di revoca del sequestro preventivo di un immobile disposto il 6 agosto del 2007.
L'istanza di revoca era stata avanzata in base al permesso in sanatoria rilasciato il 2 febbraio del 2009.
Nel provvedimento di sanatoria si era precisato che esso veniva rilasciato per alcune opere, in base all'art. 36 del testo unico sull'edilizia e, per altre, in base all'art. 34 del medesimo testo unico non essendo possibile la demolizione delle parti non conformi. A fondamento del rigetto il tribunale osservava che, mancando il requisito della doppia conformità, non si era verificato l'effetto estintivo e che persistevano le esigenze cautelari al fine di evitare che l'indagato potesse adibire a destinazione abitativa un volume che in base agli strumenti vigenti tale destinazione non avrebbe potuto avere, essendo prevista dagli strumenti urbanistici un'altezza inferiore a quella realizzata.
Ricorre per cassazione l'indagato denunciando: inosservanza ed erronea applicazione della legge per avere il tribunale omesso di dissequestrare quanto meno la parte sanata:
inosservanza ed erronea applicazione della legge per l'insussistenza delle esigenze cautelari, in quanto la condotta ipotizzata dall'accusa si è ormai conclusa.
IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché infondato.
In materia edilizia non è ammissibile il rilascio di una concessione in sanatoria, L. 28 febbraio 1985, n. 47, ex artt. 13 e 22 ora D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex artt. 36 e 45, testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, relativa soltanto a parte degli interventi abusivi realizzati, ovvero parziale, o subordinata all'esecuzione di opere, atteso che ciò contrasta ontologicamente con gli elementi essenziali dell'accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità sia alla disciplina urbanistica vigente al momento della realizzazione che a quella in vigore al momento dell'accertamento di conformità. (cfr. Cass n. 291 del 2004).
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34 già della L. n 47 del 1985, art. 12 non è applicabile alla fattispecie ed è stato illegittimamente richiamato dall'autorità amministrativa.
Tale norma, invero, si riferisce alle sole opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire e dispone che anche tali opere, ancorché solo parzialmente difformi, devono essere eliminate a cura e spese del responsabile entro il termine congruo fissato nell'ordinanza del dirigente del responsabile dell'ufficio. Decorso tale termine sono demolite a cura del Comune ed a spese del responsabile dell'abuso (comma 1).
Tuttavia, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base 27 luglio del 1978, n. 392 della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruirete ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura dell'agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi Le disposizioni anzidette si applicano anche alle opere eseguite in parziale difformità dalla denuncia d'inizio attività. Orbene il provvedimento adottato dall'autorità amministrativa a norma del comma secondo della norma dianzi citata trova applicazione solo per le difformità parziali e comunque non equivale ad una sanatoria, atteso che non integra una regolarizzazione dell'illecito, ed in particolare non autorizza il completamento delle opere, considerato che le stesse vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente (Cass. n. 13978 del 2004).
Non si poteva quindi concedere la sanatoria per conformità ex art. 36 del Testo unico per una parte soltanto dell'opera e conservare la parte difforme richiamando una norma non applicabile al caso concreto, giacché la norma invocata riguarda le sole difformità parziali rispetto al progetto approvato.
Infondato è anche il motivo relativo alla dedotta insussistenza delle esigenze cautelari.
Il ricorrente parte dalla premessa che l'opera sarebbe stata sanata, sia pure parzialmente, in base all'art. 36 del testo unico, ma così non è perché, come dianzi precisato, la sanatoria per conformità può essere data allorché l'intera opera sia conforme, non solo agli strumenti urbanistici vigenti al momento dell'intervento, ma anche a quelli in vigore al momento della sanatoria.
Caduta la premessa cade l'intero enunciato.
Le esigenze cautelari sono state ravvisate nel fatto di impedire che con il dissequestro l'immobile sarebbe destinato a fini abitativi in contrasto con gli strumenti urbanistici che non consentono tale destinazione stante la previsione di un'altezza inferiore. P.Q.M.
La Corte, letto l'art. 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010