Cass. Sez. III n. 22336 del 9 maggio 2017 (Ud 20 apr 2017)
Presidente: Fiale Estensore: Amoresano Imputato: Falsone ed altro
Urbanistica.Prescrizione del reato e onere della prova
Sempre restando a carico dell'accusa l'onere della prova della data di inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell'imputato a far ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l'incertezza sulla data di inizio della decorrenza del relativo termine con la conseguente applicazione del principio in dubio pro reo, atteso che, In base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull'imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell'opera incriminata
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 20/10/2016, in parziale riforma della sentenza del Tribunale dì Agrigento, emessa in data 02/07/2015, con la quale Carmelo Falsone e Luigi Domenico Falsone erano stati condannati per i reati di cui agli artt. 110 cod.pen, 256, commi 1 lett.a) e 3 D.I.vo 152/06, 44, comma 1 lett. b), DPR 380/2001 (capo a), 110, 61 n.2 cod.pen., 93 e 95 DPR 380/01 (capo b), dichiarava la nullità della sentenza del Tribunale limitatamente al reato di cui ail'art.256 d.l.vo 152/2006, disponendo la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica, e rideterminava la pena per i rimanenti reati, già unificati sotto il vincolo della continuazione e con le già concesse circostanze attenuanti generiche, in mesi 1, giorni 20 di arresto ed euro 7.500,00 di ammenda per ciascuno degli imputati.
Rilevava la Corte territoriale, disattendendo i motivi di appello, che dalle risultanze processuali emergesse la prova che gli imputati, che non avevano negato di avere la piena disponibilità del terreno, fossero i committenti del muro di contenimento, per la cui realizzazione, stante le notevoli dimensioni (m.70 circa di lunghezza e m.2,60 circa di altezza) era necessario permesso di costruire.
Riteneva, inoltre, che la normativa antisismica fosse applicabile anche alla realizzazione di un muro di contenimento, trattandosi di opera idonea ad esporre a pericolo la pubblica incolumità.
2. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione il difensore degli imputati, sollevando i seguenti motivi di gravame, qui enunciati ai sensi dell'art.173 disp.att.cod.proc.pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Con il primo motivo denuncia la violazione e l'erronea applicazione degli artt.44 comma 1 e 93,95 DPR 380/2001, nonché la contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
La Corte territoriale, invertendo l'onere della prova, avrebbe fondato l'affermazione di responsabilità sul fatto che gli imputati non avevano negato la disponibilità del terreno; nè avrebbe potuto fondare l'affermazione di responsabilità sulla testimonianza della parte offesa che aveva fatto riferimento soltanto allo scarico dei detriti e non certo alla disponibilità del muro in capo agli imputati.
Le opere, peraltro, erano state realizzate in esecuzione dell'ordinanza n.70/05 per salvaguardare la scarpata delimitante i due fondi e non necessitavano di permesso di costruire.
Con il secondo motivo denuncia la violazione degli artt.93 ,94 e 95 DPR 380/2001 ed il vizio di motivazione. Il Comune di Campobello di Licata è classificato a bassa sismicità, per cui non sarebbe previsto il rilascio di previa autorizzazione da parte del Genio civile; né sarebbe obbligatorio il deposito del progetto, trattandosi di un muro di contenimento.
Con il terzo motivo, infine, denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla omessa declaratoria di prescrizione ed al diniego dell'applicabilità dell'art.131 bis cod.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2.In ordine al primo motivo, va rilevato che, secondo giurisprudenza di questa Corte/ ormai consolidata, non può essere attribuito ad un soggetto per il solo fatto di essere proprietario di un'area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva. Il semplice fatto dì essere proprietario o comproprietario del terreno sul quale vengono svolti lavori edilizi illeciti, pur potendo costituire un indizio grave, non è sufficiente da solo ad affermare la responsabilità penale, essendo necessario a tal fine, rinvenire elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che egli abbia in qualche modo concorso anche solo moralmente con il committente o l'esecutore dei lavori (v. Cass. Sez. 3, 29/03/2001-Bertin). Occorre considerare, 'in sostanza, la situazione concreta in cui si è svolta l'attività incriminata, tenendo conto non soltanto della piena disponibilità, giuridica o di fatto, del suolo e dell'interesse specifico ad effettuare una costruzione (principio del "cui prodest"), bensì pure di rapporti di parentela ed affinità tra l'esecutore dell'opera abusiva ed il proprietario, dell'eventuale presenza "in loco" di quest'ultimo, dello svolgimento di attività di materiale vigilanza dell'esecuzione dei lavori, della richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; del regime patrimoniale tra coniugi e, in definitiva, di tutte quelle situazioni e quei comportamenti positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione anche morale all'esecuzione delle opere" (così Cass.pen. Sez. 3 n.216 del 08/10/2004; conf. Cass. Sez. 3 n.5476 del 29/04/1999, Zarbo; Cass. Sez. 3 n. 31130 del 10/08/2001, Gagliardi; Cass. Sez. 3, 25/02/2003, Cafasso ed altro).
La giurisprudenza successiva ha ribadito che in materia edilizia può essere attribuita al proprietario, non formalmente committente dell'opera, la responsabilità per la violazione dell'art.44 DPR 380/01, sulla base di valutazioni fattuali, quali l'accertamento che questi abiti nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia destinatario finale dell'opera, che abbia presentato richieste di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria (cfr. ex multis cass.pen.sez.3 n.9536 del 20/01/2004; Cass.sez.3, 14/02/2005,Di Marino; Cass.sez.3 n.32856 del 13/072005,Farzone).
Più di recente questa Corte, nel richiamare tutti tali principi, ha sottolineato che "grava inoltre sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà" (Cass.pen. Sez. 3 n.25669 del 30/05/2012 che richiama anche Cass. Sez. 3 n.35907 del 19/09/2008 e tutte le precedenti pronunce).
2.1. La Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione di tali principi, rilevando, sulla base di una serie di elementi, che gli imputati fossero committenti dell'opera realizzata.
Che fossero proprietari del terreno emerge pacificamente, avendo già il primo giudice accertato che essi avevano acquistato la titolarità della particella n.263, su cui era stata realizzata l'opera, in forza di contratto di compravendita del 28/07/2004.
Ma, oltre che dalla qualifica formale di proprietari, la riferibilità dell'opera realizzata è stata desunta dalla testimonianza Alaimo Salvatore (il quale riferiva che gli imputati avevano iniziato a scaricare, sul suolo di loro proprietà, materiale di risulta, proseguendo nonostante la emissione di tre ordinanze di rimessione in pristino), dall'autorizzazione comunale n.73/2005, rilasciata ai medesimi imputati, dalla testimonianza dell'ing.Cordaro, dirigente del settore urbanistica del Comune, secondo cui il manufatto realizzato era difforme da quello per cui gli imputati medesimi erano stati autorizzati.
Non vi è stata, quindi, alcuna inversione dell'onere della prova, essendosi la Corte territoriale limitata ad affermare che a, fronte di tali non equivoci elementi, valutati complessivamente, gli imputati non avevano neppure negato di avere la disponibilità di fatto del terreno e neppure ipotizzato che altri potessero avere a loro insaputa realizzato l'opera (cfr. la già richiamata sentenza n.35907 del 19/09/2008).
3. La Corte territoriale ha poi correttamente ritenuto che, per le dimensioni e caratteristiche del muro di recinzione (lungo circa 70 metri ed alto circa metri 2,60) 1 fosse necessario permesso di costruire.
Infatti la realizzazione di un muro di recinzione necessita del previo rilascio del permesso di costruire, allorquando, avuto riguardo alla sua struttura ed all'estensione dell'area relativa, lo stesso sia tale da modificare l'assetto del territorio, così rientrando nel novero degli interventi di nuova costruzione di cui all'art.3 lett.e) DPR 380 del 2001 (la fattispecie esaminata riguardava la realizzazione di un muro alto m.2,50, con struttura in blocchi di lapillo e pilastri, in cemento armato di sostegno, relativo ad un'area di circa mq.1200)- cfr.Cass.pen.sez.3n.4755 del 13112/2007).
4. Altrettanto ineccepibilmente i Giudici di merito hanno ritenuto che le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della P.A. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità della condotta , poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio della attività (cfr.Cass.pen.sez.3, 17/06/1997 n.5738).
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano, invero, a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate- a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato (Cass.pen.sez.3 , 24/1012001 n.38142)
Ugualmente irrilevante, infine, è che la costruzione si trovasse all'interno di una proprietà privata, tutelando la norma la pubblica incolumità (in tale concetto rientra anche il possibile danno al singolo individuo e quindi allo stesso proprietario del manufatto) dagli effetti delle azioni sismiche.
In ordine al reato di cui agli artt.94 e 95 DPR 380/2001, ascritto all'originario capo c), Il Tribunale aveva già mandato assolti gli imputati "perché il fatto non sussiste" proprio in considerazione del fatto che la zona in cui era stata realizzato il muro di recinzione era "a bassa sismicità" (livello 4) per cui non era necessaria la preventiva autorizzazione.
5. Non era poi certamente maturata la prescrizione, non essendo decorso il termine massimo di anni cinque: la realizzazione del muro di recinzione fu accertata, infatti, in data 31 maggio 2012 ed i ricorrenti non hanno addotto alcun elemento da cui desumere, in contrasto con tale accertamento, che la permanenza sia i invece icessata in epoca anteriore.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, "...sempre restando a carico dell'accusa l'onere della prova della data di inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell'imputato a far ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l'incertezza sulla data di inizio della decorrenza del relativo termine con la conseguente applicazione del principio in dubio pro reo, atteso che, In base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull'imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data ch( in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell'opera incriminata" Cass.pen.n.10562 dell'11/10/2000). Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che "In tema di prescrizione, grava sull'imputato, che voglia giovarsi di tale causa estintiva del reato, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso dai quali desumere la data di inizio del decorso del termine, diversa da quella risultante dagli atti" (Cass.pen.sez.3 n.19082 del 24/03/2009).
6.Infine, con motivazione sintetica ma non censurabile in fatto, la Corte territoriale ha ritenuto che non fosse applicabile l'art.131 bis cod.pen., dal momento che il fatto contestato non poteva considerarsi di particolare tenuità "avuto riguardo alle notevoli dimensioni del muro di contenimento".
7.AI rigetto del ricorso segue la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 20/04/2017