Cass. Sez. III n. 10441 del 23 marzo 2020 (CC 24 ott 2019)
Pres. Lapalorcia Est. Andronio Ric. Colombo
Urbanistica. Revoca sospensione condizionale subordinata alla demolizione
In tema di sospensione condizionale, il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell’obbligo di demolizione dell’immobile abusivo – cui sia stata subordinata la concessione del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen. – determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salva l’ipotesi di sopravvenuta impossibilità; con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione, al quale non è attribuita alcuna discrezionalità al riguardo, non è tenuto a motivare su questioni diverse dall’adempimento e dalla inesistenza di cause che lo rendano impossibile
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Pisa, in funzione di giudice dell’esecuzione, in accoglimento della richiesta proposta dal Procuratore generale presso la Corte d’appello di Firenze, ha revocato la sospensione condizionale della pena che era stata irrogata all’interessata, per abuso edilizio, con sentenza del Tribunale di Pisa del 2 novembre 2011, irrevocabile il 26 luglio 2014, ordinando l’esecuzione della pena stessa. Il giudice ha, in particolare, rilevato che la sospensione condizionale era subordinata alla demolizione delle opere abusive realizzate (ricoveri per animali), con rimessione in pristino dello stato dei luoghi, da eseguirsi entro un mese dal passaggio in giudicato della sentenza, e che tali prescrizioni non erano state adempiute, pur in mancanza di elementi ostativi.
2. Avverso l’ordinanza l’interessata ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Si censura, in primo luogo, l’abnormità del capo della sentenza di condanna con cui si era disposta la subordinazione della sospensione condizionale alla demolizione, sul rilievo che l’imputata non era mai stata proprietaria del terreno o delle opere costruite. La difesa fa presente che, su istanza della stessa interessata, il Tribunale, con provvedimento del 3 ottobre 2017, aveva disposto la sospensione dell’esecuzione della demolizione in attesa di determinazioni del Comune in ordine alla predisposizione di un nuovo ricovero per animali, e che tale provvedimento non era stato impugnato.
2.2. Con un secondo motivo di doglianza, si deduce la violazione degli artt. 165 e 168 cod. pen., perché il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto valutare la circostanza che la condannata non era proprietaria del fondo e del fabbricato e avrebbe dovuto, perciò, rigettare l’istanza di revoca della sospensione condizionale, in quanto condizionata ad un evento che non rientrava nella sua disponibilità, quale la demolizione.
2.3. In terzo luogo, si prospetta la violazione degli artt. 666 e 674 cod. proc. pen., per l’identità tra il presente procedimento di esecuzione e quello che era sfociato nella sospensione dell’ordine demolizione di cui sopra. Si sostiene, in particolare, che nel presente procedimento il giudice non avrebbe potuto revocare la sospensione già disposta nel precedente procedimento.
2.4. In quarto luogo, si deducono vizi della motivazione, sul rilievo che il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con i documenti acquisiti agli atti: sia perché non si sarebbe potuto ritenere che il tempo trascorso per la demolizione fosse trascorso inutilmente, essendo stata sospesa la demolizione stessa; sia perché, dalle sentenze di primo e secondo grado, si evinceva con chiarezza la mancanza di titolarità del diritto di proprietà e, dunque, l’impossibilità di demolire; sia perché il giudice avrebbe ritenuto che l’invocato contrasto tra il piano regolatore comunale aveva determinato l’interessata a non chiedere l’autorizzazione per il manufatto adibito a canile, mentre non vi era documentazione dalla quale emergesse tale situazione.
2.5. Con una quinta censura, si lamenta la mancanza, nel provvedimento impugnato, di valutazioni in merito all’esistenza dell’ordinanza con cui si era disposta la sospensione e alla rilevanza della stessa ai fini dell’obbligo di demolizione, che invece sarebbe escluso nella sua attualità da tale ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. La prima parte del primo motivo e il secondo motivo di doglianza – che possono essere trattati congiuntamente, perché attengono entrambi alla circostanza che la condannata non era proprietaria del fondo e del fabbricato, con la duplice conseguenza che l’ordine di demolizione non avrebbe potuto essere disposto a suo carico e che la sospensione condizionale della pena non avrebbe potuto essere subordinata all’esecuzione della demolizione – sono infondati.
Deve ricordarsi che, in tema di sospensione condizionale, il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell’obbligo di demolizione dell’immobile abusivo – cui sia stata subordinata la concessione del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen. – determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salva l’ipotesi di sopravvenuta impossibilità; con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione, al quale non è attribuita alcuna discrezionalità al riguardo, non è tenuto a motivare su questioni diverse dall’adempimento e dalla inesistenza di cause che lo rendano impossibile (ex plurimis, Sez. 3, n. 9859 del 21/01/2016, Rv. 266466; Sez. 3, n. 26744 del 30/04/2015, Rv. 264024; Sez. 3, n. 32834 del 19/06/2013, Rv. 255874). La giurisprudenza di legittimità consente, dunque, al giudice dell’esecuzione la sola valutazione dell’impossibilità dell’adempimento, la quale, per avere effetto preclusivo della revoca della sospensione condizionale, deve essere sopravvenuta e non imputabile al condannato. Si desume da quanto precede che il giudice dell’esecuzione non può effettuare valutazioni su un’eventuale impossibilità originaria dell’esecuzione della demolizione e, più in particolare, sull’effettiva disponibilità in capo al condannato delle opere da demolire, perché tali valutazioni sono riservate al giudice del merito e possono essere contestate dall’interessato solo con l’impugnazione della sentenza di condanna, ma non più in sede esecutiva.
Tali principi sono stati correttamente applicati nel caso di specie, in cui la sentenza è divenuta irrevocabile il 26 luglio 2014 e il termine fissato per la rimessione in pristino, attraverso la demolizione, era di un mese dal passaggio in giudicato (26 agosto 2014). Infatti, il giudice dell’esecuzione si è limitato a prendere atto della circostanza che, entro tale termine perentorio, non era intervenuta alcuna demolizione, conseguentemente revocando la sospensione condizionale della pena, che alla demolizione era subordinata, non potendo considerare la prospettazione difensiva – peraltro del tutto generica – secondo cui la condannata non avrebbe mai avuto la disponibilità delle opere edilizie da demolire.
1.2. La seconda censura contenuta nel primo motivo, il terzo e il quinto motivo di ricorso – che possono essere trattati congiuntamente, perché relativi all’efficacia del provvedimento del 3 ottobre 2017, con cui il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva disposto la sospensione dell’esecuzione della demolizione in attesa di determinazioni del Comune – sono infondati.
Come già osservato, il sindacato del giudice dell’esecuzione, quanto alla subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive, è limitato alla verifica dell’avveramento della condizione della demolizione entro il termine fissato e, in caso negativo, della configurabilità di un’impossibilità sopravvenuta non imputabile al condannato. Ne consegue che l’eventuale sospensione dell’esecuzione della demolizione, che sia disposta – come nel caso di specie (il 3 ottobre 2017) – dopo la scadenza di detto termine (26 agosto 2014), non assume alcuna rilevanza ai fini della sospensione condizionale, che è stata perciò correttamente revocata. Ciò rende superflua ogni considerazione circa la legittimità del provvedimento di sospensione già adottato, dovendosi in ogni caso evidenziare che si tratta di un atto avente efficacia provvisoria, perché emanato in attesa delle determinazioni del Comune in ordine alla possibilità di predisporre un nuovo ricovero per animali.
1.3. Sulla base delle considerazioni che precedono, devono essere ritenuti manifestamente insussistenti i vizi motivazionali censurati con il quarto motivo di doglianza, relativi a un ipotizzato contrasto tra il provvedimento impugnato e gli atti di causa. In particolare, deve osservarsi che: il giudice dell’esecuzione ha correttamente affermato che la demolizione non è stata effettuata entro il termine fissato in sentenza, perché la sua sospensione è intervenuta successivamente alla scadenza del termine stesso, con la conseguenza che la revoca della sospensione condizionale doveva essere comunque disposta; la pretesa illegittimità dell’ordine di demolizione, per mancanza di titolarità del diritto di proprietà delle opere edilizie abusive in capo all’imputata, avrebbe dovuto essere fatta valere con le impugnazioni nel procedimento di cognizione, essendo preclusa la sua valutazione da parte del giudice dell’esecuzione; le vicende relative al piano regolatore e alla mancata richiesta di autorizzazione per il manufatto adibito a canile riguardano la fase di cognizione e sono, dunque, irrilevanti in sede esecutiva.
2. Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24/10/2019.