Cass. Sez. III n. 22258 del 27 maggio 2016 (Ud 28 apr 2016)
Pres. Fiale Est. Ramacci Ric. Leone
Urbanistica.Subordinazione della sospensione condizionale alla demolizione e termine per l'adempimento
Il giudice può individuare liberamente il termine per l'adempimento della condizione della demolizione del manufatto abusivo cui è subordinata la sospensione della pena, mentre, in caso di omessa indicazione del termine medesimo questo va individuato in novanta giorni
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza dell'8/1/2015 ha confermato la decisione con la quale, in data 19/12/2013, il Tribunale di Crotone aveva affermato la responsabilità penale di L.S. in ordine ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), artt. 64, 71, 93, 94 e 95, per la realizzazione, in assenza di permesso di costruire ed in violazione sulla disciplina delle costruzioni in zone sismiche e sulle opere in conglomerato cementizio armato, di un fabbricato su due piani fuori terra aventi una superficie di circa 150 mq ciascuno (fatti accertati in (OMISSIS)), concedendo allo stesso la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione delle opere abusive entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p..
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che la individuazione del termine apposto al beneficio concesso si porrebbe in contrasto con la prevalente giurisprudenza di questa Corte, che lo avrebbe individuato in novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza ed, inoltre, impedirebbe il necessario coordinamento tra la procedura sanzionatoria penale e quella demandata all'autorità amministrativa.
3. Con un secondo motivo di ricorso rileva il decorso dei termini massimi di prescrizione del reato.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, perchè basato su motivi manifestamente infondati.
Va preliminarmente ricordato che è ormai pacificamente riconosciuta la possibilità, per il giudice penale, di subordinare l'applicazione della sospensione condizionale alla demolizione delle opere abusive.
Tale possibilità, secondo un primo orientamento, confermato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 1 del 10/10/1987 (dep.1988), Bruni, Rv. 177318), non era originariamente ammessa.
Tuttavia, una successiva pronuncia delle medesime Sezioni Unite (Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep. 1997), Luongo, Rv. 206659) ha fornito un condivisibile indirizzo interpretativo, ammettendo la legittimità della sospensione condizionale subordinata alla demolizione, che appare, peraltro, giustificata dalla circostanza che la presenza sul territorio di un manufatto abusivo rappresenta, indiscutibilmente, una conseguenza dannosa o pericolosa del reato, da eliminare (cfr.
Sez. 3, n. 32351 del 1/7/2015, Giglia e altro, Rv. 264252; Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013 (dep.2014), Russo, Rv. 258517; Sez. 3, n. 28356 del 21/5/2013, Farina Rv. 255466; Sez. 3, n. 38071 del 19/9/2007, Terminiello, Rv. 237825; Sez. 3, n. 18304 del 17/1/2003, Guido, Rv.22471; Sez. 3, n. 4086 del 17/12/1999 (dep. 2000), Pagano, Rv.216444).
Di tale consolidato indirizzo interpretativo risulta pienamente consapevole il ricorrente, il quale, infatti, non ne contesta la fondatezza, limitandosi invece a porre in dubbio, come si è specificato in premessa, la legittimità dell'individuazione del termine fissato dal giudice del merito per l'adempimento della condizione in trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, affermando, in sostanza, che lo stesso, sulla base della prevalente giurisprudenza di questa Corte, andrebbe quantificato in almeno novanta giorni, termine corrispondente a quello previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31.
2. Tale assunto, però, risulta del tutto infondato e basato su una errata lettura della richiamata giurisprudenza.
Viene infatti citata in ricorso, a sostegno della tesi prospettata, una decisione di questa Corte (Sez. 3, n. 23840 del 13/5/2009, P.G. in proc. Neri, Rv. 244078) che, nel caso in cui il giudice abbia omesso di provvedere alla indicazione del termine per adempiere all'obbligo di demolizione del manufatto abusivo, lo indica in novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, applicando il parametro previsto dal cit. D.P.R., art. 31.
Tale decisione, le cui conclusioni venivano successivamente ribadite (Sez. 3, n. 7046 del 4/12/2014 (dep.2015), Baccari, Rv. 262419; Sez. 3, n. 25930 del 22/5/2013, Tascone, non massimata; Sez. 3, n. 10581 del 6/2/2013, Lombardo, Rv. 254757) si contrapponeva ad un più risalente indirizzo interpretativo con il quale si era sostenuto che, in caso di condanna per reati edilizi con subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo senza indicazione di un termine da parte del giudice, va determinata la sua coincidenza con quello legale di cui all'art. 163 c.p. che, per le contravvenzioni, è di due anni (Sez. 3, n. 7283 del 11/1/2007, P.M. in proc. Faralla, Rv. 235954).
3. Tale più risalente pronuncia, rilevando la infondatezza delle conclusioni cui era pervenuto il giudice a quo - in quanto avrebbero portato a ritenere che la condizione apposta alla sospensione della pena possa essere soddisfatta in ogni tempo, senza alcun limite temporale preclusivo, determinando l'impossibilità di revocare la sospensione condizionale della pena per mancato adempimento della condizione - si limita ad affermare che, in assenza dell'apposizione di un termine per l'adempimento da parte del giudice, questo debba ritenersi coincidente con quello legale di cui all'art. 163 c.p., per il quale la pena resta sospesa e, cioè, di due anni per le contravvenzioni.
Nel far ciò, la sentenza si riporta implicitamente al contenuto di una precedente decisione, la quale, rilevando che la previsione del termine di cui all'art. 165 c.p. costituisce una clausola, apposta quale ulteriore condizione per la concessione del beneficio, che implica per il condannato la scelta tra l'eliminare le conseguenze del reato, così evitando di subire la pena, oppure continuare a godere del prodotto del reato, esponendosi all'esecuzione penale, affermava che l'omessa apposizione del termine da parte del giudice non comporta la nullità della clausola, ma solo l'integrazione della stessa con il termine legale di cui all'art. 163 c.p. (Sez. 3, n. 33933 del 5/7/2001, Saglimbeni P, Rv. 220197).
Nella medesima sentenza si osserva che il principio, in precedenza affermato (Sez. 2, n. 10219 del 13/3/1991, Sperone, Rv. 188600, conf.
Sez. 2, n. 10510 del 18/6/1982, Vailatti, Rv. 156000), era pienamente condiviso in ragione del fatto che il termine così individuato risulta corrispondente al periodo di tempo che la legge prende in esame per valutare se il comportamento tenuto dal condannato lo renda meritevole del beneficio, ritenuto implicitamente applicabile anche agli obblighi restitutori e risarcitori, ove non diversamente disposto.
Diversamente dal più recente e difforme indirizzo offre una diversa soluzione del problema, partendo dalla premessa che, per la soluzione della questione, non può farsi ricorso a criteri generali universalmente applicabili, in quanto dipendente dalla natura e dalla specie dell'obbligo al cui adempimento sia stato subordinato il beneficio.
Sulla base di tale premessa si osserva che il beneficio della sospensione condizionale della pena è finalizzato a dissuadere il condannato dalla reiterazione del reato per conseguire il vantaggio della sua estinzione, mentre la condizione apposta al beneficio tende, nel caso dell'illecito edilizio, "...a rafforzare l'adempimento dell'obbligo di demolire opere abusive avendo come obiettivo la rapida eliminazione di situazioni antigiuridiche produttive di effetti negativi sull'assetto territoriale". Per queste ragioni, si osserva "non è accettabile che la condizione apposta al suddetto beneficio per il conseguimento anticipato del ripristino dell'integrità territoriale possa essere adempiuta fino alla scadenza del termine stabilito, sia pure anche a scopo dissuasivo, per fare conseguire al condannato il vantaggio dell'estinzione del reato. L'esito naturale di tale risultato non potrà, quindi, essere conseguito in tutte quelle situazioni in cui potendo essere anticipatamente conseguita l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, il condannato non adempia nel termine fissato dal giudice a quanto impostogli con la condizione".
Ad ulteriore sostegno di tale tesi si è anche specificato (Sez. 3, n. 25930 del 22/5/2013, Tascone, cit.) che l'individuazione del termine non apposto dal giudice in misura coincidente con quello previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 consente un adeguato coordinamento tra la procedura sanzionatoria penale e quella, convergente, demandata all'autorità amministrativa.
4. Ciò posto, deve tuttavia rilevarsi come, nelle sentenze appena richiamate, si era verificata una situazione del tutto diversa da quella in esame, in quanto il giudice del merito, pur subordinando il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo, aveva, come si è visto, del tutto omesso l'indicazione del termine per l'adempimento della condizione e quello individuato in novanta giorni veniva ritenuto più coerente rispetto all'altro, quantificato dalla contrapposta pronuncia in due anni.
Si osservava, infatti, che, tenuto conto dello sviluppo del procedimento amministrativo sanzionatorio, risulterebbe del tutto incongrua la previsione, in caso di concessione della sospensione condizionale, di un termine di gran lunga maggiore per pervenire al medesimo risultato della demolizione ed, inoltre, sarebbero del tutto vanificate le finalità individuate dalla difforme giurisprudenza ed in precedenza ricordate, venendosi di fatto a consentire al condannato di procrastinare l'eliminazione delle conseguenze del reato diversamente da quanto avverrebbe (o dovrebbe avvenire) se il beneficio non venisse concesso o non fosse subordinato all'adempimento dell'obbligo.
Nella sentenza cui si riferisce il ricorrente (ed anche in quelle successive), dunque, non viene individuato un termine minimo inderogabile per l'adempimento dell'obbligo di demolizione cui è subordinata la sospensione condizionale della pena, perchè viene, invece, semplicemente posto rimedio all'omissione del giudice del merito, specificando che, in assenza di un diverso termine di adempimento, questo va individuato in novanta giorni, richiamando a tale proposito, del tutto ragionevolmente, il cit. D.P.R., art. 31.
5. Va tuttavia rilevato che, come si desume dalla semplice lettura della richiamata disposizione, il termine di novanta giorni per la demolizione viene individuato dal menzionato D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 solo perchè dal suo infruttuoso decorso consegue l'acquisizione gratuita del manufatto abusivo e dell'area di sedime al patrimonio del Comune (e l'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al comma 4-bis), ma non costituisce affatto una sorta di sbarramento temporale alla demolizione la quale, peraltro, può anche essere eseguita direttamente dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio tecnico comunale nei casi previsti dal cit.
D.P.R., art. 27.
Va anche ricordato che la demolizione ordinata dal giudice penale ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9 costituisce atto dovuto ed è esplicazione di un potere autonomo e non alternativo al quello dell'autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione (cfr. Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013 (dep. 2014), Russo, Rv. 258518; Sez.3, n.37906 del 22/5/2012, Mascia ed altro, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, Sorrentino Rv. 198511 ed altre prec. conf. Ma si vedano anche Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, P.M. in proc. Monterisi, Rv.
205336; Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep.1997), Luongo, Rv.
206659). La richiamata disposizione, inoltre, si pone come norma di chiusura del complesso sistema sanzionatorio amministrativo in precedenza descritto (cfr. Corte Cost. ord. 33 del 18/1/1990; ord. 308 del 9/7/1998; Cass. Sez. F, n. 14665 del 30/08/1990, Di Gennaro, Rv. 185699).
L'ordine del giudice, peraltro, prescinde del tutto dagli effetti ablatori e sanzionatori dell'inadempimento all'ingiunzione nel termine di novanta giorni di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 3, del tutto indipendenti dal giudicato penale, tanto è vero che, nei casi diversi da quelli concernenti la omessa indicazione, da parte del giudice, del termine per l'adempimento della condizione della demolizione del manufatto abusivo cui è subordinata la sospensione della pena, non viene attribuito alcun rilievo al termine di novanta giorni, che non viene neppure preso in considerazione.
6. In altre occasioni, infatti, questa Corte ha, seppure implicitamente, riconosciuto la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo entro un termine inferiore a quello di novanta giorni (si vedano, ad esempio, Sez. 3, n. 32834 del 19/06/2013, Natalizi, Rv.
255874 ove il termine è fissato in sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza; Sez. 3, n. 28356 del 21/5/2013, Farina, Rv.
255466 che si riferisce ad un termine di due mesi dal passaggio in giudicato della sentenza) o anche maggiore (cfr. Sez. 3, n. 20378 del 24/02/2004, Borrello e altro, Rv. 229035, ove il termine è fissato in sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza).
Del resto, l'art. 165 c.p. prevede una statuizione discrezionalmente adottabile dal giudice, che ben può essere motivatamente adeguata al caso concreto.
Ciò è pacificamente avvenuto nella vicenda in esame, laddove la Corte territoriale ha anche chiarito che le caratteristiche e le dimensioni dell'opera abusiva giustificavano la pronta demolizione e, in presenza di un termine precisamente stabilito, non poteva il ricorrente pretendere dai giudici del merito l'applicazione di quello, diverso, che, lo si ripete, questa Corte ha indicato al solo fine di sopperire ad eventuali omissioni, non verificatesi nel caso di specie.
La sentenza impugnata risulta pertanto del tutto immune da censure.
7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.500,00.
L'inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all'art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00 (millecinquecento) in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2016