Consiglio di Stato Sez. II n. 1767 del 22 febbraio 2024
Urbanistica.Acquisizione al patrimonio del comune per omessa demolizione e demolizione tardiva. 

Il termine di novanta giorni entro il quale deve essere ottemperata ai sensi dell’art. 31, comma 3, d.p.r. n. 380/2001 l’ingiunzione di demolizione, deve considerarsi un termine perentorio. L’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione a demolire. In coerenza con tale assunto, il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale dell’ente. L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem - l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva). È, pertanto, irrilevante l’eventuale adempimento tardivo al fine di evitare il trasferimento della proprietà a favore del Comune e qualora l’ordinanza di demolizione sia eseguita tardivamente, l’Amministrazione deve emanare il provvedimento dichiarativo di acquisizione (di un bene ormai suo), anche se risulti che l’ordinanza sia stata eseguita dopo la scadenza del termine di novanta giorni. Resta comunque illecita la demolizione posta in essere dal privato successivamente a tale passaggio di proprietà. Il Comune potrebbe, infatti, decidere di non demolire l’opera nei casi di cui all’art. 31, comma 5, d.p.r. n. 380/2001. 

Pubblicato il 22/02/2024

N. 01767/2024REG.PROV.COLL.

N. 09029/2023 REG.RIC.

N. 09575/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9029 del 2023, proposto da:
-OMISSIS- in qualità di legale rappresentante della -OMISSIS- di -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato Michele Avino, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Angri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Rosaria Violante, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;


sul ricorso numero di registro generale 9575 del 2023, proposto da:
Immobiliare Amore s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Salvatore Giordano, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Angri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Rosaria Violante, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

quanto ad entrambi i ricorsi:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Seconda, n. -OMISSIS-


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Angri in entrambi i giudizi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2024 il Cons. Francesco Cocomile e uditi per le parti gli avvocati Michele Avino, Salvatore Giordano e Rosaria Violante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. - La società Immobiliare Amore s.r.l. è proprietaria di un locale commerciale, con annessa corte scoperta, sito in Angri, catastalmente identificato al foglio 11 part. 812 sub 71, condotto in locazione da oltre 19 anni dalla -OMISSIS-, in persona dell’accomandatario sig. -OMISSIS-

In data 13 maggio 2011 il Comune di Angri emetteva ordinanza di demolizione di un manufatto in ampliamento al locale commerciale esistente de quo, adibito a sala somministrazione della pertinente caffetteria.

Il manufatto era sottoposto a sequestro giudiziario in data 19 novembre 2009 e successivamente dissequestrato a seguito di sentenza penale emessa dal Giudice del Tribunale di Nocera Inferiore n. -OMISSIS- con la quale si dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati “essendo il reato ad essi ascritto estinto per intervenuta prescrizione”.

Con atto dell’11 maggio 2023, n. 15075 il Comune di Angri accertava l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 16367 del 13 maggio 2011, formalizzata nel verbale della Polizia Locale del 24 aprile 2023, e contestualmente avvertiva che “ai sensi e per gli effetti dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, tale notifica costituisce titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari di Salerno dell’immobile interessato dall’abuso edilizio, corrispondente a: intera area, compreso area esterna coperta su cui insiste l’abuso edilizio rilevato, dell’unità immobiliare distinta nel catasto fabbricati al foglio 11 p.lla 812 sub. 71, in quanto la superficie complessiva del sub 71, risulta essere inferiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”. Irrogava inoltre al sig. -OMISSIS- la sanzione pecuniaria di € 5.750,00 ai sensi dell’art. 31, comma 4-bis, d.p.r. n. 380/2001.

2. - Avverso il citato atto dell’11 maggio 2023, n. 15075 proponevano ricorso dinanzi al T.A.R. Campania, Sezione staccata di Salerno, sia il sig. -OMISSIS--, in qualità di legale rappresentante della “-OMISSIS-”, mediante gravame r.g. n. -OMISSIS- sia la società Immobiliare Amore s.r.l., mediante gravame r.g. n. -OMISSIS-

3. - Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito T.A.R., previa riunione dei due ricorsi, li accoglieva in parte nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto, annullava il provvedimento, dell’11 maggio 2023, n. 15075, limitatamente alle aree diverse da quelle costituenti oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 16367 del 13 maggio 2011 e li rigettava per il resto.

4. - Con un primo atto di appello r.g. n. -OMISSIS- il sig. -OMISSIS--, in qualità di legale rappresentante della “-OMISSIS-”, chiedeva la riforma della sentenza del T.A.R. Campania, Sezione staccata di Salerno n. -OMISSIS-

Deduceva i seguenti motivi di appello:

«1) In annullamento/riforma della sentenza T.A.R. Campania - sezione staccata di Salerno n. 1960/23, accertare e dichiarare l’inesistenza e/o nullità ex tunc dell’atto impugnato col giudizio di primo grado, per sopravvenienza di nuovo atto amministrativo recante nuovo accertamento di inottemperanza, fondato su nuovi e sopravvenuti elementi istruttori e valutativi, avente effetto sul medesimo bene immobile e riguardante la medesima vicenda sanzionatoria. Pertanto, in riforma della impugnata sentenza, dichiararsi cessata la materia del contendere e/o la carenza di interesse; subordinatamente, annullare l’impugnata sentenza con rinvio al primo Giudice per la relativa declaratoria di cessazione della materia del contendere e/o carenza di interesse.

2) Subordinatamente: Omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado sui motivi di impugnazione di cui alla lett. a) del ricorso di primo grado, costituente motivo principale e determinante della richiesta di annullamento dell’atto amministrativo in quanto attinente alla controversa natura dell’abuso ed alle diverse conseguenze sanzionatorie. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc. Assenza di motivazione in ordine alla mancata pronunzia.

3) In via parimenti subordinata: Omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado sul motivo di impugnazione di cui alla lett. b) del ricorso di primo grado, costituente motivo parimenti determinante ai fini della richiesta di annullamento del provvedimento impugnato, in quanto attinente al regime della colpa del proprietario. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc. Assenza di motivazione in ordine alla mancata pronunzia.

4) Omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado sul motivo di impugnazione di cui alla lett. d) del ricorso di primo grado, costituente motivo parimenti determinante ai fini della richiesta di annullamento del provvedimento impugnato, in quanto attinente al non automatismo dell’effetto acquisitivo in presenza dell’integrale demolizione delle opere abusive. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc. Assenza di motivazione in ordine alla mancata pronunzia.

5) Error in iudicando in relazione al punto della sentenza impugnata, in cui si legge: “l’atto impugnato, avente per il resto natura strettamente vincolata, anche laddove applica la sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 31 comma 4 bis del DPR 380/2001, la quale consegue automaticamente dall’accertamento dell’inottemperanza” (cfr. pag. 7 sent. N. 1960/2023 Tar Salerno); e, nel PQM: “Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui due ricorsi, RG -OMISSIS- così riuniti, li accoglie in parte nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto, annulla il provvedimento, dell’11.05.2023, n. 15075, limitatamente alle aree diverse da quelle costituenti oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 16367 del 13.05.2011. Li rigetta nel resto”».

5. - Si costituiva il Comune di Angri, resistendo all’appello.

6. - Con un secondo atto di appello r.g. n. -OMISSIS- la società Immobiliare Amore s.r.l., chiedeva la riforma della medesima sentenza del T.A.R. Campania, Sezione staccata di Salerno n. -OMISSIS-

Articolava i seguenti motivi di appello:

«1. Inesistenza dell’atto impugnato con il giudizio di primo grado, per sopravvenienza di nuovo atto amministrativo – cessata materia del contendere.

2. Omessa pronuncia sui motivi di impugnazione di cui ai punti 2 e 3 del ricorso di primo grado – Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc».

7. - Si costituiva il Comune di Angri, resistendo all’appello.

8. - All’udienza pubblica del 13 febbraio 2024 entrambi i giudizi di appello r.g. n. -OMISSIS- e r.g. n. -OMISSIS- passavano in decisione.

9. - Preliminarmente, va disposta la riunione degli appelli in epigrafe, nei termini imposti dall’art. 96, comma 1, cod. proc. amm. (“Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo”), trattandosi di appelli avverso la medesima sentenza.

10. - Ciò premesso, ritiene questo Giudice che l’appello del sig. -OMISSIS--, in qualità di legale rappresentante della “-OMISSIS-”, (r.g. n. -OMISSIS-) debba essere in parte respinto e in parte accolto.

10.1. - In primis va rilevato che l’omessa impugnazione dell’ordine demolitorio del 13 maggio 2011 esclude che vi possa essere interesse a gravare il successivo atto amministrativo (dell’11 maggio 2023) che accerta l’inottemperanza all’ordine stesso, giacché l’ordinanza di demolizione non impugnata copre per intero le opere e non consente di rimettere in discussione l’assetto in essa statuito (cfr. T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II, 2 novembre 2021, n. 977 con argomentazione condivise da questo Collegio).

Sul punto ha evidenziato Cons. Stato, Sez. V, 24 marzo 2011, n. 1793:

«… il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e ripristino dello stato primitivo dei luoghi e quello successivo di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime sono consequenziali, connessi e conseguenti a detto ordine, con la conseguenza che non sono autonomamente impugnabili, in mancanza di tempestiva impugnazione dell’ordine stesso (Consiglio Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 40), a meno che non si facciano valere vizi propri degli atti in questione (Consiglio Stato, sez. IV, 08 novembre 2010, n. 7914). …».

Con il ricorso di primo grado il sig. -OMISSIS- ha impugnato l’atto (risalente all’11 maggio 2023) di accertamento dell’inottemperanza dell’ordinanza di demolizione emessa dal Comune in data 13 maggio 2011 (viceversa mai contestato in sede giurisdizionale). Ne consegue che il presente giudizio ha ad oggetto l’impugnazione di atto meramente esecutivo di un’ordinanza di demolizione emanata nel 2011 (peraltro notificata a suo tempo allo stesso -OMISSIS-) e rimasta del tutto inoppugnata.

La stessa è, pertanto, divenuta allo stato incontrovertibile.

10.2. - Nel merito si rileva quanto segue.

10.2.1. - Con il primo motivo di appello l’-OMISSIS- deduce l’asserita inesistenza e/o nullità ex tunc dell’atto impugnato con il ricorso di primo grado (dell’11 maggio 2023) per sopravvenienza di un nuovo atto amministrativo (del 21 settembre 2023).

Il motivo non può essere accolto.

Invero, il nuovo atto del 21 settembre 2023 (di rettifica del precedente dell’11 maggio 2023) risulta essere stato annullato dal T.A.R. Campania, Sezione staccata di Salerno con sentenza n. -OMISSIS- (allo stato non appellata), con la conseguenza che permane in toto l’interesse degli appellanti alla definizione nel merito del presente giudizio di appello avente ad oggetto l’originario provvedimento dell’11 maggio 2023.

10.2.2. - Con il secondo motivo l’appellante -OMISSIS- deduce subordinatamente l’omessa pronuncia sui motivi di impugnazione di cui alla lettera a) del ricorso di primo grado per avere applicato il Comune di Angri la sanzione acquisitiva di cui all’art. 31 TUE in luogo dell’art. 33 d.p.r. n. 380/2001 (dettato, quest’ultimo, in tema di “Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità”).

Il motivo non è suscettibile di positivo apprezzamento.

Invero, il sig. -OMISSIS- con il ricorso di primo grado ha impugnato unicamente l’atto di accertamento di inottemperanza. Correttamente il Giudice di prime cure ha rilevato che “… il referente normativo è l’art. 31, comma 3 TU edilizia, che così recita ...”. L’appellante avrebbe potuto eccepire l’applicazione del regime sanzionatorio di cui all’art. 33 d.p.r. n. 380/2001, qualora avesse impugnato a suo tempo il provvedimento di demolizione, emesso dal Comune di Angri in data 13 maggio 2011, provvedimento all’opposto mai contestato e quindi - come visto - consolidatosi.

In ogni caso, a prescindere dalla tardività della contestazione, va rilevato che l’abuso contestato è un ampliamento sine titulo in relazione al titolo autorizzativo del locale commerciale preesistente.

L’art. 3, comma 1, d.p.r. n. 380/2001 definisce cinque tipologie di interventi edilizi: manutenzione ordinaria; manutenzione straordinaria; restauro e risanamento conservativo; ristrutturazione edilizia; nuova costruzione; ristrutturazione urbanistica.

L’ampliamento deve essere qualificato dalla lettura della disposizione in esame come “variazione sostanziale”, che si identifica in una “nuova costruzione”.

L’art. 3, comma 1, lett. e), d.p.r. n. 380/2001 contempla testualmente tra gli “interventi di nuova costruzione”, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti.

Ai sensi della disposizione da ultimo citata sono comunque da considerarsi tali:

“e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6)”: l’abuso contestato nel caso in esame consiste in un ampliamento di una costruzione esistente all’esterno della sagoma esistente;

“e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o delle tende e delle unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione, e loro pertinenze e accessori, che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, che non posseggano alcun collegamento di natura permanente al terreno e presentino le caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive previste dalle normative regionali di settore ove esistenti”: l’abuso de quo consiste appunto in una struttura adibita a sala utilizzata per la consumazione ai tavoli dei clienti del bar in via continuativa e stabile;

“e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale”: si tratta di una figura giuridica desumibile dal combinato disposto con l’art. 3, comma 1, lett. e), e.1) ed e.5), d.p.r. n. 380/2001 e assoggettabile al regime sanzionatorio di cui all’art. 31 TUE. Nella fattispecie in esame l’edificio principale è pari a mq 71, mentre l’ampliamento contestato è pari a mq 115,00, volume di gran lunga superiore alla misura del 20% del volume dell’edificio principale. In ossequio alla citata lett. e.6), la misura del volume nella quale sarebbe stato possibile l’intervento edilizio pertinenziale, tale da non essere definito “nuova costruzione”, sarebbe dovuto essere non superiore a circa 14,2 mq.

È evidente, pertanto, che l’opera in questione si configura come una “nuova costruzione”, così come descritta dall’art. 3, lett. e), e.1), e.5) ed e.6), d.p.r. n. 380/2001.

Tuttavia, per detto ampliamento non è stata presentata alcuna istanza di permesso a costruire.

Peraltro, l’art. 10, comma 1, d.p.r. n. 380/2001 rubricato “Interventi subordinati a permesso di costruire” prevede:

«Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:

a) gli interventi di nuova costruzione;

b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;

c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e, inoltre, gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, situati nelle medesime aree, in entrambi i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria.».

Pertanto, l’opera abusiva contestata rientra nel novero delle opere contemplate dall’art. 10, comma 1, lett. a), poiché corrisponde in pieno alle definizioni di cui all’art. 3, comma 1, lett. e), d.p.r. n. 380/2001 e non lett. d) (contenente la definizione di “ristrutturazione edilizia”).

Acclarato che si tratta di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia, per il regime sanzionatorio si applica l’art. 31 TUE.

L’appellante fa riferimento a una consulenza di parte resa in assenza di contraddittorio e qualifica l’abuso in parola come “veranda”.

Tuttavia, sul punto nulla cambia, considerato che in ogni caso la veranda è soggetta all’applicazione del regime di cui all’art. 10 TUE se essa costituisce - come nel caso di specie - “un nuovo locale autonomamente utilizzabile” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9 ottobre 2018, n. 5801).

10.2.3. - Con il terzo motivo di appello il sig. -OMISSIS- deduce in via parimenti subordinata l’omessa pronuncia, da parte del Giudice di primo grado, in ordine al motivo di impugnazione di cui alla lett. b) del ricorso di primo grado, costituente motivo asseritamente determinante ai fini della richiesta di annullamento del provvedimento impugnato, in quanto attinente al regime della colpa del proprietario, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e l’assenza di motivazione relativamente alla mancata pronuncia.

Il motivo va disatteso.

Sul punto va evidenziato che secondo la sentenza dell’Adunanza plenaria, 11 ottobre 2023, n. 16:

«… 19.5. Come ha evidenziato la Corte Costituzionale, l’ordine di demolizione e l’atto di acquisizione al patrimonio comunale costituiscono due distinte sanzioni, che rappresentano “la reazione dell’ordinamento al duplice illecito posto in essere da chi dapprima esegue un’opera abusiva e, poi, non adempie all’obbligo di demolirla” (sentenza n. 140 del 2018, § 3.5.1.1.; sentenza n. 427 del 1995; sentenza n. 345 del 1991).

La sanzione disposta con l’ordinanza di demolizione ha natura riparatoria ed ha per oggetto le opere abusive, per cui l’individuazione del suo destinatario comporta l’accertamento di chi sia obbligato propter rem a demolire e prescinde da qualsiasi valutazione sulla imputabilità e sullo stato soggettivo (dolo, colpa) del titolare del bene.

Invece, l’acquisizione gratuita, quale conseguenza dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e della relativa omissione, ha natura afflittiva (così come la correlata sanzione pecuniaria).

19.6. In considerazione di tale natura afflittiva, ritiene l’Adunanza Plenaria che vada affermato in materia anche il principio per il quale deve esservi l’imputabilità dell’illecito omissivo della mancata ottemperanza.

Pertanto, l’atto di acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale non può essere emesso quando risulti la non imputabilità - per una malattia completamente invalidante - della mancata ottemperanza da parte del destinatario dell’ordine di demolizione (salvi gli obblighi del suo eventuale rappresentante legale).

Per il principio della vicinanza alla fonte della prova, è specifico onere per il destinatario dell’ordine di demolizione – o, in ipotesi, del suo rappresentante legale - dedurre e comprovare la sussistenza di tale non imputabilità: l’Amministrazione, in assenza di comprovate deduzioni, deve emanare l’atto di acquisizione. …».

Nel caso di specie la non imputabilità della società Immobiliare Amore s.r.l. (proprietaria dell’immobile per cui è causa e legittimata passiva - in forza dell’art. 31, comma 2, d.p.r. n. 380/2001- insieme al responsabile dell’abuso, rispetto all’ordine contenuto nel provvedimento di demolizione) non è emersa nel corso del giudizio, non potendosi a tal fine ritenere sufficienti le due diffide risalenti al 31 maggio 2019 e al 19 maggio 2023 (le uniche prodotte agli atti del giudizio) e quindi a distanza di molto tempo rispetto all’ordine di demolizione impartito con l’originario provvedimento del 13 maggio 2011 (peraltro comunicato a suo tempo alla stessa società).

Peraltro, la diffida del 19 maggio 2023 è successiva all’impugnato atto di accertamento di inottemperanza risalente all’11 maggio 2023.

Va, altresì, rimarcato che l’unica esimente della colpa del proprietario è la sua estraneità alla commissione dell’abuso edilizio, ovvero che, una volta a conoscenza dei fatti, si sia adoperato per impedirlo con tutti gli strumenti che l’ordinamento giuridico mette a disposizione.

Nel caso di specie risulta che del compimento dell’opera abusiva il proprietario ne era a conoscenza.

La data certa è il 23 luglio 2010, giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di sospensione e ripristino dello stato dei luoghi anche alla società Immobiliare Amore nella sua qualità di proprietaria dell’area.

L’appellante -OMISSIS-, nel tentativo di evitare che l’immobile sia acquisito dal Comune, asserisce di essere l’unico colpevole dell’abuso, così utilizzando l’elemento dell’estraneità della ditta proprietaria al fine di evitare la perdita del bene, che è un interesse comune di entrambi i soggetti.

Tuttavia, come detto, non sono state offerte prove concrete che dimostrino l’estraneità della proprietaria rispetto all’abuso.

Infatti, alle citate diffide rivolte dalla società al gestore per la rimozione della struttura abusiva non è seguita alcuna opera di demolizione.

Peraltro, nell’evidenziate l’interesse ad agire l’appellante -OMISSIS- afferma a pag. 8 dell’atto di appello che la -OMISSIS- è da sempre locataria dell’immobile oggetto di abuso.

Un proprietario che non vuole perdere un bene non subisce il comportamento di un locatario.

L’abuso poteva essere rimosso dalla stessa società proprietaria del bene, salvo che il gestore glielo impedisse, il che non si è verificato.

Bisogna, inoltre, considerare che la società Immobiliare Amore s.r.l. aveva notificato in data 10-11 ottobre 2019 alla -OMISSIS- e ad -OMISSIS-- atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida cui faceva seguito il provvedimento del Tribunale di Nocera Inferiore - Seconda Sezione Civile di convalida di sfratto del 12 dicembre 2019. A detto provvedimento non risulta essere seguito alcunché salvo la diffida del 19 maggio 2023.

Da ciò ne deriva che trattasi di comportamenti della ditta proprietaria del bene de quo non apprezzabili ai fini ripristinatori dell’abuso.

10.2.4. - Con il quarto motivo di appello il sig. -OMISSIS- deduce l’omessa pronuncia, da parte del Giudice di primo grado, in relazione al motivo di impugnazione di cui alla lettera d) del ricorso di primo grado, attinente al non automatismo dell’effetto acquisitivo in presenza dell’integrale demolizione delle opere abusive, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e l’assenza di motivazione in ordine alla mancata pronuncia.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Invero, il termine di novanta giorni entro il quale deve essere ottemperata ai sensi dell’art. 31, comma 3, d.p.r. n. 380/2001 l’ingiunzione di demolizione, deve considerarsi un termine perentorio.

Come evidenziato da Cons. Stato, Sez. VI, 12 maggio 2022, n. 3760 “… l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione a demolire. In coerenza con tale assunto, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale dell’ente (cfr. Cons. St., sez. IV, 7 luglio 2014, n. 3415). …”.

Su questo punto specifico la sentenza dell’Adunanza plenaria, 11 ottobre 2023, n. 16 ha rilevato:

“… c) l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem - l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva); …”.

È, pertanto, irrilevante l’eventuale adempimento tardivo al fine di evitare il trasferimento della proprietà a favore del Comune (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 2014, n. 3565: “Qualora l’ordinanza di demolizione sia eseguita tardivamente, l’Amministrazione deve emanare il provvedimento dichiarativo di acquisizione (di un bene ormai suo), anche se risulti che l’ordinanza sia stata eseguita dopo la scadenza del termine di novanta giorni”).

Resta comunque illecita la demolizione posta in essere dal privato successivamente a tale passaggio di proprietà. Il Comune potrebbe, infatti, decidere di non demolire l’opera nei casi di cui all’art. 31, comma 5, d.p.r. n. 380/2001.

L’ordine di demolizione di un’opera abusiva assolve, dunque, ad una funzione ripristinatoria del bene leso e configura un obbligo di fare per ragioni di tutela del territorio; ha natura di sanzione amministrativa di carattere reale e produce effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l’autore dell’abuso (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 11 ottobre 2023, n. 16: “La sanzione disposta con l’ordinanza di demolizione ha natura riparatoria ed ha per oggetto le opere abusive, per cui l’individuazione del suo destinatario comporta l’accertamento di chi sia obbligato propter rem a demolire e prescinde da qualsiasi valutazione sulla imputabilità e sullo stato soggettivo (dolo, colpa) del titolare del bene.”).

Infatti, l’ordine di demolizione può legittimamente essere adottato nei confronti del proprietario attuale, anche se non responsabile dell’abuso, poiché l’abuso edilizio costituisce un illecito con effetti permanenti e non prevede l’accertamento del dolo o della colpa del soggetto cui si imputa la realizzazione dell’abuso.

La sentenza impugnata condivisibilmente afferma:

«… il referente normativo è l’art. 31, comma 3, TU edilizia, che così recita: “se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune”;

la giurisprudenza interpreta la norma de qua in modo rigoroso;

si assume, in linea di principio, che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale prevista dall’art. 31, d.P.R. n. 380/2001 operi di diritto e automaticamente allo scadere del termine stabilito nell’ordinanza di demolizione, con la conseguenza che il formale accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione ha solo valenza di titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, cosicché la sua notifica all’interessato ha un’esclusiva funzione certificativa dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà; …»

A tal proposito, va rimarcato che secondo la menzionata sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16/2023 l’abuso edilizio sotto il profilo amministrativo ha una peculiare natura di illecito con effetti permanenti, comportando l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione “un secondo illecito di natura omissiva, che si aggiunge a quello di natura commissiva (insito nella realizzazione delle opere abusive)”.

Detto illecito, per le sue caratteristiche, consente di emettere l’atto di accertamento dell’inottemperanza anche nei confronti del nudo proprietario destinatario dell’ordine di demolizione - salva la possibilità di dedurre e di comprovare la non imputabilità della mancata ottemperanza - senza che in senso contrario osti la sentenza CEDU del 20 gennaio 2009, resa sul ricorso n. 75909/2001 in punto violazione dell’art. 1 del protocollo 1 della Convenzione (cfr. par. 31 della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16/2023).

In sintesi l’Adunanza Plenaria - nell’esaminare i quesiti proposti - ha enunciato i seguenti principi di diritto:

«… a) la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente ‘primo’ illecito - avente anche rilevanza penale - commesso con la realizzazione delle opere abusive;

b) la mancata ottemperanza - anche da parte del nudo proprietario - alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza;

c) l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta - in base alle regole dell’obbligo propter rem - l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva);

d) l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato.

e) la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore. …».

L’abbattimento tardivo da parte del privato dell’opera abusiva non comporta quindi il sorgere di un diritto di quest’ultimo alla retrocessione del bene, potendo solo evitare gli eventuali maggiori costi derivanti dalla demolizione in danno.

A nulla vale, pertanto, alla stregua dei principi di diritto affermati dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16/2023 la C.I.L.A. prot. n. 16873 del 26 maggio 2023, atteso che essa è stata presentata oltre i 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza di demolizione, risalente - come visto - al 13 maggio 2011 e addirittura successivamente al provvedimento impugnato risalente all’11 maggio 2023.

Il decorso di detto termine comporta, secondo la procedura delineata dall’art. 31 d.p.r. n. 380/2001 nell’interpretazione offerta dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16/2023, l’acquisizione dell’immobile in capo al Comune di Angri appellato.

Ne consegue che la C.I.L.A. è stata presentata da soggetto che non vantava più alcun diritto reale sull’immobile successivamente demolito.

Come visto in precedenza, il Comune potrebbe decidere di non demolire l’opera, esercitando le prerogative attribuitegli dal comma 5 dell’art 31 d.p.r. n. 380/2001, in base al quale l’opera acquisita è demolita salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 2002, n. 7030: “La demolizione eseguita dall’autore dell’abuso successivamente al decorso del termini di novanta giorni per ottemperare alla demolizione stessa, è illegittima, poiché interviene su un bene non più nella disponibilità dell’autore dell’abuso, ma impedisce anche all’amministrazione, che è il nuovo titolare del bene, di utilizzarlo in modo conforme ai suoi fini.”).

10.2.5. - Con il quinto motivo di appello il sig. -OMISSIS- deduce l’error in iudicando in relazione al punto della sentenza impugnata, in cui si legge: “… l’atto impugnato, avente per il resto natura strettamente vincolata, anche laddove applica la sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 31 comma 4 bis del DPR 380/2001, la quale consegue automaticamente dall’accertamento dell’inottemperanza …”.

Preliminarmente, si evidenzia che in forza del citato comma 4-bis (inserito dall’art. 17, comma 1, lett. q-bis), decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164) “L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.”.

Detto motivo merita accoglimento, dovendosi condividere le argomentazioni svolte sul punto dalla parte appellante.

Invero, l’impugnato provvedimento dell’11 maggio 2023 dispone la sanzione pecuniaria di € 5.750,00, ingiungendone il pagamento al sig. -OMISSIS-.

Tuttavia, la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16/2023 ha evidenziato a tal riguardo che “… la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi - prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 - abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore. …”. Ciò per salvaguardare i principi di irretroattività, desumibile nella materia sanzionatoria dall’art. 1 legge n. 689/1981, oltre che dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, di certezza dei rapporti giuridici, di tipicità e di coerenza.

Nella fattispecie in esame opera detta statuizione poiché prima dell’entrata in vigore della legge n. 164/2014 il sig. -OMISSIS- aveva già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni per ottemperare alla demolizione (risalente - come visto - al 13 maggio 2011) ed era risultato inottemperante a detto ordine, pur se tale inottemperanza è stata accertata solo dopo la sua entrata in vigore con l’impugnato provvedimento dell’11 maggio 2023.

Ne discende che il motivo di appello va accolto, con la conseguenza che la sentenza di primo grado va in parte qua riformata e che va annullato il censurato provvedimento dell’11 maggio 2023 nella parte in cui irroga al sig. -OMISSIS-- la sanzione pecuniaria.

11. - L’appello proposto dalla società Immobiliare Amore (r.g. n. -OMISSIS-) deve essere respinto.

11.1. - Con il primo motivo di appello la società Immobiliare Amore deduce l’inesistenza dell’atto impugnato con il giudizio di primo grado, per sopravvenienza di un nuovo atto amministrativo (del 21 settembre 2023) e la cessata materia del contendere.

Il motivo non può essere accolto.

Invero, come già evidenziato al precedente par. 10.2.1, il nuovo atto del 21 settembre 2023 (di rettifica del precedente dell’11 maggio 2023) risulta essere stato annullato dal T.A.R. Campania, Sezione staccata di Salerno con sentenza n. -OMISSIS- (allo stato non appellata), con la conseguenza che permane in toto l’interesse degli appellanti alla definizione nel merito del presente giudizio di appello avente ad oggetto l’originario provvedimento dell’11 maggio 2023.

11.2. - Con il secondo motivo di appello la società deduce l’omessa pronuncia sui motivi di impugnazione di cui ai punti 2 e 3 del ricorso di primo grado e la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ.

In sostanza la società Immobiliare Amore lamenta il fatto che il Giudice di primo grado non avrebbe in alcun modo valutato la non imputabilità della condotta posta in essere dalla stessa ditta rispetto alla mancata esecuzione dell’originario provvedimento di demolizione del 2011.

A tal riguardo si rinvia a quanto evidenziato al precedente par. 10.2.3.

Invero, si ribadisce che, diversamente da quanto sostenuto dalla appellante, la medesima società Immobiliare Amore s.r.l. non ha avuto “un comportamento attivo” idoneo nei confronti del conduttore, teso a eliminare concretamente il contestato abuso edilizio.

Come in precedenza evidenziato, la Immobiliare Amore s.r.l., proprietaria dell’area - a fronte di un’ordinanza di demolizione del 2011 - solo con nota del 31 maggio 2019 e con diffida del 19 maggio 2023 ha ingiunto al sig. -OMISSIS- conduttore, di rimuovere la struttura abusiva.

Emerge, pertanto, che il comportamento assunto nella vicenda in parola dalla società Immobiliare Amore srl lascia trasparire - alla stregua dei principi di diritto sanciti dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16/2023 - un elemento soggettivo, doloso / colposo, che legittima l’adozione nei confronti della società proprietaria dell’immobile di una sanzione afflittiva, come quella della perdita della proprietà.

12. - Da quanto in precedenza esposto discende che l’appello del sig. -OMISSIS--, in qualità di legale rappresentante della “-OMISSIS-”, (r.g. n. -OMISSIS-) deve essere in parte respinto e in parte accolto. Pertanto la sentenza di primo grado va in parte qua riformata e l’impugnato provvedimento dell’11 maggio 2023 va annullato nella parte in cui irroga al sig. -OMISSIS-- la sanzione pecuniaria.

L’appello della società Immobiliare Amore s.r.l. (r.g. n. -OMISSIS-) deve essere respinto.

13. - In considerazione della peculiarità e complessità della presente controversia sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti r.g. n. -OMISSIS- e r.g. n. -OMISSIS-, come in epigrafe proposti, così provvede:

1) accoglie nei limiti di cui in motivazione l’appello r.g. n. -OMISSIS- e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il censurato provvedimento dell’11 maggio 2023 nella parte in cui irroga al sig. -OMISSIS-- la sanzione pecuniaria;

2) respinge per il resto l’appello r.g. n. -OMISSIS-;

3) respinge l’appello r.g. n. -OMISSIS-.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2024 con l’intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Antonella Manzione, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere

Francesco Cocomile, Consigliere, Estensore