Cons. Stato Sez. IV n. 3498 del 8 giugno 2011
Urbanistica. Fascia di rispetto stradale

Il divieto di costruire a una certa distanza, imposto dall'art. 9 l. n. 729/1961 e dal d.m. Lavori Pubblici 1 aprile 1968, non può essere inteso restrittivamente, e cioè come previsto al solo scopo di prevenire l'esistenza di ostacoli materiali emergenti dal suolo e suscettibilità di costituire, per la prossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità delle persone, in quanto è correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all'occorrenza, dal concessionario per l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il deposito dei materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza limitazioni connesse alla presenza di costruzioni. Pertanto, il vincolo in questione, traducendosi in un divieto assoluto di costruire, rende legalmente inedificabili le aree site in fascia di rispetto stradale o autostradale, indipendentemente dalle caratteristiche dell'opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


N. 03498/2011REG.PROV.COLL.
N. 01951/2004 REG.RIC.


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 1951 del 2004, proposto da:
Montresor Lodovico, e successivamente , Montresor Francesco e Montresor Michele, in proprio e quali soci accomandatari della Azienda agricola Ottella s.a.s. di F. e M. Montresor, rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Liuzzi, Maria Gabriella Maggiora, con domicilio eletto presso Antonio Liuzzi in Roma, via Dardanelli, 13;


contro


Anas S.p.A. gia' Ente Nazionale Per Le Strade-Anas, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Cartia, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5; Comune di Peschiera del Garda;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 06733/2002, resa tra le parti, concernente diniego di sanatoria di opere edilizie realizzate in zona di rispetto autostradale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 marzo 2011 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Maggiora, Gigli, su delega di Cartia e l'avv. dello Stato Greco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


1. Con l’appello in esame, il ricorrente impugna la sentenza 24 dicembre 2002 n. 6733, con la quale il TAR Veneto, sez. II, ha dichiarato improcedibile il primo ricorso, da lui proposto avverso la diffida a demolire 7 ottobre 1983 n. 5893 del Comune di Peschiera del Garda; e accolto parzialmente il secondo, proposto avverso il parere 22 settembre 1997 n. 3309, con il quale l’ENAS (oggi ANAS), si è pronunciato in senso sfavorevole sulla sanatoria di opere edilizie da lui realizzate, ed avverso la successiva nota 27 novembre 1997 n. 4100, con la quale è stata respinta la richiesta di riesame del precedente parere sfavorevole.

Il Tribunale ha dichiarato l’improcedibilità del primo ricorso per essere stata successivamente proposta istanza di condono. Ha rigettato il secondo (relativo proprio agli atti ostativi al rilascio di permesso di concessione in sanatoria), ritenendo:

a) quanto ai manufatti realizzati prima dell’entrata in vigore dei limiti di rispetto dalle autostrade previsti dal D.M. 1 aprile 1968, gli stessi, posti a 20 metri dalla stessa, violano il limite di rispetto (non edificare a meno di 25 m.) già previsto dall’art. 9 l. n. 729/1961;

b) quanto ai manufatti realizzati dopo il 1968, consistenti, dapprima, in modifica di una scala esterna, ampliamento della terrazza e spostamento dell’apertura di una porta; successivamente, nella realizzazione di ulteriori tettoie, gli stessi sono posti a circa 40 m. dal confine autostradale, in palese contrasto con il D.M. 1 aprile 1968, che impone un limite di rispetto di 60 m.. Tuttavia, i primi interventi rappresentano modifiche ad un edificio già esistente, realizzato con regolare licenza, di modo che non contrastano con la finalità del vincolo autostradale, con conseguente accoglimento (limitatamente ad essi) del ricorso. Gli ulteriori interenti (tettoie e recinti risalenti al 1978) consistono in manufatti nuovi, realizzati in violazione della fascia di rispetto autostradale, e pertanto non sanabili;

c) a tali conclusioni si perviene anche considerando che “il vincolo autostradale, nelle zone poste al di fuori dei centri abitati, è un vincolo assoluto di inedificabilità, assoggettato al disposto dell’art. 33 l. n. 47/1985, che non consente alcuna possibilità di deroga da parte dell’autorità preposta alla tutela dello stesso”.

Avverso tale decisione, vengono proposti (limitatamente al capo della sentenza che respinge il secondo ricorso) i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando; errore e travisamento dei fatti; violazione e falsa applicazione art. 9 l. n. 729/1961, D.M. 1 aprile 1968, artt. 32 e 33 l. n. 47/1985; ciò in quanto nessuno degli atti dell’ANAS impugnati fa riferimento ad un vincolo imposto dalla l. n. 729/1961, la cui violazione è stata sostenuta dall’ANAS solo in corso di giudizio, quindi “a posteriori” e con una “motivazione estranea all’atto”. Al contrario, “per valutare la legittimità o meno di un parere negativo, esclusivamente fondato sulla asserita incompatibilità (delle opere di cui si chiede la sanatoria) con i vincoli derivanti dal D.M. 1 aprile 1968, occorre esclusivamente accertare se sussista o meno l’incompatibilità con le prescrizioni di cui al D.M. 1 aprile 1968, senza che abbia rilievo alcuno l’asserita incompatibilità con altri vincoli, la cui violazione non è stata contestata”; in fatto, tale incompatibilità con i vincoli del citato D.M. non sussiste. Inoltre, per un verso, i manufatti sono anteriori anche al 1961, e quindi agli stessi non possono essere applicati i vincoli di cui alla l. n. 729/1961; per altro verso, il tratto autostradale in oggetto “è stato realizzato a cavallo degli anni cinquanta e sessanta, prima dell’entrata in vigore della l. 729/1961, che si applica solo ai tratti autostradali costruiti successivamente. In definitiva, si tratta di “vincoli inapplicabili al caso in esame (o comunque di vincoli che non comportano una inedificabilità assoluta)”;

b) error in iudicando; errore e travisamento dei fatti nonché carenza di istruttoria; poiché si assume senza alcun riscontro che i manufatti siano collocati a 20 m. dal ciglio autostradale (quelli realizzati prima del 1968) ed a 40 m. (quelli realizzati successivamente a tale data). Al contrario, occorre rilevare che, in epoca successiva, vi è stato ampliamento della sede autostradale con “corrispondente traslazione della fascia di rispetto”, e di tanto non ha tenuto conto né il parere ANAS, né la impugnata sentenza;

c) error in iudicando; motivazione incongrua, poiché se, come affermato dalla stessa sentenza, la finalità del vincolo di inedificabilità è quella di impedire che la presenza di costruzioni nella fascia di rispetto “costituisca un pericolo per la sicurezza del traffico veicolare e l’incolumità delle persone, il parere ANAS avrebbe dovuto rilevare la intrinseca irrilevanza degli interventi realizzati dopo il 1968 in rapporto alle finalità di sicurezza stradale;

d) omessa pronuncia sulle censure proposte con il ricorso, e segnatamente: d1) del motivo volto a denunciare il vizio di eccesso di potere per carenza di motivazione, poiché il parere ANAS “non contiene alcuna valutazione in merito alla asserita pericolosità delle opere oggetto della richiesta di condono”; d2) del motivo volto a denunciare eccesso di potere per carenza di istruttoria, errore e travisamento dei fatti (con riferimento alla effettiva epoca di realizzazione degli asseriti abusi) nonché in merito alla illogicità e contraddittorietà degli atti dell’ANAS, “che prima consente la costruzione di muri a salvaguardia delle opere e poi nega il proprio nulla osta alla sanatoria di quelle stesse opere”; d3) del motivo di omessa considerazione della circolare 50/85, secondo la quale i vincoli posti a protezione del nastro autostradale vanno valutati con minor rigore nelle zone in cui il vincolo sia sostanzialmente già compromesso dalla esistenza di opere non abusive come tali, escluse dalla necessità di sanatoria e cioè di opere ultimate prima del 1 settembre 1967”; nel caso di specie, l’area dove sorgono i manufatti è già compromessa per l’esistenza di opere non abusive e l’ANAS ha omesso di comparare i distinti interessi pubblici (alla tutela della sicurezza stradale e alla sanatoria di opere esistenti).

Intervenuto, in pendenza di giudizio, il decesso dell’appellante Montresor Lodovico, i signori Michele e Francesco Montresor, in proprio (in qualità di eredi) e come soci accomandatari della Azienda agricola Ottella s.a.s. di F. e M. Montresor, sono intervenuti per la prosecuzione volontaria del giudizio (atto 1 dicembre 2009) e, successivamente, hanno notificato atto di riassunzione del 3 giugno 2010.

Si sono costituite in giudizio l’ANAS e la società “Autostrada Brescia, Verona, Vicenza, Padova” s.p.a., la quale ha dapprima concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza, e successivamente, con memoria del 7 maggio 2010 ha eccepito l’inammissibilità dell’atto di riassunzione del giudizio da parte degli eredi dell’appellante (Francesco e Michele Montresor), stante la loro non dimostrata qualità di eredi e la loro non dimostrata proprietà dei manufatti oggetto del denegato condono edilizio.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.


DIRITTO


2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, potendosi conseguentemente prescindere dall’eccezione di inammissibilità dell’atto di riassunzione del giudizio.

Si sono già enunciati, nella parte espositiva in fatto, i precisi limiti del presente appello, rivolto esclusivamente avverso il capo della sentenza n. 6733/2002, con la quale il TAR Veneto ha rigettato il (secondo) ricorso proposto in I grado, avverso gli atti dell’ANAS volti al diniego dell’istanza di condono, in pratica con riferimento ai manufatti consistenti in “mangiatoie e relative tettoie” (risalenti ad epoca anteriore al 1968) ed in “alcune tettoie e recinti risalenti al 1978”.

L’art. 9 l. 24 luglio 1961 n. 729 (dapprima parzialmente abrogato dall’art. 231 d. lgs. n. 285/1992 e successivamente abrogato dall’art. 24 d.l. n. 112/2008) prevede, in particolare, che: “lungo i tracciati delle autostrade e relativi accessi, previsti sulla base dei progetti regolarmente approvati, è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore a metri 25 dal limite della zona di occupazione dell'autostrada stessa. La distanza è ridotta a metri 10 per gli alberi da piantare” (comma 1).

Tale vincolo opera già prima del diverso e successivo vincolo introdotto dal D.M. 1 aprile 1968 (il cui art. 4 prevede un vincolo di inedificabilità di 60 m. dal ciglio della autostrada), sia per effetto diretto dell’entrata in vigore della legge n. 729/1961, sia per effetto dell’art. 41-septies della l. 17 agosto 1942 n. 1150 (introdotto dall’art. 19 l. n. 765/1967), in base al quale, in attesa del decreto ministeriale di definizione delle categorie di strade e delle distanze minime di rispetto a protezione del nastro stradale (il successivo D.M. 1 aprile 1968), “si applicano a tutte le autostrade le disposizioni di cui all'art. 9 della legge 24 luglio 1961, n. 729.”.

Quanto alla natura dei vincoli stradali (ed, in particolare, autostradali) la giurisprudenza, con interpretazione che si condivide, ha già avuto modo di affermare che si tratta di vincoli di inedificabilità assoluta (Cass. civ., sez. II, 3 novembre 2010 n. 22422 e 10 gennaio 2007 n. 229; Cons. Stato, Ad. Plen. 16 novembre 2005 n. 9; Cons. St., sez. IV, 18 ottobre 2002 n. 5716 e, con specifico riferimento alle autostrade, sez. IV, 25 settembre 2002 n. 4927).

Si è anche precisato che il divieto di costruire a una certa distanza, imposto dall'art. 9 l. n. 729/1961 e dal d.m. Lavori Pubblici 1 aprile 1968, non può essere inteso restrittivamente, e cioè come previsto al solo scopo di prevenire l'esistenza di ostacoli materiali emergenti dal suolo e suscettibilità di costituire, per la prossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità delle persone, in quanto è correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all'occorrenza, dal concessionario per l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il deposito dei materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza limitazioni connesse alla presenza di costruzioni. Pertanto, il vincolo in questione, traducendosi in un divieto assoluto di costruire, rende legalmente inedificabili le aree site in fascia di rispetto stradale o autostradale, indipendentemente dalle caratteristiche dell'opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale (Cass. civ., sez. II, 3 novembre 2010 n. 22422; Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2010 n. 2076)

Infine, con riferimento all’ambito di applicazione dei vincoli ex art. 9 l. n. 729/1961, questo Consiglio di Stato (sez. IV, 29 aprile 2002 n. 2277) ha affermato:

“Va, in ogni caso, ribadito come l'art. 9, l. n. 729/61 trova applicazione solo in relazione alle autostrade di nuova costruzione e cioè a quelle che non erano state realizzate all'epoca dell'entrata in vigore della legge . . .

La disciplina della fattispecie di che trattasi è pertanto sottratta all'art. 9, 1° comma, l. 24 luglio 1961, n. 729, il cui divieto di costruire di ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie, a distanza inferiore a 25 m. dal limite della zona di occupazione dell'autostrada, opera soltanto per le autostrade la cui costruzione è avvenuta dopo l'entrata in vigore della legge medesima, oppure alle autostrade la cui costruzione è stata già concessa anteriormente a tale data.

È la stessa lettera della legge ad implicare tale conclusione, laddove fa riferimento alle autostrade e ai relativi accessi, previsti sulla base di progetti regolarmente approvati: tanto basta a rendere inapplicabile la nuova normativa ad autostrade già edificate in base al generale principio della irretroattività sancito dall'art. 11 delle preleggi.”

Infine, con riferimento al rapporto tra vincolo stradale e cd. condono edilizio, occorre osservare che l’art. 33 l. n. 47/1985 prevede che “le opere di cui all'articolo 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse: . . . d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree.”.

E tra tali vincoli – stante la sua natura già ampiamente esposta - rientra senza dubbio il vincolo ex art. 9 l. n. 729/1961 e D.M. 1 aprile 1968 (Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2010 n. 772 e 30 dicembre 2008 n. 6627)

Alla luce di quanto esposto, occorre dunque affermare, anche con riferimento al caso di specie:

a) che i vincoli di rispetto del nastro autostradale sono vincoli inderogabili;

b) che il vincolo di inedificabilità a 25 m. dal nastro autostradale, di cui all’art. 9 l. n. 729/1961, si applica alle autostrade la cui costruzione è avvenuta dopo l’entrata in vigore della legge medesima, ovvero alle autostrade la cui costruzione è stata già concessa a tale data;

c) che il vincolo autostradale, stante la sua natura e gli interessi pubblici per la cui tutela esso è previsto, opera indipendentemente dalle caratteristiche dell'opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale;

d) che, con riferimento alla l. n. 47/1985 (cd. condono edilizio) per le opere abusivamente realizzate dopo l’imposizione del vincolo a tutela del nastro autostradale trova conseguentemente applicazione l’art. 33, comma 1, lett. d), l. n. 47/1985, che sancisce la insanabilità dell’opera realizzata.

Quanto appena affermato sub c) già consente di ritenere infondati i motivi di appello riportati sub lettere c) e d) dell’esposizione in fatto – quest’ultimo con riferimento ai motivi, assorbiti in primo grado ed ora riproposti e riportati sub d1), d2) e d3) - con i quali in sostanza si lamentano vizi di eccesso di potere connessi al difetto di motivazione e di istruttoria, con riferimento al mancato accertamento e valutazione della concreta idoneità dei manufatti realizzati a costituire pericolo per la sicurezza stradale.


3. Anche il motivo sub a) dell’esposizione in fatto è infondato.

Con tale motivo si lamenta l’error in iudicando; errore e travisamento dei fatti da parte della sentenza appellata, nonché violazione e falsa applicazione art. 9 l. n. 729/1961, D.M. 1 aprile 1968, artt. 32 e 33 l. n. 47/1985; ciò in quanto, in sintesi:

- nessuno degli atti dell’ANAS impugnati fa riferimento ad un vincolo imposto dalla l. n. 729/1961, la cui violazione è stata sostenuta dall’ANAS solo in corso di giudizio, quindi “a posteriori” e con una “motivazione estranea all’atto”. Al contrario, “per valutare la legittimità o meno di un parere negativo, esclusivamente fondato sulla asserita incompatibilità (delle opere di cui si chiede la sanatoria) con i vincoli derivanti dal D.M. 1 aprile 1968, occorre esclusivamente accertare se sussista o meno l’incompatibilità con le prescrizioni di cui al D.M. 1 aprile 1968, senza che abbia rilievo alcuno l’asserita incompatibilità con altri vincoli, la cui violazione non è stata contestata”;

- i manufatti sono anteriori anche al 1961, e quindi agli stessi non possono essere applicati i vincoli di cui alla l. n. 729/1961;

- il tratto autostradale in oggetto “è stato realizzato a cavallo degli anni cinquanta e sessanta, prima dell’entrata in vigore della l. 729/1961, che si applica solo ai tratti autostradali costruiti successivamente. In definitiva, si tratta di “vincoli inapplicabili al caso in esame (o comunque di vincoli che non comportano una inedificabilità assoluta).

Nessuno dei profili rappresentati con il riportato motivo di appello può trovare accoglimento.

In primo luogo, risulta del tutto irrilevante la circostanza che l’ANAS abbia citato o meno, negli atti impugnati, il vincolo ex art. 9 l. n. 729/1961. Tale vincolo, come si è già affermato, ha natura di vincolo di inedificabilità assoluta, che come tale opera direttamente ed automaticamente, indipendente da ogni eventuale citazione dello stresso da parte dell’atto amministrativo. In tali casi, ciò che rileva, in via di fatto, è se il manufatto abusivo ricade (o meno) nella fascia di rispetto, soggetta ad inedificabilità assoluta.

D’altra parte, stante la predetta operatività del vincolo, anche a voler seguire la tesi (puramente formale) articolata dall’appellante, si rileva che questi non avrebbe interesse ad una pronuncia di annullamento per difetto di motivazione, posto che – una volta attestata in concreto la violazione del vincolo di inedificabilità – il parere dell’amministrazione sull’istanza di condono (ex art. 33 l. n. 47/1985) non potrebbe essere che negativo

In secondo luogo, essendosi chiarito che il vincolo ex art. 9 l. n. 729/1961 si applica alle autostrade costruite dopo la sua entrata in vigore ed a quelle la cui costruzione è stata già concessa a tale data, non risulta fondata la doglianza dell’appellante che (pagg. 10-11 appello) si fonda su una supposta applicazione del vincolo solo alla prima ipotesi (cioè autostrade costruite dopo la l. n. 729/1961), mentre si assume che l’autostrada in oggetto sarebbe stata costruita “prima”, e quindi ad essa non è applicabile il vincolo della legge del 1961

Al contrario, occorre osservare che, come si evince da un atto depositato dall’appellante (v. all. A alla produzione del 22 aprile 2010), l’autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova collega la autostrada Milano-Brescia e quella Padova –Venezia “cosa che avvenne nel febbraio 1962, al termine di quattro anni e mezzo di lavori”.

Da quanto risultante da tale atto, e da quanto esposto dalla società autostradale nel proprio controricorso (pag. 6 ed allegati), l’autostrada in esame è stata oggetto di concessione ben prima del 1961, e pertanto per la stessa trovano puntuale applicazione i vincoli di cui all’art. 9 l. n. 729/1961.

In terzo luogo, non risulta fornita dall’appellante, a supporto delle proprie affermazioni, alcuna prova in ordine alla realizzazione dei manufatti ante 1961, e ciò in disparte di ogni valutazione sull’istanza di condono, proposta anche ai sensi dell’art. 9 l. n. 729/1961, con il che implicitamente si ammette un contrasto tra l’edificato e detto vincolo (e quindi una posteriorità del primo al secondo).


4. E’ infondato anche il secondo motivo di appello, sub b) dell’esposizione in fatto, con il quale si lamenta error in iudicando; errore e travisamento dei fatti nonché carenza di istruttoria; poiché, secondo l’appellante:

- si assume senza alcun riscontro che i manufatti siano collocati a 20 m. dal ciglio autostradale (quelli realizzati prima del 1968) ed a 40 m. (quelli realizzati successivamente a tale data);

- si deve rilevare che, in epoca successiva, vi è stato ampliamento della sede autostradale con “corrispondente traslazione della fascia di rispetto”, e di tanto non ha tenuto conto né il parere ANAS, né la impugnata sentenza.

Sul punto, la costituita società autostradale rileva (pag. 10 controricorso) che “a nulla rileva la questione fattuale ex adverso sollevata, attinente alla misurazione delle distanze tra le opere abusive de quibus e la fascia di rispetto autostradale, questione che, configurandosi come jus novorum, involge un nucleo tematico di censure la cui trattazione è tassativamente preclusa nel presente giudizio in grado di appello”.

Indipendentemente da ogni considerazione sull’eccepito ius novorum in appello, rileva il Collegio che la sentenza impugnata ha espressamente affermato – sulla base di tutta la documentazione di causa – la collocazione dei manufatti a 20 m. dal ciglio autostradale (opere anteriori al D.M. 1 aprile 1968), ciò in particolare deducendo dalla prospettazione del ricorrente in I grado (v. pg. 8 sentenza) ed a circa 40 m. per i manufatti realizzati dopo il 1968.

A fronte di tali affermazioni, l’appellante avrebbe in ogni caso dovuto, a maggior ragione laddove lamenti l’apoditticità ed il difetto di supporto probatorio di tali affermazioni, comprovare la fondatezza del proprio motivo di appello, indicando al giudice di II grado gli atti del giudizio fondanti la proposta doglianza e, in concreto, una diversa situazione di fatto; cosa che, al contrario, non è desumibile dal ricorso (v. pagg. 10-12).

Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Stante la natura e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Montresor Lodovico, e successivamente riassunto da Montresor Michele e Francesco (n. 1951/2004 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:

Anna Leoni, Presidente FF
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/06/2011