Cons. Stato Sez. V n. 8948 del 16 dicembre 2010
Urbanistica. Oneri concessori
Il riconoscimento dell’eccezionale beneficio della riduzione degli oneri concessori deve intendersi comunque limitato al solo caso in cui l’intervento progettato non sia un intervento di ristrutturazione edilizia ma risulti essere un intervento di ben più ampia portata e cioè rivolto a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di opere edilizie che determinano anche la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale. Deve, pertanto, trattarsi di un intervento di per se stesso complesso e di vaste proporzioni (ben diverso, ripetesi, da quello riferibile alla ristrutturazione ovvero alla nuova costruzione di un singolo fabbricato)che come tale modifichi tutto il “tessuto”urbanistico ed edilizio della zona determinando così una variazione molto significativa della stessa, proprio sotto il profilo dell’assetto urbanistico precedente. Di conseguenza, è da escludere che il riconoscimento di tale beneficio possa intendersi correlato alla realizzazione di un semplice intervento di demolizione e costruzione di un singolo nuovo edificio il cui progetto, sia pure modellato alle caratteristiche tipiche della zona, non preveda altresì la realizzazione di ulteriori opere di urbanizzazione mirate alla sostituzione di tutto o di una rilevante parte del tessuto urbanistico della specifica zona da recuperare.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 08948/2010 REG. SEN.
N. 09580/1998 REG. RIC.
N. 09581/1998 REG. RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9580 del 1998, proposto da:
Biscontin Luigi Q. Leg. Rappr. della S. p. A. Ditta Biscontin, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Longo, Valeria Mazzarelli, con domicilio eletto presso Valeria Mazzarelli in Roma, via Donatello 71;
contro
Comune di Pordenone, rappresentato e difeso dagli avv. Ivone Cacciavillani, Luigi Manzi, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
sul ricorso numero di registro generale 9581 del 1998, proposto da:
Biscontin Luigi Q. Leg. Rappr. della S. p. A. Ditta Biscontin, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Longo, Valeria Mazzarelli, con domicilio eletto presso Valeria Mazzarelli in Roma, via Donatello 71;
contro
Comune di Pordenone, rappresentato e difeso dagli avv. Ivone Cacciavillani, Luigi Manzi, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
per la riforma
quanto al ricorso n. 9580 del 1998:
della sentenza del T. a. r. Friuli-venezia-giulia - Trieste n. 01020/1998, resa tra le parti, concernente ONERI DI URBANIZZAZIONE PER CONCESSIONE EDILIZIA
quanto al ricorso n. 9581 del 1998:
della sentenza del T. a. r. Friuli-venezia-giulia - Trieste n. 01016/1998, resa tra le parti, concernente ONERI DI URBANIZZAZIONE PER CONCESSIONE EDILIZIA
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2010 il Cons. Annibale Ferrari e uditi per le parti gli avvocati Manzi Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. ) Le due sentenze appellate hanno respinto, con identiche motivazioni, due ricorsi proposti dall’attuale appellante per ottenere l’annullamento di due distinte concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Pordenone per la costruzione di fabbricati residenziali, nella parte in cui tali concessioni avevano calcolato i relativi oneri concessori per intero anziché in misura ridotta alla metà ai sensi dell’art. 26 della legge regionale n. 18 del 1986.
Le identiche censure di violazione di legge e di eccesso di potere formulate con detti due ricorsi sono state respinte dal T. A. R. il quale prescindendo dall’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate dal Comune intimato ha anzitutto ritenuto che, sulla base della documentazione in atti, gli interventi previsti per la realizzazione delle opere in questione – pur se inquadrati nel contesto di un piano di recupero della zona – risultavano in concreto limitati ad operazioni puntuali di natura meramente edilizia e non di ristrutturazione urbanistica così come definita nell’art. 64 della legge regionale n. 52 del 1991 e prima ancora nell’art. 31 1^co. lett. e) della legge nazionale n. 457 del 1978;di conseguenza, ha poi ritenuto che in questo caso mancavano gli estremi per l’applicazione del richiesto beneficio relativo alla riduzione degli oneri di urbanizzazione prevista dalla predetta legge regionale solo per gli interventi di ristrutturazione urbanistica di cui all’art. 31, 1^co, lett. e) della predetta legge nazionale.
2. ) Le stesse censure sono state riproposte in sede di appello rilevandosi, in aggiunta, che le due sentenze appellate (escludendo nei casi in esame l’esistenza di una ristrutturazione urbanistica) avrebbero altresì omesso (con palese difetto di istruttoria e di motivazione) non solo di riscontrare in concreto le risultanze delle relazioni tecniche descrittive e degli elaborati grafici sottoposti all’esame del Comune appellato ma anche di considerare che le edificazioni in questione non comportavano un maggiore carico urbanistico nella zona e quindi non giustificavano l’applicazione per intero degli oneri di urbanizzazione.
3. ) Il Comune appellato si è costituito chiedendo il rigetto degli appelli siccome infondati in fatto ed in diritto.
4. ) Riscontrata la connessione soggettiva ed oggettiva esistente tra i due gravami, il Collegio li riunisce per la trattazione congiunta.
5. ) Al riguardo, giova premettere che è pacifico in punto di fatto che le due concessioni edilizie di cui è causa vennero rilasciate in data 19 giugno 1996 ed in data 23 luglio 1997 rispettivamente per la costruzione di due distinti fabbricati residenziali di rilevante cubatura da collocarsi in due distinte unità minime di intervento (U. M. I. ) previste da un piano di recupero della zona; il tutto, previa demolizione di fabbricati esistenti nelle stesse aree, demolizione che poi il Comune di Pordenone autorizzò proprio a seguito del rilascio di dette concessioni. E’ altresì pacifico che i progetti edilizi descritti nelle relative relazioni tecniche precisavano che tali aree erano comprese nelle Unità Minime di Intervento previste nel piano di recupero denominato “Rorai Grande”(ed in particolare il primo edificio assentito nel 1996 nell’U. M. I. n. 12 e l’altro assentito nel 1997 nell’U. M. I. n. 18) e che negli stessi progetti venivano specificati in modo analitico le caratteristiche interne ed esterne dei rispettivi edifici da costruire.
Sicchè, ad avviso dell’appellante, la puntuale descrizione degli interventi edilizi in questione così come contenuta in dette relazioni e nei grafici di progetto rendeva non solo assolutamente chiare le caratteristiche strutturali e funzionali dei nuovi edifici ma anche del tutto evidente che la loro realizzazione conteneva di per sè quell’insieme sistematico di opere nelle quali, doveva intendersi sicuramente concretizzata una ristrutturazione urbanistica della zona ai sensi della legislazione regionale e nazionale vigente, proprio in perfetta armonia strutturale e funzionale con le complessive finalità del predetto piano di recupero. Dunque, era del tutto legittimo in punto di diritto che il Comune prima ed il T. A. R. poi dovessero in questo caso riscontrare l’esistenza di una iniziativa edilizia mirata al recupero urbanistico della zona e che, di conseguenza, al momento del rilascio delle relative concessioni edilizie dovesse riconoscersi il beneficio previsto dal citato art. 26 della legge regionale n. 18 del 1986;beneficio dunque illegittimamente negato dall’Amministrazione e poi dalle impugnate sentenze di cui si chiede la riforma in questa sede.
6. ) Ciò premesso, questo Collegio rileva che i motivi degli appelli di cui si discute non possono essere accolti.
6. 1) Infondati sono anzitutto i motivi di violazione di legge e di difetto di istruttoria e di motivazione con i quali si sostiene che i progetti edilizi in questione - così come documentalmente modellati (nella loro parte interna ed esterna) in base alla predetta relazione descrittiva ed ai grafici allegati con elementi di completamento di una realtà edilizia di antica costruzione e quindi dotati degli elementi architettonici tradizionali legati alla preesistente edilizia rurale con l’aggiunta di alcuni elementi di architettura più attuale – dovevano per ciò stesso qualificarsi come opere di ristrutturazione urbanistica già solo per tali loro caratteristiche costruttive interne ed esterne.
Tali motivi sono da considerare infondati: A) non solo perché detti progetti – così come assentiti con riferimento alla categoria di intervento B4 pure espressamente prevista dal piano di recupero in questione - avevano per oggetto la costruzione di singoli nuovi edifici con rilevante cubatura e con elementi del tutto nuovi e diversi da quelli precedentemente esistenti in loco e poi successivamente demoliti previa autorizzazione del Comune; B) ma anche ed essenzialmente perché gli stessi progetti non prevedevano altresì la realizzazione di alcuna ulteriore opera di urbanizzazione e di riqualificazione urbanistica dell’area che potesse giustificare il riconoscimento del beneficio della riduzione degli oneri concessori ai sensi dell’art. 26 della legge regionale n. 18 del 1986.
Quest’ultima norma regionale, infatti, laddove espressamente richiama il concetto di ristrutturazione urbanistica di cui all’art. 31, 1^co. . lett. e) della legge nazionale n. 457 del 1978, rende ben chiara l’idea che il riconoscimento dell’eccezionale beneficio in questione deve intendersi comunque limitato al solo caso in cui l’intervento progettato non sia un intervento di ristrutturazione edilizia ma risulti essere un intervento di ben più ampia portata e cioè rivolto a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di opere edilizie che determinano anche la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale. Deve, pertanto, trattarsi di un intervento di per se stesso complesso e di vaste proporzioni (ben diverso, ripetesi, da quello riferibile alla ristrutturazione ovvero alla nuova costruzione di un singolo fabbricato)che come tale modifichi tutto il “tessuto”urbanistico ed edilizio della zona determinando così una variazione molto significativa della stessa, proprio sotto il profilo dell’assetto urbanistico precedente. Di conseguenza, è da escludere che il riconoscimento di tale beneficio possa intendersi correlato alla realizzazione di un semplice intervento di demolizione e costruzione di un singolo nuovo edificio il cui progetto, sia pure modellato alle caratteristiche tipiche della zona, non preveda altresì la realizzazione di ulteriori opere di urbanizzazione mirate alla sostituzione di tutto o di una rilevante parte del tessuto urbanistico della specifica zona da recuperare.
6. 2) Quanto sopra detto consente altresì di riscontrare l’infondatezza dell’ulteriore argomentazione difensiva secondo cui l’intervento in questione meritava comunque il riconoscimento del beneficio di cui è causa essenzialmente perché il relativo progetto rientrava perfettamente nella più ampia iniziativa di “recupero urbanistico” della zona così come approvata dal relativo piano di recupero.
Con tale argomentazione l’appellante sostiene che i singoli interventi contemplati da quest’ultimo piano rappresentavano essi stessi una parte essenziale del piano medesimo; sicchè, complessivamente considerati nel loro insieme, tali singoli interventi giustificavano senz’altro l’esistenza di quella ristrutturazione urbanistica che, invece, nel caso in esame venne erroneamente negata valutando isolatamente l’intervento come un’operazione soltanto puntuale di natura meramente edilizia.
Anche tale ulteriore argomentazione è infondata non solo perché la predetta norma regionale dell’art. 26 –così come formulata- ricollega in modo ben chiaro il beneficio in questione solo al rilascio di singole concessioni edilizie di per sé stesse mirate, all’interno dei piani di recupero, alla realizzazione di specifiche opere di ristrutturazione urbanistica dell’intera area in questione (opere che in questo caso non risultavano comprese in aggiunta ai due progetti edilizi dell’appellante) ma anche perché la speciale “ratio” da essa norma ricavabile è altrettanto chiaramente quella di accordare tale eccezionale beneficio di riduzione degli oneri concessori non in favore di tutti gli interventi assentibili nell’ambito del piano di recupero ma solo in favore di quelli che, ripetesi, in aggiunta agli interessi privati del costruttore, avrebbero altresì consentito di realizzare l’interesse pubblico in questo caso da riferire appunto al recupero urbanistico di un’intera zona.
6. 3) Infondata è da considerare anche l’ulteriore censura di disparità di trattamento, siccome riferita ad altre situazioni del tutto analoghe contraddistinte dalle stesse caratteristiche per le quali l’Amministrazione comunale avrebbe invece ritenuto di riscontrare l’esistenza di una ristrutturazione urbanistica e quindi di riconoscere il beneficio di cui è causa.
Al riguardo, a prescindere dalla veridicità o meno di tale specifica affermazione (a sostegno della quale viene richiamato il documento all. 4), è sufficiente rilevare che la spettanza o meno di un beneficio eccezionale come quello in discussione deve essere oggettivamente riscontrata con riferimento allo specifico caso in esame e non con riferimento ad altri casi asseritamente del tutto analoghi in cui l’Amministrazione, in ipotesi per un errore di interpretazione della norma, possa avere assunto una decisione illegittima; decisione che (per correttezza amministrativa) avrebbe comunque giustificato un doveroso riesame della medesima fattispecie proprio per evitare la reiterazione dello stesso errore.
6. 4) Infondato è, infine, l’ulteriore motivo di appello con il quale viene contestato l’omesso esame da parte del T. A. R. della specifica censura riferita alla erronea determinazione degli oneri di urbanizzazione così come fissati alla stregua di una singola nuova costruzione, senza tener conto nè dell’inserimento “strategico” delle nuove costruzioni nell’ambito del piano di recupero, né del fatto che dette nuove costruzioni non determinavano un maggiore carico urbanistico.
Trascura in proposito l’appellante che, nell’esposizione dei fatti di causa, le due sentenze impugnate contengono una sintetica ma puntuale indicazione delle pretese di pagamento del Comune ed una altrettanto puntuale elencazione di tutte le relative censure formulate ex adverso dalla parte ricorrente. Nella parte conclusiva, in diritto, le stesse sentenze escludono poi espressamente che in questo caso sussistevano gli estremi per l’applicazione del beneficio di cui è causa. Sicchè, così come articolate in fatto ed in diritto, deve ritenersi che tali sentenze abbiano in sintesi (per esplicito e per logica implicita) dato prova di avere esaminato e definito in favore del Comune resistente tutte le questioni sollevate in primo grado dal ricorrente e cioè non solo la principale questione specifica relativa alla spettanza del predetto beneficio ma anche quelle ulteriori concernenti la legittimità delle pretese dello stesso Comune di applicare gli oneri concessori nella misura quantificata nelle due rispettive concessioni in relazione all’intero nuovo volume realizzato, senza tener conto (per la costruzione compresa nell’U. M. I. n. 12) di quanto l’impresa ricorrente aveva eseguito in termini di opere di urbanizzazione e senza tener conto (per la costruzione compresa nell’U. M. I. n. 18) del solo maggiore volume conseguito rispetto a quello esistente prima delle demolizioni.
7.) Per tutte le suesposte ragioni, gli appelli come sopra riuniti meritano di essere respinti.
8.) Le spese di lite, già compensate in primo grado, possono essere integralmente compensate tra le parti anche per il presente grado di giudizio, in presenza di giusti motivi.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge con la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Annibale Ferrari, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/12/2010