Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2254, del 23 aprile 2013
Urbanistica.Piano quadro e Piano particolareggiato

Il piano quadro è uno strumento parallelo, nella sostanza, al piano particolareggiato ed è prevista, in alternativa all’uno e all’altro, la possibilità per i privati di presentare un piano di lottizzazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02252/2013REG.PROV.COLL.

N. 10058/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10058 del 2005, proposto da:
Comune di Crispiano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Pellegrino, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Giovanni Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, n. 11;

contro

Cooperativa S. Lucia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Astuto e dall’Avv. Salvatore Mileto, con domicilio eletto presso l’Avv. Salvatore Mileto in Roma, via Pietro Da Cortona, 8;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 04378/2005, resa tra le parti, concernente la non approvazione del piano di lottizzazione – Variante al Pdf

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2013 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti gli avvocati Gianluigi Pellegrino (su delega di Giovanni Pellegrino) e Antonio Statuto (anche su delega di Salvatore Mileto);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con distinti ricorsi proposti avanti al T.A.R. Puglia, Lecce, la Cooperativa S. Lucia (d’ora in avanti, per brevità, la Cooperativa), proprietaria di un’area in località L’Amastuola nel Comune di Crispiano (TA), impugnava la delibera del Consiglio comunale di Crispiano n. 51 del 28.9.2004, con la quale il Comune stesso respingeva la richiesta di approvare il piano di lottizzazione presentato dalla Cooperativa il 25.5.1977, con le successive integrazioni, nonché la delibera della Giunta municipale n. 277 del 23.12.2004, con la quale il Comune di Crispiano conferiva mandato al Sindaco di raggiungere un’intesa con il Comune di Massafra per la permuta dell’area insistente nella zona ES, nella quale si trovava il terreno della Cooperativa.

La ricorrente domandava l’annullamento degli atti impugnati e il risarcimento dei danni causati alla Cooperativa dal comportamento dell’amministrazione comunale nell’esaminare e nel portare a termine con ritardo l’iter della pratica.

Si costituiva in entrambi i giudizi il Comune di Crispiano, deducendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza dei ricorsi proposti dalla Cooperativa.

Il T.A.R. Puglia, Lecce, con la sentenza n. 4378 del 28.9.2005, previa riunione dei ricorsi, accoglieva il ricorso n. 2464/2004 e, per l’effetto, annullava la delibera del C.C. di Crispiano n. 51/04; dichiarava inammissibile il ricorso n. 463/2005 proposto avverso la delibera n. 277 del 23.12.2004; accoglieva, ai sensi dell’art. 35 del d. lgs. 80/98, la domanda di risarcimento dei danni azionata dalla Cooperativa con il ricorso n. 2464/2004, nei limiti e nei sensi di cui nella motivazione di tale provvedimento giurisdizionale.

Avverso tale sentenza ha interposto appello il Comune di Crispiano, deducendone l’erroneità, ed ha chiesto a questo Consiglio di volerla annullare e, per l’effetto, di rigettare il ricorso di primo grado.

Si è costituita l’appellata Cooperativa, chiedendo il rigetto del ricorso, ed ha articolato a sua volta appello incidentale, riproponendo i motivi già dedotti in primo grado e non esaminati dal primo giudice.

All’udienza pubblica del 19.3.2013 il Collegio, udita la discussione dei difensori, ha trattenuto la causa in decisione.

DIRITTO

1. Il Comune di Crispiano si duole, anzitutto, che il giudice di prime cure abbia annullato la delibera n. 51/2004 e ne abbia stigmatizzato, in particolare, il difetto di motivazione, la carenza di istruttoria e l’eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, per avere il Comune utilizzato il diniego al piano di lottizzazione come strumento per rendere l’area inedificabile, potendo a tal fine, invece, essere sufficiente l’adozione di una variante parziale al vigente strumento urbanistico ed avendo il Comune opposto, come causa ostativa all’approvazione del piano, la prossimità dell’area a zone di interesse archeologico pur in assenza di specifici vincoli.

2. L’appello del Comune, per quanto attiene alla censura proposta contro la statuizione annullatoria della delibera n. 51/2004 che ha rigettato l’istanza di lottizzazione proposta dalla Cooperativa, deve essere respinto.

Il Comune di Crispiano deduce anzitutto l’erroneità della sentenza del T.A.R., nella parte in cui ha ritenuto che non sarebbe necessaria l’adozione di un piano quadro per l’accoglimento della proposta lottizzativa.

L’appellante assume che l’adozione di tale piano, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, sia necessaria.

Si tratta, tuttavia, di un assunto infondato.

Occorre invero osservare, in primo luogo, che il provvedimento impugnato, nel corpo della sua motivazione, in alcun punto e in alcun modo ha inteso far riferimento alla necessità del piano quadro per l’accoglimento dell’istanza.

Le diffuse argomentazioni esposte al riguardo dall’appellante, come anche le molteplici motivazioni sul punto spese dal T.A.R., appaiono ininfluenti, quindi, ai fini del decidere, ove si ci si attenga, propriamente e doverosamente, a quello che è l’oggetto proprio e specifico del provvedimento impugnato.

Ad ogni buon conto questa Sezione, per quanto rilevar possa, ha già avuto modo di chiarire, in una fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio, che il piano quadro è uno strumento parallelo, nella sostanza, al piano particolareggiato e che è prevista, in alternativa all’uno e all’altro, la possibilità per i privati di presentare un piano di lottizzazione (Cons. St., sez. IV, 19.3.2003, n. 1456).

3. Peraltro, come correttamente rilevato dal T.A.R., l’alternatività del piano quadro rispetto al piano di lottizzazione si desume chiaramente dall’elaborato grafico (TAV. 3) del PdF nel quale si legge, in modo che non lascia spazio a dubbio alcuno, che “il rilascio delle licenze edilizie è subordinato alla redazione di un piano di lottizzazione convenzionata o di un piano quadro con l’obbligo dell’assunzione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria”.

L’alternatività del piano quadro rispetto al piano di lottizzazione è stata anche riconosciuta, expressis verbis, dalla stessa amministrazione comunale, che il 24.4.1996 ha rilasciato alla Cooperativa un certificato di destinazione urbanistica, nel quale si legge che l’area rientra nella zona ES e che in tale zona l’edificazione sarebbe stata subordinata alla preventiva approvazione “di un piano di lottizzazione o alternativamente di un piano quadro”.

Viene dunque a cadere, con la ritenuta alternatività del piano quadro, il presupposto – come detto, peraltro, totalmente estraneo alle motivazioni della delibera – sul quale poggia il motivo principale del gravame.

4. Non è nemmeno fondato il rilievo del Comune appellante, secondo il quale il giudice di prime cure non avrebbe tenuto conto della circostanza che con delibera n. 277 del 2004 il Comune avrebbe conferito mandato al Sindaco di permutare la zona ES con altra area nel territorio del Comune di Massafra.

Bene ha rilevato, infatti, il primo giudice, nell’escluderne peraltro la autonoma impugnabilità, che la delibera in oggetto è un atto meramente interno e prodromico alla progettata permuta, sicché esso non può essere, come pretende il Comune appellante, posto a base del diniego opposto alla Cooperativa medesima.

5. Correttamente il T.A.R. Puglia, peraltro, ha annullato la delibera n. 51 del 28.9.2004, ritenendo che l’amministrazione comunale non si sia misurata con i contenuti concreti del progetto ed abbia adottato, al riguardo, una determinazione immotivata ed aprioristicamente contraria.

In tale prospettiva, come è stato anche sottolineato dal giudice di prima istanza, la prospettazione di eliminare la zona “ES” e di volere predisporre un nuovo piano urbanistico generale, per ovviare al ritenuto sovradimensionamento della zona, non può costituire ragione posta a fondamento del diniego, dal momento che la volontà futura del Comune, esternata peraltro nella relazione al nuovo PRG tuttora in corso di formazione, non può impedire la realizzazione di un’attività consentita dall’attuale strumento urbanistico.

6. Non si spiegherebbe, diversamente, perché mai la commissione edilizia del Comune avrebbe sin dal 1999 espresso parere favorevole all’istanza, previa acquisizione di tutti i pareri prescritti dalla normativa per l’approvazione del progetto, anziché manifestare sin ab initio il suo parere negativo, opponendo alla Cooperativa la presunta inedificabilità dell’area in virtù della normativa urbanistica vigente o, comunque, per effetto del suo sovradimensionamento rispetto alle esigenze del Comune.

È evidente, dunque, che il comportamento dell’amministrazione comunale, nell’intera vicenda, appare illogico, contraddittorio e, comunque, non sorretto, nelle sue conclusioni, da ragioni attuali e sufficienti a giustificare il rigetto dell’istanza di lottizzazione.

7. Non giova inoltre sostenere, come fa il Comune appellante, che esso non avrebbe potuto che denegare l’assenso alla lottizzazione “e lo ha fatto– come si legge a p. 17 del ricorso in appello –esternando qualcosa in più e, cioè, la propria contrarietà a completare la pianificazione in Zona Es attraverso l’approvazione delpiano quadro, stante la mancanza di uno specifico interesse del Comune di Crispiano ad un insediamento edilizio nella zona”.

Simile affermazione, oltre che essere infondata, contrasta radicalmente con l’incontestabile destinazione residenziale dell’area, collocata in zona ES, sicché la motivazione opposta dal Comune, che viene ad integrare comunque una motivazione postuma del provvedimento, appare illogica e contraddittoria rispetto alla destinazione impressa all’area dallo strumento urbanistico vigente, del tutto irrilevante essendo, a tal fine e come già si è detto, la volontà futura dell’amministrazione di dare un diverso assetto al territorio sino a quando essa non sia espressa in atti a contenuto generale.

8. Quanto poi all’assenza del parere della Soprintendenza, richiesto dall’art. 28 della L. 1150/42, deve osservarsi che di tale parere non si fa alcun cenno nell’impugnato provvedimento di diniego, sicché il motivo di appello si profila, per tale riguardo, del tutto inammissibile, riguardando questione estranea al thema decidendum del presente giudizio.

9. Ne segue che la sentenza impugnata, nella parte in cui ha annullato la delibera n. 51/04, merita piena conferma.

10. Ciò premesso e fermo restando, quindi, il giudizio di illegittimità dell’impugnato diniego, con conseguente obbligo del Comune di riesaminare l’istanza alla luce delle superiori motivazioni, deve essere invece accolto l’appello proposto dal Comune con riferimento alla domanda risarcitoria proposta dalla Cooperativa.

Deve infatti escludersi che, nel caso di specie, sia ipotizzabile un danno da mero ritardo indipendentemente dall’accoglimento dell’istanza di lottizzazione.

È lo stesso giudice di prime cure a ricordare correttamente, infatti, che “non può stabilirsi con certezza se il piano attuativo de quo possa essere infine approvato, dovendo il Comune rideterminarsi in sede rinnovativa sulla richiesta già presentata dalla Cooperativa resistente” (p. 21 della sentenza impugnata).

Ritiene il Collegio che, in una peculiare ipotesi come quella oggetto del presente giudizio, l’approvazione dell’istanza, pur tardivamente, sia un presupposto imprescindibile per il riconoscimento del danno conseguente al ritardo, non essendo possibile risarcire, come ha fatto il primo giudice, i “maggiori costi sostenuti dalla Cooperativa per le spese di amministrazione, manutenzione ordinaria e straordinaria, imposte e tasse”, dando per presupposto ciò che non è e non può ritenersi certo e, cioè, che tali maggiori costi verranno effettivamente sostenuti dalla Cooperativa.

Il primo giudice ha giustificato tale decisione ritenendo che, nella ricostruzione degli elementi della responsabilità, “il fatto dannoso va identificato non tanto nel diniego illegittimo, ma nel complessivo comportamento dell’Amministrazione che da anni ha “tenuto in vita” un procedimento, per poi concluderlo negativamente, imponendo una attività istruttoria inutile, ponendo oneri procedurali superflui e ritardando la decisione finale” (p. 18 della sentenza impugnata).

Ciò che il T.A.R. sembra erroneamente presupporre, però, è che la decisione finale sia positiva, mentre è lo stesso giudice di prime cure a premettere che non sia possibile stabilire se essa sarà tale, rientrando essa nella discrezionalità della p.a.

11. Non può che risultare quindi inammissibile, giuridicamente, risarcire maggiori costi dei quali non si è in grado di predicare nemmeno la possibilità, perché ciò, oltre a configurare un inammissibile intromissione nelle scelte della p.a. e ad anticiparne il giudizio, implica il risarcire non un danno effettivo e concreto, ma un danno ipotetico e supposto, che non attinge la soglia di una ragionevole prevedibilità.

12. La Sezione non ignora il delicato dibattito che investe il tema del risarcimento del danno c.d. da mero ritardo.

Ritiene il Collegio di dover chiarire che, almeno con riferimento ad una fattispecie quale la presente, il tempo dell’attività procedimentale non sia un bene in sé, ma misura di un bene della vita al quale il privato aspira.

Se questo bene della vita al privato non spetta o, comunque, se non vi è certezza né prova che al privato spetti, il ritardo non può essere risarcito, pena la indebita locupletazione di questo anche di fronte alle pretese più infondate e capricciose.

Occorre tener presente, infatti, che l’interesse legittimo pretensivo è pur sempre aspirazione ad ottenere un bene della vita che, quanto più tardivamente sarà conseguito per effetto dell’illegittimo operato della p.a., tanto più sarà vulnerato e, quindi, suscettibile di maggior ristoro sul piano risarcitorio.

13. Il tempo non ha e non può assumere, in tale visione sostanzialistica dell’interesse legittimo, una valenza ontologica che ne giustifichi l’autonoma risarcibilità, poiché esso è, per la stessa natura sostanziale dell’interesse legittimo, un bene strumentale rispetto all’obiettivo finale al quale il privato aspira, sicché esso non può essere risarcito prima, senza e oltre il limite di questo.

Il tempo è, semmai, consustanziale al bene della vita cui mira l’interesse legittimo pretensivo, ma lo è se e nella misura in cui tale bene spetti al privato e tale interesse sia, quindi, meritevole di tutela.

Ne consegue che la sentenza impugnata, laddove ha riconosciuto il risarcimento del danno c.d. da mero ritardo prescindendo da ogni valutazione circa l’effettiva spettanza del bene della vita c.d. finale, da quello stesso giudice ritenuta anzi impossibile perché rimessa alla discrezionalità del Comune, non può essere condivisa e merita riforma, con conseguente rigetto della domanda risarcitoria proposta in prime cure dalla Cooperativa.

14. Deve qui peraltro aggiungersi che, nel giudizio di prime cure, la Cooperativa ha prodotto, sub doc. 3, una perizia di stima, a firma dell’arch. Grottoli, che contiene una stima dei presunti danni del tutto generica, apodittica, e non corredata dei criteri di calcolo usati per giungere alla quantificazione dei danni ivi esposti, sicché la domanda risarcitoria, oltre che nell’an debeatur, non appare fondata nemmeno per quanto attiene alquantum debeatur.

15. Da tanto discende che l’appello, in parte qua, debba essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata quanto alla statuizione risarcitoria.

16. La Cooperativa ha riproposto, con l’appello incidentale, i motivi di doglianza proposti in primo grado avverso la delibera n. 51/04 e non esaminati dal T.A.R.

Deve, però, trovare applicazione, nel caso di specie, il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la declaratoria dell’infondatezza dell’appello principale conduce alla declaratoria di improcedibilità, per carenza di interesse, dell’appello incidentale proposto dall’appellato in relazione ai motivi non esaminati in primo grado (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 27.10.2005, n. 6050; Cons. St., sez. VI, 23.12.2010, n. 9329).

Attesa la conferma, in questa sede, dell’annullamento della delibera impugnata per i motivi sopra espressi, nessun interesse a riproporre i motivi di illegittimità della stessa non esaminati dal T.A.R. può sussistere in capo alla Cooperativa appellata, nemmeno ai fini risarcitori.

Il rigetto della domanda risarcitoria, accolta invece dal giudice di prime cure, si fonda, infatti, sulla ritenuta insussistenza di un danno concreto ed effettivo, per le ragioni meglio espresse, supra, ai §§ 10-14, non già sulla legittimità dell’atto impugnato, sicché l’appello incidentale, con riferimento alla riproposizione dei motivi di illegittimità della delibera n. 51/2004, deve essere dichiarato improcedibile.

17. Deve essere invece rigettato l’appello incidentale avverso la statuizione del primo giudice in ordine alla ritenuta inammissibilità del ricorso proposto avverso la delibera n. 277/04 della Giunta Comunale di Crispiano e gli altri atti, di cui meglio si dirà infra, depositati dal Comune nel giudizio di prime cure.

Correttamente il T.A.R., infatti, ha anzitutto dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Cooperativa avverso la delibera n. 277/2004, con la quale la Giunta ha conferito mandato al Sindaco “di intraprendere le azioni utili al raggiungimento di preliminari intese per la permuta tra i Comuni confinanti di Crispiano e di Massafra delle aree territoriali costituite nella zona ES di proprietà della Cooperativa S. Lucia”.

La deliberazione in oggetto è, in effetti, priva del requisito di immediata lesività, concretandosi in un atto di indirizzo, senza che peraltro esplichi un’efficacia esterna, presentandosi come atto prodromico al procedimento di modifica dei confini, che deve essere avviato dalla Regione Puglia.

Analogamente sono atti endoprocedimentali privi di effettiva ed immediata lesività e, come tali, non impugnabili anche la deliberazione del Consiglio comunale n. 40/2000, contenente un mero rinvio della seduta consiliare; la deliberazione n. 56/1999, con la quale il Consiglio ha ritirato l’argomento all’ordine del giorno per compiere ulteriori verifiche; la deliberazione n. 29/1996, con la quale il Comune, dando attuazione a quanto stabilito dalla sentenza n. 416/88 di questo Consiglio, ha deliberato di procedere finalmente a prendere in esame l’istanza di lottizzazione; il parere dell’Avv. Giovanni Pellegrino; la certificazione del responsabile del servizio LL.PP e Urbanistica del Comune di Crispiano del 23.12.2004 e la nota del 27.9.2004 prot. 1963/P.

18. Ne discende che l’appello incidentale, con riferimento all’impugnazione della delibera n. 277/2004 e di tutti gli atti sopra menzionati al § 17, deve essere rigettato, per avere correttamente ritenuto il giudice di prime cure inammissibile il ricorso della Cooperativa.

Detti atti hanno natura endoprocedimentale e non esplicano, quindi, alcuna immediata e concreta portata lesiva sulla sfera giuridica dell’odierna appellata.

19. Le spese di entrambi i gradi di giudizio, attesa la parziale fondatezza dell’appello, devono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e nei limiti di cui in parte motiva e per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigetta la domanda risarcitoria proposta in prime cure dalla Cooperativa S. Lucia.

Conferma per il resto l’impugnata sentenza.

Dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto dalla Cooperativa S. Lucia in riferimento alla delibera n. 51/04 del Consiglio comunale di Crispiano.

Rigetta l’appello incidentale proposto dalla Cooperativa S. Lucia in riferimento alla delibera n. 277/04 della Giunta municipale del Comune di Crispiano e a tutti gli atti con esso impugnati nel giudizio di primo grado avente R.G. 463/2005.

Compensa interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)