Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2363, del 30 aprile 2013
Urbanistica.Legittimità irrogazione della sanzione amministrativa per concessione in sanatoria di abuso commesso dal proprietario precedente

L'abuso edilizio costituisce, sotto il profilo amministrativo, un illecito a carattere permanente e pertanto non rileva che l’addizione abusiva sia stata realizzata dal precedente proprietario dell’immobile. Rispetto all’esercizio del potere sanzionatorio e, salva la normativa sulla nullità del contratto in presenza dei relativi presupposti, sono infatti irrilevanti le alienazioni del manufatto, in tutto o in parte abusivo, sotto il profilo privatistico. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02363/2013REG.PROV.COLL.

N. 08243/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8243 del 2012, proposto dal Comune di Carisolo, in persona del Sindacopro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

i signori Felice Tresoldi e Anna Maria Casati, rappresentati e difesi dagli avvocati Massimo Francesco Dotto e Tullio Marchetti, elettivamente domiciliati presso il primo in Roma, via Lazio, 20/C;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 175/2012, resa tra le parti;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori Felice Tresoldi e Anna Maria Casati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013 il consigliere Maurizio Meschino e udito per le parti l’avvocato dello Stato Di Matteo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. I signori Felice Tresoldi e Anna Maria Casati (nel seguito “ricorrenti”) hanno esposto di aver acquistato nel 1972 dal costruttore un appartamento (p. ed. 299, p.m. 7, piano sottotetto), sito nel Comune di Carisolo, sul quale, nel 2010, l’Amministrazione comunale ha scoperto una difformità dalla licenza edilizia rilasciata all’epoca (aumento volumetrico e cambio di destinazione d’uso) e di avere quindi presentato istanza di sanatoria che è stata accolta con il provvedimento n. 831 del 6 giugno 2011.

Essi hanno quindi impugnato tale provvedimento, con il ricorso n. 188 del 2011 proposto al Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, nella parte recante l’irrogazione della sanzione amministrativa di euro 17.198,02 ai sensi degli articoli 135 e 128 della legge provinciale n. 22 del 1991 come modificata dalla legge provinciale n. 10 del 1998.

2. Il Tribunale adito, con la sentenza n. 175 del 2012, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato la sanzione pecuniaria impugnata. Ha compensato tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è stato chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado, con domanda cautelare di sospensione dell’esecutività.

Nella camera di consiglio dell’11 dicembre 2012 l’Amministrazione appellante ha dichiarato di rinunciare alla domanda cautelare.

I signori Felice Tresoldi e Anna Maria Casati, intimati, con il controricorso hanno depositato appello incidentale avverso la sentenza di primo grado, riproponendo i motivi di impugnazione con essa assorbiti.

4. All’udienza del 9 aprile 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Con la sentenza gravata, n. 175 del 2012, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento ha accolto il ricorso, n. 188 del 2011, proposto avverso la concessione in sanatoria, rilasciata ai ricorrenti, nella parte recante l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria.

Nella sentenza:

- si afferma, anzitutto, di condividere la giurisprudenza unitaria e costante per cui il potere di irrogare sanzioni in materia urbanistica non è soggetto a decadenza o prescrizione e non necessita di motivazione ulteriore rispetto all’accertamento dell’esecuzione dell’opera in difformità dalla concessione o in assenza della medesima, essendo perciò l’ordinanza di demolizione atto dovuto anche se l’abuso sia risalente nel tempo;

- si rileva che sussiste, però, qualche isolata pronuncia giurisprudenziale secondo la quale vi è, eccezionalmente, l’obbligo di motivare le ragioni di pubblico interesse del provvedimento sanzionatorio quando sia emanato dopo moltissimi anni dall’ultimazione dell’opera, avendo indotto la lunga (anche se incolpevole) inerzia dell’amministrazione la ragionevole convinzione nel privato della regolarità dei manufatti poi accertati come abusivi;

- si ritiene, infine, che il caso in esame sia da rapportare alla eccezionale fattispecie contemplata da questa giurisprudenza, trattandosi, da un lato, di un abuso commesso nel 1972, consistente in un modesto ampliamento volumetrico dell’unità posta nel sottotetto che ne ha consentito l’uso abitativo, come indicato nell’atto notarile di vendita da parte del costruttore, con conseguente affidamento incolpevole nei compratori e, non rinvenendosi, d’altro lato, il motivo di pubblico interesse ad irrogare la sanzione pecuniaria contestata.

2. Nell’appello si deduce che il Comune, ai sensi della normativa applicata nella specie (art. 129, comma sesto, della legge provinciale n. 1 del 2008, che riprende l’art. 122 della legge provinciale n. 22 del 1991 come modificato dalla legge n. 10 del 1998), può ordinare la demolizione delle opere abusive ovvero, quando la demolizione contrasti con rilevanti interessi urbanistici o comporti pregiudizio alla parte non abusiva dell’opera, comminare in via residuale la sanzione pecuniaria.

In questo quadro, sussistendo le dette ragioni di giustificazione della mancata demolizione, inclusa l’eventuale formazione di affidamento incolpevole da parte del privato, si può ritenere che l’Amministrazione sia tenuta a motivare sull’interesse pubblico alla scelta, ciò nonostante, di tale, più grave, provvedimento sanzionatorio a fronte della possibilità di irrogare la sanzione pecuniaria, ma non che debba altresì motivare nel caso si determini a irrogare questa sanzione; ciò presupporrebbe, infatti, che la repressione e sanzione degli abusi edilizi sia determinazione da motivare mentre si tratta di scelta legislativa che comporta l’adozione di atti vincolati, non potendo l’Amministrazione, di conseguenza, esentare l’abuso da ogni sanzione per ragioni di carattere discrezionale.

3. Le parti appellate, contestate con il controricorso le deduzioni in appello, hanno altresì proposto appello incidentale subordinato all’accoglimento di quello principale, con cui hanno riproposto le censure dell’atto impugnato assorbite in primo grado, deducendone l’illegittimità per violazione del principio della tutela dell’affidamento ed alla luce dell’esimente dello stato dì buona fede, nonché per “errore di persona”, dovendo essere perseguito il costruttore dell’edificio de quo che ha effettivamente commesso l’abuso.

Ciò poiché essi non hanno commesso l’abuso ed hanno acquistato l’immobile con regolare atto notarile senza che in tale sede ne fossero stati in alcun modo edotti, essendo invece a conoscenza dell’abuso il Comune fin dal 1972, poiché rilevato dal tecnico competente che, essendo già intervenuta la richiesta di sanatoria da parte del proprietario, di cui nulla era peraltro noto, aveva comunque rilasciato nel frattempo il certificato di abitabilità ai fini della vendita dell’appartamento; ne risulta la buona fede degli appellati, che, inoltre, hanno nel frattempo regolarmente corrisposto al Comune il pagamento di tutte le imposte e tariffe dovute, non hanno potuto avvalersi delle leggi sul condono edilizio, né hanno potuto proporre alcuna azione nei confronti del precedente proprietario, responsabile della violazione, mai perseguito dal Comune.

4. L’appello principale deve essere accolto per quanto di seguito esposto.

Nella specie emerge infatti che:

- l’intervento edilizio di cui si tratta è abusivo, come accertato dal Comune (cfr. nota n. 719 del 15 febbraio 2011), né contestato da parte dei ricorrenti, avendo essi peraltro presentato la domanda di concessione in sanatoria;

- il Comune ha rilasciato la concessione in sanatoria con il provvedimento impugnato, n. 831 del 2011, nel quale è irrogata la sanzione pecuniaria in questione ai sensi degli articoli 135 e 128 della legge provinciale n. 22 del 1991 e successive modifiche, fino a quelle recate con legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1 (in materia diPianificazione urbanistica e governo del territorio), di disciplina della fattispecie ratione temporis.

Questa normativa prevede la possibilità per il Comune di applicare le sanzioni pecuniarie “previste dai commi 4 e 5 dell’art. 135” se le opere abusive “non contrastino con rilevanti interessi urbanistici” (art. 128, comma 8), disciplinando, il citato art. 135, il procedimento per la concessione in sanatoria con la previsione della possibilità di rilasciarla, per opere conformi alle norme urbanistiche previgenti e in atto, con l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie di cui ai già citati commi 4 e 5 “aumentate del 20 per cento”.

In nessuna parte di questa normativa è stabilito l’obbligo della motivazione dei provvedimenti sanzionatori, sempre vincolati anche ai sensi della normativa statale, ovvero della ragione della specifica determinazione della sanzione pecuniaria né, tanto meno, si può ritenere sussistente tale obbligo nel caso di un provvedimento favorevole per i ricorrenti, quale, nella specie, il rilascio della concessione in sanatoria in presenza di un accertato abuso edilizio.

Alla luce di ciò neppure è rilevante la tematica dell’affidamento dei privati, peraltro considerata “per taluni orientamenti giurisprudenziali, comunque di frequente contestati” (Cons. Stato, sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2266), avendo invero chiarito questo Consiglio che <<il complesso di norme introdotte ai fini della sanatoria degli abusi edilizi assumono a riferimento le opere in base al loro dato oggettivo (tipologia, consistenza, momento di esecuzione, disciplina della zona interessata dall’abuso) indipendentemente dall’elemento soggettivo (consapevolezza o meno della condotta “contra legem”) che abbia accompagnato la realizzazione delle opere stesse» (Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2012, n. 4013; 2 febbraio 2009, n. 537 ).

Del resto, “l’abuso edilizio costituisce – sotto il profilo amministrativo – un illecito a carattere permanente e pertanto non rileva che l’addizione abusiva sia stata realizzata dal precedente proprietario dell’immobile” (Cons. Stato, sez. VI, 5 aprile 2013, n. 1886).

Rispetto all’esercizio del potere sanzionatorio (e salva la normativa sulla nullità del contratto in presenza dei relativi presupposti), sono infatti irrilevanti le alienazioni del manufatto (in tutto o in parte abusivo) sotto il profilo privatistico.

L’acquirente, infatti, subentra nella situazione giuridica del dante causa che – consapevolmente o meno - ha violato la normativa urbanistica ed edilizia e poiché, se ignaro dell’abuso al momento della alienazione, può agire nei confronti del dante causa anche prima dell’esercizio dei poteri repressivi da parte del Comune, a maggior ragione quando riceva (come nella specie, pur nel contesto di un provvedimento favorevole) un pregiudizio in conseguenza dei doverosi atti amministrativi repressivi, può agire sia nei confronti del notaio che in ipotesi non abbia rilevato l’assenza del titolo edilizio, sia nei confronti del dante causa e dell’autore dell’abuso (secondo un principio, ab antiquo affermato dalla giurisprudenza amministrativa e da quella civile).

5. Ciò rilevato, l’appello incidentale a sua volta deve essere respinto, poiché basato sull’asserita esimente dell’affidamento incolpevole, in realtà irrilevante.

6. Per le ragioni che precedono l’appello principale è fondato e deve perciò essere accolto, l’appello incidentale è infondato e deve essere perciò respinto.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello principale in epigrafe n. 8243 del 2012; respinge l’appello incidentale.

Condanna gli appellati al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio a favore del Comune di Carisolo, appellante, che liquida in euro 1000,00 (mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2013, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)