TAR Lombardia (MI) Sez. II n.737 del 15 aprile 2016
Urbanistica.Criteri per l'ulteriore edificazione di un'area

Un'area è suscettibile di ulteriore edificazione proprio e soltanto nel caso in cui la costruzione già realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell'ulteriore titolo edilizio. Conseguentemente, qualora un lotto urbanisticamente unitario sia stato già oggetto di uno o più interventi edilizi, la volumetria residua (o la superficie coperta residua) va calcolata previo decurtamento di quella in precedenza realizzata e ciò ferma restando l’irrilevanza di eventuali successivi frazionamenti catastali o alienazioni parziali, onde evitare che il computo dell'indice venga alterato con l'ipersaturazione di alcune superfici al fine di creare artificiosamente disponibilità nel residuo.

N. 00737/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02079/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2079 del 2013, proposto da:
Condominio “Rimembranze 36/B”, Cesare Merola, Pietro Agosti, Bruno Apicella, Marialuisa Bello, Leonardo Mainella, Gianfranco Vailati, Giorgio Chiozzi, Fabio Luigi Livraga, Giorgio Zaffaroni, Pietro Olivari, Maurizio Lozzi, tutti rappresentati e difesi dagli avv. Ercole Romano e Paola Balzarini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Viale Bianca Maria, 23;

contro

Comune di Lodi, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Andena, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Milano, C.so di Porta Vittoria, 28;
A.S.L. di Lodi, non costituita in giudizio;

nei confronti di

Elettroteam s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Tiziano Giovanelli, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Milano, C.so Plebisciti, 13
Ing Lease (Italia) s.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Tiziano Giovanelli, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Milano, C.so Plebisciti, 13;
Roberto Libè, rappresentato e difeso dall'avv. Simona Giovanelli, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Milano, corso Plebisciti, 13;

per l'annullamento

del permesso di costruire del 4 ottobre 2012, prot. n. 35293, pratica n. 23850/2012, rilasciato dal Comune di Lodi al sig. Roberto Libè in qualità di legale rappresentante di Elettroteam s.r.l., con il quale è stata assentita la ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso di parte del locale seminterrato sito nell’immobile condominiale di Viale Rimebranze n. 36/B;

del parere igienico-sanitario favorevole prot. n. 254963 del 6 settembre 2012, nonché dell'eventuale parere in deroga, rilasciati dall'ASL di Lodi;

ove occorra e in parte qua, delle delibere del Consiglio comunale di Lodi n. 35 del 13 marzo 2011, n. 36 del 15 marzo 2011 e n. 38 del 16 marzo 2011, recanti l'approvazione del Piano di Governo del Territorio;

di ogni atto preordinato e connesso.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Lodi, di Elettroteam s.r.l., del sig. Roberto Libè e di Ing Lease (Italia) s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2016 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, poi trasposto nella presente sede giurisdizionale a seguito dell’opposizione di Elettroteam s.r.l., del sig. Roberto Libè e di Ing Lease (Italia) s.p.a., il Condominio “Rimembranze 36/B” e i condomini indicati in epigrafe hanno impugnato il permesso di costruire del 4 ottobre 2012, rilasciato dal Comune di Lodi al sig. Roberto Libè, in qualità di legale rappresentante di Elettroteam s.r.l., con il quale è stata assentita la ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso di parte del locale seminterrato sito nell’immobile condominiale di Viale Rimebranze n. 36/B.

Con il medesimo ricorso è stata, altresì, proposta impugnazione anche avverso il parere igienico-sanitario favorevole e l'eventuale parere in deroga rilasciati dall'ASL di Lodi, nonché – occorrendo e in parte qua – contro le delibere del Consiglio comunale di Lodi che hanno approvato il Piano di Governo del Territorio.

2. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

I) violazione dell’articolo 38 della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005, degli articoli 11 e 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’articolo 1 del Regolamento edilizio del Comune di Lodi, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto il permesso di costruire rilasciato a Elettroteam s.r.l. avrebbe illegittimamente autorizzato opere che interesserebbero il suolo di proprietà condominiale e che interferirebbero con gli impianti comuni, senza l’assenso del Condominio;

II) violazione dell’articolo 7 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, degli articoli 8 e seguenti della legge regionale n. 12 del 2005, dell’articolo 14 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano delle Regole (PdR) del Piano di Governo del Territorio (PGT) di Lodi, nonché eccesso di potere sotto plurimi profili; ciò in quanto: l’incremento di volumetria assentibile previsto dal nuovo strumento urbanistico sarebbe applicabile, per sua intrinseca natura, solo con riferimento alle aree libere, e non a quelle già edificate, né tanto meno a quelle già volumetricamente sature; laddove il Piano di Governo del Territorio avesse inteso riconoscere una potenzialità edificatoria alle aree già edificate, a prescindere dalla verifica delle aree di pertinenza e di quelle libere, esso sarebbe illegittimo per contrasto con i principi generali della materia previsti dalla legislazione statale; comunque, l’eventuale volumetria aggiuntiva dovrebbe essere sfruttata per incrementare le superfici già utilizzabili in base al precedente indice urbanistico, e non anche per consentire l’utilizzazione della cantina/deposito, non computata precedentemente nella volumetria; in ulteriore subordine, l’incremento volumetrico derivante dal PGT dovrebbe andare a beneficio dell’intero lotto e non potrebbe, quindi, essere sfruttato dal singolo condomino;

III) violazione dell’articolo 65 del decreto legislativo n. 81 del 2008 e dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria e illogicità, carenza di motivazione; ciò in quanto il permesso di costruire avrebbe derogato al divieto di destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, in assenza delle condizioni normativamente prescritte per consentire tale deroga; sarebbe inoltre illogica l’emissione, da parte della ASL, di un parere igienico sanitario favorevole, ma che condiziona l’occupazione del seminterrato al parere in deroga ai sensi dell’articolo 65 del decreto legislativo n. 81 del 2008.

3. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Lodi, la società proprietaria dell’immobile Ing. Lease (Italia) s.p.a., la società utilizzatrice dell’immobile e titolare del permesso di costruire impugnato Elettroteam s.r.l., e il sig. Roberto Libè, legale rappresentante di Elettroteam s.r.l..

4. In occasione della camera di consiglio del 10 ottobre 2013 la parte ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare.

5. All’udienza pubblica del 15 gennaio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Ritiene il Collegio di poter prescindere dalle numerose eccezioni in rito sollevate dalla difesa comunale e dai controinteressati, in quanto il ricorso è infondato nel merito.

7. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano il difetto di legittimazione di Elettroteam s.r.l. a richiedere e ottenere il rilascio del permesso di costruire, in quanto il titolo coinvolgerebbe anche parti comuni condominiali.

7.1 Al riguardo, occorre tenere presente che – ai sensi dell’articolo 11 del d.P.R. n. 380 del 2001 – il Comune deve certamente verificare la sussistenza di un titolo legittimante alla realizzazione dell’intervento, poiché il permesso di costruire è rilasciato “al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, peraltro, una volta riscontrato il titolo del richiedente, il Comune non è tenuto ad alcuna ulteriore e minuziosa indagine che si estenda fino alla ricerca di eventuali fattori limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità dell’immobile, allegato da chi presenta istanza edilizia; il che spiega perché il permesso di costruire ed in genere i titoli edilizi sono sempre rilasciati con la formula “fatti salvi i diritti dei terzi” (v. Cons. Stato, Sez. VI, 4 settembre 2012, n. 4676; Id., Sez. IV, 8 giugno 2011, n. 3508; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 12 gennaio 2016, n. 43; Id. 16 giugno 2015, n. 1397; Id., 27 dicembre 2013, n. 2974; Id., 18 giugno 2013, n. 1578; Id., 26 febbraio 2013, n. 529; Id., 10 febbraio 2012, n. 496; TAR Piemonte, Sez. I, 12 maggio 2013, n. 617; TAR Campania, Napoli, Sez. II, 6 dicembre 2010, n. 26817).

I titoli edilizi sono, infatti, atti amministrativi che legittimano l'attività edilizia nell'ordinamento pubblicistico e regolano solo il rapporto che, in relazione a quell'attività, si pone in essere tra l'autorità amministrativa che lo emette ed il soggetto a favore del quale è emesso, ma non attribuiscono a favore di tale soggetto diritti soggettivi conseguenti all'attività stessa, la cui titolarità deve essere sempre verificata alla stregua della disciplina fissata dal diritto comune (Cons. Stato, Sez. V, 24 marzo 2011, n. 1770; Id., 7 settembre 2009, n. 5223; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 9 settembre 2014, n. 2328). La rilevanza giuridica del titolo edilizio si esaurisce quindi nell’ambito del rapporto pubblicistico fra amministrazione e privato, senza estendersi ai rapporti tra privati (Cass. civ., Sez. II, 18 settembre 2013, n. 21394). E l’amministrazione è chiamata a svolgere un’attività istruttoria rivolta non a risolvere un conflitto fra parti private sull’assetto dominicale dell’area, bensì ad accertare il requisito della legittimazione soggettiva del richiedente (Cass. civ., Sez. III, 14 marzo 2013, n. 6551).

Coerentemente, anche il ruolo del giudice amministrativo ha per oggetto il controllo di legittimità dell’esercizio del potere da parte dell’amministrazione, senza incidere o impedire le azioni civilistiche fra vicini (Cass. civ., Sez. II, 19 ottobre 2015, n. 21119).

7.2 Facendo applicazione di tali principi nel caso oggetto del presente giudizio, deve rilevarsi quanto segue.

7.2.1 La demolizione parziale del massetto esistente e la realizzazione del vespaio aerato e condizionato di per sé non richiedevano approfondimenti da parte del Comune in ordine al coinvolgimento di parti condominiali, essendo consentito supporre che tali opere non interessassero il sottostante suolo di proprietà condominiale.

Peraltro, la circostanza che la realizzazione di un vespaio di per sé non coinvolga parti comuni è stata affermata dalla sentenza del Tribunale di Lodi n. 302 del 2004, resa tra il Condominio odierno ricorrente e il precedente proprietario della medesima unità immobiliare (doc. H dei ricorrenti). Nella sentenza si afferma, infatti, espressamente che il vespaio “costituisce una componente del piano di calpestio del piano-terra, compresa nella nozione di pavimento in senso etimologico (dal latino pavire = battere, calpestare)” e che “esso costituisce pertanto un manufatto ben distinto dalle fondazioni ed al servizio esclusivo della unità immobiliare al piano terreno e poggiante sul suolo comune”. Conseguentemente – secondo la medesima sentenza – “il ‘vespaio’ in quanto tale, dev’essere escluso dalla nozione di suolo comune, di cui all’articolo 1117 n. 11 c.c.”.

Ciò conferma ulteriormente che, a fronte della presentazione di un’istanza di permesso di costruire che prevedeva la realizzazione di un vespaio, non spettava al Comune compiere ulteriori minuziosi accertamenti in ordine all’eventuale coinvolgimento di parti comuni condominiali.

7.2.2 I ricorrenti lamentano, poi, che i lavori di realizzazione del vespaio abbiano interessato anche i sottoservizi condominiali, senza il consenso del Condominio.

Anche sotto questo profilo, non emerge alcun profilo di illegittimità del titolo edilizio rilasciato.

E invero, tanto la difesa comunale, quanto quella dei controinteressati hanno affermato che i lavori non hanno semplicemente coinvolto i sottoservizi, ma ne hanno comportato il rifacimento, a beneficio di tutti i condomini, trattandosi di impianti ammalorati. Si tratta di circostanza non specificamente contestata e, quindi, da ritenersi provata, ai sensi dell’articolo 64, comma 2 cod. proc. amm.

A fronte di tale dato, il Comune poteva ragionevolmente supporre il consenso dei beneficiari dell’intervento; beneficiari che, peraltro, non risulta abbiano sollevato obiezioni attinenti all’utilità in concreto dei lavori, almeno per quanto emerge dagli atti del presente giudizio. D’altro canto, le contestazioni attinenti alla eventuale necessità di munirsi, al fine dell’esecuzione dei lavori, di uno specifico atto di assenso da parte del Condominio rivestono carattere squisitamente civilistico e non rilevano ai fini del sindacato sulla legittimità del titolo edilizio rilasciato.

7.2.3 Analogamente è a dirsi per la realizzazione di nuovi servizi igienici da collegare alla rete condominiale.

Anche sotto questo profilo, l’eventuale necessità di un atto di assenso del Condominio è questione attinente ai rapporti tra privati, che non spettava al Comune approfondire.

7.2.4 Priva di rilievo, infine, è la circostanza, prospettata dai ricorrenti, concernente la realizzazione di una nuova scala esterna, in sostituzione di quella esistente.

La difesa comunale ha infatti affermato – senza specifica contestazione sul punto – che la scala era censita nella scheda catastale intestata al richiedente e che, comunque, nei fatti non è stata toccata dall’intervento.

7.3 In definitiva, il primo motivo deve essere interamente respinto.

8. Con il secondo motivo i ricorrenti affermano che il titolo edilizio sarebbe illegittimo perché avrebbe consentito la trasformazione di una cantina/deposito in un locale destinato alla permanenza di persone, con creazione di volumetria non consentita dallo strumento urbanistico.

8.1. Deve premettersi in proposito che risulta non controverso tra le parti che nel precedente Piano Regolatore Generale l’immobile ricadeva in zona B1, per la quale era stabilito un indice di edificabilità di 1,5 mc/mq, mentre le norme di attuazione escludevano dal computo delle superfici utili le autorimesse, le cantine e i magazzini adibiti esclusivamente a uso deposito.

Il Piano di Governo del Territorio ha invece incluso l’immobile nel “tessuto semiaperto a media – alto intensità”, disciplinato dall’articolo 33 delle Norme di Attuazione del Piano delle Regole, per il quale è previsto un indice di 2,1 mc/mq.

8.2 Ciò posto, non può condividersi la tesi dei ricorrenti, secondo la quale l’incremento della volumetria edificabile previsto dal nuovo strumento urbanistico potrebbe operare solo nelle aree libere da costruzioni, e non invece in quelle già edificate, tanto più ove già volumetricamente sature.

Qualora il piano abbia aumentato le potenzialità edificatorie del suolo, non vi è infatti alcuna ragione per distinguere le aree già edificate da quelle non edificate, dovendosi semplicemente riscontrare se, detratta la volumetria già realizzata sul lotto, residui una ulteriore potenzialità edificatoria.

Per la stessa ragione, non rileva se il lotto fosse stato edificato saturando la volumetria consentita dal precedente strumento urbanistico, poiché – come detto – ciò che rileva è unicamente la circostanza che residui una volumetria edificabile in base al nuovo strumento urbanistico.

La tesi opposta non è condivisibile, in quanto contrasta con la natura stessa della funzione di pianificazione urbanistica, la quale non è diretta soltanto a disciplinare le potenzialità edificatorie dei suoli liberi da costruzioni, ma è volta a regolare complessivamente l’uso di tutto il territorio interessato dal piano, per il soddisfacimento del complesso delle esigenze della comunità insediata.

Dalla natura stessa di tale funzione discende che ogni strumento urbanistico ha pari forza formale rispetto a quelli ad esso gerarchicamente equiordinati, per cui i rapporti tra le previsioni di diversi strumenti di pianificazione urbanistica generale comunale non possono che risolversi in base al principio cronologico (lex posterior derogat priori).

Conseguentemente, una volta venuto meno il PRG, affermare che le aree già edificate non sarebbero ulteriormente edificabili, nonostante le più favorevoli previsioni del nuovo PGT, equivarrebbe anche a riconoscere una sostanziale e non prevista portata ultrattiva allo strumento urbanistico ormai abrogato.

8.3 Le conclusioni qui raggiunte sono, del resto, pacifiche in giurisprudenza, atteso che, secondo un principio costantemente ribadito dal giudice amministrativo, un'area è suscettibile di ulteriore edificazione proprio e soltanto nel caso in cui la costruzione già realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell'ulteriore titolo edilizio (Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2012, n. 3120; Id., Sez. IV, 29 settembre 2008, n. 4647; Id., Sez. V, 12 luglio 2004, n. 5039; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 24 febbraio 2012, n. 623). Conseguentemente, qualora un lotto urbanisticamente unitario sia stato già oggetto di uno o più interventi edilizi, la volumetria residua (o la superficie coperta residua) va calcolata previo decurtamento di quella in precedenza realizzata (v. tra le ultime: Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2941; e ciò ferma restando l’irrilevanza – sempre ribadita in giurisprudenza, ma costituente questione che non si pone nel caso di specie – di eventuali successivi frazionamenti catastali o alienazioni parziali, onde evitare che il computo dell'indice venga alterato con l'ipersaturazione di alcune superfici al fine di creare artificiosamente disponibilità nel residuo).

8.4 D’altra parte, non può neppure condividersi l’affermazione per cui l’eventuale volumetria aggiuntiva dovrebbe comunque essere sfruttata per incrementare le superfici già utilizzabili in base al precedente indice urbanistico, e non anche per consentire l’utilizzazione della cantina/deposito, precedentemente non computata nella volumetria.

Si tratta, infatti, di una tesi che non trova alcun aggancio nel complessivo sistema della disciplina urbanistica, dal quale non si inferisce alcun divieto di utilizzare l’incremento dell’indice edificatorio per trasformare uno spazio non abitabile in locale destinato alla permanenza di persone.

8.5 Infine, i ricorrenti affermano che, in ogni caso, l’incremento volumetrico derivante dal PGT dovrebbe andare a beneficio dell’intero lotto e non potrebbe, quindi, essere sfruttato dal singolo condomino.

8.5.1 Al riguardo, il Collegio ritiene opportuno precisare che – in linea di principio – è corretto ritenere che la volumetria disponibile debba essere presa in considerazione rispetto al lotto o al comparto, e non con riguardo alla singola unità immobiliare. La Sezione ha, infatti, già avuto modo di affermare che “La capacità edificatoria è (...) propria dei suoli ed è attribuita dallo strumento urbanistico alle aree, non agli edifici o – tanto meno – alle singole unità immobiliari presenti in un fabbricato. E’, quindi, sempre in relazione al lotto o comparto di riferimento che dovrà stabilirsi quale sia la volumetria realizzabile in base al piano e in che misura essa sia stata effettivamente utilizzata o sia ancora disponibile. Logico corollario di tale principio è che la capacità edificatoria del lotto o comparto appartenga a tutti i proprietari dello stesso, e vada quindi distribuita secondo le rispettive quote, non essendo consentito al singolo condomino di utilizzare le residue capacità edificatorie del lotto a beneficio della propria unità immobiliare, senza il consenso degli altri proprietari.” (così TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 4 giugno 2015, n. 1313).

8.5.2 Nel caso di specie, tuttavia, tale principio generale non può operare, per ragioni derivanti dal modo stesso in cui lo strumento urbanistico ha disciplinato il computo delle superfici.

In particolare, il PGT ha stabilito che tutti i locali aventi un’altezza superiore a 2,40 metri sono rilevanti ai fini del calcolo della superficie lorda di pavimento. Conseguentemente, la cantina/deposito, presentando tale caratteristica, è stata a tutti gli effetti inclusa dal nuovo strumento urbanistico nel calcolo delle superfici già realizzate ed esistenti alla data di entrata in vigore del piano. In altri termini, l’immobile ha automaticamente “consumato” una quota della capacità edificatoria del lotto, in virtù del modo stesso in cui è stato qualificato dal nuovo strumento urbanistico.

Ne deriva che non poteva porsi alcun problema di ripartizione millesimale tra i condomini del maggiore indice edificatorio previsto dal PGT, per la parte in cui tale indice è stato automaticamente utilizzato dal locale di che trattasi.

8.5.3 Tali conclusioni non sono in contrasto con la sentenza di questa Sezione n. 3115 del 2002, richiamata dai ricorrenti, con la quale è stata annullata la concessione edilizia in sanatoria rilasciata nel 2001 per la ristrutturazione interna con cambio di destinazione d’uso dello stesso seminterrato.

In quella occasione, si è infatti affermato che la mera circostanza che il locale dovesse essere computato nella superficie lorda di pavimento, a seguito delle norme introdotte nel 1997, non permetteva di per sé di rendere il locale abitabile, superando il limite massimo di edificazione precedentemente raggiunto, poiché non era stato modificato l’indice di fabbricabilità.

La situazione attuale, però, si caratterizza proprio perché il nuovo strumento urbanistico ha incrementato l’indice di edificabilità.

Lo strumento urbanistico quindi non ha quindi semplicemente modificato i criteri di calcolo della superficie lorda di pavimento, ma ha automaticamente incluso il seminterrato nel calcolo della volumetria già realizzata sul lotto e rientrante nelle maggiori potenzialità edificatorie attribuite allo stesso.

La suddivisione per millesimi della volumetria corrispondente a quella del seminterrato sarebbe, quindi, praticamente impossibile, perché già assorbita di fatto dal locale, per le sue caratteristiche oggettive. In altri termini, per poter distribuire tra i condomini la volumetria attualmente automaticamente “spesa” nel seminterrato occorrerebbe fare in modo che tale volumetria non debba considerarsi già consumata; ciò che potrebbe avvenire – per assurdo – solo eseguendo nell’unità immobiliare lavori idonei a far venire meno le caratteristiche che impongono, in base allo strumento urbanistico vigente, di considerarlo nel computo della superficie lorda di pavimento già realizzata.

8.6 In definitiva, per tutte le suesposte ragioni, il motivo deve essere respinto.

9. E’, infine, infondato il terzo mezzo, con il quale sono state articolate censure attinenti al parere igienico-sanitario della ASL.

9.1 Deve tenersi presente, al riguardo, che l’articolo 65 del decreto legislativo n. 81 del 2008, invocato dalla parte ricorrente, non disciplina, in via generale, la realizzazione di locali seminterrati abitabili, ma si riferisce unicamente alla destinazione al lavoro di tali locali. Si tratta, infatti, di una previsione normativa specificamente dettata per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

L’articolo 65 ora richiamato, quindi, non reca – né potrebbe farlo, attesa la sedes materiae in cui si colloca – un divieto di adibizione di tali locali alla permanenza di persone, ma pone solo alcune regole valevoli per il caso in cui gli spazi sotterranei o semisotterranei siano destinati ad attività lavorative.

Deve, inoltre, tenersi presente che il comma 3 di tale articolo stabilisce che l'organo di vigilanza possa consentire l'uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per lavorazioni per le quali non ricorrono esigenze tecniche, “quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2”, ossia “idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima”.

9.2 Ciò posto, deve ritenersi legittimo il parere della ASL, la quale – evidentemente rilevando che i lavori non davano luogo di per sé alla creazione di ambienti malsani – ha espresso parere igienico-sanitario favorevole, ma condizionandolo alla successiva verifica della sussistenza delle condizioni per il rilascio della deroga al generale divieto di destinazione di tali ambienti al lavoro.

Non è infatti irragionevole aver rinviato la valutazione solo di tale secondo profilo, il quale richiede un riscontro specificamente attinente alla situazione effettiva e in concreto in cui vengono utilizzati gli ambienti di lavoro.

10. In definitiva, alla luce di tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere integralmente respinto.

11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida nel complessivo importo di euro 2.500,00, oltre accessori di legge, di cui euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge, in favore del Comune di Lodi ed euro 500,00 (cinquecento/00), oltre accessori di legge, per ciascuno dei controinteressati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Mario Mosconi, Presidente

Giovanni Zucchini, Consigliere

Floriana Venera Di Mauro, Referendario, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/04/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)