TAR Campania (NA), Sez. IV, n. 2677, del 22 maggio 2013
Urbanistica.Il muro di contenimento non è pertinenza
Secondo giurisprudenza consolidata il muro di contenimento non può essere considerato pertinenza, mentre il muro di recinzione necessita del permesso di costruire quando la recinzione costituisca opera di carattere permanente, incidendo in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio, come ad esempio se è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica, o da opera muraria. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).
N. 02677/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00094/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 94 del 2012, proposto da:
Gennaro Esposito e Immacolata Morra, rappresentati e difesi dagli avv. Concetta Monaco e Raffaele Monaco, con domicilio eletto presso il loro studio, in Napoli, via Provinciale, 132;
contro
Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. Bruno Ricci, Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini e Gabriele Romano, domiciliato in Napoli, presso l’Avvocatura Municipale - p.zza S. Giacomo;
per l'annullamento
della disposizione dirigenziale n. 374 del 29/09/2011 recante ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per le opere abusive realizzate in Napoli in via vicinale agnolella n. 4.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2013 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Napoli, con Disposizione Dirigenziale n. 374 del 29/09/2011, ordinava alle parti ricorrente, in qualità di responsabili, la demolizione di opere abusive ed, in particolare, “su di un suolo di mq. 850, previo sbancamento e livellamento del terreno, muro di recinzione in c. a. di m. 31,50 di altezza variabile m. 1,50 – 0,30 con sovrastante ringhiera in ferro per m. 4,00 e per la restante lunghezza con ferri in elevazione di m. 1,50 di altezza, provvisto di varco di accesso di m. 3,50 con cancello scorrevole; muratura di contenimento di m. 3,30 x 1,65 di altezza”, realizzate senza premesso di costruire in Napoli, Via Vicinale Agnolella, n.4.
L’ordine di demolizione specificava che gli interventi in questione ricadevano in area vincolata con D.M. del 25.1.1958 e del 25.3.1985, ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004, parte terza.
Le parti ricorrenti, con ricorso notificato il 15.12.2011, impugnavano la suindicata Disposizione Dirigenziale, nonché di ogni altro atto o provvedimento antecedente, conseguente o comunque connesso, fra cui i verbali di sopralluogo degli agenti di polizia municipale, chiedendone l’annullamento.
Si costituiva il Comune intimato formulando argomentazioni difensive.
La causa veniva discussa all’udienza pubblica del 10 aprile 2013 e trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) Il ricorso si rivela infondato
Nel primo motivo di ricorso le parti ricorrenti hanno lamentato la violazione dell’art.7 della legge n.241/90 per aver l’Amministrazione omesso la comunicazione di avvio del procedimento che ha portato al provvedimento gravato.
La censura si rivela infondata.
Al riguardo il Collegio evidenzia l’orientamento giurisprudenziale secondo cui in ragione del contenuto rigidamente vincolato che li caratterizza, gli atti sanzionatori in materia edilizia, tra cui l'ordine di demolizione di costruzione abusiva, non devono essere preceduti dalla comunicazione d'avvio del relativo procedimento (Consiglio Stato, sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7129).
In ogni caso il Collegio, in considerazione delle espresse ragioni di rigetto degli altri motivi di ricorso, riterrebbe applicabile al caso in esame il disposto dell’art.21 octies della legge n.241/90, ai sensi del quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, vertendosi in ambito provvedimentale vincolato e risultando che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
1.1) Nel primo motivo di ricorso le parti ricorrenti hanno, inoltre, dedotto l’illegittimità del provvedimento gravato perché non preceduto dall’ordine di sospensione lavori di cui al comma 3, dell’art. 27 D.P.R. n. 380 del 2001.
La censura è infondata.
L'ordine di sospensione dei lavori non costituisce un necessario presupposto di legittimità dell'ingiunzione a demolire l'immobile abusivo, ben ponendo quest'ultima essere emanata immediatamente all'esito dell'accertamento della realizzazione di opere abusive (T.A.R. Puglia Lecce, Sez. III, 11 marzo 2010, n. 709; T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 13 ottobre 2006, n. 1742).
Il potere di sospensione dei lavori in corso è, difatti, meramente cautelare, essendo finalizzato a evitare che la prosecuzione dei lavori stessi determini un aggravarsi del danno urbanistico, per cui non rappresenta un presupposto necessario all'ordinanza di demolizione.
2) Con il secondo motivo di ricorso le parti ricorrenti hanno lamentato la carenza di istruttoria e la mancata motivazione in ordine al profilo della sussistenza dell’interesse pubblico alla demolizione o della possibilità si adozione di una misura sanzionatoria di minore gravità, anche tenuto conto che le opere ricadono in area altamente urbanizzata.
Il motivo è infondato.
L’istruttoria del provvedimento sanzionatoria appare completa essendo stati acquisiti gli elementi che attestano la realizzazione delle opere e la loro abusività per assenza di titolo.
L'abusività di un'opera edilizia, inoltre, costituisce già di per sé sola presupposto per l'applicazione della prescritta sanzione demolitoria (Consiglio Stato, sez. V, 30 novembre 2000, n. 6357) e, per costante giurisprudenza, la diffida a demolire manufatti abusivi è atto vincolato (ex multis, C.d.S., VI, 28 giugno 2004, n. 4743; C.d.S., sez. V, 10 luglio 2003, n. 4107; T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 617; 15 luglio 2003, n. 8246) e non necessita di alcuna puntuale valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né un bilanciamento di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né di una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione (Cons. Stato Sez. VI, 28-01-2013, n. 496; Cons. Stato Sez. IV, 28-12-2012, n. 6702).
3) Con il terzo motivo di ricorso le parti ricorrenti hanno lamentato il generico difetto di motivazione del provvedimento demolitorio gravato e conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/90.
Il motivo è infondato, in quanto il provvedimento in questione risulta sufficientemente motivato, ai sensi di quanto previsto dall’indicato art. 3 della legge n. 241/90, riportando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato l’ordine di demolizione e, in particolare, descrivendo in modo specifico e puntuale le opere abusive rilevate, qualificate come interventi di nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e del D.P.R. n. 380/2001, richiamando gli estremi degli atti istruttori di accertamento, indicando l’assenza del permesso di costruire e il carattere vincolato dell’area e facendo riferimento, quanto alla sanzione, all’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001.
3.1) Sempre nel terzo motivo di ricorso parte ricorrente ha sostenuto il carattere pertinenziale delle opere realizzate e il rientrare dei medesimi interventi nell’ambito degli interventi di restauro e risanamento conservativo.
Anche tale censura è infondata.
La realizzazione ex novo di un muro di recinzione in cemento armato di rilevanti dimensioni, con sovrastante ringhiera in ferro e un muro di contenimento, in quanto strutture autonome e indipendenti e, comunque, di rilevanti dimensioni non possono configurarsi come opere pertinenziali, né quale interventi di restauro e risanamento conservativo.
In particolare, secondo giurisprudenza, il muro di contenimento non può essere considerato pertinenza (T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 02-07-2012, n. 1265; T.A.R. Liguria Genova Sez. I, 31-12-2009, n. 4131) mentre il muro di recinzione necessita del permesso di costruire quando la recinzione costituisca opera di carattere permanente, incidendo in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio, come ad esempio se è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica (T.A.R. Basilicata Potenza, 19 settembre 2003, n. 897) o da opera muraria (Cassazione penale, sez. III, 13 dicembre 2007, n. 4755).
Inoltre, insistendo le opere su zona vincolata risultava altresì necessaria l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art.146 e 159 del D.Lgs. n. 42/2004, in assenza della quale l’opera deve essere ridotta in pristino ai sensi dell’art.167 dello stesso decreto legislativo.
4) Con il quarto e ultimo motivo di ricorso le parti ricorrenti hanno dedotto che le opere in questione, per la loro consistenza e natura, non avrebbero mutato l’assetto paesistico territoriale e non sarebbe quindi appropriato il richiamo alla normativa di cui al D.Lgs. n. 42/2004.
Il motivo è infondato.
Le opere in questione per la loro natura di opere murarie vere e proprie e per la le loro dimensioni (trattasi di un muro di recinzione in c. a. di m. 31,50 di altezza variabile m. 1,50 – 0,30 con sovrastante ringhiera in ferro per m. 4,00 e per la restante lunghezza con ferri in elevazione di m. 1,50 di altezza, provvisto di varco di accesso di m. 3,50 con cancello scorrevole, realizzato previo sbancamento e livellamento del terreno, di muratura di contenimento di m. 3,30 x 1,65 di altezza) rientrano certamente nell’ambito di applicazione della normativa di tutela paesaggistica di cui al D.Lgs. n. 42/2004.
Quest’ultima richiede, come già accennato, per la realizzazione di interventi edilizi ricadenti su zona vincolata, il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art.146 e 159 del D.Lgs. n. 42/2004, in assenza della quale l’opera deve essere ridotta in pristino.
5) Per le ragioni suindicate il ricorso va rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore dell’Amministrazione resistente
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, , lo rigetta.
Condanna le parti ricorrenti al pagamento, in solido tra loro e in parti uguali, in favore del resistente Comune di Napoli, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Domenico Nappi, Presidente
Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere
Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)