Corte di Giustizia
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE JULIANE KOKOTT presentate il 26 marzo 2009
Causa C-335/07Commissione delle Comunità europee contro Repubblica di Finlandia sostenuta dal Regno di Svezia e Causa C‑438/07 Commissione delle Comunità europee contro Regno di Svezia sostenuto dalla Repubblica di Finlandia

«Immissioni nocive –Direttiva 91/271/CEE – Trattamento delle acque reflue urbane – Trattamento più spinto – Eliminazione dell’azoto»
I –    Introduzione

1.        Il Mar Baltico è quasi completamente circondato da Stati membri delle Comunità europee. La sua situazione mostra pertanto con particolare chiarezza se il diritto ambientale europeo è in misura di evitare la distruzione dell’ambiente marino e di porre rimedio ai danni ad esso arrecati.

2.        I presenti procedimenti per inadempimento hanno ad oggetto un problema particolarmente grave del Mar Baltico, vale a dire l’eutrofizzazione, ossia l’eccesso di nutrienti. L’acqua del Mar Baltico contiene troppo azoto e fosforo, dato che tali nutrienti sono immessi a dismisura nel Mar Baltico dai territori che lo circondano. Ciò causa in particolare l’eccessiva proliferazione di piante acquatiche. Quando tali piante muoiono sottraggono ossigeno all’acqua. Inoltre possono moltiplicarsi cianobatteri (alghe blu) che producono sostanze tossiche.

3.        La presente controversia tratta dell’azoto immesso da scarichi urbani nel Mar Baltico. Il trattamento di questi ultimi è disciplinato dalla direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, sul trattamento delle acque reflue urbane (2) nella versione della direttiva della Commissione 27 febbraio 1998, 98/15/CE (3) (in prosieguo: «la direttiva sulle acque reflue»).

4.        Sul fondamento di questa direttiva la Commissione esige dalla Finlandia e dalla Svezia che tutti i loro impianti di depurazione che superano determinate dimensioni riducano il contenuto di azoto nelle acque reflue depurate.

5.        Gli Stati membri interessati eccepiscono alla Commissione, sostanzialmente, che, a causa della situazione nelle aree interessate del Mar Baltico, e in particolare del Golfo di Botnia, una riduzione dell’azoto non è sempre necessaria per impedire l’eutrofizzazione.

II – Contesto normativo
A –    La direttiva sulle acque reflue

6.        Per la Svezia e la Finlandia la direttiva sulle acque reflue è applicabile senza restrizioni a decorrere dall’adesione in data 1° gennaio 1995.

7.        Punto di partenza della normativa rilevante è l’art. 5, nn. 1, 2, 3 e 5 della direttiva sulle acque reflue in merito all’individuazione delle aree sensibili e il relativo trattamento da effettuare sulle acque reflue:

«1.      Per conseguire gli scopi di cui al paragrafo 2, gli Stati membri individuano, entro il 31 dicembre 1993, le aree sensibili secondo i criteri stabiliti nell’allegato II.

2.      Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello descritto all’articolo 4 al più tardi entro il 31 dicembre 1998 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10 000 a.e. (abitanti equivalenti) (4).

3.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti al paragrafo 2 devono soddisfare ai pertinenti requisiti previsti dall’allegato I B. Tali requisiti possono essere modificati secondo la procedura prevista all’articolo 18.

4.      (…)

5.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all’interno dei bacini drenanti in aree sensibili e che contribuiscono all’inquinamento di tali aree, sono soggetti ai paragrafi 2, 3 e 4.

6.      (...)».
8.        Sul trattamento più spinto di cui all’art. 5, n. 2, l’allegato I, n. 3, stabilisce:

«3. Gli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in talune aree sensibili soggette ad eutrofizzazione quali individuate nell’allegato II, punto A. a), devono inoltre soddisfare i requisiti figuranti nella tabella 2 del presente allegato».

9.        La tabella 2 contiene valori limite per fosforo e azoto nelle acque reflue da scaricare. Il titolo è formulato come segue:

«Requisiti per gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in aree sensibili soggette ad eutrofizzazione (…). Uno o entrambi i parametri possono essere applicati a seconda della situazione locale. Si applicano il valore della concentrazione o la percentuale di riduzione».

10.      Secondo quanto indicato alla seconda riga di questa tabella, con la riduzione dell’azoto deve essere raggiunto o un valore limite di 15 mg/l per agglomerati con un numero di abitanti equivalenti tra 10 000 e 100 000 ovvero 10 mg/l per agglomerati più vasti, oppure una percentuale minima di riduzione del livello di azoto tra il 70% e l’80%.

11.      L’allegato II, punto A, lett. a) stabilisce i criteri per determinare le aree sensibili:
«A. Aree sensibili
Si considera area sensibile un sistema idrico classificabile in uno dei seguenti gruppi:

a)      laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima eutrofizzazione, in assenza di interventi protettivi specifici.

         Per individuare il nutriente da ridurre mediante ulteriore trattamento, vanno tenuti in considerazione i seguenti elementi:

i)      nei laghi e nei corsi d’acqua che si immettono in laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono verificarsi fenomeni di accumulazione la sostanza da eliminare è il fosforo, a meno che non si dimostri che tale intervento non avrebbe alcun effetto sul livello dell’eutrofizzazione. Nel caso di scarichi provenienti da ampi agglomerati si può prevedere di eliminare anche l’azoto;

ii)      negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti, se, da un lato, gli scarichi provenienti da piccoli agglomerati urbani sono generalmente di importanza irrilevante, dall’altro, quelli provenienti da agglomerati più estesi rendono invece necessari interventi di eliminazione del fosforo e/o dell’azoto, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe comunque alcun effetto sul livello dell’eutrofizzazione»;

12.      L’art. 2, nn. 11-13, definisce come segue i termini eutrofizzazione, estuario e acque costiere:

«11.      “Eutrofizzazione”: l’arricchimento delle acque in nutrienti, in particolar modo composti dell’azoto e/o del fosforo, che provoca una proliferazione di alghe e di forme superiori di vita vegetale, producendo una indesiderata perturbazione dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua e della qualità delle acque interessate.

12.      “Estuario”: l’area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume. Gli Stati membri definiscono i limiti esterni (verso il mare) degli estuari ai fini della presente direttiva come parte del programma di applicazione di questa conformemente alle disposizioni dell’articolo 17, paragrafi 1 e 2.

13.      “Acque costiere”: le acque al di fuori della linea di bassa marea o del limite esterno di un estuario».
B –    La Convenzione sulla protezione dell’ambiente marino della zona del Mar Baltico

13.      Oltre ad alcuni Stati membri e alla Federazione russa, la Comunità è parte contraente della Convenzione sulla protezione dell’ambiente marino della zona del Mar Baltico (in prosieguo: la «Convenzione del Mar Baltico») (5).

14.      L’art. 3 della Convenzione contiene taluni principi e obblighi fondamentali, in particolare l’impegno generale alla difesa e al ripristino del Mar Baltico nonché una particolare definizione del principio di precauzione:

«1.      Le parti contraenti adottano individualmente o congiuntamente le misure legislative o amministrative nonché altre opportune misure atte a impedire ed eliminare l’inquinamento al fine di promuovere il ripristino ecologico della regione del Mar Baltico e la preservazione del suo equilibrio ecologico.

2.      Le parti contraenti applicano il principio di precauzione, adottano, cioè, misure preventive ogniqualvolta si possa ragionevolmente presumere che sostanze o energie introdotte, direttamente o indirettamente, nell’ambiente marino possano rappresentare un rischio per la salute umana, danni per le risorse viventi e gli ecosistemi marini, danni alle amenità connesse all’ambiente marino o possano interferire con altri usi legittimi del mare, anche in assenza di una prova conclusiva del nesso causale tra immissioni nell’ambiente marino e loro effetti presunti.

3.      (…)».

15.      Per i requisiti riguardanti gli impianti di depurazione è rilevante l’obbligo di cui all’art. 6, n. 1, volto alla prevenzione e all’eliminazione dell’inquinamento proveniente da fonti situate a terra:

«1.      Le parti contraenti s’impegnano a prevenire e a eliminare l’inquinamento della regione del Mar Baltico proveniente da fonti situate a terra mediante l’uso, tra l’altro, della migliore pratica ambientale per tutte le fonti e della migliore tecnologia disponibile per le fonti puntuali. Le relative misure sono adottate da ciascuna parte contraente nel bacino del Mar Baltico senza pregiudizio per la sua sovranità.

2.      (…)».

16.      Gli artt. 19 e segg. disciplinano la Commissione per la protezione dell’ambiente marino del Mar Baltico, stabilita a Helsinki (in prosieguo: la «Commissione di Helsinki»). In tale Commissione sono rappresentati tutti gli Stati contraenti della Convenzione. Nei limiti in cui la Comunità è competente, la Commissione rappresenta gli Stati membri.

III – Fatti, procedimento precontenzioso e conclusioni

17.      In Finlandia e in Svezia gli agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti devono sottoporre le proprie acque reflue ad un trattamento più spinto ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva sulle acque reflue, dato che entrambi gli Stati membri hanno identificato la totalità del loro sistema idrico come sensibile ai sensi dell’art. 5, n. 1.

18.      La Commissione sostiene che tale trattamento più spinto debba ridurre, tra l’altro, il contenuto di azoto delle acque reflue. Poiché ciò non si verifica in tutti gli agglomerati interessati di tali Stati membri, essa avviava il procedimento per inadempimento di cui trattasi e, il 1° aprile 2004, trasmetteva un parere motivato a ciascuno dei due Stati membri, successivamente alle richieste di presentare osservazioni (lettere di diffida) 1° luglio 2002 (per la Finlandia) e 23 ottobre 2002 (per la Svezia).

19.      Poiché i due Stati membri non si conformavano a tale parere, la Commissione proponeva ricorso in data 16 luglio 2007 contro la Finlandia (causa C-335/07) e in data 18 settembre 2007 contro la Svezia (causa C-438/07).

20.      Nella causa C-335/07, la Commissione conclude che la Corte voglia:

–      dichiarare che la Repubblica di Finlandia, non avendo sottoposto ad un trattamento più spinto le acque reflue per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti, è venuta meno agli obblighi incombentile ai sensi dell’art. 5, nn. 2, 3 e 5 della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, sul trattamento delle acque reflue urbane;

–      condannare la Repubblica di Finlandia alle spese.
21.      La Repubblica di Finlandia conclude che la Corte voglia,
–      respingere il ricorso della Commissione in quanto infondato,
–      condannare la Commissione alle spese.

22.      Con ordinanza del presidente della Corte 7 agosto 2008, il Regno di Svezia è stato autorizzato ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Finlandia.

23.      Nella causa C-438/07 la Commissione conclude che la Corte voglia:

–      dichiarare che il convenuto, non avendo adottato entro il 31 dicembre 1998 le misure necessarie affinché tutti gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane di agglomerati con oltre 10000 abitanti equivalenti, immessi direttamente in aree sensibili o in bacini drenanti circostanti, soddisfino i requisiti applicabili di cui all’allegato I della direttiva del Consiglio 91/271/CEE, ha violato gli artt. 5, nn. 2, 3 e 5 della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, sul trattamento delle acque reflue urbane, come modificata dalla direttiva della Commissione 27 febbraio 1998, 98/15/CE;

–      condannare il Regno di Svezia alle spese.

24.      Il Regno di Svezia riconosce che l’azoto debba essere eliminato in 34 impianti di depurazione. Per il resto esso conclude che la Corte voglia:

–      respingere il ricorso.

25.      Con ordinanza del presidente della Corte 28 gennaio 2008, la Repubblica di Finlandia è stata autorizzata ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno di Svezia.

26.      All’udienza comune del 19 febbraio 2009 hanno partecipato i due Stati membri e la Commissione.

27.      Procederò all’esame di questi due procedimenti con conclusioni comuni, dato che essi sollevano sostanzialmente le stesse questioni.

IV – Valutazione giuridica
A –    Sul contenuto del ricorso della Commissione

28.      La Commissione contesta alla Finlandia e alla Svezia di non aver sottoposto ad un trattamento più spinto tutte le acque reflue di agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti. Tuttavia, le parti esprimono pareri divergenti solo sulla questione se tale trattamento imponga anche in tutti i casi una riduzione dell’azoto.

29.      La Commissione esige espressamente che tutte le acque reflue interessate siano sottoposte ad una riduzione d’azoto. Essa non contesta invece l’omessa eliminazione dell’azoto in determinati impianti di depurazione. I procedimenti si basano piuttosto su considerazioni generali: determinate aree del Mar Baltico sono sensibili agli scarichi di acque reflue contenenti azoto e sia la Svezia che la Finlandia scaricano direttamente o indirettamente tutte le acque reflue in tali aree.

30.      Nei limiti in cui la Commissione, nella sua replica, si riferisce a singoli impianti di depurazione, essa lo fa unicamente per illustrare la situazione generale. La motivazione si limita sostanzialmente alla ripetizione dei suoi argomenti generali. Se la Commissione avesse voluto contestare singoli impianti di depurazione o determinati gruppi di impianti, essa avrebbe dovuto specificare le relative critiche.

31.      Qualora tale argomento fosse invece volto a contestare singoli impianti, la Commissione, come sostenuto a ragione dalla Finlandia, modificherebbe l’oggetto del procedimento rispetto al procedimento precontenzioso e al ricorso, dato che fino alla replica non sono stati messi in discussione singoli impianti, il che sarebbe inammissibile.

32.      Pertanto si dovrebbe respingere il ricorso qualora solo in alcuni impianti di depurazione interessati di ciascuno Stato membro tale trattamento non sia necessario.

33.      Allo stesso modo è irrilevante, per l’esito del ricorso, che la Svezia esplicitamente (6) e la Finlandia almeno implicitamente (7) ammettano che, in taluni impianti di depurazione, devono essere effettuati ulteriori interventi per l’eliminazione dell’azoto. Infatti, tali Stati membri non riconoscono tale necessità per molti impianti di depurazione.

B –    Sull’obbligo di ridurre l’azoto

34.      Punto di partenza dell’analisi giuridica del ricorso è l’art. 5, n. 2 della direttiva sulle acque reflue, secondo cui le autorità competenti, al più tardi entro il 31 dicembre 1998, devono adottare le misure necessarie affinché le acque reflue urbane in reti fognarie provenienti da agglomerati con oltre 10000 abitanti equivalenti siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello descritto all’articolo 4 della direttiva.

35.      Ai sensi dell’allegato II, punto A, l’individuazione delle aree sensibili può basarsi su diversi criteri, quali l’eutrofizzazione [lett. a)], la produzione di acqua potabile [lett. b)] e le prescrizioni delle altre direttive [lett. c)]. Quindi esistono aree sensibili per le quali l’immissione di azoto e/o fosforo non ha alcuna rilevanza pratica. Tuttavia, entrambi gli Stati membri hanno dichiarato indiscutibilmente che tutte le loro acque sono sensibili sotto l’aspetto dell’eutrofizzazione.

36.      Le norme cui è soggetto il trattamento più spinto degli scarichi in tali aree sensibili emergono da una serie di rinvii a catena: l’art. 5 n. 3 della direttiva sulle acque reflue rinvia all’allegato I, punto B. Il n. 3 di tale punto rinvia a sua volta alle disposizioni della tabella 2 dello stesso allegato. Inoltre, la Corte ha già constatato che tali disposizioni si applicano fatto salvo l’allegato II, punto A, lett. a) n. 2 della direttiva (8).

37.      La tabella 2 dell’allegato I contiene determinate disposizioni per la riduzione del fosforo e dell’azoto nelle acque reflue. Dal titolo di tale tabella emerge che dipende comunque dalla situazione locale se la riduzione riguarda l’azoto o il fosforo, o entrambi i nutrienti. In aggiunta, l’allegato II, lett. a), n. 2 prevede che si prenda una decisione sul nutriente da eliminare.

38.      Ne consegue che la riduzione di azoto non è vincolante, al contrario, è lasciata una certa flessibilità nella configurazione del trattamento più spinto (9). In linea di principio, deve dedursi dal criterio utilizzato per determinare la sensibilità dell’area se la riduzione deve riguardare l’azoto o il fosforo. Secondo l’allegato II, punto A, lett. a), sono sensibili le acque già eutrofizzate o esposte a prossima eutrofizzazione, in assenza di interventi protettivi specifici.

39.      A tale proposito, le parti concordano sul fatto che l’azoto debba fondamentalmente essere ridotto qualora lo scarico di tale sostanza contribuisca all’eutrofizzazione o qualora la riduzione degli scarichi sia un intervento con cui si possa evitare la prossima eutrofizzazione.

C –    Sull’onere della prova

40.      Non vi è tuttavia unanimità sulla questione se incomba alla Commissione di dimostrare che la riduzione d’azoto è necessaria o se, al contrario, gli Stati membri interessati debbano dimostrare che essa non è necessaria.

41.      I due rapporti commissionati dalla Commissione sull’attuazione della direttiva sulle acque reflue in Finlandia (10) e in Svezia (11) presuppongono esplicitamente che lo Stato membro interessato deve dimostrare che la rinuncia ad una riduzione d’azoto non ha conseguenze sull’eutrofizzazione delle acque di cui trattasi. Fintantoché sussiste un ragionevole dubbio sull’innocuità della rinuncia, si impone un trattamento corrispondente. Conseguentemente la Commissione solleva in ripetute occasioni che lo Stato membro interessato non ha dimostrato taluni punti (12).

1.      Principi generali sull’onere della prova nel procedimento di inadempimento

42.      Secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito del procedimento per inadempimento, incombe tuttavia alla Commissione dimostrare l’asserita inadempienza. Ad essa spetta fornire alla Corte gli elementi necessari perché questa accerti l’esistenza della trasgressione, senza potersi basare su alcuna presunzione (13).

43.      Di conseguenza la Commissione, in linea di principio, deve dimostrare la necessità di ridurre l’azoto nelle acque reflue al fine di evitare l’eutrofizzazione. Tale onere della prova è tuttavia mitigato dall’obbligo in capo agli Stati membri di collaborare lealmente e dal principio di precauzione.

44.      In primo luogo gli Stati membri sono tenuti, a norma dell’art. 10 CE, ad agevolare la Commissione nel vegliare sull’applicazione del diritto comunitario (14). Spetta innanzitutto alle autorità nazionali effettuare i controlli necessari sul posto, in uno spirito di cooperazione leale (15). Quando la Commissione fornisce elementi sufficienti a dimostrare che determinati fatti si sono verificati sul territorio dello Stato membro convenuto, spetta a quest’ultimo contestare in modo sostanziale e dettagliato i dati forniti dalla Commissione e le conseguenze che ne derivano (16).

45.      Il presente caso illustra tale cooperazione, dato che i fondamenti scientifici del procedimento si basano chiaramente su ricerche commissionate dai due Stati membri convenuti e invocate da questi ultimi per la propria politica ambientale (17).

46.      Inoltre, in applicazione del principio di precauzione, è sufficiente, per dimostrare l’esistenza di effetti ambientali rilevanti, che l’effetto presenti un grado di probabilità sufficiente, alla luce dei dati scientifici e tecnici disponibili (18). Tale interpretazione del principio di precauzione è conforme all’art. 3, n. 2 della Convenzione del Mar Baltico, secondo cui non è necessario disporre di una prova conclusiva del nesso causale tra immissioni e loro effetti dannosi presunti. Gli Stati membri possono tuttavia confutare i relativi argomenti della Commissione con prove scientifiche proprie (19).

2.      Sull’inversione dell’onere della prova nell’applicazione della direttiva sulle acque reflue

47.      La Commissione sottolinea tuttavia, in particolare nel caso riguardante la Finlandia, che l’allegato II, punto A, lett. a), n. 2, sub i) della direttiva sulle acque reflue prevede per due casi particolarmente sensibili norme speciali che riguardano anche l’onere della prova.

48.      Il primo caso, sub i), concerne le acque interne, cioè laghi e corsi d’acqua che si immettono in laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono verificarsi fenomeni di accumulazione. In tali aree la sostanza da eliminare in ogni caso è il fosforo, a meno che non si dimostri che essa non incide sul livello dell’eutrofizzazione. Nel caso di scarichi provenienti da ampi agglomerati si può prevedere di eliminare anche l’azoto.

49.      Per il fosforo si stabilisce così la presunzione semplice che esso debba essere eliminato fintantoché non si dimostri il contrario. Come messo in rilievo dalla Finlandia, la formulazione di tale disposizione sottolinea unicamente che la riduzione dell’azoto, controversa nel caso di specie, non sempre è necessaria. A tale riguardo resta invariata l’applicazione delle norme generali sull’onere della prova.

50.      È previsto, invece, sub ii), che in caso di agglomerati più estesi fosforo e/o azoto dovrebbero essere eliminati, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe comunque alcun effetto sul livello dell’eutrofizzazione. Ciò vale per gli scarichi negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti. Tale norma causa un’inversione dell’onere della prova relativamente alla necessità di eliminare l’azoto.

51.      Per produrre tale inversione dell’onere della prova la Commissione deve dimostrare che le acque reflue in primo luogo provengono da estesi agglomerati e, in secondo luogo, si immettono in estuari, baie e altre acque del litorale con scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti.

52.      La Commissione afferma che le acque del litorale di Svezia e Finlandia sono caratterizzate da uno scarso ricambio idrico a causa della configurazione irregolare della costa e delle numerose isole. Inoltre, vi sarebbero immessi grandi quantità di nutrienti.

53.      Tale constatazione può essere corretta per quanto riguarda ampi aree di acque costiere. Tuttavia, la Commissione avrebbe dovuto indicare che tutte le acque reflue sono immesse, direttamente o indirettamente, in siffatte acque. Per tale prova non basta fare riferimento alle caratteristiche generali del paesaggio costiero. Come sottolineato dalla Svezia, non si può ritenere senz’altro che in tutte le acque del litorale vi sia uno scarso ricambio idrico. Con tutta probabilità almeno alcune acque reflue sono immesse in acque del litorale con elevato ricambio idrico, di modo che il contenuto d’azoto è sufficientemente diluito in alto mare.

54.      Poiché l’argomento relativo alle caratteristiche generali delle acque del litorale non è precisato relativamente a determinate aree, non è opportuno invertire l’onere della prova per determinati scarichi.

55.      Secondo la Commissione, inoltre, almeno la parte settentrionale del Golfo di Botnia, conosciuta come Baia di Botnia, alla fine di uno dei rami laterali del Mar Baltico con scarso ricambio idrico con il Mare del Nord e l’Atlantico, è da considerarsi una baia ai sensi dell’allegato II, punto A, lett. a), n. 2, sub ii) della direttiva sulle acque reflue.

56.      La Svezia obietta che un’estensione tale della nozione di baia sarebbe inconciliabile con il suo tenore letterale. A parere della Finlandia la parte settentrionale del Golfo di Botnia, esattamente come la parte meridionale, il Mare di Botnia e il Mar Baltico centrale, costituisce un più grande insieme marino, che a sua volta contiene baie, estuari e acque costiere.

57.      Effettivamente è piuttosto difficile definire baia la parte settentrionale del Golfo di Botnia, lunga circa 300 km e larga in alcuni punti fino a 200 km. Se è vero che la nozione di baia mi sembra sufficientemente ampia da includere anche sistemi idrici così estesi, siffatto uso si situa tuttavia piuttosto al margine del tenore letterale.

58.      Più rilevante è il contesto generale. Secondo la norma generale la scelta dei nutrienti da eliminare attraverso il trattamento più spinto dipende dalla situazione locale. L’ allegato II, punto A, lett. a), n. 2, sub ii) della direttiva sulle acque reflue precisa solo particolari condizioni locali che consentono eccezionalmente una presunzione semplice, secondo la quale è necessario eliminare il fosforo e/o l’azoto. Sarebbe incompatibile con tale disciplina di deroga per luoghi con determinate caratteristiche l’inclusione indefinita di grandi bacini idrici, nei quali possono essere presenti diverse aree con condizioni locali completamente differenti.

59.      Peraltro dubito che la nozione di agglomerati più estesi di cui all’allegato II, punto A, lett. a), n. 2, sub ii) della direttiva sulle acque reflue includa tutti gli agglomerati oggetto della controversia. Poiché si tratta di agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti, essi dovrebbero tutti essere considerati estesi per poter muovere dal presupposto che l’eliminazione dell’azoto è necessaria per tutti i loro scarichi. Anche contro una tale affermazione, sollevata dalla Commissione solo in risposta ad un quesito orale postole all’udienza, può addursi il carattere derogatorio di tale presupposizione. Inoltre, la direttiva sulle acque reflue non consente di stabilire che il numero di 10 000 abitanti equivalenti indichi in linea di principio la soglia per gli agglomerati più estesi. La direttiva prende piuttosto in considerazione per altre esigenze soglie molto più elevate, quali 15 000 (20), 100 000 (21) o 150 000 (22) abitanti equivalenti.

60.      Pertanto la Commissione non può fondarsi nel presente procedimento sull’inversione dell’onere della prova di cui all’allegato II, punto A, lett. a), n. 2, sub ii) della direttiva sulle acque reflue.

D –    Sulla prova della necessità della riduzione dell’azoto

61.      La Commissione deve pertanto dimostrare che l’immissione di azoto da parte di ogni agglomerato svedese o finlandese con oltre 10 000 abitanti contribuisce all’eutrofizzazione di un’area sensibile o che la riduzione dell’immissione di azoto è un provvedimento atto a impedire la prossima eutrofizzazione di siffatta area.

62.      Se è vero che la Svezia e la Finlandia hanno identificato la totalità dei propri sistemi idrici come sensibili, è pur vero che il presente procedimento ha ad oggetto unicamente gli effetti sulle aree marine. Tutti gli impianti di depurazione dei due Stati membri scaricano direttamente o indirettamente in tali aree.

63.      Le parti concordano sul fatto che le acque costiere svedesi tra la frontiera norvegese e la città Norrtälje sono sensibili all’immissione di azoto. Ciò vale anche per le acque costiere meridionali finlandesi. Le aree marine interessate sono il Kattegat e i Belt tra Svezia e Danimarca, il Mar Baltico centrale e il Golfo di Finlandia, tra la Finlandia e l’Estonia. Immissioni dirette in tali aree devono pertanto innegabilmente essere soggette a riduzione dell’azoto.

64.      È invece controverso se una riduzione dell’azoto sia necessaria anche per tutte le immissioni dirette nel Golfo di Botnia (al riguardo v. infra, sub 1). Il Golfo di Botnia è l’area marina compresa tra la Finlandia e la Svezia. Esso si compone di una parte settentrionale, la Baia di Botnia, e una meridionale, il Mare di Botnia.

65.      Inoltre, le parti non concordano sulla necessità di una riduzione d’azoto per tutte le immissioni in acque dolci che sono convogliate solo indirettamente nel mare (al riguardo v. infra, sub 3).

66.      Infine la Svezia e la Finlandia invocano il fatto che una riduzione dell’immissione d’azoto potrebbe avere un impatto negativo sull’ambiente in quanto si potrebbe sviluppare una proliferazione eccessiva di cianobatteri (alghe blu) (al riguardo v. infra, sub 2).

1.      Sull’immissione diretta nel Golfo di Botnia

67.      Le immissioni nella parte settentrionale del Golfo di Botnia, la Baia di Botnia, sono un elemento fondamentale per l’esito del presente procedimento. Le parti condividono il parere che l’immissione di azoto in tali acque non causa eutrofizzazione. Pertanto, in base alle caratteristiche della Baia di Botnia, secondo la direttiva sulle acque reflue una riduzione dell’azoto non è necessaria.

68.      Quand’anche tutte le immissioni di azoto in tale area vi rimanessero, sarebbe già evidente che la Commissione non potrebbe dimostrare che tutti gli agglomerati sufficientemente ampi di Svezia e Finlandia debbano ridurre le proprie acque reflue. Infatti, anche se i territori che scaricano nella Baia di Botnia non sono densamente popolati, in entrambi gli Stati membri interessati sono tuttavia presenti rispettivi agglomerati che scaricano, direttamente o indirettamente, nella Baia di Botnia le loro acque reflue. Possono citarsi a titolo di esempio la città svedese di Luleå e quella finlandese di Oulu, le quali entrambe superano decisamente i 10 000 abitanti equivalenti.

69.      La Commissione sostiene tuttavia, che gran parte delle immissioni d’azoto nella Baia di Botnia raggiungono in seguito il Mare di Botnia e il Mar Baltico centrale. Prima che si possa esaminare se la Commissione abbia la prova di tali elementi di fatto, si deve verificare se il trasferimento di nutrienti tra zone marine sia o no rilevante per l’applicazione della direttiva sulle acque reflue e, se del caso, quanto azoto debba essere convogliato affinché sussista l’obbligo di ridurne il livello.

Sul significato giuridico del trasferimento d’azoto tra diverse zone marine

70.      La Svezia contesta anzitutto dal punto di vista giuridico le affermazioni della Commissione adducendo che la direttiva sulle acque reflue non prevede il trasferimento tra zone marine. La Svezia si basa sulla lettera dell’art. 5, n. 5 della direttiva sulle acque reflue, che impone il trattamento più spinto degli scarichi urbani provenienti dagli impianti di trattamento situati all’interno dei bacini drenanti in aree sensibili e che contribuiscono all’inquinamento di tali aree.

71.      Secondo il governo svedese il Golfo di Botnia non fa parte del bacino idrografico di altre zone marine. Per analogia rispetto alla definizione di bacino idrografico di cui all’art. 2, n. 13, della direttiva 200/60/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (23) (in prosieguo: la «direttiva quadro sulle acque»), tale termine indica un territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta. Tale definizione corrisponde alla prassi idrologica consolidata. Le zone marine non fanno invece parte del bacino idrografico.

72.      La Corte ha tuttavia già statuito che per avere un’immissione ai sensi dell’art. 5, n. 2 della direttiva sulle acque reflue è indifferente che tali acque reflue si riversino direttamente o indirettamente in un’area sensibile (24). Ciò è conforme all’elevato livello di tutela disposto dalla politica della Comunità in materia ambientale in forza dell’art. 174, n. 2, CE (25).

73.      Tali casi riguardavano, da un lato, l’immissione in un sistema fluviale che riversava i nutrienti in aree sensibili (26) e, dall’altro, la percolazione, laddove i nutrienti raggiungevano la zona marina sensibile attraverso le acque sotterranee (27). Non si ravvisa alcuna ragione per trattare diversamente immissioni d’azoto che si riversano in acque sensibili non attraverso acque dolci o sotterranee, bensì attraverso zone marine.

74.      Di conseguenza la nozione di bacino drenante di cui all’art. 5, n. 5, della direttiva sulle acque reflue ha anzitutto una funzione esplicativa e non può essere interpretata in modo da limitare l’obbligo di trattamento delle acque. La direttiva quadro sulle acque attribuisce invece alla nozione di bacino idrografico un ruolo molto più ampio che necessita di un’altra interpretazione.

75.      Si deve pertanto ritenere che un’immissione di acque reflue contenenti azoto in un’area sensibile a tale elemento può aver luogo qualora l’azoto convogliato raggiunga tale area attraverso un’altra zona marina.

Sulla quantità necessaria oggetto del trasferimento

76.      Le presenti cause mostrano tuttavia che la possibilità di un’immissione indiretta impone che si chiarisca quale livello debba raggiungere l’immissione d’azoto in aree sensibili perché sia giustificato l’obbligo di riduzione dell’azoto.

77.      La Commissione si adopera a illustrare che notevoli livelli di azoto sono trasferiti tra le diverse aree del Golfo di Botnia e da quest’ultimo nel Mar Baltico centrale. Tale trasferimento globale non è tuttavia decisivo. È piuttosto rilevante verificare se l’immissione di acque reflue nella Baia di Botnia aumenti il livello di azoto in aree sensibili (28). Infatti, l’eutrofizzazione ai sensi della direttiva sulle acque reflue è caratterizzata da un rapporto di causa ed effetto tra l’immissione e la degradazione della qualità delle acque (29).

78.      La Svezia aggiunge invocando modelli di calcolo, che l’immissione d’azoto attraverso le acque reflue urbane contribuisce in modo marginale al trasferimento di azoto tra la Baia di Botnia, il Mare di Botnia e il Mar Baltico centrale (30). La Finlandia presenta calcoli che conducono a valori di poco superiori, ma comunque inferiori all’1% dell’immissione annuale di azoto nel Mar Baltico.

79.      Tali calcoli non consentono tuttavia di escludere categoricamente l’obbligo di trattamento più spinto delle acque reflue. Ogni immissione diventa irrilevante in caso di sufficiente diluizione. Un effetto diluente può essere escluso unicamente nel caso di grande prossimità alla fonte dell’immissione. Se si volesse considerare solo il contributo di una fonte di inquinamento all’inquinamento generale, probabilmente non si potrebbe dedurre dall’inquinamento di aree più vaste alcun obbligo di trattamento per singole fonti. In tal caso le immissioni di Stoccolma o di Danzica sarebbero probabilmente irrilevanti per l’eutrofizzazione del Mar Baltico centrale, dato che perfino tali immissioni contribuiscono rispettivamente solo in piccola parte al livello generale. La direttiva sulle acque reflue impone però, per tutti gli agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti, un trattamento più spinto delle acque reflue qualora esse siano immesse in aree sensibili, indipendentemente dal fatto che gli scarichi di tali agglomerati contribuiscano rispettivamente in grande o in piccola parte al livello d’inquinamento generale.

80.      Tale conclusione non viene neanche contraddetta dal rapporto di causa ed effetto necessario tra l’immissione di scarichi urbani contenenti azoto e il peggioramento della qualità dell’acqua(31). È vero che la Corte ha sottolineato che gli scarichi urbani devono contribuire in modo rilevante all’eutrofizzazione di acque sensibili, al fine di procedere all’individuazione prevista dalla direttiva sulle acque reflue(32). Ciò riguarda tuttavia il deterioramento generale delle acque sensibili attraverso gli scarichi urbani, ma non il contributo di singole immissioni o di determinati gruppi di immissioni. Anche se le singole immissioni costituiscono una quota minima del livello generale, ciò non esclude che immissioni di tal tipo in totale incidano significativamente sull’eutrofizzazione delle acque sensibili. Nel presente caso è pacifico che il Mar Baltico centrale è sensibile all’immissione di scarichi urbani contenenti azoto.

81.      Tuttavia, ogni aumento del livello di azoto di un’area sensibile attribuibile ad un’immissione indiretta non fa sorgere automaticamente l’obbligo di eliminare l’azoto. Tale conseguenza sarebbe inadeguata, poiché probabilmente ogni immissione d’azoto in qualunque bacino acquatico accresce il contenuto di azoto di un’area sensibile almeno in dosi omeopatiche.

82.      La direttiva sulle acque reflue contiene già un criterio utilizzabile per valutare l’incidenza di immissioni di azoto indirette. La tabella 2 dell’allegato I non richiede infatti, nell’ambito del trattamento più spinto, una completa eliminazione, bensì, nel caso dell’azoto, una riduzione approssimativa tra il 70% e l’80%. Ciò significa che un impianto di depurazione può immettere in linea di principio il 30% dell’azoto contenuto nelle acque reflue direttamente in un’area sensibile. Le immissioni indirette non possono essere soggette a requisiti più restrittivi.

83.      Le immissioni indirette in acque sensibili devono pertanto essere trattate come se le acque non sensibili attraverso cui esse sono trasportate, facessero parte del trattamento delle acque reflue. Qualora le acque di passaggio trattenessero sicuramente in gran parte l’azoto immesso non vi sarebbe bisogno di un trattamento più spinto negli impianti di depurazione.

84.      La Svezia applica chiaramente tale ragionamento in riferimento a immissioni in acque dolci non sensibili. Quando durante il percorso verso acque costiere sensibili viene trattenuto una quantità sufficiente di azoto, gli impianti di depurazione non procedono ad un trattamento più spinto.

85.      È vero che la Commissione sostiene che la direttiva sulle acque reflue non consente di prendere in considerazione la riduzione naturale del contenuto di azoto durante il trasporto verso le acque sensibili. Tale parere, tuttavia, non trova fondamento nella direttiva. Grazie a tale riduzione, l’azoto è trattenuto, infatti, in acque che non sono sensibili a tale sostanza. La riduzione di azoto di cui all’art. 5, n. 2, è pertanto solo necessaria nei limiti in cui vi sia una relativa sensibilità.

86.      La Commissione evidenzia tuttavia correttamente che la quantità di azoto trasportato naturalmente non è costante, ma può essere soggetta a variazioni. Si deve eccepire che una riduzione tecnica di azoto può garantire determinati valori di purezza relativamente affidabili. Tale rischio più elevato di variazioni deve essere preso in considerazione nell’ambito dell’analisi del livello di azoto raggiunto in un’area sensibile. Come illustrato dalla Svezia in relazione all’immissione in acque dolci, a tale riguardo si devono prevedere un’analisi accurata del trasporto di azoto nonché rispettivi margini di sicurezza. Al contrario, la possibilità di variazioni non può comunque giustificare che immissioni indirette siano soggette a requisiti segnatamente più restrittivi di quelle dirette.

87.      Un’immissione indiretta di azoto in aree sensibili a tale sostanza fa sorgere l’obbligo di ridurre l’azoto solo se più del 30 % dell’azoto contenuto nelle acque reflue raggiunge le aree sensibili.

Applicazione ad immissioni nel Golfo di Botnia

88.      La Commissione sostiene che il 62 % delle immissioni di azoto nella Baia di Botnia viene convogliato oltre, nel Mare di Botnia. Tale quota contestata dalla Svezia indica che anche una parte relativa delle immissioni di azoto attraverso scarichi urbani viene trasportata in altri luoghi. Qualora il Mare di Botnia fosse nel suo insieme sensibile all’azoto, siffatto trasferimento sarebbe sufficiente per far sorgere l’obbligo di riduzione dell’azoto per le immissioni nella Baia di Botnia.

89.      Secondo i rapporti prodotti dalla Commissione sull’attuazione della direttiva sulle acque reflue in Finlandia e in Svezia, si muove tuttavia dal presupposto che nelle aree aperte del Mare di Botnia non vi sia alcun problema di eutrofizzazione, diversamente da quanto si verifica in acque costiere con scarso ricambio idrico e elevato carico di nutrienti. Si suppone inoltre che il flusso di nutrienti dal Mar Baltico centrale e dal Golfo di Finlandia lungo le coste finlandesi aumenti la proliferazione delle alghe (33).

90.      Anche se secondo tali rapporti determinate acque costiere del Mare di Botnia sono sensibili all’immissione di azoto, tali affermazioni non consentono di muovere dal presupposto che ciò valga per il Mare di Botnia nel suo insieme. È anche improbabile che le immissioni di azoto nella Baia di Botnia influenzino proprio le aree sensibili del Mare di Botnia. Anzitutto si tratta di acque costiere con scarso ricambio idrico. In esse affluisce poca acqua dalla Baia di Botnia. Se si dovesse cercare la causa dei problemi nei flussi di nutrienti, si tratterebbe di flussi provenienti dal sud, cioé dalla direzione opposta.

91.      Pertanto la Commissione non ha dimostrato che le immissioni di azoto nella Baia di Botnia raggiungono in quantità sufficiente aree sensibili del Mare di Botnia.

92.      La Commissione muove inoltre dal presupposto che quantità sufficienti di azoto immesso nella Baia di Botnia raggiungono il Mar Baltico centrale sensibile alle immissioni di azoto. Essa non produce tuttavia informazioni su quanto azoto immesso nella Baia di Botnia raggiunga il Mar Baltico centrale.

93.      Secondo i rapporti da essa prodotti, circa l’11% dell’immissione totale nel Golfo di Botnia è trasportato oltre, nel Mar Baltico centrale (34). Tale quota di trasferimento è segnatamente inferiore a quella che fluisce tra la Baia di Botnia e il Mare di Botnia e corrobora la constatazione che quest’ultimo sia un vero riduttore di azoto (35).

94.      Il governo svedese produce i risultati di un modello di calcolo, che conducono ad una quota di trasferimento ancora inferiore. Secondo tale modello una riduzione dell’azoto nelle immissioni delle acque reflue dovrebbe ridurre il trasferimento di azoto in tutto il Golfo di Botnia di 817 tonnellate e nel Mar Baltico centrale solo di 56 tonnellate. In altre parole, solo circa il 7% della riduzione d’azoto raggiunge il Mar Baltico centrale sensibile all’azoto. Di conseguenza si deve presumere che la quota del trasferimento delle immissioni non debba essere molto più elevata.

95.      Si può lasciare aperta la questione di sapere quale calcolo corrisponda alla realtà. Entrambi gli approcci tendono comunque a negare che più del 30% delle immissioni nella Baia di Botnia raggiunga il Mar Baltico centrale. In tale contesto non ho ancora preso in considerazione il fatto che, secondo gli argomenti a tuttora non contestati della Svezia e della Finlandia, già il 30% dell’azoto viene eliminato attraverso il trattamento delle acque reflue ai sensi dell’art. 4 della direttiva sulle acque reflue, che deve aver luogo indipendentemente dalla sensibilità delle aree d’immissione.

96.      È vero che il governo finlandese adduce cifre che lasciano concludere ad una quota di trasferimento molto più alta (36). In udienza, tuttavia, esso ha chiarito, in risposta ad un quesito, di non mettere in discussione le cifre presentate dalla Commissione e di aver prodotto solo cifre lorde, che non illustrano precisamente il trasferimento. In particolare non sarebbe considerato quanto azoto sarebbe trattenuto durante il trasporto. Pertanto neanche tali cifre conducono a presupporre una quota di trasferimento superiore al 30%, la cui prova spetta peraltro alla Commissione.

97.      La Commissione non ha dunque dimostrato che l’immissione di scarichi urbani contenenti azoto nella Baia di Botnia raggiunge in quantità sufficiente aree sensibili del Mar Baltico centrale. Pertanto tutti gli agglomerati svedesi e finlandesi con oltre 10 000 abitanti equivalenti non devono assoggettare le proprie acque reflue a tale trattamento e i due ricorsi vanno già respinti in base a tale motivo. Le immissioni nel Mare di Botnia non sono rilevanti.

98.      Tale risultato è confermato dal piano d’azione per il Mar Baltico della Commissione di Helsinki. Anche se tale piano, messo a punto con la partecipazione della Comunità, richiede una riduzione delle immissioni d’azoto nel Mar Baltico centrale, nel Golfo di Finlandia, nell’area marina tra Danimarca e Svezia („Danish Straits“, Belt) nonché nel Kattegat, le immissioni di azoto nella Baia di Botnia e nel Mare di Botnia non devono tuttavia essere ridotte (37).

99.      Qui di seguito completerò tuttavia la trattazione in merito alle questioni parimenti controverse dell’immissione in acque dolci e della possibilità della proliferazione eccessiva di cianobatteri (alghe blu).

2.      Sull’immissione in acque dolci

100. La Commissione sostiene che la Finlandia, come anche la Svezia, debba sottoporre ad un’ulteriore riduzione d’azoto tutte le acque reflue immesse in acque dolci.

101. Relativamente all’immissione in acque dolci che raggiungono indirettamente aree sensibili all’azoto, si impongono conclusioni analoghe a quelle esposte per i trasporti di azoto tra zone marine: l’azoto deve essere ridotto se più del 30 % dell’azoto contenuto nelle acque reflue raggiunge l’area sensibile.

102. Le acque dolci si immettono infine in acque costiere. Allo stesso tempo esse trasportano in mare l’azoto immesso con gli scarichi urbani. Tali indicazioni sono secondo me in linea di principio sufficienti per concludere che, con l’immissione in acque dolci una quantità di azoto sufficiente raggiunge le aree sensibili del Mar Baltico, in particolare il Mar Baltico centrale.

103. La Finlandia e la Svezia rilevano tuttavia, senza essere contraddette, che già dopo il trattamento semplice delle acque reflue è immesso solo il 70% dell’azoto inizialmente contenuto nelle acque reflue. Inoltre la Finlandia e la Svezia illustrano che le immissioni di azoto in acque dolci spesso sarebbero ridotte naturalmente prima che raggiungano il mare. In particolare l’azoto si sedimenterebbe nei laghi. Secondo quanto sostiene la Finlandia nei laghi finlandesi l’azoto, prima di raggiungere il mare, sarebbe ridotto tra il 19% e l’80%.

104. La Commissione in entrambi i procedimenti si oppone alla generalizzazione delle quote di riduzione su scala nazionale. Non si tratta comunque del punto nevralgico delle presenti conclusioni. I due Stati membri precisano piuttosto che le autorità competenti per il rilascio delle autorizzazioni potrebbero naturalmente giungere alla conclusione, al momento dell’esame dei singoli impianti di depurazione sul territorio, che una riduzione d’azoto non è necessaria.

105. La Commissione, del resto, non contesta l’argomento di entrambi gli Stati membri, secondo cui in tali esami, condotti caso per caso, non ci si è affatto basati su presunzioni di carattere generale in merito al fatto che l’azoto sia trattenuto, bensì sono stati prese in considerazione concretamente la situazione locale e la riduzione d’azoto nelle acque interessate. Essa non critica in particolare le decisioni su singoli impianti di depurazione bensì i rispettivi metodi applicati per il calcolo della riduzione naturale di azoto.

106. La Commissione sostiene inoltre che la direttiva sulle acque reflue non consente di prendere in considerazione l’eliminazione naturale dell’azoto. Non è rintracciabile tuttavia alcun fondamento normativo per una regola generale che abbia tale contenuto. È piuttosto corretto considerare che un’eutrofizzazione secondo la definizione contenuta nell’art. 2, n. 11, presuppone in particolare una perturbazione dell’equilibrio naturale (38). Fintantoché l’immissione di acque reflue contenenti azoto non perturba tale equilibrio o non ci si può aspettare che una tale perturbazione si verifichi, ai sensi dell’allegato II, punto A, lett. a), non è nemmeno necessario un trattamento più spinto.

107. La Commissione sottolinea tuttavia correttamente che nella considerazione di singoli impianti di depurazione dovrebbero essere prese in considerazione le variazioni stagionali nell’eliminazione naturale dell’azoto. Il mantenimento dei valori soglia deve essere garantito in modo continuato, come per una riduzione tecnica d’azoto in impianto di depurazione. Ciò può essere tuttavia verificato unicamente in relazione a singoli impianti, verifica che la Commissione non ha effettuato nel caso di specie.

108. Di conseguenza la Commissione non ha dimostrato che tutti gli impianti di depurazione di agglomerati finlandesi e svedesi con oltre 10 000 abitanti equivalenti che scaricano in acque dolci devono procedere ad un’ulteriore riduzione d’azoto.

3.      Sui cianobatteri

109. Infine desidero ancora trattare brevemente un argomento difensivo di Svezia e Finlandia, che non riveste ormai alcuna importanza per il caso di specie. Entrambi gli Stati membri sollevano il rischio di una proliferazione eccessiva di cianobatteri (alghe blu).

110. Qualora vi sia una quantità sufficiente sia di azoto sia di fosforo, si sviluppano evidentemente in particolare alghe vegetali che dipendono da tali due nutrienti. In caso però di eccesso di fosforo, si può determinare lo sviluppo di cianobatteri, dato che questi ultimi non devono sottrarre l’azoto necessario all’acqua, ma possono utilizzare anche quello atmosferico. Un’eccessiva proliferazione di cianobatteri va evitata per tre motivi principali:

–        essi formano una massa viscida sulla superficie dell’acqua;
–        producono sostanze velenose; e
–        l’azoto atmosferico fissato incrementa il livello di azoto delle acque.

111. Entrambi gli Stati membri sono del parere che l’immissione di scarichi urbani contenenti azoto in acque con eccesso di fosforo potrebbe contribuire a impedire la proliferazione eccessiva di cianobatteri. Pertanto tale rischio giustificherebbe, in caso di eccesso di fosforo, la rinuncia ad un’ulteriore riduzione di azoto.

112. A tale proposito si deve rammentare che la riduzione di azoto deve essere effettuata unicamente se necessaria. Un aspetto di tale necessità è costituito certamente anche da danni che possano essere causati dalla riduzione dell’azoto. La Corte ha già ammesso tale constatazione, indicando che, nell’ambito di un trattamento più spinto il quantitativo di nutrienti necessario alla produzione di molluschi per il commercio in acque sensibili può essere in buona parte preso in considerazione (39). Tale affermazione non può certo essere intesa nel senso che un’eutrofizzazione può essere tollerata per soddisfare interessi commerciali. Tuttavia il trattamento più spinto può essere modulato soppesando vantaggi e svantaggi.

113. Di conseguenza si può rinunciare ad una riduzione di azoto al fine di prevenire il rischio di eccessiva proliferazione di cianobatteri. Tuttavia l’onere della prova di tale rischio, la sua portata e l’efficacia della rinuncia ad una riduzione dell’azoto, incombe allo Stato membro che lo fa valere. La direttiva sulle acque reflue muove infatti dal presupposto che l’azoto normalmente deve essere ridotto se ha un’incidenza sul rischio di eutrofizzazione.

114. Nel caso di specie non si deve decidere sulla questione se i due Stati membri abbiano prodotto tale prova (40).
V –    Sulle spese

115. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione è rimasta soccombente in entrambi i ricorsi, ma la Svezia non ha presentato alcuna domanda in merito alle spese. Pertanto la Commissione sopporta le spese del procedimento nella causa C-335/07, mentre nella causa C‑438/05 le parti sopportano le proprie spese.

116. Gli Stati membri, quali intervenienti, devono sopportare le proprie spese conformemente all’art. 69, n. 4, del regolamento di procedura.

VI – Conclusioni
117. Pertanto, sono del parere che le questioni sottoposte alla Corte dovrebbero essere risolte come segue:
118. Nella causa C-335/07:
1.      Il ricorso è respinto.
2.      La Commissione sopporta le spese del procedimento eccettuate quelle del Regno di Svezia.
119. Nella causa C-438/07:
1.      Il ricorso è respinto.
2.      La Commissione delle Comunità europee, il Regno di Svezia e la Repubblica di Finlandia sopportano le proprie spese.

1 – Lingua originale: il tedesco.

2 GU L 135, pag. 40.

3 GU L 67, pag. 29.

4 L’integrazione è mia.

5 – GU 1994 L 73, pag. 20, adottata con decisione del Consiglio 21 febbraio 1994, relativa alla conclusione, a nome della Comunità, della convenzione sulla protezione dell\'ambiente marino della zona del Mar Baltico (convenzione di Helsinki modificata nel 1992), GU L 73, pag. 19.


6 – Tale trattamento deve essere ancora intrapreso o migliorato, secondo la Svezia, in 34 impianti.

7 – Secondo la Finlandia in 16 impianti il relativo trattamento sarebbe stato disposto, ma non ancora intrapreso.

8 – Sentenza 23 settembre 2004, causa C‑280/02, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑8573, punti 104 e seg.).

9 – Così anche sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 8, punto 102).

10 – Searle e a. (WRc), Evaluation of Finlands’s implementation of Directive 91/271/EEC on Urban Waste Water Treatment, maggio 2004, Allegato 5 del ricorso nella causa C‑335/07, pag. 31.


11 – Hamil e a. (WRc), Evaluation of Sweden’s implementation of Directive 91/271/EEC on Urban Waste Water Treatment, settembre 2003, Allegato 2 della replica nella causa C‑438/07, pag. 32.


12 – Punti 4, 36, 37 e 46 del ricorso nonché punti 5 e 7 della replica nella causa C‑335/07; punto 30 del ricorso nonché punti 40 e seg. della replica nella causa C‑438/07.


13 – V., a titolo di esempio, sentenze 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Olanda (Racc. pag. 1791, punto 6); 26 aprile 2005, causa C‑494/01, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑3331, punto 41), nonché 22 gennaio 2009, causa C‑150/07, Commissione/Portogallo (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 65).


14 – Sentenza Commissione/Irlanda (cit. alla nota 13, punto 42).

15 – Sentenza Commissione/Irlanda (cit. alla nota 13, punto 45).

16 – Sentenza Commissione/Irlanda (cit. alla nota 13, punto 44).

17 – Anche la sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 8) si basa evidentemente in gran parte sulle indagini condotte da autorità francesi.


18 – Sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 8, punto 34).

19 – Cfr. sentenza 28 giugno 2007, causa C‑235/04, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑5415, punti 26 e seg.).

20 – Art. 3, n. 1, art. 4, n. 1.

21 – Allegato I, tabella 2, riga 2.

22 – Art. 6, n. 1, art. 8, n. 5.

23 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, 23 ottobre 2000 (GU L 327, pag. 1).

24 – Sentenze 25 aprile 2002, causa C‑396/00, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑3949, punti 29 e segg.); 24 giugno 2004, causa C‑119/02, Commissione/Grecia (non pubblicata nella Raccolta, punti 39 e segg.), e 30 novembre 2006, causa C‑293/05, Commissione/Italia (non pubblicata nella Raccolta, pubblicazione sommaria in Racc. pag. I‑122*, punti 30 e segg.); v. anche conclusioni dell\'avvocato generale Stix-Hackl 12 maggio 2005, causa C‑416/02, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑7487, punto 133 e seg.).


25 – V. sentenza citata alla nota 24, causa C‑396/00, Commissione/Italia, punto 31, Commissione/Grecia, punto 41, e causa C‑293/05, Commissione/Italia, punto 32.


26 – V. sentenza citata alla nota 24, Commissione/Italia.

27 – Sentenza Commissione/Grecia (cit. alla nota 24, punto 37).

28 – Cfr. sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 8, punto 77).

29 – Sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 8, punti 19 e 40).

30 – 19 tonnellate all\'anno tra la Baia di Botnia e il Mare di Botnia e 56 tonnellate all\'anno tra quest\'ultimo e il Mar Baltico centrale.


31 – V. anche sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 8, punto 19).

32 – Sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 8, punto 25, v. anche punti 40, 52, 67, 77 e 87).

33 – Hamil e a. (cit. alla nota 11, pag. 18) nonché Searle e a. (cit. alla nota 10, pag. 17 e seg.).

34 – Hamil e a. (cit. alla nota 11, pag. 25) nonché Searle e a. (cit. alla nota 10, pag. 24).

35 – Hamil e a. (cit. alla nota 11, pag. 25) nonché Searle e a. (cit. alla nota 10, pag. 24).

36 – V. allegato 1 della controreplica.

37 – HELCOM Baltic Sea Action Plan, http://www.helcom.fi/BSAP/ActionPlan/en_GB/ActionPlan/, pag. 8.

38 – Cfr. sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 8, punti 20 e segg.).

39 – Sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 8, punto 102).

40 – Dubbi in proposito sono sollevati dal saggio, citato dalla Svezia, di Vahtera e a., «Internal Ecosystem Feedbacks Enhance Nitrogen-fixing Cyanobacteria Blooms and Complicate Management in the Baltic Sea», Ambio Vol. 36, N. 2–3, pag. 186 e segg., http://ambio.allenpress.com/archive/0044-7447/36/2/pdf/i0044-7447-36-2-186.pdf., secondo cui si dovrebbero eliminare sia l\'azoto sia il fosforo.