Cass. Sez. III n. 30930 del 29 luglio 2024 (UP 10 apr 2024)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. Margiotta
Ambiente in genere.Delega di funzioni e responsabilità a titolo di colpa del legale rappresentante di una società 

Anche in caso di valida ed efficace delega, resta salva la responsabilità a titolo di colpa del legale rappresentante della società, secondo i principi generali di cui all'art. 43 cod. pen., qualora il fatto derivi da cause strutturali correlate a scelte riservate al titolare dell'impresa, quali, per esempio, l'omessa adozione delle procedure di autocontrollo previste dalla normativa europea. Non è perciò sufficiente dedurre la presenza in azienda di un responsabile di impianto, né l’esercizio di fatto delle funzioni tipiche del “garante” (così nella fattispecie) se contestualmente non è provata l’esistenza di una valida delega di funzioni, fermo restando che, come detto, la violazione delle prescrizioni in materia ambientale dovuta a deficit strutturali imputabili a scelte precise dell’imprenditore rende quest’ultimo direttamente responsabile della violazione, a prescindere dalla presenza o meno di un delegato.

RITENUTO IN FATTO

            1. Vincenzo Cesidio Margiotta ricorre per l’annullamento della sentenza del 8 giugno 2023 del Tribunale di Sulmona che lo ha condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di 6.000 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 29 quattuordecies, comma 3, lett. a) e b), d.lgs. n. 152 del 2006, a lui ascritto perché, quale legale rappresentante della Cogesa S.p.a., aveva esercitato l’impianto di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti in violazione delle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale n. 9/11 rilasciata dalla Regione Abruzzo il 9 dicembre 2011. In particolare: a) aveva depositato i rifiuti anche all’esterno delle aree previste per lo stoccaggio; b) le emissioni superavano il parametro ammoniaca emessa dal biofiltro. Il fatto è contestato come commesso in Sulmona il 27 giugno 2018.
                1.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 468, comma 4, cod. proc. pen., e del diritto alla prova contraria in relazione alla omessa utilizzazione, ai fini della decisione, della testimonianza di Danilo Ciotti (pur ritualmente assunta), non considerata sol perché persona non inserita nella lista testimoniale. Le liste erano due, afferma, e una è andata persa per cause a lui non imputabili. 
                1.2. Con il secondo motivo deduce la inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 29 quattuordecies, comma 3, lett. a) e b), d.lgs. n. 152 del 2006, lamentando che la propria condanna si fonda sulla mera, oggettiva posizione di legale rappresentante della società in assenza di violazione di norme cautelari, nemmeno contestate. Non si è tenuto conto della presenza, in azienda, di persona rivestita di funzioni apicali (il direttore tecnico responsabile dell’impianto) che avrebbe dovuto segnalare all’amministratore unico e/o agli enti preposti (l’ARTA) il cattivo funzionamento del biofiltro. Il dato, afferma, era stato introdotto dalla testimonianza del Ciotti non considerata sul punto.

    2. Con memoria del 28 marzo 2024, il difensore del ricorrente, Avv. Alessandro Scelli, ha replicato alla richiesta del Procuratore generale di declaratoria di inammissibilità del ricorso, insistendo nella richiesta di accoglimento del ricorso stesso aggiungendo che anche dalla visura camerale depositata nel fascicolo del dibattimento risulta la presenza del direttore tecnico responsabile dell’impianto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il ricorso è inammissibile.

    2. L’omessa utilizzazione, ai fini della decisione, di una testimonianza ritualmente assunta non determina la violazione del diritto di difesa (assicurato dall’ammissione della prova e dalla sua assunzione nel contraddittorio tra le parti) ma si traduce nella contraddittorietà estrinseca della motivazione che consiste nel cd. “travisamento della prova”, vizio configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758 - 01; Sez. 1, n. 53600 del 24/11/2016, dep. 2017, Sanfilippo, Rv. 271635 - 01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499).
        2.1. In tal caso, è onere del ricorrente, in virtù del principio di “autosufficienza del ricorso”, suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto degli atti medesimi, dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il "fumus" del vizio dedotto non emerga all'evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 2, n. 20677 dell’11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. F. n. 37368 del 13/09/2007, Torino, Rv. 237302).  
        2.2. Il principio di autosufficienza del ricorso trova applicazione anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall'art. 7, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, che si traduce nell'onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l'allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ove a ciò egli non abbia provveduto nei modi sopra indicati (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, Rv. 280419 - 01; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432 - 01).
        2.3. La mancata, corretta deduzione del vizio rende il motivo manifestamente infondato, oltre che generico e aspecifico, con conseguente inammissibilità dello stesso. 

    3. L’inammissibilità del primo motivo rende superfluo l’esame del secondo che postula la possibilità della Corte di esaminare il contenuto della prova omessa e di saggiarne la natura decisiva. In ogni caso, anche il secondo motivo è generico e manifestamente infondato.
        3.1. In primo luogo, perché al ricorrente sono state contestate due violazioni dell’autorizzazione e le sue censure si concentrano solo su una delle due, le emissioni in atmosfera, negligendo completamente la violazione concernente i rifiuti depositati in gran quantità (tonnellate, afferma il Tribunale) al di fuori delle aree dell’azienda.
        3.2. In secondo luogo, il Giudice ha fatto corretta applicazione dell’insegnamento di legittimità (ignorato dal ricorrente) secondo il quale, in materia ambientale, è consentita la delega di funzioni a condizione che la stessa : a) sia puntuale ed espressa, con esclusione di poteri residuali in capo al delegante; b) riguardi, oltre alle funzioni, anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; c) la sua esistenza sia giudizialmente provata con certezza; d) il delegato sia tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato allo svolgimento dei compiti affidatigli; e) il trasferimento delle funzioni sia giustificato dalle dimensioni o dalle esigenze organizzative dell'impresa, ferma restando la persistenza di un obbligo di vigilanza del delegante in ordine al corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite (Sez. 3, n. 15941 del 12/02/2020, Rv. 278879-01, secondo cui tale obbligo di vigilanza non comporta il controllo continuativo delle modalità di svolgimento delle funzioni trasferite, richiedendosi la mera verifica della correttezza della complessiva gestione del delegato; nello stesso senso Sez. 3, n. 6420 del 07/11/2007, dep. 2008, Rv. 238980-01; Sez. 3, n. 5242 del 23/04/1996 Rv. 205104-01, secondo cui la "personalizzazione" della responsabilità, riconoscendo la legittimità della delega e l'autonomia dei poteri-doveri del delegato, è configurabile anche nella materia ambientale. I criteri per ritenere legittima ed applicabile la medesima vanno individuati sotto due profili. Sotto l'aspetto oggettivo sono: - le dimensioni dell'impresa, che devono essere tali da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità; l'effettivo trasferimento dei poteri in capo al delegato con l'attribuzione di una completa autonomia decisionale e di gestione e con piena disponibilità economica; l'esistenza di precise ed ineludibili norme interne o disposizioni statutarie, che disciplinino il conferimento della delega ed adeguata pubblicità della medesima; uno specifico e puntuale contenuto della delega. Sotto l'aspetto soggettivo vanno considerati: - la capacità e l'idoneità tecnica del soggetto delegato; il divieto di ingerenza da parte del delegante nell'espletamento della attività del delegato; l'insussistenza di una richiesta d'intervento da parte del delegato; la mancata conoscenza della negligenza o della sopravvenuta inidoneità del delegato).
        3.3. Secondo la giurisprudenza più recente, in tema di reati ambientali, non è più richiesto, per la validità e l'efficacia della delega di funzioni, che il trasferimento delle stesse sia reso necessario dalle dimensioni dell'impresa o, quanto meno, dalle esigenze organizzative della medesima, attesa l'esigenza di evitare asimmetrie con la disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la quale, a seguito della entrata in vigore dell'art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008, non contempla più tra i requisiti richiesti per una delega valida ed efficace quello delle “necessità" (Sez. 3, n. 27862 del 21/05/2015, Rv. 264197 - 01, in tema di reato previsto dall'art. 29-quattuordecies d.lgs. n. 152 del 2006).
        3.4. Ancor più recentemente si è affermato che, in tema di reati ambientali, l'attribuzione della delega di funzioni non fa venir meno il dovere di controllo del delegante sul corretto espletamento delle funzioni conferite, sussistendo, tuttavia, la responsabilità di quest'ultimo solo qualora si ravvisino in concreto gli estremi della "culpa in vigilando” (Sez. 3 , n. 17174 del 03/03/2020 Rv. 279013- 01, che ha escluso la violazione del dovere di controllo del delegante, in considerazione al fatto che al delegato erano ascritte irregolarità nelle modalità di stoccaggio dei rifiuti del tutto marginali, derivanti da modeste difformità rispetto alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale).
        3.5. Oltretutto, nel caso di specie si tratta di deficit strutturali che riguardavano persino le modalità di controllo degli scarichi effettuate con modalità diverse da quelle indicate nell’AIA da parte di un laboratorio incaricato direttamente dall’impresa e, dunque, dal suo legale rappresentante (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 44335 del 10/09/2015, Rv. 265345 - 01, secondo cui anche in caso di valida ed efficace delega, resta salva la responsabilità a titolo di colpa del legale rappresentante della società, secondo i principi generali di cui all'art. 43 cod. pen., qualora il fatto derivi da cause strutturali correlate a scelte riservate al titolare dell'impresa, quali, per esempio, l'omessa adozione delle procedure di autocontrollo previste dalla normativa europea).
        3.6. Non è perciò sufficiente dedurre la presenza in azienda di un responsabile di impianto, né l’esercizio di fatto delle funzioni tipiche del “garante” (così il ricorso) se contestualmente non è provata l’esistenza di una delega di funzioni nei termini e modi indicati al § 3.2, fermo restando che, come detto, la violazione delle prescrizioni in materia ambientale dovuta a deficit strutturali imputabili a scelte precise dell’imprenditore rende quest’ultimo direttamente responsabile della violazione, a prescindere dalla presenza o meno di un delegato.

        4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso (che osta alla rilevazione della prescrizione maturata successivamente alla data della sentenza impugnata) consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10/04/2024.