L’affidamento in concessione di servizi nei luoghi della cultura

di Davide GAMBETTA


SOMMARIO 1. Quadro normativo: l’affidamento all’esterno di servizi nei luoghi della cultura. 2. L’integrazione tra servizi “di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico” e servizi di pulizia, vigilanza e biglietteria: l’art. 117, comma 3 del Codice dei beni culturali. 3. Fatti di causa sottesi alla sentenza Consiglio di Stato 16 marzo 2021, n. 2259. 4. La sentenza T.A.R. Lazio 7 luglio 2017, n. 8009, la sentenza Consiglio di Stato 7 dicembre 2017, n. 5773 e la riedizione del potere. 5. Questioni sulla (in)sostenibilità economico-finanziaria di una procedura autonoma per la gestione di servizi “aggiuntivi”. 6. Rilevanza della remuneratività nel quadro concettuale della concessione di servizi ai fini della valorizzazione dei beni culturali 7. L’insostenibilità economica della concessione e le possibili alternative: la gestione in proprio. 8. Concessione integrata e bilanciamento tra servizi aggiuntivi e complementari: le conclusioni della sentenza Consiglio di Stato 16 marzo 2021, n. 2259.

Il tema dell’affidamento in concessione di servizi nei luoghi della cultura, in particolare nel quadro normativo del nuovo Codice dei Beni Culturali, rappresenta un tema di certo interesse nella recente produzione giurisprudenziale che si è concentrata anche sulle particolari ipotesi di gestione integrata di servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico e altri complementari.
Nella cornice di tale recente generazione pretoria in materia di beni culturali si inserisce una importante pronuncia del Consiglio di Stato, sezione quinta, che per il suo rilievo sistematico e le articolate riflessioni ermeneutiche si pone come un ineludibile snodo concettuale in materia. La sentenza n. 2259 del 2021, pubblicata il 16 marzo 2021 riguarda il complesso tema delle procedure per l’affidamento di servizi presso i siti culturali e, in particolare, concerne l’affidamento congiunto del servizio di biglietteria con attività di guida turistica, didattica e assistenza agli utenti, riferiti nel caso specifico ad alcuni tra i più rilevanti siti monumentali della capitale. Si tratta di una sentenza di ottemperanza, che fornisce rinnovate e inequivoche coordinate ermeneutiche, alle quali sono sinteticamente dedicate le posteriori riflessioni. In questa sede si esamineranno principalmente le conseguenze della pronuncia, che è rimasta di assoluta attualità anche nella produzione giurisprudenziale immediatamente successiva e anzi ha tracciato il solco degli sviluppi pretori recenti.

    1. Quadro normativo: l’affidamento all’esterno di servizi nei luoghi della cultura.
La controversia sottesa alla pronuncia in commento riguarda l’affidamento di servizi in luoghi e istituti della cultura e si concentra sul difficile tema degli appalti “integrati” tra servizi c.d. di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico e altri complementari.
Alla luce del quadro normativo e nella prospettiva ricostruttiva della giurisprudenza, si è consolidato il principio generale per cui l'affidamento di servizi “di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico” previsti dall’art. 117, comma 3 del Codice dei beni culturali1 (anche detti servizi “aggiuntivi”) deve avvenire mediante l’istituto della concessione di servizio pubblico, mentre i servizi complementari di biglietteria, pulizia e vigilanza attraverso un appalto di servizi2. La valorizzazione dei siti culturali, cui è improntata l’intera disciplina europea e nazionale in materia di beni culturali, pretende che i servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico (ex art. 117 d.lgs. n. 42 del 2004) sia riconosciuti come baricentro del sistema e siano quindi oggetto di tutela in massima parte: ciò giustifica anche l’opzione preminente della concessione come strumento di affidamento. Diverso è invece il rilievo dei servizi di biglietteria e vigilanza, che assumono carattere meramente accessorio e strumentale e da ciò deriva la possibilità di esternalizzazione mediante appalto, pur sempre nel complessivo rispetto dei principi generali che presiedono al sistema e con il fermo fine di garantire la valorizzazione culturale.

    2. L’integrazione tra servizi “di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico” e servizi di pulizia, vigilanza e biglietteria: l’art. 117, comma 3 del Codice dei beni culturali.
È appena il caso di precisare però che, ai sensi dell’art. 117, comma 3, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), nell’ambito dei luoghi e istituti della cultura di cui all’art. 101 del Codice i servizi c.d. “aggiuntivi” ovvero quelli di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico possono essere gestiti in forma “integrata” con quelli di pulizia, vigilanza e biglietteria.
Nel caso di concessione di servizi ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera vv), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, «l'integrazione può essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati». Il contratto di appalto è poi consentito nel caso di integrazione tra uno dei servizi “aggiuntivi” e servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria.
La gestione integrata si pone però come una mera possibilità che diventa tanto più appetibile nel caso in cui la parcellizzazione delle procedure incida negativamente sul piano della qualità della valorizzazione o comunque su quello della sostenibilità economico-finanziaria.

    3. Fatti di causa sottesi alla sentenza Consiglio di Stato 16 marzo 2021, n. 2259.
Ciò premesso, al fine di poter esaustivamente delineare il quadro fattuale presupposto alla pronuncia è necessario pur in estrema sintesi richiamare alcuni eventi presupposti al giudizio.
Con un primo gravame, un operatore economico, operante nel settore dei servizi di guida e di informazione ai visitatori dei luoghi di interesse artistico e culturale, aveva impugnato il bando pubblicato da Consip relativo alla gara aperta per l’affidamento dei servizi di biglietteria e vigilanza presso alcune centralissime e rilevantissime strutture monumentali di interesse culturale site a Roma.
Con ricorso aveva essenzialmente dedotto che, alla luce della struttura del disciplinare3, la gara aveva ad oggetto non soltanto servizi di biglietteria e vigilanza, ma anche prestazioni riconducibili al servizio di guida e assistenza didattica. In diritto aveva pertanto argomentato che il bando si poneva in elusione della disciplina relativa ai cd. “servizi aggiuntivi” di cui d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e in violazione dei principi relativi all’assegnazione mediante concessione. Ciò in quanto i servizi di valorizzazione culturale rientrano nel perimetro di cui all’art. 117, comma 2, d.lgs. n. 42 del 20044 e soggiacciono alla relativa disciplina.

    4. La sentenza T.A.R. Lazio 7 luglio 2017, n. 8009, la sentenza Consiglio di Stato 7 dicembre 2017, n. 5773 e la riedizione del potere.
Con prima sentenza 7 luglio 2017, n. 8009, il Tribunale amministrativo del Lazio aveva respinto il ricorso, opzionando una interpretazione restrittiva del bando di concorso e ritenendo che la procedura fosse effettivamente limitata ai servizi di biglietteria e non includesse affatto servizi di valorizzazione culturale di cui all’art. 117, comma 2 del Codice dei beni culturali.
La sentenza argomentava nel senso che la fornitura di hardware, audioguide e videoguide non costituisse un servizio “aggiuntivo” rilevante rispetto a quello di biglietteria bensì una attività meramente servente a quest’ultimo, destinata quindi a integrarsi senza mantenere una propria autonomia concettuale, organizzativa e gestionale. In ogni caso, non rilevante ai sensi dell’art. 117, comma 2 del Codice dei beni culturali. Da qui la conclusione per cui il disciplinare si appalesava ragionevole e immune dai dedotti vizi, contestata in appello.
Avverso tale sentenza veniva spiccato infatti appello, deciso dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 7 dicembre 2017, n. 5773, con considerazioni del tutto opposte rispetto alla pronuncia di prime cure. In particolare, il Supremo Consesso accoglieva il gravame, nel presupposto che la fornitura e gestione di audio e videoguide e le attività di guida e assistenza didattica non fossero considerabili mere attività accessorie nel perimetro del servizio di biglietteria, bensì servizi “aggiuntivi” ai sensi dell’art. 117, comma 2 del Codice dei beni culturali, soggette al relativo regime.
In sede di riedizione del potere, Consip bandiva una nuova gara per la concessione dei servizi in due lotti5. Avverso tale riedizione veniva spiccato il ricorso per l’ottemperanza, deciso con la sentenza in sintetico commento, con cui si contestava essenzialmente che il servizio di biglietteria mantenesse comunque un ruolo principale e preponderanze, con degradazione dei servizi di assistenza alla visita in posizione secondaria e deteriore. Da questa premessa, l’impossibilità di ricorrere all’istituto della concessione, anche stante il giudicato cristallizzato sulla specifica vicenda.

    5. Questioni sulla (in)sostenibilità economico-finanziaria di una procedura autonoma per la gestione di servizi “aggiuntivi”.
E’ rilevante che, nel giudizio in commento, Consip abbia eccepito tra l’altro l’insostenibilità economica finanziaria di una procedura autonoma per la sola gestione dei servizi “aggiuntivi” di assistenza all’utenza  Con ordinanza 31 agosto 2020, n. 5135, la Quinta Sezione ha conseguentemente disposto verificazione e il verificatore ha concluso a conforto dell’eccezione, rilevando l’effettiva insostenibilità di una procedura autonoma, alla luce della imprescindibile necessarietà degli introiti del diverso servizio di biglietteria per garantire nel complesso la convenienza e sostenibilità della concessione. Tali dati dell’istruttoria impongono una riflessione sull’opzionabilità della concessione quando il servizio “aggiuntivo” sia in realtà economicamente non remunerativo e si giovi degli introiti di quello complementare.

    6. Rilevanza della remuneratività nel quadro concettuale della concessione di servizi ai fini della valorizzazione dei beni culturali
Ai sensi dell’art. 115 (Forme di gestione), comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio per come interpretato dalla giurisprudenza il ricorso alla concessione ha sempre la prioritaria funzione di garantire la massima valorizzazione del sito culturale. Proprio la valorizzazione è il baricentro concettuale e ontologico dell’opzione, prevalente e assorbente di ogni altro o diverso rilievo.
La sentenza, in queste coordinate, rammenta come la concessione sia sì una possibile opzione per l’affidamento integrato di due diverse tipologie di servizi (aggiuntivi e di pulizia, biglietteria, vigilanza) ai sensi dell’art. 117, comma 3, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), ma in tale ipotesi occorra comunque garantire la massima valorizzazione: i servizi “aggiuntivi” di assistenza agli utenti devono dunque mantenere un ruolo centrale e non possono essere degradati in posizione meramente accessoria rispetto a quelli di pulizia, vigilanza e biglietteria.
Il Consiglio di Stato osserva che – date queste premesse strutturali sull’istituto della concessione di servizi – la stessa remuneratività per l’operatore privato nell’ambito di tale istituto non costituisce un elemento caratterizzante ma ha rilievo meramente secondario e ben può essere assente. Ovviamente resta nella disponibilità dell’operatore economico privato il vaglio sulla effettiva convenienza della concessione, che passa anche attraverso un accurato e particolareggiato progetto strategico delle risorse e delle capacità individuali dell’impresa. In ogni caso, l’operatore è tenuto a dotarsi di «congrue capacità di corrispondere al compito di valorizzazione, non già di pretendere che questa resti secondaria e così venga piegata alle sue più facili e immediate convenienze lucrative, dequotando il primario obiettivo di interesse generale». Dunque la remuneratività non è elemento costituivo della concessione e anzi nemmeno è determinante.

    7. L’insostenibilità economica della concessione e le possibili alternative: la gestione in proprio.
Ciò premesso, resta dunque da valutare il caso in cui un servizio “aggiuntivo” sia privo ex se di un effettivo e sufficiente utile economico e anzi sia radicalmente caratterizzato da una insostenibilità finanziaria. Ciò può infatti esporre l’attività all’inappetibilità per l’operatore economico esterno, alla luce della non convenienza dell’affidamento.
Dunque se è vero che la remuneratività in linea teorica e ontologica non costituisce in sé elemento determinante della dinamica giuridica della concessione, resta da chiedersi la sorte dell’affidamento di un servizio economicamente insostenibile. Il dubbio è pianamente risolto dalla costatazione per cui l’esternalizzazione dei servizi è un’opzione soltanto secondaria rispetto a quella, fisiologica e originale, della gestione in proprio e diretta, che si riespande nel caso di insostenibilità economica dell’opzione dell’affidamento all’esterno ovvero quando quest’ultimo in ogni caso non assicuri un sufficiente livello di valorizzazione del bene. La gestione in proprio resta dunque un’opzione, comunque, sempre possibile e idonea a superare ogni possibile rischio d’inappetenza sul mercato dell’affidamento.
Queste premesse consentono di superare un possibile dubbio strutturale sui principi che governano il bilanciamento tra gli interessi contrapposti nelle concessioni integrate di servizi eterogenei.
Sulla premessa che non sussiste un obbligo di esternalizzazione i servizi e che il prioritario, preponderante e assorbente interesse è garantire sempre la massima valorizzazione del sito culturale, laddove l’affidamento anche in concessione si traduca in un’opzione economicamente svantaggiosa, l’Amministrazione può e deve comunque provvedere in proprio con la gestione diretta. Anzi, la esternalizzazione deve essere opzionata quando garantisca una miglior realizzazione dell’interesse pubblico alla valorizzazione e dunque quando si traduca in un «potenziamento della conoscenza del bene medesimo e di quanto contiene come istituto o luogo della cultura», restando su un piano secondario e non decisivo la lucratività per l’operatore privato.

    8. Concessione integrata e bilanciamento tra servizi aggiuntivi e complementari: le conclusioni della sentenza Consiglio di Stato 16 marzo 2021, n. 2259.
Sicché, in definitiva, nel caso di concessione integrata in cui siano assommati ai servizi “aggiuntivi” di cui all’art. 117 del Codice dei Beni Culturali anche servizi di pulizia, biglietteria e vigilanza, questi ultimi devono avere rilievo soltanto secondario e non preponderante.
Questi ultimi non possono assumere carattere prevalente, neppure se da un punto di vista della sostenibilità economica dell’opzione rappresentano la fonte principale della remuneratività della scelta mentre i servizi “aggiuntivi” si presentano economicamente insufficienti. Dunque, nella concessione di servizi per i luoghi della cultura, a prescindere dall’effettivo volume di incassi, l’opzione integrata è possibile solo mantenendo ferma la prevalenza effettiva e concettuale del servizio “aggiuntivo”, nel migliore interesse della valorizzazione del bene culturale.
Quanto allo specifico caso in commento, la sentenza conclude dunque che i criteri per l’aggiudicazione della gara determinati dal nuovo bando in sede di riedizione del potere, riferiti prevalentemente ai servizi di biglietteria e dunque a quelli che avrebbero dovuto avere rilievo soltanto complementare, si pongono in contraddizione con la necessaria rilevanza preponderante dei servizi “aggiuntivi”, sono adeguatamente valorizzati in sede di affidamento. Ciò rende dunque giuridicamente priva del necessario sostegno l’opzione per la concessione, che dovrebbe essere sempre rivolta al perseguimento della massima valorizzazione culturale. Ne consegue la declaratoria di nullità della gara in parte qua per violazione del giudicato.