Cass. Sez. III n. 34543 del 14 luglio 2017 (Ud 19 mag 2017)
Presidente: Rosi Estensore: Aceto Imputato: Mascitti
Rifiuti.Regime semplificato

In presenza di regime semplificato le prescrizioni e le cautele che debbono essere rispettate coincidono con quanto previsto in sede di iscrizione da parte della ditta richiedente nel registro delle imprese che effettuano recupero di rifiuti non pericolosi. Non si tratta di un'interpretazione analogica "in malam partem" dell'elemento normativo della fattispecie (le "autorizzazioni") richiamato nella prima parte della norma, sia perché, in realtà, l'inosservanza dei requisiti e delle condizioni previsti nella comunicazione di inizio attività si traduce nell'esercizio dell'attività stessa in assenza dei requisiti richiesti per il suo svolgimento, sia perché in base al combinato disposto di cui agli artt. 214, comma 8, d.lgs. n. 152 del 2006 e 19, legge n 241 del 1990 (richiamato dall'art. 214, cit.), la comunicazione di inizio attività di cui all'art. 216, comma 1, d.lgs. n. 152, cit., sostituisce l'autorizzazione a tutti gli effetti.


RITENUTO IN FATTO

1. Il sig. Gianfranco Mascitti ricorre per l'annullamento della sentenza del 13/04/2015 del Tribunale di L'Aquila che, per quanto ancora rileva, lo ha condannato alla pena di 15.000,00 euro di ammenda per il reato di cui all'art. 256, commi 1 e 4, d.lgs. n. 152 del 2006, perché, quale amministratore unico della società «Lino Mascitti & figli s.r.I.», aveva effettuato il recupero di rifiuti non pericolosi in procedura semplificata non ottemperando alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione iscritta al Registro Provinciale n. RIP/77/205/AQ del 23/05/2005. In particolare, per la tipologia rifiuti 7.1 (rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferrosi e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto) nell'anno 2010 aveva superato il quantitativo relativo alla capacità massima istantanea di stoccaggio (previsto per 150 tonnellate) senza effettuare alcuna comunicazione di variazione ai competenti uffici provinciali. Per i medesimi fatti commessi nell'anno 2009 il Tribunale ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti perché il reato era già estinto per prescrizione.

1.1. Con il primo motivo, deducendo che il fatto è stato commesso nel Comune di Massa d'Albe, luogo di svolgimento dell'attività, reitera l'eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di L'Aquila a favore di quello di Sulmona ed eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. c), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 8 e 23, cod. proc. pen. e 256, d.lgs. n. 152 del 2006, e la conseguente nullità dell'ordinanza del 30/03/2015, che ha respinto l'eccezione, e della sentenza che l'ha confermata.

1.2. Con il secondo motivo, deducendo l'omessa notifica del verbale di udienza del 30/03/2015 contenente la modifica del capo di imputazione (relativa alla diversa nomenclatura dei rifiuti inizialmente qualificati Ti, piuttosto che come 7.1, come corretto dal PM all'udienza, appunto, del 30/03/2015) e lamentando che il Giudice ha qualificato la modifica come mera correzione di un errore materiale, eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. c), cod. proc. pen., la nullità, per violazione degli artt. 516 e 520, cod. proc. pen., dell'ordinanza di rigetto della richiesta di notifica del verbale di udienza del 30/03/2015 e di rinvio dell'udienza stessa.

1.3.Con il terzo motivo, deducendo che la sentenza impugnata indica in 15.000 tonnellate di rifiuti la capacità istantanea di stoccaggio, eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l'erronea applicazione dell'art. 256, d.lgs. n. 152 del 2006 e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del limite di capacità istantanea di stoccaggio immotivatamente e contraddittoriamente individuata dalla sentenza in 150 tonnellate annue. Aggiunge che in ogni caso, fermo restando che si tratta di attività svolta in regime di procedura semplificata (e che dunque il reato non sussiste), al più avrebbe dovuto essere contestata l'autonoma ipotesi di reato di cui al comma 4 dell'art. 256, d.lgs. n. 152 del 2006.

1.4.Con il quarto motivo, lamentando la eccessiva severità della pena irrogata, eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., l'erronea applicazione dell'art. 256, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006, norma non applicata, e vizio di motivazione assente (o comunque apparente) e/o illogica in punto di determinazione dell'entità della pena.

1.5.Con il quinto motivo, lamentando la mancata applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l'inosservanza degli artt. 163 e segg., cod. proc. pen., e vizio di mancanza di motivazione sul punto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.E' fondato (ed assorbente) il quarto motivo di ricorso.

3.L'art. 256, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006 sanziona penalmente l'inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni nonché la carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.

3.1.La Corte ha già spiegato (e deve qui ribadire) che in presenza di regime semplificato le prescrizioni e le cautele che debbono essere rispettate coincidono con quanto previsto in sede di iscrizione da parte della ditta richiedente nel registro delle imprese che effettuano recupero di rifiuti non pericolosi (Sez. 3, n. 11495 del 15/12/2010, Oliva, Rv. 249819; Sez. 3, n. 33887 del 07/04/2006, Strizzolo, Rv. 235046). Non si tratta di un'interpretazione analogica "in malam partem" dell'elemento normativo della fattispecie (le "autorizzazioni") richiamato nella prima parte della norma, sia perché, in realtà, l'inosservanza dei requisiti e delle condizioni previsti nella comunicazione di inizio attività si traduce nell'esercizio dell'attività stessa in assenza dei requisiti richiesti per il suo svolgimento, sia perché in base al combinato disposto di cui agli artt. 214, comma 8, d.lgs. n. 152 del 2006 e 19, legge n 241 del 1990 (richiamato dall'art. 214, cit.), la comunicazione di inizio attività di cui all'art. 216, comma 1, d.lgs. n. 152, cit., sostituisce l'autorizzazione a tutti gli effetti.

3.2.Ne consegue che la violazione delle prescrizioni contenute nella comunicazione di inizio attività di cui all'art. 214, d.lgs. n. 152 del 2006 integra il reato di cui all'art. 256, comma 4, anche sotto il profilo dell'inosservanza delle prescrizioni in essa richiamate.

3.3.Va inoltre ribadito l'indirizzo, assolutamente consolidato e condiviso dal Collegio, secondo il quale il reato di cui all'art. 256, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006, ha natura di reato di mera condotta, per la cui integrazione non assume rilievo l'idoneità della violazione a recare concreto pregiudizio al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione (Sez. 3, n. 15560 del 14/03/2007, Andreani, Rv. 236341; Sez. 3, n. 6256 del 02/02/2011, Mariottini, Rv. 2495779). Si tratta, inoltre, di fattispecie che non ha natura di circostanza, bensì di reato autonomo integrante un'ipotesi attenuata rispetto alle fattispecie di cui ai rispettivi primi tre commi (Sez. 3, n. 42394 del 28/09/2011, Rossetti, Rv. 251425).

3.4.L'eccezione di insussistenza del reato perché l'attività di smaltimento dei rifiuti è stata svolta in regime semplificato non ha perciò alcun fondamento.

3.5.Tanto premesso osserva il Collegio che all'imputato è stata applicata una pena illegale perché superiore alla metà del massimo edittale previsto dall'art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, cui fa richiamo, a fini sanzionatori, il comma 4.

3.6.Ne consegue che il reato, consumato al più tardi al 31/12/2010, è ormai prescritto.

3.7.L'innocenza dell'imputato non risulta evidente.

3.8.La ricorrenza degli eccepiti vizi di motivazione, relativi in particolare alle quantità massime di rifiuti stoccabili (150 tonnellate secondo la rubrica, 15.000 secondo il Tribunale), al luogo di consumazione del reato (non essendo chiaro se sia stata sanzionata l'attività svolta in violazione delle quantità dichiarate, ovvero l'omesso aggiornamento delle dichiarazioni stesse), impediscono di rilevare la evidente insussistenza del reato visto che sarebbe stato necessario sollecitare, al riguardo, un nuovo giudizio.

3.9.Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 19/05/2017