Corte dei Conti Sez. II giurisd. centrale d'appello n. 364 del 22 luglio 2011
Rifiuti. responsabilità contabile

In tema di responsabilità contabile di sub-commissario per l’emergenza rifiuti in Campania il quale dopo aver più volte manifestato il proprio assenso alla messa in esercizio di un impianto di tritovagliatura di rifiuti, realizzato dal suddetto consorzio nell’area industriale di Palomonte, individuata e autorizzata fin dal febbraio/marzo 2001 da apposito nucleo tecnico, senza alcuna ragionevole motivazione, nel dicembre 2001, dopo il collaudo dell’impianto, prospettava una diversa utilizzazione del medesimo per essere venuta meno l’emergenza rifiuti a seguito del tempo trascorso e dell’apertura  di altri impianti, finché nel marzo 2002 chiedeva al Prefetto di Salerno la revoca della relativa autorizzazione, circostanza che ha reso l’opera inutilizzata e lasciata in stato di abbandono, con conseguente danno erariale derivante da spreco di risorse pubbliche

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

II SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO

composta dai seguenti magistrati:

dott. Stefano Imperiali                                   Presidente f.f.

dott. Mario Pischedda                                 Consigliere

dott. Josef Hermann Rossler                   Consigliere

dott. Angela Silveri                                        Consigliere

dott. Manuela Arrigucci                                 Consigliere  relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio d’appello iscritto al n. 33219 del registro di segreteria, proposto dal sig. Giulio Facchi, rappresentato e difeso dall’avv. Sergio Como, ed elettivamente domiciliato in Roma, via G. Antonelli n. 49, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Campania  n. 1160/2008, depositata il 22.5.2008;

visti gli atti e i documenti tutti della causa;

Uditi nell’udienza pubblica del 9 dicembre 2010 il magistrato relatore cons. Manuela Arrigucci, il difensore dell’appellante e il pubblico ministero nella persona del v.p.g. dott. Maria Giovanna Giordano.

FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il sig. Giulio Facchi, in qualità di sub-commissario per l’emergenza rifiuti in Campania, è stato condannato, con applicazione del potere riduttivo dell’addebito, originariamente quantificato in euro 598.000,00, al pagamento della somma complessiva di euro 250.000,00, di cui euro 158.900 a favore del Commissariato del Governo ed euro 91.100,00 a favore del Consorzio di Bacino SA/3.

Ciò in quanto il medesimo, dopo aver più volte manifestato il proprio assenso alla messa in esercizio di un impianto di tritovagliatura di rifiuti, realizzato dal suddetto consorzio nell’area industriale di Palomonte, individuata e autorizzata fina dal febbraio/marzo 2001 da apposito nucleo tecnico, senza alcuna ragionevole motivazione, nel dicembre 2001, dopo il collaudo dell’impianto, prospettava una diversa utilizzazione del medesimo per essere venuta meno l’emergenza rifiuti a seguito del tempo trascorso e dell’apertura  di altri impianti, finché nel marzo 2002 chiedeva al Prefetto di Salerno la revoca della relativa autorizzazione, circostanza che ha reso l’opera inutilizzata e lasciata in stato di abbandono, con conseguente danno erariale derivante da spreco di risorse pubbliche.

2. Avverso la condanna, l’ appellante ha dedotto i seguenti motivi di censura:

1) violazione e falsa applicazione delle OO.PP.CC.MM. nn. 2948/1998, 3032/1999; 3100/2001; 3111/2001; 3119/2001 che delineavano il ruolo e le competenze del sub-commissario in materia di gestione dell’emergenza rifiuti: egli avrebbe avuto solo compiti di coordinamento e raccordo con altre istituzioni ed enti di amministrazione attiva, mentre “non aveva assunto alcuna competenza nelle attività relative alla gestione degli impianti”;

2) mancata considerazione dell’incidenza dello stato di emergenza nelle sue evoluzioni causali: in sostanza, l’attenuarsi della situazione di emergenza a decorrere dal mese di agosto del 2001 imponeva nuove scelte e una razionalizzazione delle risorse disponibili anche in considerazione del ritardo nei tempi di autorizzazione all’avvio dell’attività dell’impianto e per il collaudo; inoltre, l’uso di quest’ultimo avrebbe comportato maggiori costi che potevano essere evitati utilizzando altre soluzioni legate all’apertura di impianti di CDR ed al potenziamento della rete già esistente di impianti di vagliatura dei rifiuti;

3) inesatta percezione dei fatti in ordine al riconoscimento dei presupposti per la sussistenza della colpa grave;

4) mancata prova del nesso di causalità ed errata quantificazione del presunto danno in quanto la spesa per la costruzione dell’impianto, presa a parametro dal primo giudice per l’individuazione del danno, non sarebbe stata utilizzata solo per tale finalità ( per questo motivo penderebbe una controversia civile  tra il consorzio di bacino Salerno 3 ed il consorzio ASI proprietario delle aree dove è stato costruito l’impianto);

5) errata imputazione al Facchi della mancata riconversione dell’impianto, riconducibile invece all’inerzia dei soggetti tenuti a tale attività;

6) mancata considerazione, da parte del giudice territoriale, dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione e dalla comunità amministrata dall’esecuzione di un manufatto di consistente valore e dal risparmio di spesa derivante dalla mancata messa in esercizio di un impianto che sarebbe stato comunque antieconomico; in proposito chiede l’eventuale acquisizione di una consulenza tecnica per stabilire il valore del manufatto e dei vantaggi derivati.

In conclusione, chiede la riforma della sentenza di prime cure con pronuncia di esclusione di ogni addebito nei suoi confronti, o, in via subordinata, la riduzione dell’addebito in considerazione dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità amministrata

3. Il Procuratore generale nelle proprie conclusioni scritte rammenta che la responsabilità che è stata imputata all’appellante attiene all’irrazionale espletamento delle funzioni relative alla gestione dei rifiuti allo stesso conferite, in qualità di sub commissario, ai sensi dell’art. 15, comma 1, dell’O.P.C.M. n. 3100 del 2000, con riferimento, in particolare, all’esercizio, ai sensi del precedente art. 5, del potere di intesa con i Prefetti in relazione ai provvedimenti relativi al trattamento ed allo smaltimento dei rifiuti urbani, che comprendeva anche l’autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti come quello di Palomonte. Tale potere di intesa, relativo alla fase di messa in esercizio dell’impianto, era stato concretamente esercitato dall’appellante in modo illogico, e da esso emergeva un manifesto disinteresse per una proficua gestione del denaro pubblico investito nell’opera che aveva contribuito in modo determinante a renderla in stato di totale abbandono.

Secondo il Procuratore generale l’appellante ha tenuto, nella vicenda, un comportamento assolutamente incoerente, accompagnato dalla mancata indicazione di proposte alternative circa l’uso dell’impianto concretamente realizzabili, nonostante che il Consorzio di Bacino SA/3 avesse comunicato il crescente danno che si stava determinando a causa della situazione di stallo in ordine all’utilizzo del medesimo.

Infatti, il 4 settembre 2001 il Facchi aveva reso noto al Consorzio committente l’attuale sussistenza di un interesse pubblico a rendere operativo l’impianto, mentre il successivo 14 dicembre, allorché fu chiamato ad esprimere l’intesa con il Prefetto sulla bozza di decreto di autorizzazione per l’esercizio dell’impianto, esprimeva alcune riserve in ordine ad una presunta sopravvenuta non economicità dello stesso. Parimenti, in data 18 dicembre 2001, in un incontro interistituzionale, proponeva come possibile utilizzazione alternativa dell’impianto la sua destinazione alla ricezione della raccolta differenziata, mentre il successivo 16 gennaio 2002 comunicava al Prefetto il proprio nulla osta all’autorizzazione all’esercizio dell’impianto, ma, dopo solo due mesi, in data 20 marzo 2002 chiedeva la revoca di tale autorizzazione in quanto l’impianto “non rientrava nel piano di gestione dell’emergenza su scala regionale”.

Tale cambio di indirizzo, in un così ristretto arco temporale, non trova adeguata giustificazione, come sostiene l’appellante, nella possibilità di utilizzare altri impianti o nel ricorso a soluzioni più economiche, in quanto di tali circostanze, se effettivamente sussistenti, l’appellante avrebbe potuto tener conto anche nel momento in cui aveva espresso parere favorevole alla messa in esercizio dell’impianto.

Comunque, rileva parte appellata che le difese del Facchi trovano oggettiva smentita nella relazione del Prefetto di Salerno al Ministro dell’Interno in data 18 dicembre 2001 dove si evidenziava che l’impianto rispondeva all’esigenza di superare l’ennesima fase critica dell’emergenza rifiuti, per l’indisponibilità  delle tre discariche comprensoriali  e la mancata realizzazione in Battipaglia dell’impianto di produzione CDR.

Inoltre, la necessità e l’utilità della costruzione dell’impianto era stata sottolineata sia dai commissari ad acta nominati dal Prefetto, dall’apposito gruppo di esperti nominati dal Commissario straordinario e dallo stesso vice-commissario Vanoli nel mese di settembre del 2001.

Il presunto ritardo, poi, nell’autorizzazione prefettizia all’esercizio dell’impianto è stato conseguenza proprio dell’ambivalente comportamento dell’appellante.

Inoltre, non risulta che l’appellante, al di là di generiche affermazioni di principio, si sia concretamente attivato per un diverso impiego dell’opera attraverso proposte accompagnate da ragionevoli studi di fattibilità.

Infine, rileva la parte pubblica che il danno è stato correttamente quantificato dal primo giudice e che nessun vantaggio è derivato dalla vicenda alle amministrazioni coinvolte. Peraltro, la presunta causa civile evidenziata dall’appellante non ha alcuna incidenza sull’esistenza e l’attualità del danno che, peraltro, è stato subìto non solo dal consorzio ma dalla stessa struttura commissariale.

In conclusione, il Procuratore generale ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado.

4. All’udienza odierna sia il difensore che il P.M. hanno confermato le proprie conclusioni formulate con i rispettivi atti  scritti.

DIRITTO

1. Il primo motivo d’appello, formulato con ampio richiamo alla normativa in materia di competenze attribuite ai vari organi deputati alla realizzazione e al funzionamento di impianti per fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania, si fonda sulla considerazione che le disposizioni di carattere speciale contenute nelle varie ordinanze della Presidenza del consiglio dei ministri, in particolare nell’ O.P.C.M. n. 3100/2001, non consentono l’attribuzione al sub-commissario di competenze non espressamente contemplate. In particolare si sottolinea che “il Facchi era tenuto unicamente a garantire l’invio dei rifiuti dai comuni agli impianti di tritovagliatura, mediante il coordinamento dei soggetti a ciò deputati,… rimanendo escluso dal potere decisionale in merito all’effettivo avvio del funzionamento dell’impianto ed a scelte alternative in ipotesi di mancato avvio dell’ attività…”.

Il motivo d’appello non appare fondato. Invero, la tesi dell’esclusione del Facchi da ogni potere decisionale sull’avvio dell’impianto e su scelte alternative al medesimo appare del tutto smentita dal concreto svolgersi dei fatti, come emerge dalla dettagliata ricostruzione della vicenda effettuata dal primo giudice.

Il ruolo in concreto svolto dal Facchi nella fase preliminare all’ autorizzazione all’avvio dell’impianto, nella revoca e poi nella mancata riconversione è stato di primo piano, se non determinante, ed egli stesso, nei vari interventi istituzionali, ha sempre rivendicato un ruolo da protagonista nelle decisioni finali nella sua qualità di sub-commissario.

2. Giova, in proposito, richiamare, i tratti salienti della vicenda.

A seguito dell’ennesima emergenza rifiuti in Campania, il Prefetto di Salerno, dopo una serie di riunioni presso la struttura commissariale a cui era stato presente lo stesso Facchi, in cui era stata decisa la realizzazione e localizzazione, aveva autorizzato la “realizzazione della 1° fase di posizionamento di una linea di tritovagliatura sita nell’area industriale di Palomonte…..dandone incarico al Consorzio di Bacino SA/3 che presiederà anche all’installazione dell’impianto reso disponibile dal soggetto affidatario di cui all’art.5,comma 2, O.P.C.M. n.3100/2000 e curerà, unitamente ai commissari ad acta, la verifica della rispondenza delle opere realizzate a tutte le prescrizioni impartite dagli organi e/ o enti che hanno partecipato all’istruttoria procedimentale”“(provvedimento n.1224.15.5/GAB/EME.R. del 1°marzo 2001).

Senonchè il Consorzio con nota del 21 agosto 2001 indirizzata al Prefetto e, per conoscenza, al sub-Commissario evidenziava che la concreta realizzazione dell’impianto era ritardata da una serie di fattori tra i quali la protesta della popolazione locale, “la realtà di diffusa intimidazione e di oggettivo impedimento a una normale e serena conduzione dei lavori”, i ricorsi proposti da taluni comuni, compreso quello di Palomonte, la resistenza opposta dal soggetto affidatario del servizio di recupero dei rifiuti scaturenti dalla raccolta differenziata (soc. FISIA) ad adempiere ai propri obblighi di fornitura degli impianti.

Il sub-commissario Facchi con nota del 4.9.2001, in risposta alla sopraindicata missiva del Consorzio, nel sottolineare che le attività del commissario ad acta si estendevano anche alla fase dell’organizzazione e dell’attivazione delle attività ex art.5 dell’O.P.C.M. 3100 da svolgere comunque d’intesa con la struttura commissariale “tenuto conto che dalla stessa sono sostenuti i relativi costi” , in particolare precisando le specifiche modalità di gestione.

Nel precisare altresì “che la tariffa di conferimento sarà predeterminata dalla struttura commissariale”, nonché altre modalità di gestione, il Facchi concludeva nel senso che l’impianto potesse “essere immediatamente avviato all’esercizio senza il timore paventato da codesto Consorzio di  prevedere la chiusura ope legis subito dopo l’inizio dell’attività… Se il Consorzio non dovesse essere disponibile a gestire l’impianto alle suddette condizioni, si invita a consegnare con estrema sollecitudine, le opere realizzate al Commissario ad acta e la struttura commissariale provvederà a rimborsare le spese finora sostenute”.

Il 3 dicembre 2001, dopo tre visite di collaudo, veniva emesso il certificato attestante la conformità delle opere al progetto approvato dalla struttura commissariale, l’avvenuta esecuzione dei lavori a  regola d’arte, la funzionalità dei macchinari installati e la loro idoneità all’uso cui erano destinati.

Il 4 dicembre successivo il Prefetto di Salerno trasmetteva la bozza del decreto di autorizzazione all’esercizio dell’impianto al fine di acquisire l’intesa prescritta dall’art. 5 comma 1 dell’O.P.C.M. n. 3100/2000.

Senonchè, il Facchi, con nota n. 38220 del 14 dicembre 2001, indirizzata al prefetto di Salerno e al Consorzio, dichiarava che il parere favorevole espresso in relazione alla realizzazione dell’impianto nella nota del 24 febbraio 2001, richiamata nelle premesse della bozza del provvedimento e tradottosi nella successiva intesa al provvedimento di autorizzazione alla realizzazione, “si inquadrava in una fase acuta dell’emergenza..” , faceva presente che, essendo stati realizzati una serie di altri impianti di vagliatura nella regione  nonché  tre impianti C.D.R. , “in questo periodo l’emergenza rifiuti per quanto ancora presente, è entrata in una fase di gestione che ne permette un maggior controllo; tanto che, dall’agosto 2001, i rifiuti quotidiani vengono, nonostante alcune situazioni di particolare crisi, trattati e smaltiti regolarmente… si è ritenuto nella riunione del 6.11.01 di affrontare questa fase di emergenza attraverso un Piano Regionale … ha come perno lo sfruttamento di volumi residui delle discariche di Ariano Irpino, S. Maria la Fossa e Giugliano, per lo smaltimento della frazione secca derivante dalle attività di vagliatura e, con logica di sinergia ed economicità, si è proceduto a realizzare impianti di vagliatura a S. Maria la Fossa e a Giugliano e un impianto di stabilizzazione sempre a S. Maria la Fossa … E’ sicuramente più saggio inviare a S. Maria la Fossa la rimanente quantità di rifiuto indifferenziato e separare a bordo discarica la frazione secca da quella umida, piuttosto che sviluppare la separazione a Palomonte  per poi inviare le frazioni derivate sempre nel medesimo sito di S. Maria la Fossa … E’ del tutto evidente che la gravità della prima fase dell’emergenza poteva porre in secondo piano la razionalità del sistema, l’economicità delle scelte e il diritto di pochi cittadini nei confronti del grande interesse collettivo … In conclusione, ai fini dell’acquisizione dell’intesa richiesta, si ritiene sia necessario un incontro per valutare l’inserimento dell’impianto di Palomonte nel contesto del Piano Gestione Emergenza di questa fase” .

Pertanto, il Facchi fissava un incontro di concertazione istituzionale, nel contempo invitando il Consorzio SA/3 a redigere un piano economico che determinasse la tariffa, senza la quale si sarebbe visto “costretto a richiedere al Presidente della Regione di formulare parere negativo all’intesa”.

Durante l’incontro poi tenutosi, come risulta dalla relazione della Prefettura di Salerno al Ministero dell’Interno del 18 dicembre 2001, presso l’Ufficio territoriale del Governo di Salerno proprio in quel giorno alla presenza del Prefetto di Salerno,  del Presidente della Provincia di Salerno, il Facchi, nel far presente che “una difficile fase dell’emergenza nell’intera regione può dirsi superata” prospettava, per Palomonte, la riconversione dell’impianto in un’altra struttura di minore impatto ambientale e sociale e quindi insisteva “nella sua veste istituzionale, nel proporre l’abbandono dell’attuale procedimento, facendo riferimento a possibili utilizzazioni alternative da precisare successivamente magari in connessione con le esigenze riferibili alla raccolta differenziata, alla gestione del vetro ovvero ad ulteriori trattamenti e selezioni delle frazioni residue ed inertizzate dei rifiuti”.

Dalla nota del Prefetto di Salerno del 28.12.2001 al Commissariato emerge che il medesimo, pur avendo nel corso del suddetto incontro insistito nell’acquisire l’intesa alla messa in funzione dell’impianto sia per la lunga istruttoria occorsa sia “per l’entità delle spese richieste dall’attuale allestimento dell’impianto (secondo il Consorzio di Bacino SA/3 oltre un miliardo) che per lo più insiste sopra un suolo acquisito con procedura d’occupazione temporanea e d’urgenza, verso corresponsione di una congrua indennità”, e ribadita “ la propria totale estraneità ad ogni possibile responsabilità derivante dal mutamento di destinazione dell’impianto”, chiedeva l’intesa sulla bozza del decreto con il quale si dichiarava conclusa la procedura relativa all’iniziativa concernente l’esercizio dell’impianto, disponendo nel contempo opportuni accordi tra il Consorzio di Bacino SA/3 e il Commissariato stesso ai fini della futura “riconversione dell’impianto e, nelle more, la conservazione dello stesso” .

Non avendo avuto riscontro detta richiesta, nell’interpretare il silenzio in termini di “sopravvenuto ripensamento di codesto Commissariato medesimo sull’ipotesi di abbandono”, in data 11 gennaio 2002 il medesimo prefetto trasmetteva nuovamente la bozza del decreto di autorizzazione all’esercizio dell’impianto precisando che “perdurando il silenzio … per ulteriori quattro giorni … l’intesa sull’autorizzazione … si intenderà acquisita”.

Il Facchi, con nota del 16 gennaio 2002 rispondeva precisando che “fermo restando quanto già comunicato in data 14/12/2001 e tutto quanto emerso nella riunione interistituzionale tenuta il 18.12.2001 … non vi è stato alcun ripensamento, si ritiene che nulla osti affinché l’iter amministrativo sia concluso con l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto… rimane la riserva di considerare l’efficacia dell’impianto in oggetto all’interno del Piano di Emergenza Regionale avviato da questo Commissariato in quanto l’impianto di vagliatura non consente, in assenza di stabilizzazione della frazione umida e di smaltimento di quella secca,la chiusura del ciclo di smaltimento.” Pertanto, chiedeva al prefetto “dovendo subordinare il reale avvio dell’impianto …ai criteri di economicità ed ottimizzazione del servizio di trattamento e smaltimento dei rifiuti” di apportare delle modifiche alla bozza del decreto di autorizzazione all’esercizio.

Recepite le richieste modifiche, il Prefetto di Salerno emanava il provvedimento n.207.15.57Gab./EMER che veniva trasmesso in data 16 gennaio 2002 per l’intesa; nelle more delle eventuali diverse indicazioni, prorogava di un mese l’autorizzazione all’occupazione (decreto n.1169 del 7 marzo 2002) dell’immobile da parte del Consorzio SA/3.

Stante la situazione di stallo,con nota del 22 febbraio 2002, indirizzata al prefetto di Salerno ed al Facchi, il Consorzio di Bacino SA/3 faceva presente che “il mancato avvio dell’impianto di Palomonte determina grave danno erariale …protraendosi l’inammissibile situazione di stallo il Consorzio dovrà per legge esercitare azione di responsabilità ed agire per il ristoro dei danni subiti”.

Con una lettera del 19 marzo 2002 il Consorzio SA/3 , a seguito di riunioni all’uopo tenutesi presso il commissariato e presso la prefettura, chiese al Facchi di impartire “in tempo utile ed a mezzo fax “ disposizioni in ordine alla riconversione mediante la “realizzazione di un impianto di selezione e preparazione di carta, plastica, vetro,metalli ferrosi e non ferrosi,legno, rifiuti ingombranti e beni durevoli di uso domestico, con affidamento al Consorzio della gestione di tale impianto e del trasporto della frazione dei rifiuti urbani residuati dalla raccolta differenziata agli impianti di smaltimento

Con nota del 20 marzo 2002 n.7031, il Facchi, richiamando il contenuto delle precedenti note del 14 dicembre 2001 e del 16 gennaio 2002, confermava anzitutto che l’impianto in questione “non rientra nel piano di gestione dell’emergenza su scala regionale e faceva presente di avere nel contempo, in accordo con il Consorzio di Bacino SA/3 “avviato le procedure affinché sul sito di Palomonte si realizzi - in via definitiva - un impianto di selezione/valorizzazione delle frazioni secche recuperabili derivanti dalla RD”; pertanto chiedeva al prefetto “di revocare - in via definitiva - l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto di tritovagliatura di Palomonte”.

Detta revoca interveniva con decreto n.1625 del 5 aprile 2002.

Con successiva nota datata 8 aprile 2002, indirizzata al Consorzio A.S.I. di Salerno ed al Consorzio di Bacino SA/3, il Facchi faceva presente che l’intesa alla revoca “si inquadra nel più generale contesto di una gestione regionale dei rifiuti,nell’ambito della quale questo Commissariato ha individuato lo stesso sito per la realizzazione di un impianto di selezione e valorizzazione delle frazioni secche recuperabili derivanti dalla raccolta differenziata, del tutto compatibile con l’agglomerato industriale di Palomonte e con gli insediamenti abitativi circostanti, che sarà gestito dal Consorzio SA 3…Il Consorzio ..permarrà nel possesso dell’immobile”.

Il Commissario di Governo indiceva quindi, per il 2 luglio 2002 una conferenza di servizi nel corso della quale i partecipanti, tra cui il Facchi, “concordano sull’opportunità di utilizzare l’area, già attrezzata a impianto di vagliatura del comune di Palomonte, a fini connessi al ciclo integrato dei rifiuti, con caratteristiche non nocive al territorio circostante”.

Il Prefetto di Salerno, con nota del 26 giugno 2002, nel far presente che in ordine all’invito a partecipare alla conferenza di servizi, la sua partecipazione poteva intervenire soltanto nell’ambito delle competenze rimesse all’ufficio e  non già per definire diversi utilizzi - nel contempo evidenziava anche che l’impianto, a causa di inadeguatezze  nella realizzazione e di rinvii dell’intesa da parte del Commissariato “pur pronto all’uso e realizzato con costi elevati”, non era mai entrato in funzione in quanto ne era stata chiesta espressamente la revoca dell’autorizzazione all’esercizio.

3. Dalla ricostruzione dei fatti emerge con chiarezza che il Facchi, lungi dallo svolgere una funzione di mero raccordo istituzionale, ebbe un ruolo attivo e propositivo ai fini dell’ intesa per la messa in esercizio dell’impianto, formulando prima una serie di richieste e prescrizioni che furono tutte accolte, salvo, poi, chiedere la revoca dell’autorizzazione facendo riferimento ad un diverso piano regionale e ad ipotesi di riconversione che non hanno avuto alcun seguito.

Pertanto, in ordine ai motivi d’appello volti a dimostrare l’assenza della colpa grave, e la non riferibilità al medesimo della mancata riconversione dell’impianto, rileva il Collegio come risulti dal carteggio sopra richiamato un comportamento oscillante e ambivalente, tenuto, fra l’altro, in un arco di tempo limitato, sempre volto ad affermare il ruolo preminente della struttura commissariale nelle scelte finali, ma sostanzialmente velleitario. Ciò ha determinato la revoca dell’autorizzazione alla messa in esercizio dell’impianto di tritovagliatura di Palomonte sulla base del richiamo da parte del Facchi ad un diverso piano regionale e ad  ipotesi di riconversione che si sono rivelate fantasiose e inconcludenti, in quanto non accompagnate da alcuno studio di fattibilità, tanto che l’impianto, mai entrato in funzione, è rimasto in totale stato di abbandono. Ciò è avvenuto nonostante le contrarie considerazioni espresse dal Prefetto di Salerno e del richiamo a suo tempo fatto dallo stesso Consorzio al danno economico e alle responsabilità che ne sarebbero derivate.

In conclusione, il Collegio non può che confermare in ordine alla colpa grave del Facchi sia per il mancato avvio dell’impianto sia per la mancata riconversione, della quale si era fatto espressamente carico, come emerge in particolare dalla nota del 20.3.2002 sopra richiamata, le severe valutazioni espresse dal primo giudice.

4. Con riguardo all’errata quantificazione dell’addebito e alla mancata considerazione dei vantaggi derivati alla comunità amministrata, va rilevato che per il danno quantificato dalla Procura regionale in euro 598.905,70, e che appare documentalmente provato, il giudice territoriale ha ampiamente applicato il potere riduttivo mediante la condanna al pagamento di euro 250.000,00 tenendo conto sia del contesto di emergenza connesso alla gestione dei rifiuti in cui si trovò ad operare il Facchi, sia della pluralità dei soggetti istituzionalmente competenti e della complessità delle relative procedure. Tale addebito appare equo ed equilibrato e non si ravvisano ragioni per una diversa determinazione, tenuto conto che dall’esame della vicenda e dagli atti non emergono i supposti vantaggi cui fa riferimento l’appellante e in ordine ai quali non fornisce alcun concreto elemento di prova.

Pertanto, anche i predetti motivi d’appello vanno respinti, e va confermata completamente la sentenza di primo grado.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Sezione seconda centrale d’appello, definitivamente pronunciando,

respinge

l’appello n. 33219 proposto dal sig. Giulio Facchi avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la regione Campania n. 1160/2008.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate nella misura di euro 235,10 _________________

(duecentotrentacinque/10)

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 dicembre  2010.

L' ESTENSORE                                      IL PRESIDENTE F.F.

(Manuela Arrigucci)                                      ( Stefano Imperiali)

F.to Manuela Arrigucci                                            F.to Stefano Imperiali

Depositata in Segreteria il 22 LUG. 2011