TAR Emilia Romagna (PR) Sez. I n. 190 del 1 giugno 2017
Rumore.Linee ferroviarie e barriere antirumore

Un generalizzato obbligo di installazione di barriere antirumore in corrispondenza delle linee ferroviarie non trova riscontro nella normativa

Pubblicato il 01/06/2017

N. 00190/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00073/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 73 del 2015, proposto da:
Conad Centro Nord Scrl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato Massimo Rutigliano presso il quale elegge domicilio, in Parma, borgo S.Brigida n. 1;

contro

R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana, Gruppo Ferrovie dello Stato e Italferr S.p.A. in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'Avv. Elena Pontiroli presso la quale elegge domicilio, in Parma, via Mistrali n. 4;
Cepav Uno Consorzio Eni per l'Alta Velocita, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Stefano Grassi, Jacopo Sanalitro e Luigi Valentino Damone, con domicilio eletto presso l’Avv. Barbara Pisano, in Parma, viale Fratti n. 7;

nei confronti di

Banca Italease Spa non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del decreto RFI n. 421 del 19 settembre 2013;

del decreto RFI n. 422 del 19 settembre 2013;

della delibera RFI n. 212 del 27 ottobre 2008;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana, Gruppo Ferrovie dello Stato, Italferr S.p.A. e di Cepav Uno Consorzio Eni per L'Alta Velocita;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2017 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (di seguito RFI) con provvedimento n. 421 del 19 settembre 2013 “in qualità di proprietaria dei cespiti costituenti la linea ferroviaria AV/CV Milano – Bologna” decretava “l’asservimento permanente per le immissioni acustiche derivanti dall’esercizio ferroviario” dell’immobile (a destinazione non residenziale) censito al Catasto Fabbricati del Comune di Campegine al foglio 18, mappali 85 sub 7 cat D/1, 85 cat. A/3 cl. 2 e 427 sub 4 cat. D/7, di proprietà di Banca Italease e condotto in locazione finanziaria dalla ricorrente Conad Centro Nord (di seguito Conad), rilevando che “gli infissi esistenti sono idonei, se opportunamente serrati, ad abbattere le emissioni provenienti dall’esercizio ferroviario e a garantire il rispetto delle norme in vigore in materia di inquinamento acustico. Sono inoltre idonei a garantire il necessario ricambio d’aria e quindi il mantenimento dell’abitabilità dell’immobile”.

Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica notificato il 30 dicembre 2014 la ricorrente impugnava il citato decreto n. 421/2013 deducendo, sotto un primo profilo l’illegittimità della mancata previsione di misure di mitigazione del rumore riferite alla sorgente rumorosa (mediante installazione di barriere antirumore); sotto altro profilo, la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità intervenuta con delibera n. 212 del 27 ottobre 2008 e, quindi, decaduta il 27 ottobre 2013.

Con atto di opposizione ex art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971 notificato il 5 febbraio 2015 RFI chiedeva che il ricorso venisse deciso in sede giurisdizionale.

Con atto notificato il 17 febbraio 2015 la ricorrente riassumeva il ricorso innanzi alla Sezione.

RFI S.p.A. e Italferr S.p.A. si costituivano in giudizio con atto depositato il 23 marzo 2015.

La ricorrente rassegnava le proprie conclusioni in data 7 dicembre 2016.

RFI, con memoria depositata il 10 dicembre 2016 eccepiva:

- l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva della ricorrente in quanto mera locataria dell’immobile e priva di delega ad agire in giudizio;

- l’inammissibilità per difetto di interesse per tardiva impugnazione del progetto approvato con la citata delibera n. 212/2008, ormai inoppugnabile;

- il difetto di contraddittorio per omessa notifica del ricorso a CEPAV UNO, consorzio incaricato quale contraente generale da RFI dell’esecuzione di tutte le attività necessarie alla realizzazione della linea ferroviaria;

- il difetto di legittimazione passiva di Italferr S.p.A. che interveniva nella procedura nelle sole vesti di incaricato da RFI di servizi di consulenza;

- l’infondatezza nel merito delle avverse doglianze.

Entrambe le parti replicavano con memorie depositate il 21 successivo.

Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2017, con ordinanza n. 21/2017, “considerato: che ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 16 del d.P.R. n. 327/2001 le forme di pubblicità dovevano essere assolte mediante pubblico avviso da affiggere all'Albo Pretorio dei Comuni nel cui territorio ricadono gli immobili da assoggettare al vincolo, nonché, su uno o più quotidiani a diffusione nazionale e locale mentre la resistente, con riferimento alla citata delibera n. 212/2008, non ha dato prova né dell’intervenuta pubblicazione sull’Albo Pretorio del Comune interessato né della pubblicazione su organi di stampa”; “che non è stato prodotto in giudizio il contratto di leasing sul quale la ricorrente fonda la propria legittimazione attiva” e “che il ricorso non è stato notificato a CEPAV UNO, soggetto che ha redatto il progetto riferito alle misure di mitigazione in questa sede contestate” veniva ordinata alla resistente “la produzione della prova della pubblicazione nelle suesposte forme di legge della più volte citata delibera n. 212/2008 o della eventuale intervenuta notifica alla ricorrente” e alla ricorrente “la produzione del già richiamato contratto di leasing e l’integrazione del contraddittorio nei confronti di CEPAV UNO”.

La ricorrente ottemperava alla citata ordinanza con depositi del 14 e 15 febbraio 2017 e CEPAV si costituiva in giudizio con atto depositato il 20 febbraio 2017.

Con memoria del 3 marzo 2017 RFI confermava la mancata pubblicazione della delibera n. 212/2008 rappresentando tuttavia di aver provveduto alla pubblicazione degli “elaborati di progetto” e degli “elaborati asservitivi” su più quotidiani locali e nazionali e agli albi pretori dei Comuni interessati.

La ricorrente, RFI e CEPAV rassegnavano le rispettive conclusioni con memorie depositate il 14 aprile 2017 e replicavano alle avverse deduzioni con memorie depositate il 26 aprile.

CEPAV, in detta sede, eccepiva:

- il proprio difetto di legittimazione passiva;

- l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse stante l’intervenuta scadenza del contratto di leasing (23 marzo 2017) in virtù del quale la ricorrente disponeva dell’immobile;

- l’inammissibilità del primo motivo di ricorso per genericità delle censure rivolte al progetto di mitigazione acustica;

- l’infondatezza del secondo motivo.

Conad, RFI e CEPAV replicavano infine con atti depositati il 26 aprile 2017.

In data 15 maggio 2017 la ricorrente depositava tardivamente l’atto di acquisto dell’immobile stipulato il 12 precedente chiedendo di esserne autorizzata “trattandosi di fatto sopravvenuto alla scadenza dei termini ordinari”.

All’esito della pubblica udienza del 17 maggio 2017 la causa veniva decisa.

Con il presente ricorso la ricorrente, già locataria di edificio adibito ad uffici e magazzino merci posto in prossimità della linea ferroviaria AV Milano-Bologna, deduce che l’immobile subirebbe un grave inquinamento acustico derivante dal traffico ferroviario interessante la tratta.

Tale effetto pregiudizievole sarebbe diretta conseguenza della scelta operata con i provvedimenti impugnati di ovviare all’inquinamento acustico determinato dal passaggio dei treni mediante misure di mitigazione incidenti sul bene ricettore (chiusura degli infissi dell’immobili) in luogo della più efficace e doverosa, secondo la ricorrente, installazione di pannelli fonoassorbenti idonei ad incidere sulla fonte del rumore.

Le resistenti, che come anticipato introducono una pluralità di questioni pregiudiziali, contestano la ricostruzione dei fatti offerta dalla ricorrente allegando, in sintesi, che la disciplina normativa invocata dalla ricorrente non imponeva l’adozione di alcuna misura (non ricorrendone i presupposti) e che la misura in questa sede contestata, dottata all’esito di una approfondita istruttoria condotta anche con sopralluoghi sul posto, riveste carattere meramente precauzionale.

Evidenziano inoltre che, come documentato fotograficamente da Cepav, in prossimità dell’immobile in questione sono presenti barriere antirumore a protezione di un agglomerato di edifici adibiti ad abitazione che fornisce indiretta protezione anche ai locali Conad (doc. 5 Cepav).

Preliminarmente deve respingersi l’eccezione di inammissibilità per tardiva impugnazione del progetto approvato con la citata delibera n. 212/2008 ormai inoppugnabile sollevata da RFI poiché tale delibera non risulta essere mai stata comunicata alla ricorrente né pubblicata nelle prescritte forme di legge come riconosciuto dalla stessa RFI in sede di adempimento istruttorio depositato il 3 marzo 2017.

Sempre in via preliminare deve ritenersi infondato l’eccepito difetto di legittimazione passiva di CEPAV in quanto, come lo stesso consorzio si definisce, è non solo il soggetto interessato alla realizzazione della linea ferroviaria ma anche incaricato “della progettazione esecutiva e della realizzazione della stessa linea , delle relative infrastrutture ed interconnessioni, ivi compresi gli interventi di mitigazione” (memoria Cepav depositata il 14 aprile 2017).

Deve invece accogliersi l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di Italferr poiché soggetto coinvolto nella realizzazione dell’opera con ruolo di supporto e consulenza ed estranea all’adozione degli atti impugnati nel giudizio.

Può, infine, superarsi la questione riferita alla legittimazione della ricorrente (che, ancorché tardivamente, si dichiara proprietaria dell’immobile, documentandolo), poiché il ricorso è infondato nel merito.

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione degli artt. 11 della L. n. 447/1995 e 4 del d.P.R. n. 459/1998, nonché, degli artt. 3, 32, 41 e 42 della Costituzione ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, erroneità dei presupposti ed irrazionalità manifesta.

La ricorrente, come anticipato, censura la scelta in base alla quale sono stati previsti interventi di mitigazione sui beni ricettori (l’immobile sede dei propri uffici e del proprio magazzino) in luogo dell’adozione di misure incidenti sulla fonte di rumore quali l’installazione di barriere fonoassorbenti.

A sostegno della doglianza la ricorrente si limita, tuttavia, sotto un primo profilo, a richiamare i contenuti di una decisione del Consiglio di Stato (n. 35/2014) ed una sentenza del TAR Piemonte (n. 716/2012) che, in presenza di una fattispecie ritenuta identica, avrebbero affermato il principio della necessaria installazione delle invocate barriere ritenendo “irragionevole e sproporzionata” la diversa scelta di agire sui beni ricettori (da considerarsi tali anche le aree di pertinenza: nel caso di specie anche le aree cortilizie); sotto altro profilo, a dedurre una generica disparità di trattamento rispetto ad altre proprietà vicine tutelate mediante l’installazione delle barriere.

Il motivo, in disparte ogni considerazione circa l’ammissibilità dello stesso in ragione della genericità delle censure con esso formulate, è infondato.

In primis si rileva che la tratta ferroviaria fonte dell’inquinamento acustico lamentato dalla ricorrente scorre in posizione parallela e nelle immediate vicinanze di un preesistente tratto autostradale della A1 ad alta intensità di traffico e per tale ragione fonte di rumore.

Si evidenzia inoltre che gli edifici in questione non sono adibiti ad uso residenziale ma ad uffici e magazzini.

Occorre ulteriormente precisare che il richiamo alla citata decisione n. 35/2014 (laddove afferma che “lo stesso art. 2, comma 1, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico) definisce (lett. a)) "inquinamento acustico" tra l'altro "l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno"; e (lett. e)) per "ricettore" non solo l'edificio ma anche "le relative aree esterne di pertinenza" ed altre aree all'aperto. E l'art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 459 del 1998 enuncia con evidenza il principio di una preferenza per le opere di mitigazione sulla sorgente che non può, anche ai fini di un'interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 3 e 32 Cost.), non essere considerato come tendenzialmente generale”) deve ritenersi inconferente al caso di specie, poiché detta pronunzia è relativa ad una fattispecie diversa poiché interessante una struttura residenziale-alberghiera: fattispecie analoga a quella esaminata dal TAR Piemonte con la citata sentenza n. 716/2012.

La diversità delle fattispecie oggetto delle sentenze richiamate rende inconferente il richiamo ai principi in quelle sedi affermati.

Si rileva infine che la ricorrente, pur censurando la scelta di adottare misure di mitigazione incidenti sui ricettori, non specifica su quali elementi si fonderebbe tale pretesa (non essendo sufficiente, come si argomenterà, il richiamo a precetti normativi generali ed astratti) né documenta alcun superamento delle soglie di rumore fissate dalla disciplina vigente.

Il presupposto di fatto invocato dalla ricorrente (il superamento della soglia di rumore), infatti, è affermato unicamente in una succinta relazione redatta da un consulente di parte, peraltro depositata in giudizio ma nemmeno richiamata in ricorso, nella quale si citano, da un lato, le fonti normative (L. n. 447/1995 e d.P.R. n. 459/1998 che subordinano l’adozione di misure di mitigazione all’accertato superamento di determinate soglie di rumore); dall’altro, la più volte citata sentenza n. 35/2014 del Consiglio di Stato che imporrebbe l’installazione delle invocate barriere.

Un generalizzato obbligo di installazione di barriere antirumore in corrispondenza delle linee ferroviarie (a tacere della già rilevata inconferenza del richiamo giurisprudenziale operato) non trova riscontro nella normativa invocata dalla ricorrente.

L’art. 4, comma 1, del d.P.R. n. 459/1998 dispone che “per le infrastrutture di nuova realizzazione con velocità di progetto superiore a 200 km/h il proponente l'opera individua i corridoi progettuali che meglio tutelino anche i singoli ricettori e quindi tutti i ricettori presenti all'interno di un corridoio di 250 m per lato, misurati a partire dalla mezzeria del binario esterno e fino la larghezza del corridoio può essere estesa fino a 500 m per lato in presenza di scuole, ospedali, case di cura e case di riposo” e al successivo comma 2 che “per i ricettori di cui al comma 1 devono essere individuate ed adottate opportune opere di mitigazione sulla sorgente, lungo la via di propagazione del rumore e direttamente sul ricettore, per ridurre, con l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, l'inquinamento acustico ascrivibile all'esercizio della infrastruttura di nuova realizzazione”.

Il dato normativo è, pertanto, chiaro nel riconoscere la legittimità (e sufficienza) di interventi di mitigazione limitati ai ricettori.

Ne deriva che la pretesa della ricorrente potrebbe trovare accoglimento unicamente in presenza di una documentata insufficienza di tali misure che la stessa tuttavia non comprova.

Come emerge, infatti, dal doc. 1 depositato il 6 aprile 2017 dalla stessa ricorrente (consistente in una relazione recante “Misure acustiche infrastruttura ferroviaria”) l’area in questione, in base ad uno studio acustico approvato con delibera consiliare n. 39/2011, è qualificata in Classe VI – Aree esclusivamente industriali con previsione di una soglia del rumore limite pari a 70 db (e non 65 come erroneamente sostenuto): limite rispettato come comprova la medesima relazione acustica (cui si rinvia).

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce che l’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità intervenuta con delibera RFI n. 212/2008 sarebbe scaduta il 27 ottobre 2013.

Ciò determinerebbe l’illegittimità del contestato asservimento che, ancorché determinato il 19 settembre 2013, sarebbe stato notificato “solo nel settembre 2014” a termine quinquennale ormai scaduto.

Il motivo è infondato atteso che ai fini in esame rileva il momento di adozione del provvedimento e non quello della successiva notifica agli interessati.

Come, infatti, precisato dalla più recente giurisprudenza “gli atti in materia espropriazione non sono recettizi, ad iniziare dal decreto di esproprio (da ultimo, si veda Tar Calabria Reggio Calabria 13.1.2016 n. 37 e la giurisprudenza ivi citata) per cui la loro efficacia non è subordinata alla notifica all'interessato, che non ne costituisce né elemento integrativo, né requisito di validità, né condizione di efficacia” (TAR Marche, 17 ottobre 2016, n. 564).

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in € 1.500,00 oltre IVA e CPA in favore di RFI S.p.A. e Italferr S.p.A. e € 1.500,00 oltre IVA e CPA in favore di Cepav Uno.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Sergio Conti, Presidente

Anna Maria Verlengia, Consigliere

Marco Poppi, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Marco Poppi        Sergio Conti