Cass.Sez. III n. 40480 del 16 novembre 2010 (CC 27 ott. 2010)
Pres. Lombardi  Est. Lombardi Ric.Orlando e altri.
Urbanistica. Sequestro immobile abusivamente lottizzato

Non rileva, ai fini del sequestro preventivo di un immobile o terreno abusivamente lottizzato, disposto per impedire che la libera disponibilità dello stesso possa aggravarne o protrarne le conseguenze, il fatto che esso appartenga a un terzo estraneo alla commissione del reato e in buona fede. (In motivazione la Corte ha precisato che, diversamente, lo stato di buona fede del terzo estraneo al reato rileva ove il sequestro sia stato disposto esclusivamente ai sensi del comma secondo dell'art. 321 cod. proc. pen. in quanto funzionale alla confisca).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Presidente - del 27/10/2010
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1395
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 10009/2010
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. Valanzuolo Amedeo, difensore di fiducia di \Orlando Gelsomina\, n. a *Napoli il 16.2.1975*, di \Vitolo Bartolomeo\, n. a *Napoli il 13.12.1978*, e di \Vitolo Fabio\, n. a *Napoli il 28.8.1975*;
avverso l'ordinanza in data 22.5.2009 del Tribunale di Napoli, con la quale è stato rigettato l'appello proposto dai predetti ricorrenti avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 26.1.2009;
Udita la relazione fatta dal Presidente Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Passacantando Guglielmo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, avv. Valanzuolo Amedeo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Napoli ha rigettato l'appello proposto da \Orlando Gelsomina\, \Vitolo Bartolomeo\ e \Vitolo Fabio\ avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 26.1.2009, con il quale era stata respinta la richiesta di dissequestro di alcuni manufatti.
L'ordinanza, per una migliore comprensione della vicenda, ha riportato integralmente un precedente provvedimento, con il quale erano stati rigettati gli appelli proposti da \Cerqua Giuseppe\, \Improta Anna\ e \Scarpato Salvatore\ avverso un analogo diniego di restituzione di immobili, provvedimento che a sua volta richiamava l'ordinanza del riesame che aveva confermato
Il decreto di sequestro preventivo.
In tale ultimo provvedimento, in sintesi, si dava conto che gli appartamenti e gli altri manufatti oggetto della richiesta di dissequestro fanno parte di un complesso immobiliare, costituito da una struttura alberghiera, denominata "*Il borgo*", e da 29 miniappartamenti, costituenti un complesso residenziale denominato "*Parco VIP*", il tutto realizzato abusivamente in zona agricola, con la conseguente sussistenza dei fumus del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, in quanto l'insediamento residenziale per le sue dimensioni e l'impatto sul territorio aveva impresso in detta zona uno sviluppo urbanistico del Comune di Giugliano completamente diverso da quello previsto dal P.R.G..
Vengono richiamati, poi, dall'ordinanza i principi di diritto affermati di recente da questa Suprema Corte in materia di lottizzazione abusiva, negoziale, materiale o mista, di misure cautelari reali e di confiscabilità dei terreni lottizzati ed in particolare viene riprodotta integralmente la sentenza del 13.7.2009 n. 39078 di questa sezione.
Sulla base degli enunciati rilievi il Tribunale della libertà sostanzialmente ha ritenuto condivisibili le argomentazioni del provvedimento del G.I.P., secondo il quale il mantenimento della misura cautelare è giustificato dal pericolo di aggravamento del carico urbanistico, nell'ipotesi di utilizzazione degli immobili, e dalla suscettibilità di confisca degli stessi.
Sul punto si è osservato che gli appellanti, pur essendo terzi acquirenti degli appartamenti di cui è chiesta la restituzione, non possono ritenersi in buona fede, in quanto gli stessi avrebbero potuto accertare agevolmente la destinazione urbanistica dell'area sulla quale erano stati realizzati gli immobili, peraltro abusivamente, anche se erano state presentate domande di condono. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore degli appellanti, che la denuncia per violazione di legge ed in particolare degli art. 7 e 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo, del D.P.R. n. 380 del 2001, dell'art. 240 c.p., artt. 125 e 321 c.p.p.. Si deduce che l'ordinanza impugnata, nel riportare ampiamente altri provvedimenti, ha perso di vista il tema centrale dell'impugnazione, che aveva ad oggetto la salvaguardia dei diritti dei terzi in buona fede alla luce del più recente indirizzo giurisprudenziale di questa Corte in materia.
Si osserva che alla luce di tale indirizzo interpretativo la confisca deve considerarsi una pena che non può essere applicata in assenza dell'elemento soggettivo, costituito dal dolo o quanto meno dalla colpa, sicché detta sanzione non può essere applicata nei confronti di soggetti in buona fede estranei alla commissione del reato. Si deduce, quindi, che nel caso in esame doveva ritenersi sussistente la buona fede dei terzi acquirenti degli immobili, stante l'esistenza di un condono, attestato dal notaio, la prova del versamento delle somme dovute a titolo di oblazione, l'inesistenza di vincoli paesaggistici ostativi alla realizzazione degli immobili; che, pertanto, gli acquirenti dovevano essere ritenuti danneggiati dall'azione del venditore e la loro buona fede rilevabile ictu oculi. Su tale punto è stata altresì prodotta documentazione dalla quale risulta che i ricorrenti sono indicati quali parti lese del reato. Il ricorso non è fondato.
L'ordinanza impugnata ha applicato puntualmente i principi di diritto affermati dalla sentenza citata dai ricorrenti, secondo la quale "In tema di reati edilizi ed urbanistici, la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite non deve essere disposta nei confronti dei soggetti estranei alla commissione del reato e venuti in buonafede in possesso del terreno o dell'opera edilizia oggetto di abusiva lottizzazione". (sez. 3, 24.10.2008 n. 42741, Silvioli ed altri, RV 241703), e dalla giurisprudenza successiva, che sostanzialmente non se ne è discostata, pur con le precisazioni rese necessarie di volta in volta dalla fattispecie concreta.
È, però, necessario precisare sul punto che la questione afferente all'accertamento della buona fede del terzo acquirente di un immobile realizzato illegittimamente, mediante la abusiva lottizzazione di aree non urbanizzate, riguarda l'applicazione della confisca e il sequestro, nell'ipotesi in cui la misura cautelare sia stata disposta esclusivamente ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 2, e, cioè, sia esclusivamente finalizzata ad assicurare che la cosa all'esito del processo possa essere concretamente confiscata.
Nell'ipotesi, invece, di sequestro disposto ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 1 è irrilevante l'appartenenza della cosa ad un soggetto estraneo alla commissione del reato ed in buona fede, in quanto l'esigenza cautelare di impedire che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravarne o protraine le conseguenze, come è noto (cfr. sez. 2, 15.5.1992 n. 22 96, Banca Popolare di Milano in proc. Tosarelli, RV 190789 e giurisprudenza successiva conforme), prescinde totalmente dalla appartenenza del bene all'autore del reato.
In tal caso, infatti, il vincolo, diretto a rendere indisponibile la "res", è imposto per più generali esigenze di giustizia, quali sono quelle relative alla tutela della collettività, che, sebbene pregiudizievoli per il soggetto che ne è gravato, vanno necessariamente soddisfatte.
Il titolare del diritto potrà far valere le proprie ragioni solo una volta esaurite le esigenze cautelari ovvero il rapporto processuale. Nè l'applicazione della misura cautelare, in tale ipotesi, costituisce violazione dell'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, considerata la temporaneità del vincolo ed essendo giustificata la compressione del diritto di proprietà dalle citate esigenze di interesse pubblico connesse alla repressione dei reati. Orbene, nel caso in esame, emerge in primo luogo dall'ordinanza che la misura cautelare è stata imposta per soddisfare le esigenze previste dall'art. 321 c.p.p., comma 1, e, cioè, per impedire che siano protratte e aggravate le conseguenze del reato, stante l'aggravio del carico urbanistico derivante dalla utilizzazione degli immobili affermata dai giudici di merito.
Sicché, con riferimento alla indicata esigenza cautelare, le questioni proposte dai ricorrenti si palesano inconferenti. Il sequestro inoltre è stato disposto anche per assicurare la concreta confiscabilità degli immobili oggetto di lottizzazione abusiva.
Su punto osserva la Corte che la valutazione del tribunale del riesame in ordine alla buona fede del terzo acquirente degli immobili, ostativa alla successiva applicazione della confisca, risente necessariamente del carattere sommario dell'accertamento incidentale demandato dalla legge a detto organo giudicante. La valutazione del Tribunale della libertà sul punto, pertanto, se esente da errata applicazione di legge, si sottrae a qualsiasi censura in sede di legittimità, non essendo impugnabili i provvedimenti in materia di misure reali se non per violazione di legge.
Orbene, nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto suscettibile di confisca gli immobili, anche se attualmente appartenenti a terzi acquirenti, avendo escluso che gli stessi possano ritenersi in buona fede, peraltro sulla base di rilievi coerenti con le risultanze fattuali indicate nell'ordinanza a proposito della destinazione agricola dell'area sulla quale sono stati costruiti gli immobili, che poteva formare oggetto di agevole accertamento.
Sicché anche su tale punto le argomentazioni dei ricorrenti, che peraltro assumono prevalentemente i contorni di una censura di natura fattuale, non sono idonei a contestare in sede di legittimità l'ordinanza impugnata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2010. Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2010