Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2880, del 11 giugno 2015
Urbanistica.Legittimità utilizzo delle fasce di rispetto stradali per attività di parcheggio

Sono legittime le delibere di adozione e di approvazione della variante parziale al PRG vigente di Venezia, nella parte in cui modificano l’art. 61 delle NTA consentendo lo svolgimento dell’attività imprenditoriale di parcheggio nelle fasce di rispetto stradali. A più riprese è stato consentito un utilizzo delle c.d. “fasce di rispetto” che, oggettivamente, pare di utilità minor, per gli utenti della strada, rispetto ad un parcheggio a raso. Con riguardo all'ampiezza della fascia di rispetto stradale, si rileva che la medesima, in un contesto urbano densamente edificato ed abitato, persegue una serie di ragionevoli finalità, non limitate alla mera sicurezza ed alla conservazione/manutenzione delle vie, come per il D.M. n. 1444/68, determinate proprio dalla presenza dell'elemento umano, destinazione pedonale, a parcheggio, misure antinquinamento, anche acustico, arredo urbano, oppure ricollegabili a criteri urbanistico-estetici. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02880/2015REG.PROV.COLL.

N. 07791/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7791 del 2014, proposto da: 
Venezia Marco Polo Parking S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv.ti Raffaele Bucci, Paolo Fiorilli, con domicilio eletto presso Paolo Fiorilli in Roma, Via Cola di Rienzo 180; 

contro

Save Spa, Marco Polo Park Srl, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dagli avv.ti Paolo Neri, Vittorio Domenichelli, Mario Sanino, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180; 
Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv.ti Antonio Iannotta, Nicoletta Ongaro, Maurizio Ballarin, Nicolò Paoletti, con domicilio eletto presso Nicolo' Paoletti in Roma, Via Barnaba Tortolini 34; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del Veneto – Sede di Venezia - Sezione II n. 00919/2014, resa tra le parti, concernente avvio procedimento di rimozione degli effetti della s.c.i.a. per attività di rimessa a cielo aperto per n.174 posti auto;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Save Spa e di Marco Polo Park Srl e del Comune di Venezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2015 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Fiorilli, Sanino e Paoletti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale del Veneto – Sede di Venezia– ha in parte dichiarato inammissibile ed ha in parte accolto il ricorso di primo grado, corredato da motivi aggiunti, proposto dalla odierna parte appellata ed appellante incidentale Save S.p.A. e Marco Polo Park S.r.l., volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento del Comune di Venezia 19/3/2013, fasc. 2013/520 di "archiviazione del procedimento di avvio di rimozione degli effetti della S.C.I.A. PG 2013/83799 del 18/2/2013 per attività di rimessa a cielo aperto veicoli (parcheggio) sita in Venezia, Via Triestina 159"e della delibera di Consiglio Comunale del Comune di Venezia 21/1/2013 n. 5 di adozione delle "Modifiche all'art. 61 delle N.T.A. del Piano Regolatore Generale Variante per la Terraferma vigente - Variante Parziale al P.R.G. (art. 50, comma 4, lett. l della L.R. n. 61/1985)".

Parte appellata aveva altresì chiesto la condanna del Comune di Venezia ad adottare nei confronti di Venezia Marco Polo Parking S.r.l. tutti i provvedimenti interdittivi o repressivi idonei ad impedire l'attività oggetto della suddetta S.C.I.A.

Con il successivo ricorso per motivi aggiunti (depositato il 6/11/2013) ha chiesto l'annullamento previa sospensione della S.C.I.A. depositata da Venezia Marco Polo Parking S.r.l. 31.7.2013/1.8.2013 prot. n. 0338438 ai sensi del D.P.R. n. 480/2001 per l'esercizio dell'attività di rimessa a cielo aperto per n. 174 posti auto e un totale di mq. 4.725 in Venezia Tessera, Via Triestina n. 159 e della delibera di Consiglio Comunale del Comune di Venezia 28/7/2013 n. 59, richiamata nella S.C.I.A., di approvazione delle "modifiche all'art. 61 delle N.T.A. del Piano Regolatore Generale Variante per la Terraferma vigente - Variante Parziale al P.R.G. (art. 50, comma 4, lett. l della L.R. n. 61/1985)" pubblicata in data 17/7/2013 ed esecutiva il 28/7/2013 nonché della nota/parere favorevole 14/8/2013 della Direzione Sportello Unico Edilizia del Comune di Venezia - Settore Edilizia di Iniziativa Privata e Agibilità Terraferma che aveva consentito lo svolgimento dell'attività ove svolta in fascia di rispetto autostradale e della nota senza indicazione di data P.G. 2013/128221 del Dirigente Sportello Unico Edilizia diretta al Dirigente Sportello Unico Attività Autorizzatorie Terraferma.

Era stata altresì richiesta la condanna del Comune di Venezia ad adottare nei confronti di Venezia Marco Polo Parking S.r.l. tutti i provvedimenti interdittivi o repressivi idonei ad impedire l'attività oggetto della suddetta S.C.I.A.

Il Tar ha in primo luogo ricostruito, anche sotto il profilo cronologico, la complessa e risalente vicenda processuale.

Ha in particolare rammentato che, con permesso di costruire n. 234734 (prot. 91494/2005) dell’08/06/2006 il Comune di Venezia aveva consentito la “ristrutturazione ed ampliamento di annesso rustico con parziale cambio di destinazione d’uso ad attività commerciale di edificio che svolge attività florovivaistica”.

Tale titolo edilizio aveva permesso lo svolgimento da parte dei proprietari, accanto all’attività florovivaistica e all’attività di ristorazione, anche di attività correlate “quali uffici commercio al minuto, pubblici esercizi” prevedendo quali standard 0,8 mq/mq di parcheggio.

La gestione del relativo parcheggio, funzionale all’attività di ristorazione, venne affidata alla odierna appellante società Venezia Marco Polo Parking mediante la sottoscrizione di un contratto di comodato gratuito dell’area.

Era però accaduto che, la Polizia Municipale aveva accertato che, anche nelle aree adiacenti, veniva effettuata un’attività di parcheggio e, nel contempo, l’esercizio dell’attività commerciale di rimessaggio e di bus navetta, da e per l’aeroporto Marco Polo.

A ciò seguì una serie di Dia annullate dal Comune di Venezia e finalizzate essenzialmente allo svolgimento delle attività commerciali sopra citate,

Detti annullamenti vennero gravati innanzi al Tar.

Nel corso di un procedimento d’urgenza ex art. 700 cpc, finalizzato ad ottenere la cessazione dell’attività di parcheggio, le originarie ricorrenti avevano acquisito notizia dell’avvenuta emanazione da parte del Comune di Venezia del provvedimento del 19/03/2013 (fasc. 2013/520) di “archiviazione del procedimento di avvio di rimozione degli effetti della Scia PG 2013/83799 del 18/02/2013 per attività di rimessa a cielo aperto veicoli (parcheggio) sita in Venezia Via Triestina 159”.

Ed avevano parimenti verificato che il Comune di Venezia aveva adottato alcune modifiche all’art. 61 delle NTA dirette a consentire all’interno delle fasce di rispetto stradale la realizzazione di “parcheggi a raso”.

Il (gravato con il mezzo introduttivo) provvedimento di archiviazione aveva fatto seguito, a sua volta, alla presentazione da parte della società Venezia Marco Polo Parking srl di una segnalazione certificata di inizio attività “commerciale” ai sensi del Dpr 480/2001, mediante la quale si era comunicato lo svolgimento della attività di rimessa a cielo aperto con n. 237 posteggi per veicoli.

In relazione a detta istanza la Direzione Sportello Unico del Comune di Venezia aveva dapprima parere contrario considerando che “l’attività di parcheggio si configura come una nuova attività commerciale ed indipendente”, come tale non compatibile con la destinazione d’uso del suolo prevista dal PRG vigente che destinava l’area ad attività florovivaistica.

A seguito delle controdeduzioni della società Venezia Marco Polo Parking erano stati emanati i pareri del 15/03/2013 e del 19/03/2013, con i quali si era sancita l’ammissibilità dell’attività di parcheggio con la precisazione che la stessa avrebbe dovuto svolgersi nell’ambito delle fasce di rispetto stradale.

Il Comune di Venezia aveva quindi avviato il procedimento di rimozione degli effetti della Scia con nota prot. n. 122245 del 13/03/2013, in relazione al quale la società Venezia Marco Polo Parking, aveva contro dedotto sostenendo l’ammissibilità dell’intervento in quanto conforme alla nuova delibera Comunale n. 5 del 21/01/2013 nella parte in cui introduceva le modifiche sopra citate all’art. 61 delle NTSA del Piano Regolatore Generale Variante per la terraferma.

A conclusione di detto procedimento il Comune di Venezia aveva emanato il provvedimento di archiviazione in questione che era stato unitamente impugnato con il ricorso principale.

L’odierna parte appellata era infatti insorta, evidenziando che l’Amministrazione comunale aveva archiviato la Scia sulla base della modifica dell’art. 61 delle NTA solo adottata e non ancora divenuta definitiva, il vizio di eccesso di potere per carenza dei presupposti e, la contraddittorietà di detto provvedimento con i precedenti.

Quanto alla delibera del Consiglio Comunale del Comune di Venezia n. 5 del 21/01/2013 si era sostenuto la non ammissibilità di quest’ultima a prevedere la realizzazione di un parcheggio nella fascia di rispetto stradale.

Tale argomentazione centrale, e di merito, era stata prospettata anche nei successivi motivi aggiunti, mediante i quali l’originaria parte ricorrente aveva provveduto ad impugnare la Scia del 31/07/2013 successivamente intervenuta e, ciò, unitamente alla delibera del Consiglio comunale del Comune di Venezia n. 59/2013 di approvazione delle “modifiche” all’art. 61 delle NTA del Piano Regolatore Generale Variante per la terraferma vigente (ivi proponendosi, altresì, una domanda diretta ad ottenere la “condanna del Comune di Venezia ad adottare nei confronti di Venezia Marco Polo Parking tutti i provvedimenti interdittivi o repressivi idonei ad impedire l'attività oggetto della suddetta Scia”).

Il Tar ha in primo luogo scrutinato le plurime eccezioni processuali articolate dal Comune di Venezia e dalla odierna parte appellante principale.

Ha in proposito sostenuto che dovesse essere accolta l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso la Scia del 31/07/2013 concretando quest’ultima un’azione diretta ad ottenere l’annullamento della stessa Scia in violazione della disciplina attualmente vigente

Ciò in quanto -a seguito dell’introduzione del comma 6 ter dell’art. 19 della L. n. 241/90 e da parte del D.L. 138/2011- era soltanto possibile sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’Amministrazione, e in caso d’inerzia, esperire l’azione di cui all’art. 31 commi 1, 2 e 3 del D. Lgs. 104/2010.

L’azione diretta all’annullamento della Scia del 31/07/2013 era quindi inammissibile, (come del resto la domanda di condanna dell’Amministrazione affinché quest’ultima adottasse i provvedimenti inibitori dell’attività oggetto della Scia).

La declaratoria di inammissibilità andava estesa alla impugnazione dei pareri (del 14/08/2013 e del parere di cui al prot. n. 2013/128221) in quanto atti endoprocedimentali.

Il primo giudice ha invece disatteso le ulteriori eccezioni processuali prospettate.

In particolare, ha escluso che sussistesse improcedibilità del ricorso principale per sopravvenuto difetto di interesse all’annullamento dell’atto di archiviazione a seguito dell’emanazione della successiva Scia del 31/07/2013: la manifestata volontà di proporre una successiva azione di risarcimento del danno implicava il permanere dell’interesse a gravare la detta archiviazione (ove accolta, la detta azione avrebbe consentito di fare emergere la illegittimità dei provvedimenti che consentivano lo svolgimento dell’attività di parcheggio, il che costituiva presupposto del petitum risarcitorio).

Parimenti doveva essere disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione proposta, nei motivi aggiunti, avverso la delibera di Consiglio comunale n. 59/2013.

Detta eccezione si fondava sulla omessa contemporanea proposizione di una “valida” impugnazione di atti applicativi, (non tale poteva considerarsi l’azione di “annullamento” di una Scia, in quanto non esperibile sulla base della disciplina attualmente vigente).

In contrario senso, il Tar ha rilevato che la delibera n. 59/2013 era, di per sé, potenzialmente lesiva delle attività delle ricorrenti, autorizzando la detta attività di parcheggio della cui legittimità si dubitava (in quanto asseritamente ritenuta in violazione della disciplina urbanistica vigente nell’area di riferimento): del pari sussisteva certamente l’interesse a gravare detta delibera.

Neppure, ad avviso del Tar, poteva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del parere (prot. gen. 2013/128280) del 15/03/2013: detto atto era inserito nel procedimento di emanazione del provvedimento di archiviazione sopra citato.

Il primo giudice ha quindi preso in esame nel merito il ricorso avverso il provvedimento di archiviazione del 19/03/2013 finalizzato a concludere, senza l’emanazione di ulteriori atti, il procedimento di rimozione degli effetti della Scia, dichiarando la fondatezza del primo e del secondo motivo del ricorso principale.

Il Tar ha in proposito fatto presente che con la delibera n. 5 del 21.1.2013 di adozione, e la successiva delibera n. 59 del 15.7.2013 di approvazione, si erano introdotte le lettere a1) e a2), mediante le quali l’Amministrazione comunale aveva precisato le modalità per realizzare, all’interno delle fasce di rispetto stradale, “parcheggi a raso” quali “opere al servizio della strada o che non contrastino con quanto disposto dal precedente comma 61.1”.

Mercé tale modifica era stato, pertanto, consentito:

(a1) la realizzazione, “in qualsiasi ambito di Z.T.O.”, di “spazi di sosta temporanea dei veicoli a servizio dell’utenza stradale “piazzole di sosta”;

(a2) “in ogni ambito di Z.T.O. con esclusione delle zone di tipo E e F speciale-Bosco di Mestre”, l’organizzazione di aree a parcheggio.

Il primo giudice ha da ciò tratto il convincimento per cui lo svolgimento dell’attività commerciale, di parcheggio e bus navetta da/per l’aeroporto, non poteva trovare alcuna legittimazione sulla base delle nuove previsioni dell’art. 61 N.T.A. e, ciò, a prescindere dal fatto che Variante al P.R.G. fosse stata definitivamente approvata, rispetto al momento in cui era intervenuta la pronuncia cautelare del Tar medesimo.

Ciò in quanto la disposizione sopra citata, nel rinviare al precedente comma 61.1, confermava la necessità che i parcheggi a raso fossero a “servizio della strada” e, ancora, che risultassero rispettate le previsioni urbanistiche di zona.

Epperò non poteva ritenersi conforme alla destinazione urbanistica la realizzazione di parcheggi finalizzati allo svolgimento di un’attività commerciale e imprenditoriale e che, in quanto tali, incidevano su un’area “florovivaistica”, Ne discendeva l’illegittimità del provvedimento di archiviazione nella parte in cui poneva a fondamento di detta archiviazione la variazione dell’art. 61 sopra citato.

Da ciò discendeva l’annullamento del provvedimento di archiviazione.

Parimenti è stata affermata la illegittimità della delibera n. 59/2013, laddove interpretata nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi a raso, non al servizio della strada, (in quanto detta previsione non poteva consentire lo svolgimento di qualsivoglia attività di parcheggio, anche commerciale, in tutte le Z.T.O., indipendentemente dalla destinazione d'uso insistente nelle aree di riferimento).

Il Tar ha fatto in proposito presente il proprio convincimento, per cui l’inedificabilità della fascia di rispetto stradale era preordinata a garantire la sicurezza del traffico stradale e la corretta viabilità: non poteva essere consentito di poter prescindere dalla destinazione urbanistica, permettendo uno sfruttamento commerciale della fascia di rispetto stradale.

E’ stato pertanto disposto l’annullamento in parte qua anche della delibera del Consiglio Comunale n. 59/2013 laddove interpretata nel senso di costituire il presupposto per lo sfruttamento commerciale della fascia di rispetto stradale in violazione della disciplina urbanistica.

L’odierna appellante, già resistente rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

Ripercorsa in dettaglio la fase procedimentale prodromica alla instaurazione del contenzioso, e quella relativa al processo di primo grado, ha sostenuto che alla inammissibilità del mezzo recante motivi aggiunti di primo grado volto ad avversare la (seconda Scia) avrebbe dovuto seguire la improcedibilità del mezzo introduttivo del giudizio di primo grado volto ad avversare la archiviazione della (prima) Scia avente identico contenuto della seconda.

Il mezzo introduttivo del giudizio di primo grado era inammissibile, in quanto era stata impugnata soltanto l’archiviazione del procedimento di avvio di rimozione degli effetti della S.C.I.A. PG 2013/83799 del 18/2/2013 e la delibera di adozione n. 5/2013, mentre era rimasto inimpugnato il parere della Direzione Sportello Unico Edilizia n. 128280/2013 spiegante effetto preclusivo.

A nulla rilevava la natura endoprocedimentale del detto parere: l’omessa impugnazione di questo privava di effetti il mezzo introduttivo del giudizio innanzi al Tar.

Parimenti errata era la sentenza (seconda censura) ove non aveva dichiarato la inammissibilità dei motivi aggiunti di primo grado anche nella parte in cui questi avevano gravato la delibera di approvazione n. 59/2013.

Trattavasi di delibera generale ed astratta e l’appellata non aveva validamente impugnato l’atto applicativo della medesima.

La sentenza poi (terza censura) era incorsa in una violazione dei limiti interni ed esterni della giurisdizione, nella parte in cui aveva accolto i motivi aggiunti di primo grado avverso la delibera di approvazione n. 59/2013 con una sentenza “interpretativa di accoglimento”: ciò finiva con il consentire la produzione di effetti analoghi ad una (non consentita) diretta impugnazione della Scia fondata su tale delibera “suggerendo” al Comune la via per annullarla in autotutela (come infatti avvenuto).

Nel merito (quarta censura) ha censurato la tesi secondo cui con riferimento alle attività autorizzabili nella fascia di rispetto stradale non si potrebbe prescindere dalla destinazione urbanistica impressa.

L’area aveva infatti destinazione produttiva; ed il parcheggio vi rientrava.

Il parcheggio a raso integrava “opera al servizio della strada”: l’art. 61.1. ciò consentiva.

L’aera pertinenziale restava sempre di proprietà privata; era soggetta a vincolo conformativo; non poteva impedirsi lo sfruttamento commerciale della stessa tanto più se eseguito in assenza di opere edilizie e/o di trasformazione.

Ne conseguiva (quinto motivo) che l’avversato provvedimento di archiviazione era stato ingiustamente annullato, e per di più per vizi derivati ed in carenza di impugnazione del parere.

La funzionalizzazione a parcheggio rendeva palese che la fascia di rispetto era al servizio della strada: e ciò indipendentemente dalla natura (onerosa o gratuita) del parcheggio medesimo.

Il Comune di Venezia ha depositato un articolato appello incidentale volto ad ottenere la riforma dell’appellata sentenza.

Ha fatto presente che la Scia presentata dall’appellante principale il 18.2.2013 aveva ricevuto un primo parere contrario il 8.3.2013 ed in data 13.3.2013 si era comunicato all’appellante principale l’avvio del procedimento per la rimozione della Scia.

L’appellante principale aveva presentato osservazioni ed in data 15.3.2013 la Direzione Sportello Unico Edilizia aveva ritenuto l’accoglibilità delle medesime, con prescrizioni.

La Direzione Mobilità e Trasporti il 19.3.2013 aveva disposto l’archiviazione del procedimento di rimozione degli effetti della Scia.

Ed ha rievocato, in ordine cronologico, i provvedimenti susseguenti.

Ha riproposto (primo motivo) l’eccezione di difetto di legittimazione attiva e carenza di interesse della originaria parte ricorrente.

Essa nasceva dalla circostanza che il mezzo di primo grado era all’evidenza rivolto a tutelare un interesse commerciale (quello di evitare che il parcheggio della odierna appellante principale, ove autorizzato, facesse concorrenza alla parte appellata): detto interesse non poteva supportare (come erroneamente non colto dal Tar la richiesta di annullamento di una prescrizione urbanistica).

Neppure l’interesse “alla sicurezza stradale” (per definizione adespota) poteva fondare la legittimazione attiva di parte appellata.

Quest’ultima non aveva chiarito in che modo l’attività di propria pertinenza (in aeroporto v’erano 3000 parcheggi a pagamento) potesse essere incisa da quella autorizzata dalla Scia in favore dell’appellante principale (che constava di solo 174 parcheggi).

La sentenza era parimenti errata laddove non aveva escluso l’ammissibilità dei motivi aggiunti avverso la delibera consiliare n. 59/2013: quest’ultima integrava atto generale ed astratto, sprovvisto di portata lesiva ed in impugnabileex se.

D’altro canto l’appellata non aveva avviato il corretto procedimento di contestazione dell’atto applicativo (la Scia): ma la inammissibilità del mezzo proposto verso quest’ultima, implicava anche la inammissibilità di quello proposto avverso l’atto (variante urbanistica) che lo stesso Tar aveva definito “soltanto potenzialmente” lesivo.

Ciò implicava la inammissibilità del mezzo introduttivo del giudizio di primo grado, nella parte diretta ad attingere la delibera 5/2013 di adozione della variante, posto che, appunto, doveva essere affermata l’inammissibilità dei motivi aggiunti avverso la delibera consiliare n. 59/2013 di approvazione della variante suddetta (pag 15).

Con la terza censura, di merito, l’amministrazione comunale ha contestato l’interpretazione resa dal Tar dell’art. 61.6.2. delle NTSA.

Detta norma – contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice- consentiva l’organizzazione di aree a parcheggio in ogni ambito di zto: purché si tratti di parcheggi a raso, non comportanti la erezione di edifici.

Né il Tar aveva motivato sulle ragioni per cui detto parcheggio non poteva ritenersi al servizio della strada, essendosi limitato a rendere tale lapidaria espressione senza precisare la ratio di tale convincimento.

E tale fuorviante convincimento (quarta censura) era stato anche, alla base dell’annullamento “interpretativo” della delibera n. 59/2013, senza che però fosse precisato quale fosse la norma “superior” da quest’ultima violata.

Nelle aree pertinenziali era da sempre consentita l’erezione di manufatti (ad es: stazioni di rifornimento) prescindere dalla destinazione della zona.

La originaria parte ricorrente ha depositato un articolato appello incidentale volto ad ottenere (prima censura) la riforma dell’appellata sentenza nella parte in cui aveva ritenuto parzialmente inammissibile il mezzo per motivi aggiunti volto a gravare la Scia del 31.7.2013 e (seconda censura) la domanda di condanna rivolta al Comune di Venezia volta all’adozione dei provvedimenti inibitorii e (terza censura) dei pareri del 14/08/2013 e del parere di cui al prot. n. 2013/128221).

Tutte le parti processuali in vista della camera di consiglio del 16 dicembre 2014 fissata per la delibazione del petitumcautelare hanno depositato memorie tese a puntualizzare e ribadire le proprie censure.

Alla camera di consiglio del 16 dicembre 2014 fissata per la delibazione del petitum cautelare la Sezione con la ordinanza n. 05743/2014 ha respinto il petitum cautelare ed ha fissato la trattazione del merito alla odierna pubblica udienza del 28 aprile 2015, alla stregua delle seguenti considerazioni: “rilevato che l’appello principale e gli appelli incidentali prospettano complesse questioni giuridiche meritevoli di completo approfondimento nella competente sede di merito, ragion per cui si provvede sin d’ora a fissare l’udienza pubblica di discussione della causa per la data del 28 aprile 2015;

rilevato che, sotto il profilo del periculum in mora non sussiste il requisito del pregiudizio grave ed irreparabile, trattandosi di interesse patrimonialmente restaurabile;”.

In vista della odierna udienza pubblica tutte le parti processuali hanno depositato memorie e scritti difensivi puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

Alla odierna pubblica udienza del 28 aprile 2015 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1.La complessa vicenda processuale che viene alla decisione del Collegio postula lo scrutinio di una congerie di problematiche di natura processuale.

1.1.Invero, la questione di merito è (rectius: sarebbe) relativamente semplice e limitata, e riposerebbe nella possibilità – o meno- di autorizzare in zona destinata a pertinenza stradale parcheggi a raso e/o comunque la gestione di un’attività di parcheggio.

Senonchè, la causa è resa complicata dalla speculare proposizione di numerose eccezioni processuali mercé le quali l’appellante principale ed il Comune di Venezia contestano (oltre che il merito dell’approdo raggiunto dal Tar) l’ammissibilità dell’azione proposta in primo grado dall’odierna appellante incidentale Save, già ricorrente di primo grado, e contestano che il Collegio possa pertanto decidere della problematica sostanziale.

In sintesi, si sostiene che a cagione della circostanza che sulla iniziativa avviata dall’odierna appellante principale era intervenuta una Scia (in data 31.7.2013 prot. N. 338438) e che detta Scia era stata gravata dalla odierna appellante incidentale Save in primo grado, e che lo stesso Tar avesse dichiarato inammissibile la detta impugnazione proposta con motivi aggiunti in primo grado, si sarebbe dovuto fare discendere anche la inammissibilità del segmento impugnatorio precedente volto ad avversare l'atto di archiviazione prot. 132574 del 19.3.2013 del procedimento di avvio di rimozione degli effetti della (precedente) S.C.I.A. PG 2013/83799 del 18/2/2013.

A cascata, la mancata valida contestazione di un provvedimento applicativo, avrebbe dovuto impedire alla originaria ricorrente di primo grado Save, odierna appellante incidentale di contestare la variante n. 59/2013 del Comune.

A monte, si contesta la legittimazione della originaria ricorrente a contestare l’iniziativa assunta dalla odierna appellante principale ed i provvedimenti comunali che sulla stessa hanno delibato, e si denuncia un asserito “eccesso di potere giurisdizionale” in cui sarebbe incorso il primo giudice (motivo n. 3 dell’appellante principale Venezia Marco Polo Parking SRL, pagg. 20-24 dell’atto di appello).

1.2. Si rende necessario pertanto scrutinare detti argomenti critici, sia per evidenti ragioni di pregiudizialità, che per sgombrare il campo da talune eccezioni palesemente infondate. Il tutto, dovrà avvenire avendo specifico riferimento all’oggetto del giudizio, siccome cristallizzato negli atti di impugnazione proposti in primo grado: il (comprensibile per il vero) tentativo di parte originaria ricorrente è quello di inserire nell’odierno giudizio elementi (id est: la valutazione di profili di supposta illiceità anticoncorrenziale dell’attività di parte appellante principale) che esulano dalle tematiche conoscibili da questo plesso, sfornito di giurisdizione sul punto, e per il vero già veicolate innanzi al competente Tribunale civile di Venezia.

1.3 Muovendo dall’esame della più radicale tra le descritte eccezioni processuali (primo motivo dell’appello del Comune di Venezia) il Collegio, non dubita della legitimatio ad causam della originaria ricorrente e dell’interesse della stessa a proporre il mezzo di primo grado: ricorre infatti la fattispecie di un operatore titolare di un’autorizzazione commerciale (per una attività riposante nella gestione del parcheggio e del servizio di trasporto da e per l’aeroporto) che contesta che altra impresa venga autorizzata a svolgere analoga attività nel medesimo bacino commerciale;rectius: che contesta le previsioni urbanistiche comunali nella parte in cui non vietano che –in via teorica- nelle aree di pertinenza dell’odierna appellante principale possano svolgersi simili attività.

Sotto altro e più radicale profilo, osserva il Collegio che, essendo incontestabile che l’appellante incidentale Save svolga attività di parcheggio a pagamento, essa può anche dolersi di provvedimenti amministrativi di natura strettamente urbanistica che consentano il parcheggio di vetture di utenti in aree asseritamente non consentite e ciò anche laddove tale attività fosse “libera “ e non gestita imprenditorialmente da altri.

Sussiste la vicinitas (da intendersi come relazione inferenziale e non mero dato geografico) e sussiste l’interesse: né la rilevante portata dell’attività svolta dall’appellante incidentale ove posta al cospetto con la modesta entità del parcheggio assentito dal Comune (trattasi “soltanto” di 174 parcheggi, come segnalato dall’appellante principale e dal Comune) può depotenziare detta considerazione, trattandosi di valutazione di mero fatto.

Invero, l’interesse v’è o non v’è: non può dipendere –se non in casi limite, nella fattispecie in esame non sussistenti - dal concreto impatto del provvedimento contestato sull’attività imprenditoriale “fonte” della legitimatio ad causam e presupposto dell’interesse a ricorrere.

Va quindi respinto, il primo motivo (pagg. 1-11) dell’appello incidentale proposto dal Comune di Venezia e le connesse considerazioni contenute nelle memorie di parte appellante principale.

1.4. Va parimenti disattesa la tesi volta a sostenere un supposto “eccesso di potere giurisdizionale” in cui sarebbe incorso il primo giudice (motivo n. 3 dell’appellante principale Venezia Marco Polo Parking SRL, pagg. 20-24 dell’atto di appello).

Invero v’è una insanabile contraddizione negli scritti difensivi dell’appellante principale e del Comune (parti, si badi, entrambe contrapposte alla originaria ricorrente di primo grado nella presente vicenda processuale) che basterebbe, da sola, a giustificare la reiezione del mezzo.

Venezia Marco Polo Parking sostiene, infatti, che non spetterebbe al Tar “scegliere”quale interpretazione della variante possa essere legittima e quale invece vada espunta (così testualmente, pag.22 dell’appello, in seno al motivo n. 3 ).

Il Comune, (ultimo cpv di pag. 13 del proprio appello incidentale) ammette che la delibera n. 59/2013 ha soltanto “precisato” la portata del precedente testo normativo dell’art. 61 NTA “non introducendo nulla di sostanzialmente nuovo”.

Il Collegio concorda con tale ultima affermazione: ma allora, se così è - e la delibera avversata ha contenuto essenzialmente interpretativo - affermare che il Tar non potesse intervenire sulla detta delibera equivarrebbe ad affermare che la stessa fosse inimpugnabile.

La tesi è certamente errata e collide con l’art. 24 della Costituzione: tutt’altro discorso, ovviamente, è incentrare la disamina sulla lesività –o meno- di quest’ultima.

Ma questo è un elemento che attiene al merito, e potrà essere scrutinato di seguito: allo stato, è sufficiente –e doveroso- precisare che il Tar non è incorso in alcuno straripamento, e che la censura di eccesso di potere giurisdizionale di cui al motivo n. 3 dell’appellante principale Venezia Marco Polo Parking SRL è platealmente infondata.

2. Ciò premesso, le questioni sollevate dal Comune e dall’appellante principale si intrecciano strettamente con l’argomento critico - sollevato dalla originaria ricorrente rimasta in parte qua soccombente ed odierna appellante incidentale – riposante nella esattezza, o meno, della statuizione del Tar di inammissibilità dell’impugnazione da essa proposta con i motivi aggiunti di primo grado avverso la Scia del 31/07/2013.

Non a caso, peraltro, è stato questo il primo profilo della causa vagliato dal Tar, a riprova della portata nodale dallo stesso ricoperta nell’economia della causa.

2.1 L’ originaria ricorrente ed odierna appellante incidentale contesta la esattezza dell’approdo raggiunto dal Tar in quanto – a suo dire- avendo il Comune di Venezia assentito la Scia non vi sarebbe stata ragione per intraprendere la procedura di cui all’art. 31 del cpa, (a cagione proprio della circostanza che il comune aveva preso espressa posizione favorevole alla Scia). In sostanza, secondo l’argomentare della originaria ricorrente principale Save la procedura ex art. 31 del cpa andrebbe esperita (ai sensi del comma 1 dell’art. 6, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, come modificato dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148 che ha aggiunto all’art. 19 della legge n. 241/1990 il comma 6-ter) allorché l’Ente sia rimasto silente: sarebbe invece del tutto superflua laddove l’Ente avesse già espresso l’intendimento di condividere le ragioni poste a sostegno della Scia.

 

2.2. Prima di scrutinare il mezzo, tuttavia, occorre dare atto che di quest’ultimo il Comune di Venezia postula la inammissibilità per carenza di interesse (pag. 2 della memoria di costituzione datata 5.12. 2014 depositata in vista dell’adunanza camerale del 16 dicembre).

Ciò in quanto, anche ove accolto, non potrebbe giovare alla posizione dell’appellante incidentale, la quale non ha riproposto il contenuto dei motivi aggiunti di primo grado che postulavano la illegittimità della Scia.

2.2.1. Ritiene il Collegio che l’eccezione colga nel segno, e che l’intero appello incidentale proposto da Save sia inammissibile.

Costituisce infatti jus receptum in giurisprudenza (ex aliis Cons. Stato Sez. VI, 09-01-2014, n. 22) l’approdo per cui nel giudizio amministrativo ai sensi dell'art. 101, comma 2, D.Lgs. 104/2010 (CPA), "si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello (")". L'onere di riproposizione si lega alla previsione contenuta nell'art. 105, comma 1, CPA che, enunciando il principio di tassatività dei casi di annullamento con rinvio al primo giudice, stabilisce (implicitamente ma univocamente) che, in tutti gli altri casi, il Consiglio di Stato si pronunci nel merito dei ricorsi proposti in primo grado, anche se il giudizio innanzi al Tribunale amministrativo regionale si sia concluso con una erronea dichiarazione di inammissibilità, improcedibilità o irricevibilità.”.

Ciò si lega al principio generale secondo cui è preclusa al giudice di appello la conoscenza – di propria iniziativa - dei motivi di ricorso di primo grado dichiarati assorbiti e non riproposti, pena il vizio di ultrapetizione della pronunzia (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2000, n. 6226).

Nel caso di specie, se anche si dovesse affermare che l’impugnazione diretta della Scia proposta con i motivi aggiunti di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarata dal Tar ammissibile (così rimuovendosi la statuizione di inammissibilità resa dal giudice di primo grado) ugualmente sarebbe precluso esaminare le ragioni sostanziali a sostegno della supposta illegittimità della Scia.

L’appello incidentale è quindi inammissibile: e tale declaratoria di inammissibilità si estende anche alle altre due censure ivi contenute (volte a censurare la statuizione di inammissibilità della domanda di condanna del Comune di Venezia ad adottare nei confronti di Venezia Marco Polo Parking S.r.l. tutti i provvedimenti interdittivi e repressivi dovuti, e quella che ha dichiarato la non ammissibilità dei motivi aggiunti laddove diretti a censurare la nota/parere favorevole 14/8/2013 della Direzione Sportello Unico Edilizia del Comune di Venezia - Settore Edilizia di Iniziativa Privata e Agibilità Terraferma e la nota senza indicazione di data P.G. 2013/128221 del Dirigente Sportello Unico Edilizia diretta al Dirigente Sportello Unico Attività Autorizzatorie Terraferma) in quanto affette dal medesimo vizio prima riscontrato.

2.2.2. Per altro verso, e per mera aspirazione alla compiutezza dello scrutinio, si osserva che l’appello incidentale, in parte qua, anche laddove ritenuto ammissibile, non avrebbe avuto alcuna possibilità di essere accolto.

Senza ripercorrere in dettaglio vicende ben note, è sufficiente ricordare che con la decisione n. 15 del 2 maggio 2011 depositata nel luglio del 2011 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato aveva preso decisa posizione sul tema della natura giuridica dell’istituto della Scia e sulle tecniche di tutela dell’interesse (oppositivo) del terzo che si assumesse pregiudicato dall’attività intrapresa dal richiedente e dall’omessa adozione da parte dell’amministrazione di un esplicito divieto all’esercizio dell’attività da parte del richiedente (nonché dalla successiva mancata emanazione dei provvedimenti di autotutela).

La ricostruzione ivi patrocinata, tuttavia, non ha avuto fortuna, perché il Legislatore è prontamente intervenuto mercé l’innesto del comma 6 ter dell’art. 19 della L. n. 241/90 da parte del D.L. 138/2011, stabilendo che la Segnalazione certificata di inizio di attività si riferisce ad un’attività liberalizzata, nell’ambito della quale gli interessati possono unicamente sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’Amministrazione, e in caso d’inerzia, esperire l’azione di cui all’art. 31 commi 1, 2 e 3 del D. Lgs. 104/2010.

La perentorietà della formulazione normativa (“La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all'art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.”) e l’utilizzo della voce avverbiale “esclusivamente”, scoraggiano ogni possibile deviazione dallo schema disegnato dal Legislatore: la tesi dell’appellante incidentale Save, secondo cui – avendo già il Comune manifestato il proprio opinamento favorevole alla Scia sarebbe stato ultroneo esperire la procedura ex art. 31 del CPA – possiede suggestivi elementi di logicità: collide però, con lo schema normativo sinora illustrato, e con la considerazione per cui il doveroso avvio della procedura ex art. 31 consente di fare emergere le problematiche postulanti un intervento repressivo, e, ove queste siano accolte, disinnescherebbe un possibile contenzioso giurisdizionale.

La tesi dell’appellante incidentale, quindi, sarebbe stata in ogni caso inaccoglibile, collidendo con la ratio della disposizione normativa surrichiamata, e con la perentoria lettera della stessa (“esclusivamente”) e la pronuncia di inammissibilità del mezzo per motivi aggiunti proposto in primo grado da Save e diretto ad avversare la Scia del 31/07/2013 appare anche nel merito, esatta e priva di mende.

3. La statuizione in rito resa nel precedente capo (che sostanzialmente finisce con il “confermare” sia pure per motivi squisitamente processuali afferenti al presente grado di giudizio analoga statuizione del Tar Veneto contenuta nella sentenza gravata) consente di passare immediatamente all’esame del mezzo principale proposto da MarcoPolo, imponendo al Collegio la disamina del seguente argomento (già prospettato nell’appello di parte appellante principale).

Esso può essere sintetizzato nella formulazione dei seguenti quesiti: una volta dichiarata inammissibile l’impugnazione avverso la Scia del 31/07/2013 che costituisce atto applicativo della delibera n. 5/2013 di adozione della variante, e della delibera consiliare n. 59/2013 di approvazione della variante suddetta, deve affermarsi anche la inammissibilità della contestazione avverso detti atti in ultimo citati, in quanto non immediatamente (ma solo potenzialmente) lesivi? Ciò implicherebbe anche la improcedibilità del mezzo introduttivo di primo grado articolato avverso la archiviazione della rimozione della “prima” Scia del 19.3.2013?

Il tema oggetto di verifica è connesso con altre eccezioni proposte dall’appellante principale Venezia Marco Polo Parking e dal Comune di Venezia e pertanto verrà esaminato congiuntamente a questi ultimi.

3.1.E’ infondata la tesi secondo cui il gravame avverso tali atti (ed avverso il provvedimento di archiviazione della Scia del 19.3.2013) sarebbe stato inammissibile a cagione della omessa impugnazione del Parere 2013/128280 della Direzione Sportello Unico Edilizia reso il 15/03/2013.

L’appellante principale (motivo n. 1, pagg. 11-14 dell’appello) censura la statuizione reiettiva dell’analoga eccezione da essa formulata in primo grado resa dal Tar, richiamando la nozione di atto presupposto.

Senonchè, essa muove da un punto di partenza fallace ed il ragionamento svolto va simmetricamente rovesciato.

Avveduta, recente, giurisprudenza (ex aliis Cons. Stato Sez. V, 05-11-2014, n. 5463) perimetra, in realtà, l’ipotesi inversa, affermando che “la non necessità di impugnazione dell' atto finale, quando sia stato già contestato quello preparatorio opera unicamente quando tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata, diretta e necessaria , nel senso che l'atto successivo si pone quale inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove ed autonome valutazioni di interessi, né del destinatario dell'atto presupposto, né di altri soggetti. Diversamente, quando l'atto finale, pur partecipando della medesima sequenza procedimentale in cui si colloca l'atto preparatorio, non ne costituisce conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, l'immediata impugnazione dell'atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l'atto finale ”.

 

Essa stabilisce quindi, la mera facoltatività dell’impugnazione dell’atto presupposto in un caso –quale è quello in esame- in cui il detto parere che si è omesso di impugnare non avrebbe precluso che l’amministrazione destinataria potesse da esso discostarsi, e di converso obbliga necessariamente-di regola- alla impugnazione dell’atto “finale” (il che è pacificamente avvenuto nel caso di specie.

Vi sono, in realtà, dei casi in cui opera effettivamente il principio enunciato dall’appellante principale: si è detto infatti che sarebbe “inammissibile il ricorso avverso un atto applicativo in assenza di impugnazione del suo presupposto cronologico e logico, immediatamente lesivo, in quanto nessuna utilità giuridicamente rilevante sarebbe ritraibile dall'annullamento dell'atto applicativo, posto che l'amministrazione convenuta, in sede di eventuale riemanazione del provvedimento, non potrebbe che riemettere una statuizione identica a quella impugnata, stante la perdurante efficacia dell’atto presupposto” (“T.A.R. Puglia Bari Sez. II, 17-07-2001, n. 2998”).

Senonchè ciò può avvenire, appunto, laddove l’atto presupposto rimasto inimpugnato fosse in realtà immediatamente lesivo in quanto l’atto consequenziale non avrebbe potuto avere alcun altro contenuto (si veda la copiosa giurisprudenza in ordine ai rapporti tra clausola escludente del bando rimasta inimpugnata e provvedimento di esclusione).

In assenza di tale presupposto, la preclusione non opera: la statuizione del Tar si appalesa corretta e priva di mende.

3.1.1.Parte appellante principale, in realtà, nell’ultima parte del detto motivo, pare mutare angolo prospettico, e sostenere (alternativamente od in aggiunta a quanto sinora rassegnato) che la inammissibilità discenderebbe dall’avere omesso di gravare, unitamente all’atto di archiviazione del 19.3.2013, il detto parere presupposto cui l’atto di archiviazione si richiamava integralmente.

Senonchè, sol che si consideri che l’originaria ricorrente gravò l’atto finale; che il parere si inseriva nel procedimento teso all’emanazione di quest’ultimo, costituendone il supporto istruttorio (come non negato ed anzi espressamente ammesso dall’appellante principale a pag. 13 dell’appello, punto 1.3.); che l’originaria ricorrente articolò motivazioni tese a contestare l’intero iter motivo dell’atto di archiviazione, appare evidente che la omessa indicazione formale, tra gli atti impugnati, del parere presupposto dal quale l’atto “finale” traeva per relationem la propria motivazione non può produrre alcuna pretesa inammissibilità.

3.2. Ci si deve adesso interrogare, invece, sulla affermata inammissibilità della impugnazione (con ricorso principale di primo grado) della delibera n. 5/2013 di adozione della variante, e (con motivi aggiunti di primo grado) della delibera consiliare n. 59/2013 di approvazione della variante suddetta, pur in carenza di una contestazione (valida ed ammissibile) della Scia del 31/07/2013.

Connessa problematica, poi, è quella della procedibilità della impugnazione proposta del mezzo introduttivo del giudizio di primo grado volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento del Comune di Venezia 19/3/2013, fasc. 2013/520 di "archiviazione del procedimento di avvio di rimozione degli effetti della S.C.I.A. PG 2013/83799 del 18/2/2013, pur dopo che era stato dichiarato inammissibile il mezzo diretto a contestare la Scia del 31/07/2013.

3.2.1. Quanto alla seconda delle proposte eccezioni, essa si fonda su un argomento logico difficilmente smentibile: il provvedimento del Comune di Venezia 19/3/2013, fasc. 2013/520 di "archiviazione del procedimento di avvio di rimozione degli effetti della S.C.I.A. PG 2013/83799 del 18/2/2013“ e la Scia del 31.7.2013, intervenivano sullo stesso oggetto.

La Scia del 31.7.2013 “sostituiva” de facto quella del febbraio 2013: rimasta incontestabile la Scia del 31.7.2013 si sostiene pertanto, da parte dell’appellante principale, che la parte originaria ricorrente di primo grado era priva dell’interesse a gravare l’omessa rimozione della Scia, precedente, del 18.2.2013 e pertanto detto mezzo proposto avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile.

La logicità della costruzione dell’appellante MarcoPolo e del Comune di Venezia muove da una constatazione: se un atto viene sostituito da un altro, egualmente lesivo, ed il ricorso avverso l’ultimo viene dichiarato inammissibile, cessa l’interesse a gravare il primo, in ordine cronologico, in quanto l’assetto di interessi non potrebbe mutare neppure nella ipotesi di accoglimento del ricorso avverso il “primo” atto.

Detta geometrica costruzione, tuttavia, non è in grado di scardinare il principale argomento posto dal Tar a sostegno della tesi del permanente interesse dell’originaria ricorrente a gravare il provvedimento del Comune di Venezia 19/3/2013, fasc. 2013/520 di "archiviazione del procedimento di avvio di rimozione degli effetti della S.C.I.A. PG 2013/83799 del 18/2/2013“ e gli atti connessi: l’originaria ricorrente aveva dichiarato e inequivocamente manifestato l’intenzione di proporre una successiva azione risarcitoria.

Ne consegue che l’unico modo per coltivare detto interesse riposa nella affermazione di illegittimità di tale segmento dell’azione amministrativa spiegata dal Comune di Venezia: interesse che non solo non viene meno, ma, anzi, è vieppiù esaltato, laddove si dovesse affermare (come in realtà avvenuto, sia in primo che in secondo grado) per ragioni processuali, la incontestabilità della successiva Scia del 31 luglio 2013.

L’eccezione va quindi disattesa e deve quindi affermarsi la procedibilità della impugnazione proposta nel mezzo introduttivo del giudizio di primo grado volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento del Comune di Venezia 19/3/2013, fasc. 2013/520 di "archiviazione del procedimento di avvio di rimozione degli effetti della S.C.I.A. PG 2013/83799 del 18/2/2013, pur dopo che sia stato dichiarato inammissibile il mezzo diretto a contestare la Scia del 31/07/2013

La statuizione del Tar appare sul punto priva di mende.

3.2.2. Quanto invece alla prima delle due suindicate eccezioni, la tesi dell’appellante principale e del Comune di Venezia è chiara: tali atti non erano immediatamente lesivi; potevano diventarlo in occasione dell’adozione degli atti applicativi; rimasti incontestabili questi ultimi, l’impugnazione avverso le delibere di adozione ed approvazione della variante dovrebbe essere dichiarata inammissibile.

3.2.3.Come è noto, avveduta giurisprudenza amministrativa ha classificato le varianti al PRG distinguendole in base al loro contenuto: si è detto, pertanto, che le varianti ai piani regolatori generali possono essere distinte, in relazione alla loro funzione ed estensione, in varianti generali, specifiche e normative, ma queste ultime, concernendo soltanto le norme tecniche di attuazione, non anche le planimetrie, non incidono sull'assetto urbanistico del territorio. (ex aliis T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento, 02-09-2005, n. 240).

Le varianti “normative”, sono a tutti gli effetti varianti essenziali. Si è infatti condivisibilmente posto in luce che costituiscono varianti essenziali del piano regolatore generale quelle che modificano la rete delle principali vie di comunicazione, la divisione in zone del territorio comunale, i vincoli e caratteri delle varie zone e le norme tecniche di attuazione; sono modificazioni, invece, quelle che non incidono sui criteri informatori del piano. (Cons. Stato Sez. V, 05-12-1991, n. 1355).

3.2.4. In un remoto passato, si era affermato il convincimento per cui non fosse suscettibile di impugnazione né la delibera di adozione di variante al piano regolatore generale determinante una modifica alle norme tecniche di attuazione, né il conseguente provvedimento di diniego al rilascio della concessione di costruzione, qualora non fosse stata riscontrabile alcuna violazione di carattere procedimentale (Cons. Stato Sez. II, 17-05-1995, n. 3174).

Tale convincimento è stato però rivisto: ed è stata ammessa la diretta impugnazione della variante c.d. “normativa”.

Il Collegio concorda con tale assunto, e contrariamente a quanto sostenuto da parte appellante principale non ritiene che l’impugnazione immediata della variante generale c.d. “normativa” nel termine decorrente dalla sua pubblicazione, sia condizionato dalla necessaria impugnazione del’atto applicativo.

Invero il proprietario che contesti un determinato assetto (si immagini in punto di distanze,etc), riceve un nocumento già dal momento in cui la norma tecnica è approvata e vigente sul territorio: se questi contesta che la sopravvenuta disciplina consente di costruire ad una certa distanza (inferiore al passato) dal proprio fondo, ricava una lesione immediata da tale disposizione.

Lesione, a tacer d’altro riposante nel minore valore del proprio compendio immobiliare, a cagione della circostanza che un eventuale acquirente dovrà tenere conto che l’amenitas del medesimo – a cagione della sopravvenuta modifica della norma tecnica- sarà meno ampia che in passato, etc etc.

La possibilità di immediata impugnazione della disciplina che modifica/interpreta la norma tecnica, quindi, non può essere condizionata dalla intervenuta emissione dell’atto applicativo né dal gravame proposto avverso quest’ultimo.

Anche sotto tale angolo prospettico, quindi, deve ritenersi che il Tar non abbia errato a procedere allo scrutinio di merito e l’appello principale e quello incidentale proposto dal Comune di Venezia vadano disattesi.

3.5. Può adesso essere esaminata la questione sostanziale.

3.6. Alla stregua di quanto si è sin qui osservato in punto di preclusioni processuali, essa postula una partita risposta ai due distinti quesiti che seguono (i quali presentano, peraltro, non irrilevanti profili di connessione):

a) il provvedimento del Comune di Venezia 19/3/2013, fasc. 2013/520 di "archiviazione del procedimento di avvio di rimozione degli effetti della S.C.I.A. PG 2013/83799 del 18/2/2013” era illegittimo e viziato in quanto reso sulla base di una disposizione solo adottata – e non ancora definitivamente approvata- riposante nella delibera della delibera n. 5/2013 di adozione della variante parziale al PRG vigente, con modifica dell’art. 61 delle NTA?

b) comunque, e nel merito, la delibera n. 5/2013 (di adozione) e n. 59/2013 (di approvazione) della variante parziale al PRG vigente, nella parte in cui modificano l’art. 61 delle NTA consentendo lo svolgimento dell’attività di parcheggio nelle fasce di rispetto stradali sono illegittimi?

3.7. Al quesito sub A va data risposta negativa: e ciò discende proprio dalla natura interpretativa della variante. E’ altresì utile sottolineare che, se anche si dovesse opinare diversamente, fermo l’interesse dell’originaria ricorrente a contestarla questi da un eventuale accoglimento della impugnazione potrebbe ricavare un vantaggio assai contenuto, quando non anche nullo.

Infatti:

a)stante la inammissibilità del mezzo proposto avverso la successiva scia, non ne ricaverebbe vantaggio in punto di possibile rimozione/preclusione dell’attività esercitata;

b)potrebbe eventualmente instare per ottenere un risarcimento per il breve tempo in cui l’attività venne esercitata con la “copertura” della prima Scia non archiviata e sino al momento della approvazione definitiva (giusta delibera consiliare n. 59/2013) della variante suddetta: anche una simile possibilità, però, sarebbe assai remota, e comunque recessiva, visto che –il punto sarà meglio chiarito immediatamente di seguito- l’opzione interpretativa seguita dal comune di Venezia appare esatta e priva di mende.

4.Nel merito, la tesi esposta dal Tar è chiara: con la variante di cui alla delibera n. 5/2013 del 21.1.2013 (di adozione) e n. 59/2013 (di approvazione) si sono innestate nel corpo dell’art. 61 delle NTA le lettere a1) e a2), mediante le quali l’Amministrazione comunale ha precisato le modalità per realizzare, all’interno delle fasce di rispetto stradale, “parcheggi a raso” quali “opere al servizio della strada o che non contrastino con quanto disposto dal precedente comma 61.1”.

Si è, pertanto, consentito:

(a1) la realizzazione, “in qualsiasi ambito di Z.T.O.”, di “spazi di sosta temporanea dei veicoli a servizio dell’utenza stradale “piazzole di sosta”;

(a2) “in ogni ambito di Z.T.O. con esclusione delle zone di tipo E e F speciale-Bosco di Mestre”, l’organizzazione di aree a parcheggio.

Ad avviso del Tar, tale modifica è illegittima, ove interpretata nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi finalizzati allo svolgimento di un’attività commerciale e imprenditoriale e in quanto tali, incidano su un’area “florovivaistica” (in quanto attività non conforme alla destinazione urbanistica).

Ciò in quanto la predetta modifica dell’art. 61 delle NTA nel rinviare al precedente comma 61.1, confermava la necessità che i parcheggi a raso fossero a “servizio della strada” e, ancora, che fossero rispettate le previsioni urbanistiche di zona.

Ad avviso del Tar, poi, detta variante normativa era in parte qua illegittima ove intesa nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi a raso, non al servizio della strada, previsione che non poteva consentire lo svolgimento di qualsivoglia attività di parcheggio, anche commerciale, in tutte le Z.T.O., indipendentemente dalla destinazione d'uso insistente nelle aree di riferimento.

4.1. Il Collegio non concorda con la tesi esposta dal Tar e concorda invece con la tesi esposta dal Comune di Venezia appellante incidentale e dall’appellante principale Marco Polo Parking.

Come è noto, le fasce di rispetto individuano le distanze minime a protezione del nastro stradale dall’edificazione e coincidono, dunque, con le aree esterne al confine stradale finalizzate alla eliminazione o riduzione dell’impatto ambientale.

L’ampiezza di tali fasce ovvero le distanze da rispettare nelle nuove costruzioni, nelle demolizioni e ricostruzioni e negli ampliamenti fronteggianti le strade, trova disciplina in quanto stabilito dal NCS (articoli 16, 17 e 18, del D.LGT n. 285/1992) e dal Regolamento di attuazione (articoli 26, 27 e 28, del DPR n. 495/1992).

Il vincolo di inedificabilità della "fascia di rispetto stradale" -- che è una tipica espressione dell’attività pianificatoria della p.a. nei riguardi di una generalità di beni e di soggetti -- non ha natura espropriativa, ma unicamente conformativa, perché ha il solo effetto di imporre alla proprietà l’obbligo di conformarsi alla destinazione impressa al suolo in funzione di salvaguardia della programmazione urbanistica, indipendentemente dall’eventuale instaurazione di procedure espropriative (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 13 marzo 2008, n. 1095). Come affermato dalla Cassazione poi, in presenza di un vincolo conformativo previsto dalla legge (quale è la fascia di rispetto), non sono predicabili riferimenti di effettualità edificatoria “di fatto”, ma, ai fini del ristoro del proprietario inciso, rileva solo la distinzione tra aree edificabili “di diritto” ed aree “ giuridicamente “non edificabili (cfr. infra multa: Cassazione civile, sez. I, 13 aprile 2006, n. 8707; Cassazione civile, sez. I, 28 ottobre 2005, n. 21092).

Ciò, è stato correttamente rilevato in passato, proprio dal T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 16-10-2006, n. 3442 (le fasce di rispetto stradale previste dal D.Lgs. n. 285 del 1992 e dal D.P.R. n. 495 del 1992 non costituiscono vincoli urbanistici, ma misure poste a tutela della sicurezza stradale che, tuttavia, comportano l'inedificabilità delle aree interessate e sono a tal fine recepite nella strumentazione urbanistica primaria (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, sez. IV, 20 ottobre 2000, n. 5620).

Il Tar, che nelle premesse descrittive (punto 7) sembrava avere correttamente colto che la modifica introdotta non escludesse che i parcheggi a raso siano a “servizio della strada” e, ancora, che risultino rispettate le previsioni urbanistiche di zona, è pervenuto ad una interpretazione contraria alle legittimità della variante, sulla scorta della considerazione che il parcheggio fosse organizzato con struttura imprenditoriale.

4.2. Contrariamente a quanto in sentenza esposto, non pare al Collegio che la possibile circostanza che un parcheggio sia organizzato in forma imprenditoriale leda alcuna delle dette esigenze/necessità.

Innanzitutto è improprio richiamare nel caso di specie il concetto di “zonizzazione”: esso non rileva, in quanto la autonomia della disciplina delle fasce di rispetto stradale fa si che ivi possa essere autorizzata attività “eccentrica” rispetto alle prescrizioni della zonizzazione, purché comunque svolta a beneficio della circolazione stradale, e nel rispetto della sicurezza degli utenti.

Con delibazione non illogica né abnorme, ma, anzi, positivamente apprezzabile, il Comune di Venezia ha ritenuto, ed ha inteso specificare, che tale possa essere l’allocazione di parcheggi a raso.

In particolare –sempre valutando la problematica sotto il profilo urbanistico, l’unico rilevante nella specie e l’unico rientrante nella giurisdizione di questo Collegio - la circostanza che la possibilità di parcheggiare possa essere subordinata al versamento di un controvalore in denaro (né più né meno di ciò che avviene in presenza delle c.d. “zone blu” in tutte le città d’Italia, si badi) non implica il venire meno della condizione che il parcheggio sia “posto al servizio della strada e degli utenti”: il rispetto delle previsioni urbanistiche di zona (rectius: la neutralità delle stesse, ai fini della legittimità della allocazione di parcheggi nelle fasce di rispetto) discende dalla stessa destinazione delle medesime.

Le affermazioni del Tar sono evidentemente fuorviate dalla riscontrata destinazione “allo svolgimento di un’attività commerciale e imprenditoriale”, e dalla imprenditorialità della iniziativa in questione fanno discendere in automatico la conseguenza che i detti parcheggi a raso, non siano “ al servizio della strada”: parte appellante principale ha buon giuoco nel constatare che la “patrimonializzazione” del parcheggio, non implica che lo stesso cessi per ciò solo di essere posto al servizio degli utenti della strada, ovvero crei pericoli per la sicurezza stradale.

Tale profilo di accoglimento del mezzo di primo grado appare al Collegio inesatto, e va pertanto riformato.

Il Tar si era espresso statuendo “l’annullamento in parte qua anche della delibera del Consiglio Comunale n. 59/2013 laddove possa essere interpretata nel senso di costituire il presupposto per lo sfruttamento commerciale della fascia di rispetto stradale in violazione della disciplina urbanistica.”

In contrario senso, evidenzia il Collegio che le delibere n. 5/2013 (di adozione) e n. 59/2013 (di approvazione) della variante parziale al PRG vigente, nella parte in cui modificano l’art. 61 delle NTA consentendo lo svolgimento dell’attività di imprenditoriale parcheggio nella fasce di rispetto stradali non sono pertanto affette dai riscontrati vizi e devono essere reputate legittime.

Tale approdo appare conforme a quanto a più riprese affermato da condivisibile giurisprudenza di merito che, a più riprese, ha interpretato in termini non assoluti le prescrizioni del codice della strada in premessa citate (T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, 23-09-2010, n. 1050).

Giova precisare, infatti, che a più riprese è stato consentito un utilizzo delle c.d. “fasce di rispetto” che, oggettivamente, pare di utilità minor, per gli utenti della strada, rispetto ad un parcheggio a raso (“in via generale, la fascia di rispetto stradale non può rappresentare un ostacolo all'insediamento di nuovi impianti di distribuzione dei carburanti che costituiscono un ordinario completamento della strada su cui circolano autoveicoli che devono necessariamente potersi approvvigionare; inoltre, il d. lgs. 32/98 consente l'installazione degli impianti all'interno delle fasce di rispetto stradale in quanto all'art. 2, comma 3 prescrive espressamente che i Comuni debbano "individuare le destinazioni d'uso compatibili con l'installazione degli impianti all'interno delle zone comprese nelle fasce di rispetto di cui agli artt. 16, 17 e 18 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante il Nuovo codice della strada” T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, 23-09-2010, n. 1050).

Anche in epoca più risalente, la giurisprudenza di merito ha patrocinato un approdo coincidente con quello raggiunto dal Collegio e sostenuto dall’appellante principale e dal Comune di Venezia (T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, 14-09-2006, n. 4456.

Con riguardo all'ampiezza della fascia di rispetto stradale, si rileva che la medesima, in un contesto urbano densamente edificato ed abitato, persegue una serie di ragionevoli finalità - non limitate alla mera sicurezza ed alla conservazione/manutenzione delle vie, come per il D.M. n. 1444/68 - determinate proprio dalla presenza dell'elemento umano - destinazione pedonale, a parcheggio, misure antinquinamento, anche acustico, arredo urbano- oppure ricollegabili a criteri urbanistico-estetici.)

5.Alla stregua di quanto sinora affermato, deve essere accolto l’appello principale e l’appello incidentale proposto dal Comune di Venezia e, in riforma della appellata decisione, deve essere respinto il mezzo di primo grado nella parte in cui era teso a gravare la delibera del Consiglio Comunale n. 59/2013 ed il provvedimento di archiviazione del 19/03/2013 finalizzato a concludere, senza l’emanazione di ulteriori atti, il procedimento di rimozione degli effetti della Scia.

Va dichiarato inammissibile, e comunque infondato l’appello incidentale proposto da Save. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

6. Quanto alle spese del procedimento, la integrale compensazione delle spese del doppio grado si impone, sia tenuto conto della reciproca, parziale, soccombenza, ma soprattutto della rilevante complessità e novità delle problematiche esaminate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui alla motivazione, ed accoglie l’appello incidentale del Comune di Venezia, e per l’effetto respinge il mezzo di primo grado, con salvezza degli atti impugnati. Dichiara inammissibile e comunque infondato l’appello incidentale proposto dalla originaria ricorrente di primo grado.

Spese processuali del doppio grado integralmente compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Diego Sabatino, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/06/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)